Il reato di atti osceni è previsto e punito dall'art. 527 del codice penale italiano, il quale prevede che "chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni". Ai sensi dell'art. 36, comma 1, della legge 104/1992, se la persona offesa dal reato è "handicappata" (oggi si direbbe "diversamente abile") la pena è aumentata di un terzo.

Reato di
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FonteCodice penale italiano
Disposizioni[[:s:Codice penale/{{{Partizione1}}}/{{{Partizione2}}}#Art. rma}}} {{{TitoloReato}}}|{{{Norma}}}]]
Penareclusione da tre mesi a tre anni; se colposo, ammenda da 51 a 329 euro

L'ipotesi colposa

L'art. 527 del codice penale prevedeva anche la versione colposa del reato; la fattispecie è stata però depenalizzata dal D.Lgs. 30-12-1999, n. 507 sicché l'attuale secondo comma dell'art. 527 stabilisce che "Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantuno euro a trecentonove euro". Va comunque evidenziata l'inusualità nel nostro sistema penale della previsione di una versione colposa per un reato di così ridotta gravità.

Definizione di atto osceno

La definizione di atto osceno è contenuta nell'art. 529 del codice penale, secondo il quale: "Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore". Si tratta, come è evidente, di una definizione molto vaga, che lascia di fatto un ampio margine di apprezzamento all'interprete. Il concetto di oscenità è collegato a quello di pudore che, tuttavia, va qualificato più precisamente come pudore sessuale e può essere inteso come il sentimento di verecondia che viene offeso da fatti e manifestazioni contrarie alle regole etico-sociali attinenti la sfera sessuale. In questo senso il pudore si distingue dalla pubblica decenza la quale non fa riferimento alla sfera sessuale. Secondo la giurisprudenza è atto osceno qualsiasi manifestazione di concupiscenza, sensualità, inverecondia sessuale, compiuta su altri o su se stesso, che offende così intensamente il sentimento della morale sessuale ed il pudore da destare, in chi possa assistervi, disgusto e repulsione. Con una norma del genere il legislatore opera, di fatto, un rinvio a norme sociali extragiuridiche, per loro natura mutevoli da persona a persona e nel tempo; al riguardo, il legislatore precisa che l'offesa al pudore deve essere avvertita "secondo il comune sentimento", espressione anche questa piuttosto vaga, intesa da dottrina e giurisprudenza nel senso che il parametro per valutare l'oscenità deve essere ciò che avverte l'uomo medio, non chi è particolarmente pudico né chi è particolarmente impudico. Se si confronta il concetto di atti osceni della legislazione italiana con quello delle legislazioni nordeuropee appare evidente l'influenza, nel nostro caso, della visione cattolica, che produce un influsso della morale di tipo confessionale sul cosiddetto comune sentimento del pudore. Il nudismo ad esempio, citato più avanti, in alcuni paesi europei, come Germania, Austria, Svizzera e Francia, per citare solo quelli più vicini a noi, è perfettamente accettato anche in zone pubbliche o addirittura edifici pubblici, come parchi urbani, centri cittadini durante alcune manifestazioni e in qualche caso piscine.[senza fonte]

Presupposto del luogo pubblico

Nella nostra legislazione, affinché sussista il reato, l'atto, oltre che osceno, deve essere commesso in un luogo pubblico, al quale cioè chiunque può accedere senza limitazioni di sorta (strade, piazze, giardini pubblici ecc.), in un luogo aperto al pubblico, al quale cioè chiunque può accedere a determinate condizioni, o quantomeno in un luogo esposto al pubblico, che cioè può essere visto da un numero indeterminato di persone sebbene non possano accedervi (si pensi all'abitacolo di un'automobile, visibile dai finestrini, o all'interno di un'abitazione, visibile dalle finestre).

Giurisprudenza e dottrina

Nonostante i tentativi della giurisprudenza e dottrina di delineare in modo preciso i contorni del reato, le norme che lo prevedono hanno sempre sollevato notevoli incertezze interpretative e applicative, proprio perché introducono nella fattispecie un elemento, quale il sentimento del pudore, che per quanto ci si sforzi di oggettivizzarlo finisce comunque per presentare una forte componente soggettiva. D'altra parte, alla marcata variabilità da persona a persona si aggiunge un'altrettanto marcata variabilità secondo il luogo, l'ambiente sociale e, soprattutto, il tempo. Il risultato di tutto ciò è un'elevata disomogeneità tra sentenze e una giurisprudenza alquanto mutevole nel tempo, che negli ultimi decenni, sulla scia dell'evoluzione del costume sociale, ha fatto uscire dall'ambito dell'osceno comportamenti prima ritenuti punibili: si pensi al topless in spiaggia, ancora punito negli anni '70, o al nudismo la cui liceità nei luoghi in cui è consueto è stata affermata dalla Corte costituzionale solo in anni molto recenti.

Riferimenti normativi

Voci correlate

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