Proibizionismo

bando sugli alcolici negli Stati Uniti d'America
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Con il termine proibizionismo s'intende per antonomasia il periodo fra il 1919 ed il 1933 in cui negli Stati Uniti, tramite il XVIII emendamento e il Volstead Act, venne sancito il bando sulla fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcool[1]; il proibizionismo in questo senso è conosciuto anche come "The Noble Experiment[2].

Ci si può comunque riferire, con questo termine, ad ogni interdizione al consumo o alla vendita di determinate sostanze definite illecite da parte di governi o enti sovranazionali come l'ONU, col fine dichiarato di tutelare la salute pubblica e quella individuale dei cittadini. In questa chiave un proibizionismo è attualmente in vigore per sostanze come l'oppio, l'eroina, la cocaina, i derivati della cannabis e molte altre, a seconda della zona geografica e del contesto culturale. Può comunque essere anche interpretata in questo senso ogni proibizione proveniente "dall'alto", come ad esempio quella in vigore sulla prostituzione.

Più specificatamente per "Proibizionismo" oggi s'intende, nella sua accezione più comune e generale, quello in vigore dal 1937 sui derivati della cannabis[3], contestato dal movimento antiproibizionista che ne chiede la liberalizzazione[4]; alcuni antiproibizionisti non riconoscono il concetto di "proibizione" in sé e ritengono che ogni sostanza debba essere liberalizzata o eventualmente controllata in ambito medico, indicando il fallimento di tutte le proibizioni in quanto queste non cancellano le sostanze o il loro uso, bensì rendono più pericolosa la fruizione mettendo fra l'altro, in totale disarmonia rispetto ai propri scopi, a maggiore repentaglio la salute dei consumatori e perfino la loro stessa vita.

I "proibizionismi" possono essere generalmente distinti in due tipologie: quelli più blandi, che bandiscono solo la vendita ed il traffico della sostanza considerata illecita e quelli a regime di tolleranza zero, dove anche il semplice consumo è sanzionato, amministrativamente o penalmente.

Storia

Il Proibizionismo nacque negli USA su forte pressione delle così dette "Società di Temperanza", gruppi religiosi[5] e/o politici caratterizzati in genere da un forte moralismo e fondamentalismo rispetto alle posizioni sostenute[6][7][8][9]: alcuni di questi erano "Woman's Christian Temperance Union", "Anti-Saloon League", "American Temperance Society", "Daughters of Temperance", "Prohibition Party", "Scientific Temperance Federation" e "New York Society for the Suppression of Vice" (la quale ad esempio, in una causa intentata dalla stessa, riuscì a far bandire l'Ulisse di James Joyce dagli Stati Uniti in quanto il protagonista, nel corso della storia, si masturba)[10][11][12][13].

 
Logo della Società di Temperanza "Woman's Christian Temperance Union"

Quest'ultima società inoltre, tramite il fondatore Anthony Comstock[14], dopo anni di pressioni al Congresso degli Stati Uniti riuscì a far promulgare una legge che proibiva la spedizione a mezzo posta di stampe erotiche di ogni tipo (libri, riviste, foto, giornali, perfino pubblicazioni riguardo il controllo delle nascite e testi di biologia che mostrassero rappresentazioni accurate del corpo umano)[15][16][17]e addirittura di corrispondenza epistolare privata con accenni o riferimenti di natura sessuale[18][19][20]; vi fu persino un tentativo di vietare nei musei le statue e i quadri di nudo (similarmente a quanto fatto ad esempio, in tutt'altro contesto, nel 1994 a Palazzo Montecitorio da Irene Pivetti in veste di Presidente della Camera dei Deputati, la quale fece rimuovere per la durata del proprio mandato antichi nudi pittorici dai locali della Presidenza, come la "Venere Dormiente" di Luca Giordano o la "Composizione" di Mario Sironi, poi ripristinati dal successore Luciano Violante[21][22][23]).

