Giuseppe Mastini
Giuseppe Mastini, (Bergamo - 1959) è un pluriomicida ergastolano, conosciuto alla cronaca come Johnny lo Zingaro. Conosciuto dalla polizia sin da adolescente per furti, rapine ed un omicidio poi condannato all'ergastolo all'età di 28 anni per una serie di sparatorie, di cui una mortale nonché sequestri di persona, conseguiti a Roma la notte del Marzo 1987. Mastini sarebbe indicato ma senza comprovati riscontri, quale presento complice dell'omicidio dello scrittore Pier Paolo Pasolini, ipotesi suffragata da una comprovata amicizia e complicità criminale con Pino Pelosi, finora unico condannato.
Biografia
Figlio di gitani sinti lombardi, con attività di giostrai, Mastini emigra con la famiglia a Roma in tenera età, risedendo in roulotte nella periferia in condizioni di povertà. Il giovane, di bellissima presenza, frequenta la criminalità giovanile della periferia romana Tiburtina, dedita ai furti e lo spaccio di stupefacienti. Nell'ultimo processo Mastini dichiarerà di aver imparato da giovanissimo l'uso delle armi da fuoco e della guida di auto tramite parenti ed amici. Mastini infatti si distingue già dall'età di 13 anni per un furto ed una sparatoria con la Polizia.
Primo delitto
La notte del 28 dicembre 1975 un conducente di tram viene rapinato di un orologio. L'uomo oppostosi alla rapina viene ferito a morte da un'arma da punta. La testimonianza di un tassista in strada porta pochi giorni dopo, nel gennaio del 1976, all'arresto di due minorenni. Tra questi Giuseppe Mastini, già soprannominato dalla stampa "Johnny" Mastini. Recluso nel carcere romano minorile di Casal del Marmo, incontrerà il suo amico Pino Pelosi, arrestato per l'omicidio di Pasolini il 2 Novembre. L'incontro non è a caso molto citato in letteratura riguardo all'irrisolto caso.
Permesso premio
Condannato a quindici anni in quanto minorenne, Mastini beneficia nel Marzo 1987 di un permesso premio di alcuni giorni per buona condotta cui mancherà di far ritorno nella struttura penitenziaria per l'estinzione della pena. In quei giorni nella periferia sud romana si segnalano numerose rapine a danno di passanti il cui autore è un uomo dalla capigliatura bionda. Mastini oramai latitante è nelle foto segnaletiche delle forze dell'Ordine. Un uomo viene una notte assassinato con un colpo di pistola nell'ingresso della sua lussuosa abitazione a Sacrofano, nella provincia settentrionale di Roma. Sua moglie, una donna francese, indica il volto di Mastini tra le foto mostrate dalla Polizia. Nel frattempo il latitante conosce Zaira Pochetti, una giovane matricola universitaria figlia di contadini del viterbese, residente in un collegio di suore. Tra i due è una fatale infatuazione.
La notte dell'arresto
Zaira e Mastini si rincontrano dopo alcuni giorni e girano in macchina di sera nel quartiere Tuscolano presso Piazza Cinecittà. L'uomo viene fermato da una pattuglia di Polizia in Via Quintilio Varo, prossimo all'incrocio con Circonvallazione Tuscolana. Non si conosce perfettamente la dinamica ma ben presto vi è un conflitto a fuoco tra Mastini e gli agenti. Domenico Giraldi, appuntato cade ucciso, l'altro ferito gravemente. Mastini illeso riparte, supera la piazza principale e guadagna l'arteria di Viale Palmiro Togliatti. Un chilometro dopo un agente in borghese, informato della sparatoria, intima il fermo a Mastini che risponde nuovamente al fuoco mettendo la vettura fuori uso. Il milite evita a stento i colpi ma è costretto a diffondere l'allarme da una cabina telefonica sita proprio nel luogo del conflitto.
Dopo una corsa disperata la vettura si guasta sulla Via Nomentana così Mastini e Pochetti (mai si saprà se sia stata suo ostaggio o divenuta succube, in una situazione nota come Sindrome di Stoccolma) abbandonano l'auto e sequestrano una Lancia Gamma di una giovane coppia della Roma Bene. La ragazza spaventata dall'arma di Mastini dice di non riuscire a scendere dall'auto del fidanzato così il criminale se ne impossessa ripartendo con due ostaggi. Nella Capitale è allerta generale, mobilitandosi agenti di tutte le armi e reparti, compreso il corpo equestre dei Carabinieri. La ragazza benestante, nonostante le minacce di violenza da parte dell'uomo, viene rilasciata indenne nella zona periferica della Bufalotta. Mastini e Zaira saranno arrestati qualche ora dopo. La stampa marchierà i due come una sorta di Bonnie e Clyde nostrani.
