Esercito delle Due Sicilie

forza armata terrestre delle Due Sicilie (1734-1861)

Il Reale esercito di Sua Maestà il Re delle Due Sicilie, spesso citato nei testi come Esercito Borbonico o Esercito Napoletano, era il nome delle forze armate di terra del Regno delle Due Sicilie.

Reale esercito di S.M. il Re delle Due Sicilie
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Storia

Formazione del Regno delle Due Sicilie

La formazione del Regno delle Due Sicilie può essere datata al 1734 con il passaggio del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia dal dominio austriaco a quello spagnolo per effetto della Guerra di successione polacca. Nei due secoli precedenti l'Italia meridionale e la Sicilia erano appartenuti alla Spagna, ma come vicereami; successivamente, nel 1707, il regno di Napoli era passato all'Austria, nell'ambito della Guerra di successione spagnola, mentre il regno di Sicilia era stato attribuito a Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1713 con la pace di Utrecht.

L'autonomia dei regni di Napoli e di Sicilia dalla corona spagnola, sebbene i due regni rimanessero ancora legati a quest'ultima per motivi dinastici, era stata ottenuta grazie all'azione diplomatica di Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna Filippo V. Elisabetta Farnese aveva rivendicati i territori italiani per i propri figli, esclusi dalla successione al trono spagnolo da Don Ferdinando, figlio di primo letto di Filippo V. Nel 1734, pertanto, l'infante don Carlos, primogenito di Elisabetta Farnese, assunse le corone di Napoli e di Sicilia col nome di Carlo di Borbone dando origine di fatto a un regno autonomo, anche se formalmente il Regno delle Due Sicilie (unione dei due regni, di Napoli e Sicilia) nascerà solo nel 1816. Per poter prendere possesso del nuovo regno, Carlo di Borbone era giunto in Italia già tre anni prima, nel 1731, accompagnato da oltre 6000 soldati spagnoli, guidati da Emmanuele d'Orleans, conte di Charny, a cui si erano aggiunti altrettanti fanti e cavalieri italiani guidati da Niccolò di Sangro.

Carlo di Borbone

Conquistato il regno il 14 aprile 1737, Carlo di Borbone diede un primo ordinamento all'esercito regio: le forze militari vennero aumentate a 40 battaglioni di fanteria, 18 squadroni di cavalli (nove di dragoni ed nove di cavalleria propriamente detta), un corpo considerevole di artiglieri e un altro di ingegneri. Furono inoltre creati dodici reggimenti provinciali composti da soldati italiani a fianco di reggimenti con soldati svizzeri, valloni e spagnoli. Dopo questo ordinamento, l'11 agosto 1744 Carlo difese il trono nella battaglia di Velletri.

Ferdinando I

Nel 1759 Carlo di Borbone salì al trono di Spagna col nome di Carlo III; a Napoli gli succedette il suo terzogenito Ferdinando, di soli 9 anni[1], sotto un consiglio di reggenza in cui si distingueva il ministro Bernardo Tanucci. Negli anni successivi il riformismo del Tanucci fu limitato da Maria Carolina, divenuta nel 1768 regina di Napoli, la quale nel 1776 riuscì a defenestrare il Tanucci e favorire l'ascesa dell'inglese Acton a cui nel 1778 furono affidati fra l'altro i ministeri della marina e della guerra.

L'Acton attuò una serie di riforme dell'apparato militare del regno che tuttavia in ultima analisi non si dimostrarono molto efficaci. Per quanto riguarda l'esercito, l'Acton cercò di migliorare la preparazione degli ufficiali eliminando alcuni corpi con funzioni di parata, fondando l'accademia della Nunziatella, incrementando gli scambi formativi con l'estero. Acton introdusse delle utili innovazioni (favorì le conoscenze topografiche finanziando fra l'altro Rizzi Zannoni[2], costruì nuove strade, eccetera); ma non venne ideato alcun piano organico di riforme, si fece troppo ricorso ad ufficiali stranieri per cui, alla prova dei fatti (ossia, delle guerre napoleoniche) le riforme dell'Acton si dimostrarono poco valide.

Con la Restaurazione si verificò anche formalmente la nascita del Regno delle Due Sicilie: Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia divenne Ferdinando I delle Due Sicilie. Fu necessario uniformare le leggi ereditate dai due regni e riordinare quindi la struttura delle forze armate. Fu creato un "Supremo consiglio di guerra" composto da generali dei due eserciti; ma quelli dell'ex Regno di Napoli, per lo più murattiani, premevano per conservare le regole introdotte a Napoli durante il periodo napoleonico, fra cui la costrizione, quelli dell'ex Regno di Sicilia vi si opponevano. L'ordinamento finale stabilì infine un esercito di 52 battaglioni con 47000 uomini di fanteria, 24 squadroni di cavalleria composti da 4800 cavalli. Altri 5000 uomini appartenevano all'artiglieria, zappatori e traino, per un totale di 56 mila uomini.