La prima Società di Temperanza sorse nel 1789 presso una comune agricola[24]; il fenomeno prese piede quando, dal 1808 in poi, alcuni di questi movimenti riuscirono a trasformarsi in organizzazioni nazionali, capaci d'influenzare fortemente, tramite i loro voti, la politica di Washington. L'American Temperance Society ad esempio, fondata nel 1826, godette del rinnovato interesse del periodo per la religione e la moralità: dopo 12 anni dalla fondazione contava più di 8.000 gruppi locali ed oltre un milione e mezzo di affiliati. Nel 1839 erano stampati diciotto differenti giornali di temperanza e, nel medesimo tempo, molte chiese protestanti iniziarono a promuovere la "temperanza". Fra i numerosi scopi "religiosi" di queste società vi erano in primo piano il bando di ogni bevanda alcoolica e del gioco d'azzardo, oltre ad una forte castità dei costumi che contemplava temi spazianti dal sesso a pagamento alla lunghezza delle gonne (a Norphelt, nell'Arkansas, furono proibiti i rapporti sessuali "sconvenienti e lascivi" perfino tra coppie sposate, oltre al sesso pre-matrimoniale[25][26]).

Và detto che l'alcool era soggetto, specie in quel periodo, ad un eccesso di consumo che aveva delle conseguenze spesso devastanti a livello sociale, in particolar modo quando mescolato alla povertà estrema e alla criminalità[27][28]. Si trova infatti causa prima del forte ascendente che le Società di Tolleranza avevano soprattutto nei confronti delle donne, nel fatto che molte di loro erano costrette a subire maltrattamenti e violenze a causa di mariti o padri in stato di ubriachezza, ormai completamente dipendenti dalla sostanza; è accertato infatti che in alcuni soggetti l'assunzione di grossi quantitativi di alcool può aumentare l'aggressività, cosa su cui le Leghe fecero molto conto riuscendo a fare proselitismi anche al di fuori dell'ambito religioso, a causa dell'esperienza diretta negativa che i futuri affiliati avevano avuto con la sostanza[29][30][31].

All'inizio del 1900 e dell'era industriale s'insinuò inoltre la percezione che l'uso di alcool portasse a carenze sul lavoro, all'assenteismo, allo spendere i soldi in bevande alcooliche piuttosto che in beni generati dal sistema produttivo: fra i nomi eccellenti che in questo periodo si dichiararono favorevoli alla proibizione totale ci sono John D. Rockefeller, Henry Ford ed Henry Joy[32][33], i quali aderirono alla Anti-Saloon League apportando enormi quantità di denaro.

Con tali fondi a disposizione la Anti-Saloon League fra tutte ottenne in questo periodo una grande visibilità e un potere in grado di esercitare forti pressioni sulla politica nazionale. Le campagne per il regime "dry" (asciutto) iniziarono ad essere incentrate sui numeri: "I liquori sono responsabili del 25% della miseria, del 37% del depauperamento, del 45.8% della nascita di bambini deformi, del 25% delle malattie mentali, del 19.5% dei divorzi e del 50% dei crimini commessi nel nostro Paese", citano le statistiche del Congresso fornite dalla Anti-Saloon League nel 1914[34][35].

Nello stesso clima di moralismo inviso ad ogni tipo di uso, anche moderato, di qualsiasi sostanza alterante in cui venne bandito tramite l'Harrison Narcotics Act del 1914 l'uso dell'oppio, venne sancito il bando sull'alcool tramite il Volstead Act del 1919 e il XVIII Emendamento degli Stati Uniti, entrato in vigore il 16 gennaio 1920. La sera del 15 gennaio in tutti gli Stati Uniti decine migliaia di persone si riversarono nei negozi per fare rifornimento delle ultime bottiglie legalmente in vendita.

Il Senatore Andrew Volstead, che promosse la legge, dichiarò all'indomani dell'entrata in vigore: "I quartieri umili presto apparterranno al passato. Le prigioni e i riformatori resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno di nuovo eretti, tutte le donne sorrideranno e tutti i bambini rideranno. Le porte dell'inferno si sono chiuse per sempre"[36][37].

Dal giorno successivo il prezzo dell'alcool schizzò alle stelle, facendo nascere il conseguente mercato nero.

