Colonialismo italiano

politiche coloniali del Regno d'Italia (1882-1946)

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Il colonialismo italiano fu un fenomeno storico che comportò l'espansione della sovranità del Regno d'Italia su territori ad essa non contigui dell'Africa e dell'Europa.

Il colonialismo italiano ebbe inizio con la presa di possesso dei porti di Assab e Massaua sulla costa africana del mar Rosso negli ultimi decenni del XIX secolo ed ebbe termine con la sconfitta dell'Asse nella seconda guerra mondiale che comportò la perdita di tutte le colonie italiane, eccetto la Somalia Italiana che rimase in amministrazione fiduciaria ONU.

Le colonie italiane furono in Africa l'Eritrea, la Somalia Italiana e la Libia e in Europa il Dodecaneso e l'Albania (comprendente Corfù). L'Etiopia era un territorio occupato dal 1936 fino al 1941.

Il territorio coloniale ebbe la sua massima espansione nell'estate del 1940, quando fu occupata anche la Somalia Britannica.

A differenza delle altre potenze europee, l'Italia non stabilì mai nessun possedimento coloniale negli altri continenti oltre l'Africa e l'Europa, se si esclude la concessione italiana di Tientsin in Cina.

Storia

Subito dopo l' Unita' il Regno d'Italia iniziò ad ambire possedimenti coloniali.

Il primo tentativo: il Corno d'Africa

I primi tentativi di costituire un impero coloniale risalgono ai tempi della Sinistra di Agostino Depretis e di Francesco Crispi, anche se alcuni governi precedenti avevano appoggiato, sebbene non in maniera pubblica, alcune iniziative private, come l'acquisizione della baia di Assab da parte della Rubattino. Nel corso degli anni Ottanta del secolo XIX vi furono almeno tre tentativi ufficiali del governo italiano per l'acquisizione di un porto nel Mar Rosso il quale potesse fungere da base verso un futuro impero coloniale in Asia o in Africa.

Difatti in quegli anni l'Italia guardava con un certo appetito ai pochi territori ancora liberi, in particolare Thailandia, Alta Birmania, sultanato di Aceh, isole Andamane e Nicobare.

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Ambizioni coloniali italiane in Indocina negli anni 1880-1885 (in verde)

Oltre all'acquisto di Assab dalla Rubattino, lo stato italiano cercò di acquistare od occupare il porto di Zeila, a quel tempo controllato dagli egiziani, ma senza esito. Quando gli egiziani dovettero ritirarsi dal Corno d'Africa nel corso del 1884, i diplomatici italiani fecero un accordo con la Gran Bretagna per l'occupazione del porto di Massaua che assieme ad Assab formò i cosiddetti possedimenti italiani nel Mar Rosso (dal 1890 denominati Colonia eritrea).

Per i governi crispini, la città di Massaua diventò il punto di partenza per un progetto che doveva sfociare nel controllo dell'intero Corno d'Africa. Agli inizi degli anni '80 questa zona era abitata da popolazioni etiopiche, dancale, somale e oromo autonome o sottoposte formalmente a diversi dominatori: gli egiziani (lungo le coste del Mar Rosso), sultani (Harar, Obbia, Zanzibar i più importanti), emiri o capi tribali. Diverso il caso dell'Etiopia, allora retta dal Negus Neghesti (Re dei Re) Giovanni IV, ma con la presenza di un secondo Negus (Re) nei territori del sud: Menelik.

Attraverso gli studiosi e i commercianti italiani che frequentavano la zona già dagli anni Sessanta, l'Italia cercò di dividere i due Negus al fine di penetrare, dapprima politicamente e in seguito militarmente, all'interno dell'altopiano etiopico. Tra i progetti vi furono l'occupazione della città santa di Harar, l'acquisto di Zeila dai britannici e l'affitto del porto di Chisimaio posto alla foce del Giuba in Somalia. Tutti e tre i progetti non si conclusero positivamente, in particolare la presa della città di Harar da parte delle forze etiopiche di Menelik impedì l'esecuzione di un'operazione simile da parte delle forze italiane.