Dopo la rivolta carbonara e costituzionale del 1820 il re congedò l'esercito e soppresse la coscrizione obbligatoria. Qualche tempo dopo si pensò a una riforma dell'esercito su base professionale, e l'erario spese somme enormi per un esercito ridotto a poche migliaia di uomini.

Francesco I

Alla morte di Ferdinando I (4 gennaio 1825) la protezione dell'Austria costava oramai più di 70 milioni di ducati l'anno; si ritenne pertanto necessario rinunciare a un esercito composto solo da professionisti. Nel gennaio 1825 si decise pertanto di licenziare le truppe straniere e di ritornare nuovamente alla coscrizione obbligatoria, cercando di evitare il potenzialmente pericoloso legame della truppa col territorio di origine inviando reggimenti con coscritti napoletani in Sicilia e reggimenti con coscritti siciliani al di qua del Faro. Rimasero ancora tuttavia quattro reggimenti di soldati svizzeri, con circa seimila uomini, con i quali durante il regno di Ferdinando I erano stati sottoscritti contratti di durata trentennale.

Ferdinando II

Ferdinando II ascese al trono in giovane età, appena 20 anni, ma era consapevole dei problemi politici del regno. Ricopriva fra l'altro l'incarico di comandante generale dell'esercito. Procedette a profonde riforme della macchina statale, riducendo la spesa pubblica, le imposte e le tasse, e incrementando le opere pubbliche. Optò tuttavia per una politica economica autarchica che, associata all'isolamento internazionale e alla repressione perfino del dissenso più moderato, limitò fortemente la portata della sua azione riformatrice. Secondo il giudizio di Alfonso Scirocco, "il governo deluse le aspettative, rifiutandosi di fare le scelte qualificanti necessarie per tonificare la vita del paese, [...] limitandosi a svolgere un'attività che potremmo definire di ordinaria amministrazione"[3].

Francesco II

L'ultimo sovrano delle Due Sicilie, a differenza del padre, era privo di competenza militare. Nel breve periodo del suo regno si ebbe una rivolta dei mercenari svizzeri (7 luglio 1959) la maggior parte dei quali rientrarono in patria. Anche senza l'apporto di questi reparti disciplinati e agguerriti, l'esercito delle Due Sicilie rimaneva molto numeroso e ben armato; alla prova dei fatti (in questo caso la spedizione dei Mille) questo esercito si rivelò invece incapace di reggere l'urto finale di un esercito molto meno numeroso, male armato e apparentemente disorganizzato. A seconda dello schieramento politico, gli storici dell'epoca hanno attribuito il tracollo al valore di Garibaldi o al tradimento dei generali borbonici[4]. L'inefficienza dell'esercito napoletano fu tuttavia evidente fin dall'inizio e deve essere attribuita a un complesso di fattori quali la situazione ambientale sfavorevole, l'isolamento diplomatico e, più che il tradimento, l'incapacità degli alti ufficiali, spesso troppo anziani, a sfruttare la netta superiorità di uomini e risorse[5].

Coscrizione

Un reale dispaccio del 6 agosto 1794, si ordinava una leva di 16000 reclute per l'esercito da scegliere fra i maschi di età compresa fra 18 e 40 anni, non ammogliati e di statura non inferiore a cinque piedi e due pollici (circa 169 cm[6]), in ragione di 4 uomini su 1000, volontariamente o per sorteggio ("per via del bussolo da praticarsi in pubblico parlamento"). Durante il regno di Gioacchino Murat il numero dei coscritti fu raddoppiato (8 uomini a migliaio). Nel 1814, con la Restaurazione, fu abolita la coscrizione obbligatoria: si richiedevano 3 volontari ogni 2000 abitanti e la ferma durava 5 anni per la fanteria e 9 per i soldati dell'artiglieria e della cavalleria. La legge del 28 febbraio 1823 ripristinava la costrizione obbligatoria per i maschi fra 18 e 25 anni. Infine nel marzo 1858 si modificava la durata della ferma: 5 anni "sotto le bandiere" + altri 5 anni in riserva, nelle proprie abitazioni, per i fanti; 8 anni in artiglieria, cavalleria e gendarmeria, ma con congedo definitivo dopo questo periodo[7].