Già a mezzanotte e tre quarti del 15 gennaio, a Chicago, una banda armata assaltò un treno e rapinò un carico di whiskey dal valore di 100.000 dollari, dando così ufficialmente i natali al contrabbando e al mercato nero sugli alcoolici[38]; le prime conseguenze logiche della proibizione, di qualunque sostanza, sono infatti la sua comparsa (spesso in forma adulterata, impura e realmente pericolosa in quanto non soggetta a controlli sanitari e qualitativi) sul mercato nero relazionato al traffico criminale, oltre al suo aumento esponenziale di valore in quanto la proibizione sancisce un'apparente rarità del prodotto che i narcotrafficanti, istituiti in cartelli, mantengono in piedi così come i prezzi standardizzati[39][40][41].

Dopo l'istituzione del Proibizionismo, infatti, milioni di americani vogliono continuare a bere e sono disposti a pagare quanto richiesto dal mercato nero per farlo; il prezzo degli alcolici aumentava di dieci volte dopo l'acquisto all'ingrosso in paesi dov'era ancora legale, come il Canada o il Messico, e il conseguente contrabbando in territorio statunitense. Sovente gli alcoolici arrivavano con barche via mare, altre volte (fenomeno questo che, ad un certo punto, divenne molto diffuso) venivano direttamente istituiti laboratori clandestini, perfino nei boschi, dove si realizzavano birra o surrogati del whiskey e di altri superalcoolici, chiamati generalmente "Moonshine", adulterati con vari coloranti e liquidi da taglio.

All'inizio le bottiglie venivano vendute in negozi di generi comuni, che tenevano una modesta quantità da parte a fronte dell'elevato margine di guadagno comparato al rischio; in seguito iniziarono a fiorire in tutti gli Stati Uniti i così detti "Speak-easy", sorte di club con ingresso tramite parola d'ordine dove si poteva bere tranquillamente.

Nel 1920, anno dell'entrata in vigore del Proibizionismo, nella sola New York erano presenti 32.000 Speak-easy, contro i soli 15.000 bar legittimi di prima della proibizione[42][43].

Proibizionismo e criminalità

Il Proibizionismo e i "ruggenti anni venti" furono indissolubilmente collegati alla nascita del fenomeno noto come Gangsterismo[44][45], del quale figura di spicco assoluto fu Al Capone; la sua fortuna infatti, così come quella di molti altri criminali conclamati e non[46][47][48], fu raggiunta tramite i proventi del traffico di alcool, sfruttando la proibizione e la conseguente crescita esponenziale del prezzo, oltre al fatto che essendo la sostanza in questione non controllata ed illecita era possibile utilizzare metodi estranei al comune mercato per imporre il proprio prodotto e/o ottenere condizioni più favorevoli in generale.

File:Capone Teenager.jpg
Al Capone nel 1917

All'inizio Capone si rifornisce da importatori della Florida, di New York, di Detroit o dai distillatori clandestini di Chicago, per poi rivendere gli alcoolici agli Speak-easy, spesso in regime di esclusiva: questo garantiva all'esercizio commerciale prezzi più favorevoli e tagliava, a favore dell'offerente, la concorrenza di altre bande criminali[49][50][51]. Anche l'esclusiva, a differenza che nel mercato legale, era ottenuta con mezzi spesso coercitivi, applicando una legge propria che esulava governo e polizia, la quale tra l'altro veniva sistematicamente corrotta[52][53][54][55]. Fra le bande iniziarono violenti scontri a colpi di Thompson nelle strade delle città allo scopo di guadagnare territorio (esattamente come accade fra le bande di oggi legate al narcotraffico); chi avesse voluto entrare nel mercato avrebbe dovuto armarsi e strutturare un'organizzazione criminale per competere con quelle esistenti.

Si trattava di un giro d'affari nell'ordine dei miliardi di dollari dell'epoca, esentasse; Capone era il numero uno del business nella città di Chicago, con un accertamento fiscale datato 1927 di oltre cento milioni di dollari[56][57][58] (pari all'incredibile somma di circa un miliardo di dollari odierni). I proventi del "narcotraffico" di Capone vengono reinvestiti in altre attività, legali ed illegali, vanno a pagare la sua candidatura in politica e il controllo che egli esercitava sul Municipio, perfino nella figura del Sindaco William "Big Bill" Hale Thompson, Jr.[59][60][61], e sulla polizia.