Nel 1889 l'Italia ottenne, tramite un accordo da parte del Console italiano di Aden con i rispettivi Sultani, i protettorati sul sultanato di Obbia e su quello della Migiurtinia. Nel 1892 il Sultano di Zanzibar concesse in affitto i porti del Benadir (fra cui Mogadiscio e Brava) alla società commerciale Filonardi. Il Benadir, sebbene gestito da una società privata, fu sfruttato dal Regno d'Italia come base di partenza per delle spedizioni esplorative verso le foci del Giuba e dell'Omo e per l'assunzione di un protettorato sulla città di Lugh.

A seguito della sconfitta e della morte dell'Imperatore Giovanni in una guerra contro i dervisci sudanesi, l'esercito italiano in stanza a Massaua occupò una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di Asmara, sulla base di precedenti ambigui accordi fatti con Menelik il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere Negus Neghesti. Con il trattato che seguì, Menelik accettò la presenza degli italiani sull'altopiano e riconobbe di utilizzare l'Italia come canale di comunicazione di preferenza con i paesi europei. Quest'ultimo riconoscimento venne interpretato dagli italiani (e tradotto dalla lingua amarica di conseguenza) come l'accettazione di un protettorato e per cinque anni sarà fonte di discordie fra i due paesi.

La politica di progressiva conquista dell'Etiopia si concretizzò con la campagna d'Africa Orientale e terminò nei fatti con la sconfitta di Adua del 1º marzo 1896. Una delle richieste italiane durante la stesura del Trattato di Versailles dopo la prima guerra mondiale fu quella di ricevere la Somalia Francese e il Somaliland in cambio della rinuncia alla partecipazione nella ripartizione delle colonie tedesche tra le forze dell'Intesa. Fu l'ultimo tentativo dello stato liberale di perseguire la politica di penetrazione nel Corno d'Africa.

 
Stampa fascista promuovente la II mostra internazionale di arte coloniale a Napoli, 1934.

Il secondo tentativo: dalla Sirte al Ciad, e l'Angola

Il secondo tentativo di creare un impero coloniale si poneva come obiettivo il controllo di una zona di territorio che andasse dal mar Mediterraneo al Golfo di Guinea. Allo stesso tempo si consideró la possibilita di ottenere l'Angola dal Portogallo.

Ciad

Il progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu strategicamente chiaro durante le trattative per il Trattato di Versailles (1919) e causò frizioni diplomatiche con la Francia. Per realizzare questo progetto, avendo già formale possesso della Libia, il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del Camerun e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra mondiale, il passaggio del Ciad dalla Francia all'Italia.

Il progetto fallì quando il Camerun venne assegnato alla Francia e l'Italia ottenne solamente l'Oltregiuba, oltre a una ridefinizione dei confini tra Libia e Ciad.

Angola

Anche l'Angola portoghese fu ambita nelle trattative per il Trattato di Versailles.[1]

Una richiesta alternativa del programma delle rivendicazioni coloniali italiane riguardava la colonia portoghese dell’Angola. Infatti il governo italiano a Parigi dichiarava che il Portogallo aveva un impero sproporzionato rispetto alle sue piccole dimensioni, al contrario dell’Italia che si trovava in una situazione opposta. Furono avanzate due proposte:

  • il riconoscimento all’Italia da parte del Portogallo di concessioni agricole in Angola per emigranti italiani.
  • nel caso che il Portogallo venisse privato di alcune sue colonie, la Gran Bretagna e la Francia avrebbero riconosciuto all’Italia il diritto sull’Angola.

Contemporaneamente il governo italiano promosse la costituzione da parte delle 11 banche italiane più importanti di una "Società Coloniale per l’Africa Occidentale per la gestione delle concessioni agricole in Angola. Comunque questo progetto trovò una ferma opposizione da parte delle autorità portoghesi.