Bibliografia

  • Luigi Blanch, «Idea di una storia delle milizie delle Due Sicilie da Carlo III al regnante Ferdinando II», in Antologia militare, V, 1839, N. 9, pp. 49-135.
  • Mariano d'Ayala, Napoli militare, Napoli : Stamperia dell'Iride, 1847 [3]
  • Mariano d'Ayala, Le vite de' più celebri capitani e soldati napoletani dalla giornata di Bitonto fino a' dì nostri, di Mariano d'Ayala. Napoli : Stamperia dell'Iride, 1843 [4]
  • Mariano d'Ayala, Memorie storico-militari dal 1734 al 1815, Napoli, presso F. Fernandes, 1837. ID., Napoli Militare, Napoli, 1847.
  • Antonio Ulloa, (cur.), Antologia Militare, collezione di pubblicazioni militari e storiche, Napoli, Puzziello, 1835-1844.
  • Antonio Ulloa, Fatti di guerra dei soldati napoletani, Napoli, Tip. Militare, 1852.
  • Guglielmo Pepe, Sull'esercito delle Due Sicilie e sulla guerra italica di sollevazione. Parigi, Lacombe, 1840 [5]
  • Ruoli de' generali ed uffiziali attivi e sedentanei di tutte le armi del Regno delle Due Sicilie. Napoli, 1857 [6]
  • Giuseppe Ferrarelli, Memorie militari del Mezzogiorno d’Italia, con prefazione di Benedetto Croce, Bari, 1911.
  • Piero Pieri, Il Regno di Napoli dal luglio 1799 al marzo 1806, Napoli, 1927, pp. 101-106.
  • Tito Battaglini, Il crollo militare del Regno delle Due Sicilie, Modena, 1938, 2 voll.
  • Tito Battaglini, L'organizzazione militare del Regno delle Due Sicilie: da Carlo III all'impresa garibaldina. Modena : Società tipografica modenese, 1940.
  • Tommaso Argiolas, Storia dell’esercito borbonico, Napoli, ESI, 1970.
  • Guido Landi, Istituzioni di diritto pubblico del Regno delle Due Sicilie, Milano, Giuffré, 1977, 2 voll. (I, pp. 469-487).
  • Roberto Maria Selvaggi, Nomi e volti di un esercito dimenticato. Ufficiali dell’esercito napoletano del 1860-61, Napoli, Grimaldi & C., 1990.
  • Giancarlo Boeri e Piero Crociani, L’Esercito Borbonico dal 1789 al 1861, Roma, USSME, 4 vol., 1989-1998.
  • Salvatore Abita (cur.), Le armi al tempo dei Borbone, Napoli, E. S. I., 1999.
  • Virgilio Ilari, Piero Crociani e Ciro Paoletti, Storia militare dell’Italia giacobina (1796-1801), Roma, USSME, 2000, II (“La guerra Peninsulare”: «Il nuovo esercito napoletano, 1799-1802», pp. 1131-1153; «I francesi sulle coste italiane, 1800-02», pp. 1155-1173).
  • Virgilio Ilari, Piero Crociani e Giancarlo Boeri,Storia militare deel Regno Murattiano (1806-1815), Invorio, Widerholdt Frères, 2007, 3 vol.
  • Virgilio Ilari, Piero Crociani e Giancarlo Boeri,Le Due Sicilie nelle guerre napoleoniche (1800-1816), Roma, USSME, 2008, II, pp. 879-942.
  • Donatella Bernabò Silorata, «Note di letteratura militare nel Regno delle Due Sicilie», in Salvatore Abita (cur.), Le armi al tempo dei Borbone', Napoli, E. S. I., 1999, pp 85-88.
  • Miriam Viglione, Funzioni militari e politica a Napoli tra Sette e Ottocento, tesi di laurea in storia moderna, rel. Anna Maria Rao, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, A. A. 2000/01 (I “Libretti di vita e costumi” dei reggimenti R. Alemagna, R. Abbruzzo e R. Calabresi”).

Note

  1. ^ Il primogenito di Carlo di Borbone, Filippo, era demente; il secondogenito, anch'egli di nome Carlo, diventava erede del trono spagnolo.
  2. ^ Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, Atlante geografico del Regno di Napoli, con la collaborazione dell'Istituto Geografico Militare Italiano di Firenze, a cura della Biblioteca Nazionale di Cosenza e del Laboratorio di Cartografia Storica dell'Università della Calabria, Soveria Mannelli: Rubbettino, 1993.
  3. ^ Alfonso Scirocco, Dalla seconda restaurazione alla fine del Regno in Giuseppe Galasso, Rosario Romeo (a cura di), Storia del Mezzogiorno, vol. IV, Roma, Edizioni del Sole, 1986, p. 697.
  4. ^ Pietro Calà Ulloa, Lettres napolitaines, par P.-C. Ulloa, Paris : H. Goemaere, 1864 [1]
  5. ^ Silvio De Majo, Breve storia del Regno di Napoli, da Carlo di Borbone all'Unita d'Italia (1734-18609. Roma : Tascabili economici Newton, 1996, pp. 60-64.
  6. ^ Carlo Afan de Rivera, Tavole di riduzione dei pesi e delle misure delle Due Sicilie, Napoli : Stamperia e cartiere del Fibreno, 1840, p. 357 [2]
  7. ^ M. d'Ayala, Napoli militare, Op. cit., p. 47 e segg.