"Ho fatto i soldi fornendo un prodotto richiesto dalla gente. Se questo è illegale, anche i miei clienti, centinaia di persone della buona società, infrangono la legge. La sola differenza fra noi è che io vendo e loro comprano. Tutti mi chiamano gangster. Io mi definisco un uomo d'affari"[62], ebbe a dichiarare Capone durante una delle frequenti interviste che ormai rilasciava come personaggio pubblico.

Nel 1929 il Congresso votò un ampliamento alla legge sul Proibizionismo: ritenendo che la stessa non avesse funzionato, per quasi un decennio, a causa della sua blandezza[63], si approvò una norma che stabiliva pene detentive anche per chi consumasse alcool, mentre fino a quel momento erano vietate solo la produzione, l'importazione e la vendita. La teoria era che, se si arrestava chi beveva, ci sarebbero state meno vittime dell'alcool e dei crimini correlati, postulato simile a quanto sostenuto anni dopo, ad esempio, da Ronald Reagan, Bettino Craxi, Rudolph Giuliani e molti altri nei riguardi della marijuana[64][65].

Fino a quel momento, innegabilmente, gli unici che stavano traendo guadagno a vario titolo dalla proibizione, schema non differente da quanto accade con i moderni proibizionismi, erano coloro i quali l'avevano concepita e coloro i quali la sfruttavano per evaderla.

Si aprì così una fase di forte belligeranza fra la polizia e le bande criminali, in risposta ad efferati atti di sangue come la Strage di San Valentino e al conseguente malcontento dell'opinione pubblica, che iniziava a domandarsi se proibire una sostanza fosse il modo più razionale per arginare gli eventuali problemi collegati al suo consumo[66]. Il 14 febbraio 1929, infatti, la banda di Al Capone tese un agguato per sterminare quella del concorrente Bugs Moran: travestiti da poliziotti i suoi uomini fecero irruzione in un garage al 2122 di North Clark Street, sede del quartier generale della North Side Gang, organizzazione capeggiata in passato da Dean O'Banion e guidata poi da George "Bugs" Moran, principale concorrente di "Big Al" nel mercato degli alcolici; allineati i sette presenti lungo un muro, come per un normale controllo di polizia, li fucilarono alla schiena. L'episodio resta a tutt'oggi uno dei più cruenti regolamenti di conti della storia della malavita e destò all'epoca un forte scandalo nell'opinione pubblica.

Venne istituito un regime di tolleranza zero nei confronti della "droga" e degli "spacciatori": la polizia sparava sensazionalisticamente ai barili sui camion, spaccava a manganellate le bottiglie nei locali sotto gli occhi dei media, ingaggiava frequenti conflitti a fuoco in strada con i Gangster. Le vittime fra gli agenti furono molte, così come quelle fra i cittadini inermi, ai quali bastava un gesto equivoco per finire sotto i proiettili della polizia: la Commissione Wickersham, istituita dal Presidente USA Hoover, documentò decine di casi di vittime civili[67][68][69].

Al Capone venne imprigionato per evasione fiscale ad Atlanta nel 1932, ma molti altri che avevano fatto fortuna col business dell'alcool proibito continuarono a mantenere in piedi il loro impero per decenni, come Lucky Luciano, o provvidero a renderlo completamente legale, come Joseph P. Kennedy, Sr., contrabbandiere di alcool negli anni della proibizione, antisemita dichiarato[70][71][72], sostenitore di Hitler e del Nazismo[73], padre del futuro Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy[74][75][76]. I più grossi finanziatori dell'Anti-Saloon League (coloro i quali avevano apportato i maggiori capitali e quindi il maggior potere all'istituzione, ossia Henry Bourne Joy della casa automobilistica Packard ed il magnate del petrolio John D. Rockefeller[77][78][79]) avevano appoggiato la Temperanza perché ritenevano che gli operai non avrebbero bevuto prima di lavorare o sul posto di lavoro, aumentando e rendendo più efficiente la produttività, e perché avrebbero speso i loro soldi in beni prodotti dalle imprese, piuttosto che sperperarli nei bar.