La conquista dell'Etiopia e la nascita dell'Impero

 
Impero coloniale italiano

Il fascismo cercò innanzitutto di presentarsi in maniera diversa nei confronti dell'Etiopia cercando di attuare un trattato di amicizia con l'amministrazione del reggente Haile Selassie. Tale accordo si concretizzò nel 1928.

In questa fase la colonia eritrea, sotto l'amministrazione del Governatore Jacopo Gasparini cercò di ottenere un protettorato sullo Yemen e creare una base per un impero coloniale sulla penisola araba.

Ma Mussolini non volle inimicarsi la Gran Bretagna e fermò il progetto. Infatti tergiversò e si lasciò sfuggire il possibile controllo di un'interessante area petrolifera.

Del resto in quegli anni Mussolini era in continuo contatto epistolare con Winston Churchill (allora suo amico), che lo convinse a non appoggiare il governatore Gasparini.[2]

 
Insegna di viceré.
 
Insegna dei Governatori di Colonia.

A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli anni '20, Mussolini manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto libero da ingerenze straniere era l'Abissinia, nonostante fosse membro della Società delle Nazioni. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di Vittorio Emanuele III come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di Qesar, anziché quello di Negus Neghesti).

A seguito dell'uccisione di civili e militari italiani in Libia ed Etiopia negli anni venti e trenta [3], durante il dominio coloniale italiano in Africa furono commessi crimini, con l' impiego contro civili inermi di armi vietate, quali gas asfissianti e iprite [4][5].

Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del Corno d'Africa. Somalia, Eritrea ed Abissinia vennero riunite nel vicereame dell'Africa Orientale Italiana (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel 1941.

Ambizioni del regime fascista

 
Mappa della Grande Italia : la linea arancione mostra le aree dell'Europa e del Nord Africa che dovevano essere incluse nel progetto del 1940. In verde le aree occupate dagli italiani nel novembre 1942 (in rosso quelle inglesi)

Dopo l'occupazione, tra il 1940 e il 1941, di alcune zone della Dalmazia, del Montenegro, dell'Albania, del Kosovo e della Somaliland inglese, da parte delle truppe italiane, l'obiettivo di Mussolini fu quello di estendere la presenza italiana anche a Malta, Tunisia, Somalia francese e Corsica.

Dopo la caduta della Francia, l'illusione di una vittoria sulla Gran Bretagna spinsero Mussolini e il Ministro degli Esteri Ciano ad iniziare una serie di colloqui con gli ambiti civili di Algeria, Egitto e Sudan. I colloqui vennero ben presto ostacolati dall'alleato tedesco e terminarono con la controffensiva britannica in Cirenaica.

Ai primi di novembre 1942, l'Italia raggiunse il suo massimo dominio nel Mediterraneo, quando truppe italiane occuparono la Corsica, il Nizzardo e la Savoia mentre si svolgeva la Seconda battaglia di El Alamein[6]

Sul finire del 1941 Italia e Germania intavolarono una trattativa per occupare militarmente e politicamente la Svizzera, progetto poi mai andato in opera. prevedeva la spartizione in 2 parti alla Germania la parte settentrionale di lingua tedesca e francese, all' Italia il Canton Ticino, il Vallese e i Grigioni oltre a Ginevra aggregata alla Savoia italiana.[7]

Fine dell'Impero

L'Impero coloniale italiano tramontò definitivamente nel corso del 1943, dopo l'espulsione del regio esercito ad opera delle forze britanniche e del Commonwealth, prima dall'Africa orientale (Campagna Alleata in Africa Orientale), nel novembre del 1941, e successivamente dal Nord Africa (Campagna del Nord Africa), nella primavera del 1943.

Le truppe italiane in Albania, nel Dodecaneso e nella altre isole greche, non senza episodi cruenti come la Strage di Cefalonia, vennero ritirate a partire dal settembre 1943 dopo la caduta di Mussolini e la successiva resa dell'Italia.

Formalmente l'Italia venne privata di tutti i propri possedimenti coloniali con il trattato di pace con l'Italia del 1947.

Nel 1950 le Nazioni Unite riconobbero all'Italia l'amministrazione fiduciaria della Somalia Italiana fino al 1960.