Una terribile verità
La presunta coppia moderna di gangster sparisce dalla cronaca. Nel frattempo si parla di un funerale della madre di Mastini cui egli assiste scortato da una decina di agenti. Ben presto, nella primavera 1988, la trasmissione televisiva Telefono giallo condotta da Corrado Augias, riapre il caso intervistando lo stesso Mastini e rivelando come la Pochetti, sottoposta a percosse dalla Polizia e sottoposta a regime di isolamento sia in seguito incorsa in uno stato di catatonia accompagnato da anoressia, condizione che l'avrebbe portata in breve tempo alla morte. L'autopsia parlerà di un inizio di gestazione.
Dal racconto di Mastini e della madre della ragazza, si conviene su una fatale infatuazione, data l'innegabile di lui avvenenza ed il comportamento irreprensibile, fino al terribile incontro con la pattuglia di Polizia. Mastini spiega la gravidanza della Pochetti con un rapporto sessuale consumatosi in un di lui momento di esaltazione, da lei assecondato sperando in un suo ritorno alla ragione.
Il processo
Nel maggio 1989 Mastini compare in aula di tribunale. La corte farà lui domande sul suo passato, sull'uso delle armi e la guida di auto. Si farà cenno al delitto del tranviere, cui egli si dichiarerà estraneo ammettendo tutte le altre responsabilità, giustificandosi con lo stato di stupore drogastico e la "legittima difesa" davanti a delle forze dell'Ordine facili all'uso delle armi.
Mastini nega tassativamente la responsabilità nell'omicidio di Sacrofano. La sua difesa ritiene inattendibile la testimonianza della vedova della vittima, che parlerebbe di un Mastini sorpreso a giocare con il loro cane da guardia, animale conosciuto come diffidente e ferocissimo, cui avrebbe fatto seguito uno sparo per puro diletto. Il legale aggiungerebbe delle perplessità da parte della stessa Polizia nel riconoscimento della donna dalle foto segnaletiche.
La giovane benestante testimonia il di lei sequestro, con il quale, secondo quanto accennato dal giudice, la stampa scandalistica avrebbe trovato opportunità per del gossip, parlando di una donna frivola "abbagliata" dall'avvenenza di Mastini, circostanza seccamente smentita. La giovane temeva tra l'altro un imminente stupro come promesso dal sequestratore.
Il processo si chiude con le testimonianze delle vittime delle rapine, delle quali Mastini riesce addirittura ad accattivare delle simpatie dai medesimi. L'uomo infatti cita il gesto di restituire delle chiavi di casa ad una donna rapinata e conferma un colpo ai danni di uomo che in aula non lo riconosce.
La corte condannerà Mastini alla pena dell'ergastolo per i crimini contestati ad eccezione dell'omicidio nella villa per insufficienza di indizi. Per Zaira Pochetti, sua presunta complice, si avrà "il non luogo a procedere" perché deceduta.
Mastini chiederà la parola affermando di riconoscere le proprie colpe tranne quell'omicidio: "Sono gitano. Non uccido una persona senza alcun motivo".
Dapprima recluso a Voghera fu trasferito nel carcere di massima sicurezza di Bad'e Carros per dei contatti pericolosi con altrettanti criminali nella struttura lombarda. Mastini ha ricevuto lettere di solidarietà dal pubblico sull'estraneità al contestato delitto nonché una fitta corrispondenza da "ammiratrici". L'uomo è sposato.
In un'intervista Mastini nega un suo coinvolgimento nel delitto Pasolini, ricambiato in più occasioni dallo stesso Pelosi, sebbene dei cronisti insistano nell'inserirlo tra i potenziali "favoriti" dello scrittore, nonostante sia oramai accreditata la tesi di un incontro non a carattere sessuale, preludio all'omicidio.
Impatto mediatico
Il carattere singolare di Mastini, definito disadattato dalle forze dell'ordine, incapace di frenare la propria violenza in situazioni critiche, affabile quando è tranquillo, dalla bellezza innegabile, al punto da conquistare il cuore di una giovane contadina, diviene figura letteraria tanto da essergli dedicato un film ed una canzone di Massimo Bubola Johnny lo Zingaro, figlio del vento, un riferimento più volte confermato e smentito.