La verità era però che chi voleva bere, dopo l'entrata in vigore del Proibizionismo, poteva tranquillamente bere ancora, che i lavoratori scarsamente produttivi a causa dell'alcool lo erano ancora meno a causa dei beveroni adulterati che ingerivano (è dovuta al Proibizionismo, ad esempio, l'insorgenza dell'avvelenamento da alcool del legno[80]) e che tramite la proibizione e il relativo decuplicarsi dei prezzi correlato al mercato nero, i cittadini spendevano per bere molti più soldi di prima.

Joy e Rockefeller uscirono quindi dalla Anti-Saloon League e confluirono nella neonata Association Against the Prohibition Emendament[81][82][83]. Joy ebbe a dichiarare "Ho fatto un errore. Mi sono stupidamente sbagliato. l'America deve aprire gli occhi"[84].

Altro motivo fondamentale per il cambio fronte dei grossi imprenditori, oltre al riscontro delle incoerenze della proibizione, fu che il Governo degli Stati Uniti, avendo perso svariati miliardi di dollari l'anno con la cancellazione della tassazione sulle bevande alcooliche, fu costretto ad istituire una nuova tassa che penalizzava le grandi imprese e i contribuenti più ricchi. Passarono così al fronte antiproibizionista anche colossi come la dirigenza di General Motors e il presidente della banca J.P. Morgan Guarantee Trust Co., Charles Hamilton Sabin[85][86].

Anche la moglie di quest'ultimo, Pauline Morton Sabin[87][88][89], fu una grande sostenitrice della Temperanza, affermando: "Sono favorevole pensando ai miei ragazzi. Penso che un mondo senza liquori sarebbe un bel mondo"[90].

Dopo l'esplosione degli Speak-easy e del Whiskey, più pratico da trasportare della meno potente birra nelle neonate fiaschette da tasca, molte donne iniziarono a cambiare idea[91]. Nel maggio 1929 la Sabin organizza un incontro presso un albergo di Chicago, rivolto a mogli e madri di famiglie dell'alta società; in quell'occasione dichiarò: "Non vogliamo che i nostri ragazzi crescano nell'atmosfera degli Speak-easy. Prima del proibizionismo i miei figli non avevano accesso all'alcool, ora lo trovano ovunque". Da quell'esperienza nacque la WONPR, Women Organization for National Prohibition Reform, lega antiproibizionista che dopo due anni contava 300.000 adesioni, dopo quattro anni un milione e mezzo[92][93][94][95].

La Sabin tiene perfino un discorso al Congresso degli Stati Uniti, dove viene applaudita da tutti i Parlamentari[96], molti dei quali, avendo raggiunto quella posizione tramite le Società di Temperanza, non osavano parlare contro la proibizione per quanto convinti della sua erroneità e pericolosità sociale. Il Presidente Hoover, eletto nel 1928, non vuole prendersi la responsabilità di abrogare la legge, limitandosi ad istituire la Commissione Wickersham per indagare sui risultati della proibizione. Bisognerà aspettare Roosvelt che, nella campagna elettorale del 1932, dichiarerà di voler cancellare il Proibizionismo, ottenendo l'appoggio della Sabin e di tutto l'elettorato ad essa collegato.

 
Franklin Delano Roosevelt, il Presidente degli Stati Uniti che promosse il "Repeal", l'abolizione del Proibizionismo sugli alcoolici

Alle ore 17.27 (Eastern Time) di martedì 5 dicembre 1933, viene sancita la fine del XVIII Emendamento e del Volstead Act[97]: milioni di Americani si precipitarono ad acquistare l'alcool liberalizzato e regolarmente tassato, facendo impennare le entrate del Governo: vengono creati circa un milione di posti di lavoro collegati all'industria degli alcoolici.

Migliaia di affiliati a bande criminali correlate al mercato nero dell'alcool videro andare in fumo, da un giorno all'altro, un business da miliardi di dollari[98][99][100].

A tal proposito è degna di menzione l'intervista che il dottor Alfred Lindesmith, professore di Sociologia presso la Indiana University, fece ad un noto Gangster verso la fine del Proibizionismo: "La marihuana sarà il prossimo affare" afferma il criminale. Il professore risponde "Ma la marihuana non è una droga che dà dipendenza, come la morfina e l'eroina. E poi costa troppo poco per poter costituire un mercato interessante". "Lei non capisce", rispose il Gangster; "In vari Stati stanno promuovendo delle leggi contro l'erba, presto sarà messa al bando anche dal Governo centrale. Allora il prezzo salirà e il prodotto comincerà a farci guadagnare molti soldi"[101].