Colonie italiane

 
L'Impero Italiano nel 1939, dopo la conquista dell'Albania.

Eritrea (1884 - 1941)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Colonia Eritrea ed Eritrea (governo).

L'area del Mar Rosso fu una delle zone che suscitò il maggior interesse dei governi della Sinistra italiana.

Primo nucleo della futura colonia Eritrea fu l'area commerciale stabilita dalla società Rubattino nel 1870 presso la baia di Assab. Abbandonata per quasi dieci anni, fu poi acquistata dallo stato italiano agli inizi degli anni ottanta e assieme al porto di Massaua, occupato nel 1884, compose i possedimenti italiani del Mar Rosso.

Con il Trattato di Uccialli i possedimenti italiani vennero estesi nell'entroterra fino alle sponde del fiume Mareb. Di conseguenza il 1 gennaio 1890 fu istituzionalizzato il possesso di quei territori con la creazione di una colonia retta da un governatore (il primo ad occupare tale carica fu il generale Baldassarre Orero), e avente capoluogo la città di Asmara (climaticamente più confortevole per gli italiani rispetto a Massaua).

La massima espansione dei suoi confini fu raggiunta agli inizi del 1896, quando il Governatore della colonia, Oreste Baratieri dovette tramutare in realtà il progetto di occupazione dell'entroterra etiopico. Nel 1894 aveva fatto occupare la città sudanese di Cassala, allora possedimento derviscio, mentre nel 1895 durante la campagna d'Africa Orientale, occupò ampie zone del Tigray, comprendenti la città di Axum. A seguito della sconfitta nella battaglia di Adua, i confini della colonia ritornarono ad essere quelli stabiliti dal Trattato e tali rimasero fino alla Guerra d'Etiopia.

Primo governatore non militare fu Ferdinando Martini a quel tempo convinto sostenitore della necessità per lo stato italiano di possedere colonie. A costui toccò il compito di ristabilire contatti pacifici con l'Etiopia, di migliorare i rapporti fra italiani e popolazioni indigene e di creare un corpo di funzionari che portasse avanti l'amministrazione della colonia. Fu grazie alla sua politica che la colonia ebbe degli Ordinamenti Organici e dei codici coloniali.

Durante il fascismo, la colonia fu oggetto di un ambizioso progetto di modernizzazione, voluto dal Governatore Jacopo Gasparini, che cercò di tramutarla in un importante centro per la commercializzazione dei prodotti e materie prime. Asmara, la capitale dell' Eritrea italiana popolata nel 1939 da 53.000 Italo-eritrei su un totale di 98.000 abitanti, fu luogo di un notevole sviluppo urbanistico/architettonico ancora oggi apprezzato mondialmente.

La colonia Eritrea venne inglobata nell'Africa Orientale Italiana nel 1936, diventando uno dei sei governi in cui era diviso il vicereame.

Nel 1941 la colonia venne occupata, insieme al resto dell'Africa Orientale Italiana, dalle truppe britanniche.

Somalia italiana (1890 - 1941)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Somalia Italiana.

La prima colonia italiana fu stabilita nel sud della Somalia tra il 1889 e il 1890, inizialmente come protettorato. Nel giugno 1925 la sfera di influenza italiana venne estesa fino ai territori dell'Oltregiuba e le Isole Giuba, fino ad allora parte del Kenya inglese e cedute come ricompensa per l'entrata in guerra a fianco degli Alleati durante la prima guerra mondiale.

Negli anni venti e trenta si ebbe l'insediamento di numerosi coloni italiani a Mogadiscio e nelle aree agricole come Villabruzzi, con notevole sviluppo della colonia.

All'inizio della seconda guerra mondiale, nel maggio 1940 le truppe italiane occuparono la Somalia britannica (Somaliland), che fu amministrativamente incorporata nella Somalia italiana. Nei primi mesi del 1941 le truppe inglesi occuparono tutta la Somalia italiana e riconquistarono anche il Somaliland.

Dopo l'invasione da parte delle truppe alleate nella seconda guerra mondiale la Somalia Italiana fu consegnata all'Italia in amministrazione fiduciaria decennale nel 1950.

Abissinia (1936 - 1941)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Africa Orientale Italiana.

Alla differenze degli altri territori, l'Abissinia (l'odierna Etiopia) non era una colonia ma un territorio occupato. Fu conquistata dalle truppe italiane, comandate dal Generale Pietro Badoglio dopo la guerra del 1935-1936. La vittoria fu annunciata il 9 maggio 1936, il Re d'Italia Vittorio Emanuele III assunse il titolo di Imperatore d'Etiopia, Mussolini quello di Fondatore dell'Impero, e a Badoglio fu concesso il titolo di Duca di Addis Abeba.

Con l'occupazion dell'Etiopia, i possedimenti italiani in Africa Orientale (Etiopia, Somalia ed Eritrea) furono unificati sotto il nome di Africa Orientale Italiana A.O.I., e posti sotto il governo di un Viceré.

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Il Generale Nasi e le sue ultime truppe ottennero gli onori militari dagli inglesi a Gondar (Etiopia), nel novembre 1941.

L'Etiopia, insieme all'Eritrea, fu molto interessata dalla emigrazione italiana e dalla costruzione di nuove strade, grandi infrastrutture (ponti, ecc.) e anche dalla sistemazione delle città, specie della capitale Addis Abeba secondo un piano regolatore prestabilito (nuovi quartieri, una nuova ferrovia). La breve presenza italiana, di soli 5 anni, e le difficoltà di pacificazione della zona, non permise la sistemazione totale della città, che sarebbe dovuta essere il fiore all'occhiello del colonialismo italiano. Tuttavia, quale membro della Lega delle Nazioni, l'Italia ricevette la condanna internazionale per l'occupazione dell'Etiopia, che era uno stato membro.

Nei primi mesi del 1941 le truppe inglesi sconfissero gli italiani ed occuparono l'Etiopia, anche se alcuni focolai di resistenza italiana si mantennero attivi a Gondar fino all'autunno del 1941. Inoltre si ebbe anche una guerriglia italiana durata fino al 1943. Gli inglesi reinsediarono il deposto Negus, Haile Selassie, esattamente cinque anni dopo la sua cacciata.

Libia (1911 - 1943)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Libia italiana.

Dopo una breve guerra contro l'Impero ottomano nel 1911, l'Italia acquisì il controllo della Tripolitania e della Cirenaica, ottenendo il riconoscimento internazionale a seguito degli accordi del Trattato di Losanna. Le mire italiane sulla Libia, vennero appoggiate dalla Francia, che vedeva di buon occhio l'occupazione di quel territorio in funzione anti-britannica. Con il fascismo, alla Libia venne attribuito l'appellativo di quarta spondanegli anni trenta, dopo che negli anni '20 vi fu una sanguinosa pacificazione della colonia ad opera di Rodolfo Graziani.

Nel 1934, Tripolitania e Cirenaica vennero riunite per formare la colonia di Libia, nome utilizzato 1.500 anni prima da Diocleziano per indicare quei territori. Il governatore Italo Balbo avviò un piano di colonizzazione che portò decine di migliaia di Italiani in Libia, con un conseguente enorme sviluppo socio-economico della Libia.

L'Italia perse il controllo sulla Libia, quando le forze italo-tedesche si ritirarono in Tunisia nel 1943. Dopo la fine della guerra, la Libia venne provvisoriamente amministrata dalla Gran Bretagna e dalla Francia nel Fezzan fino al conseguimento definitivo dell'indipendenza nel 1951.

Albania (1939 - 1943)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Occupazione italiana del Regno di Albania, Albania e Kosovo.
 
Bandiera dell'Albania sotto il governo fascista di Shefquet Verlaci.
 
Bandiera distintivo di Luogotenente Generale in Albania


L'Albania era sotto la sfera di influenza italiana dagli anni venti, e l'isola di Saseno davanti Valona era parte integrante del Regno d'Italia dai tempi della "Pace di Parigi" (1919).

Dopo alterne vicende, l'Albania venne occupata militarmente da truppe italiane nel 1939. Alla base di questa decisione, vi fu il tentativo di Mussolini di controbilanciare l'alleanza con la sempre più potente Germania nazista di Hitler, dopo l'occupazione dell'Austria e della Cecoslovacchia. L'invasione dell'Albania, iniziata il 7 aprile 1939 fu completata in cinque giorni. Il re Zog si rifugiò a Londra.

Vittorio Emanuele III ottenne la corona albanese, e venne insediato un governo fascista guidato da Shefquet Verlaci. Le forze dell' esercito albanese vennero incorporate in quello italiano.

Nel 1941 vennero uniti all'Albania il Kosovo, alcune piccole aree del Montenegro ed una parte della Macedonia (territori già iugoslavi).

La resistenza albanese contro l'occupazione italiana iniziò nell'estate 1942 e si fece più violenta e organizzata nel 1943: nell'estate del 1943 le montagne interne erano difatti sotto il controllo diretto della resistenza albanese guidata da Enver Hoxha. Nel settembre 1943 dopo la caduta di Mussolini, il controllo sull'Albania venne assunto dalla Germania nazista.

Il Dodecaneso (1912 - 1943)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Dodecaneso italiano.

Tra l'aprile e l'agosto del 1912, durante la fase conclusiva della guerra in Libia contro l'Impero Ottomano, l'Italia decise di occupare dodici isole del Mar Egeo sottoposte al dominio turco: il cosiddetto Dodecaneso. A seguito del Trattato di Losanna, l'Italia poté mantenere l'occupazione militare delle dodici isole fino a quando l'esercito turco non avesse abbandonato completamente l'area libica. Questo processo avvenne lentamente, anche perché alcuni ufficiali ottomani decisero di collaborare con la resistenza libica, per cui l'occupazione dell'area nel mar Egeo venne mantenuta nei fatti fino al 21 agosto 1915, giorno in cui l'Italia, entrata nella prima guerra mondiale assieme le forze dell'Intesa, riprese le ostilità contro l'Impero Ottomano.

Durante la guerra e l'occupazione italiana di Adalia l'isola di Rodi fu sede di un'importante base navale per le forze marine britanniche e francesi.

Dopo la vittoria nella prima guerra mondiale, il Regno d'Italia intendeva consolidare formalmente la propria presenza nell'area dell'Egeo e lungo le coste turche. Tramite un accordo con il governo greco all'interno del Trattato di Sèvres del 1919, si stabilì che Rodi diventasse italiana anche dal punto di vista formale, mentre le altre undici isole sarebbero passate alla Grecia, come la totalità delle altre isole del mar Egeo. In cambio, l'Italia avrebbe ottenuto dallo stato greco il controllo della parte sud-ovest dell'Anatolia (Occupazione italiana di Adalia), che si estendeva da Konya fino ad Alanya e che comprendeva il bacino carbonifero di Adalia. La sconfitta dei greci nella guerra contro la Repubblica di Turchia nel 1922, rese impossibile l'accordo e l'Italia mantenne l'occupazione di fatto delle isole fino a quando, con il Trattato di Losanna del 1923, l'amministrazione dell'arcipelago non le fu riconosciuto internazionalmente.

Negli anni Venti e Trenta l'amministrazione fascista da un lato portò degli ammodernamenti, come la costruzione di ospedali e acquedotti, ma si distinse anche per il tentativo di italianizzare con diversi provvedimenti le dodici isole, i cui abitanti erano a maggioranza di lingua greca, con la presenza di una minoranza turca ed ebraica.

Nel settembre 1943 dopo l'Armistizio di Cassibile, i soldati del Terzo Reich occuparono le isole. L'8 maggio del 1945 le forze britanniche presero possesso dell'isola di Rodi e tramutarono il Dodecaneso in un protettorato. Con il Trattato di Parigi (1947), gli accordi fra Grecia e Italia stabilirono il possesso formale delle isole da parte dello stato greco, che assunse pieno controllo amministrativo solamente nel 1948.

L'Anatolia (1919 - 1922)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Occupazione italiana di Adalia.
 
Mappa della zona di occupazione italiana di Adalia in Turchia (1919-1922) a seguito del Trattato di Sèvres del 1920

A partire dal 1912, dopo l’occupazione del Dodecaneso, l’Italia fece degli studi per una penetrazione sulla costa anatolica più prossima all’arcipelago. La città di Adalia (attuale Antalya) rappresentava il centro di tale interesse, non escludendo anche la pianura del fiume Meandro e la città portuale di Smirne (attuale Izmir), considerata la porta commerciale dell’intera Turchia asiatica.

L’entrata in guerra al fianco dell’Intesa rappresentò per il governo di Roma un’occasione propizia per imporre le sue mire sull’Anatolia, tuttavia reciproci sospetti e incomprensioni tra gli italiani e gli scomodi alleati anglo-francesi portarono a un nulla di fatto, che si aggravò nel 1919 con la conferenza di Versailles. Infatti, conclusasi la guerra, la Grecia, che aveva gli stessi interessi italiani sulla zona dell’Egeo, oltre a pretendere la cessione del Dodecaneso da Roma, era favorita dalle simpatie di Londra e Parigi per ereditare dall’Impero ottomano tutte quelle colonie elleniche che risiedevano sulla costa anatolica.

L’Italia, non potendo ottenere nulla in sede diplomatica, agì di conseguenza, inviando nella primavera del 1919 una spedizione militare di circa 12.000 uomini con base Rodi e destinata ad occupare i principali centri e porti tra Adalia e Smirne. Quest’ultima città tuttavia nel frattempo fu concessa dal tavolo della pace ad Atene e quindi non fu mai occupata dalle truppe italiane.

Il comando italiano, su indicazioni del governo, mantenne per circa tre anni i suoi presidi, sperando che la situazione internazionale si sbloccasse in favore di Roma, arretrando però gradualmente le posizioni in relazione agli sviluppi diplomatici e all’inaspettata avanzata di Mustafa Kemal.

Le pesanti sconfitte inflitte dai kemalisti agli ellenici e la comprensione dell’escalation di violenza e di poca redditività politico-economica di tutta l’operazione, portò l’Italia a decidere il completo abbandono di un grande sogno nel Mediterraneo orientale. Nell’autunno del 1922 gli ultimi reparti lasciarono la terra ferma, per rientrare a Rodi, concludendo qualsiasi ambizione politica e militare sul territorio ex ottomano[8].

Tientsin, Cina (1901 - 1944)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Concessione italiana di Tientsin.

Nel 1901, come a molte altre potenze straniere, fu garantito all'Italia una concessione commerciale nell'area della città di Tientsin (l'odierna Tianjin) in Cina. La concessione italiana, di 46 ettari, fu una delle minori concessioni concesse dal Celeste impero alle potenze europee. Dopo la fine della prima guerra mondiale la concessione austriaca nella stessa città fu inglobata in quella italiana. I termini di tale concessione vennero ridiscussi, e infine la stessa concessione venne di fatto sospesa, a seguito di un accordo tra la Repubblica Sociale Italiana e il governo filo-giapponese della Repubblica di Nanchino (che inglobò la concessione) nel 1944. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, la guarnigione italiana a Tientsin combatté contro i giapponesi, ma dovette poi arrendersi e pagare con la prigionia in Corea. La concessione di Tientsin, così come i quartieri commerciali italiani a Shanghai, Hankow e Pechino, furono formalmente soppressi con il trattato di pace del 1947.[9]

Progetto fascista di ampliamento dell'Impero

  Lo stesso argomento in dettaglio: Grande Italia.
 
Il progetto mussoliniano di un ingrandito Impero italiano - dopo l'eventuale vittoria dell'Asse - includeva l'Egitto, il Sudan, Gibuti ed il Kenya orientale. Questo impero ingrandito (limiti in verde) doveva essere la continuazione in Africa della Grande Italia (limiti in arancione)

Nel corso della seconda guerra mondiale Mussolini ed altri suoi gerarchi progettarono un ingrandimento dell'Impero italiano, qualora si fosse fatta una conferenza di pace dopo la vittoria dell'Asse[10]

Questo progetto era basato nel congiungimento delle due sezioni dell'Impero italiano nel 1939 (la Libia e l'Africa Orientale Italiana) tramite la conquista dell'Egitto e del Sudan[11]. Ad esso si sarebbero aggiunte la Somalia inglese (occupata temporaneamente nell'estate del 1940), Gibuti e la parte orientale del Kenya britannico[12]

Il progetto prevedeva una notevole colonizzazione di Italiani (oltre un milione da trasferire principalmente in Etiopia ed Eritrea e circa mezzo milione in Libia[13]), ed il controllo del Canale di Suez[14]

Nel novembre 1942 fu occupata la Tunisia, che fu aggiunta amministrativamente alla "Quarta Sponda" della Grande Italia, fino alla sua perdita nel maggio 1943[15].

Tutto svanì con la sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale, che pose fine al sogno mussoliniano di fare dell'Italia una "potenza mondiale" (World Power, secondo lo storico Smeaton Munro[16]).

Note

  1. ^ Ambizioni italiane sull' Angola (p.10-11)
  2. ^ Nicola D’Aroma. Vite parallele: Churchill e Mussolini. Roma, 1962 p.47
  3. ^ Antonicelli, Franco. Trent'anni di storia italiana 1915 - 1945 p. 67
  4. ^ Angelo Del Boca. Italiani, brava gente?, Editore Neri Pozza, 2005.
  5. ^ Angelo Del Boca. A un passo dalla forca. Atrocità e infamie dell'occupazione italiana della Libia nelle memorie del patriota Mohamed Fekini, Baldini Castoldi Dalai, 2007
  6. ^ Davide Rodogno. Fascism's European Empire. Cambridge University Press, 2006. ISBN 0521845157
  7. ^ [fonte televisione della Svizzera italiana}
  8. ^ Giovanni Cecini, Dall’Impero alla Repubblica. Il Corpo di Spedizione italiano in Anatolia, in "Nike – La rivista delle scienze politiche", Numero speciale Turchia, giugno 2007, pp. 155-164.
  9. ^ Mappa
  10. ^ Maravigna, General Pietro. Come abbiamo perduto la guerra in Africa. Le nostre prime colonie in Africa. Il conflitto mondiale e le operazioni in Africa Orientale e in Libia. Testimonianze e ricordi. p. 127
  11. ^ Rovighi, Alberto. Le Operazioni in Africa Orientale pag. 83
  12. ^ Antonicelli, Franco (1961). Trent'anni di storia italiana 1915 - 1945 pag. 107
  13. ^ 'Systematic "demographic colonization" was encouraged by Mussolini's government. A project initiated by Libya's governor, Italo Balbo, brought the first 20,000 settlers--the ventimilli--to Libya in a single convoy in October 1938....Plans envisioned an Italian colony of 500,000 settlers by the 1960s' (Una sistematica "colonizzazione demografica" fu incoraggiata dal governo di Mussolini. Un progetto iniziato dal governatore della Libia, Italo Balbo, portò i primi 20.000 coloni, detti Ventimilli, in Libia nell'ottobre 1938.....Progetti visionavano una colonia italiana di 500.000 coloni negli anni sessanta) da Chapin Metz, Hellen. Libya: A Country Study. Washington: GPO for the Library of Congress, 1987
  14. ^ Maravigna, General Pietro. Come abbiamo perduto la guerra in Africa. Le nostre prime colonie in Africa. Il conflitto mondiale e le operazioni in Africa Orientale e in Libia. Testimonianze e ricordi.pag. 183
  15. ^ Maravigna, General Pietro (1949). Come abbiamo perduto la guerra in Africa. Le nostre prime colonie in Africa. Il conflitto mondiale e le operazioni in Africa Orientale e in Libia. Testimonianze e ricordi. pag. 214
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Bibliografia

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