Va ricordato in quest'ottica che l'Alto Commissario del Bureau of Prohibition (o Prohibition Unit), unico ufficio incaricato di perpetrare il Proibizionismo sugli alcoolici, era Harry Jacob Anslinger, futuro padre del Proibizionismo sulla marijuana nel 1937 tramite il Marijuana Tax Act[102][103][104].

Il nuovo Proibizionismo sulle droghe leggere

Anslinger fu bandiera ed esponente intransigente del movimento "dry": fra il 1928 ed il 1929 ad esempio, alla luce del fatto che il Proibizionismo non sembrava funzionare come avrebbe dovuto, ritenendo che il motivo fosse perché non era abbastanza duro avanzò una proposta di legge, fortunatamente respinta, documentata dallo storico David Musto della Yale University, per la quale il minore o la donna sorpresi a bere avrebbero dovuto subire un minimo di sei mesi di carcere ed una multa di 1.000 dollari; in caso di recidiva, invece, cinque anni di carcere e multe da 5.000 a 50.000 dollari.[105]

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Harry Jacob Anslinger, il padre del Proibizionismo moderno sulla cannabis

Tre anni prima del crollo del Proibizionismo, esclusivamente a causa della propria relazione matrimoniale con Martha Kind Denniston, nipote di Andrew W. Mellon, Segretario del Tesoro USA, famoso banchiere, imprenditore e petroliere miliardario[106][107][108], Anslinger venne promosso a capo del neo istituito Federal Bureau of Narcotics, ufficio incaricato di mantenere la proibizione su tutte le sostanze illecite ad eccezione dell'alcool.

Le droghe illegali all'epoca erano la cocaina e gli oppiacei, bandite da poco tramite una proibizione che aveva dato in scala, e continuerà a dare poi, i medesimi problemi di quella sugli alcoolici[109][110][111][112].

Forte dell'esperienza fallita del Proibizionismo sull'alcool, sostanza troppo largamente conosciuta, diffusa e consumata da tutti gli strati della popolazione, Anslinger si fece portavoce di un nuovo Proibizionismo, in grado di aumentare l'importanza e gli introiti del proprio ufficio preposto al controllo delle sostanze illecite: quello sulla cannabis, prodotto di nicchia riservato all'epoca solo a neri ed ispanici, la cui proibizione non avrebbe toccato gli interessi della maggior parte della società americana del tempo e non avrebbe causato gli spargimenti di sangue legati al Proibizionismo sull'alcool che, più di ogni cosa, avevano impressionato l'opinione pubblica facendole mutare posizione.

L'F.B.N. aveva un'autonomia e un controllo assoluti su quanto concerneva le sostanze illecite, superiore persino all'FBI: una blindatura ed un accentramento dei dati che permettevano di generare e manipolare statistiche a piacimento, coordinare studi di ricerca ed intervenire nella vita privata di milioni di persone. Con la velocità nelle comunicazioni offerta da mezzi innovativi come radio e televisione, estranei alle Società di Temperanza che invece giravano fisicamente l'America per fare promozione, Anslinger riuscì a bombardare la società statunitense con una massiccia campagna palesemente mistificatoria, faziosa ed autoreferenziale[113][114][115][116][117][118][119]nei confronti della Marijuana, di cui all'epoca il popolo non sapeva praticamente nulla.

Venne dipinta come una sostanza malefica per natura, sfruttando spesso la moralità e il forte razzismo[120][121][122][123]per far passare l'immagine desiderata: la cannabis venne correlata ai più brutali omicidi degli USA, come il caso di Victor Licata, vennero fatte sistematicamente girare voci, suppostamente comprovate da ricerche scientifiche, riguardo la sua capacità d'infondere istantaneamente follia, scatti d'ira, violenza, criminalità e via dicendo, vennero create statistiche suppostamente oggettive su come la Marijuana riducesse l'uomo in schiavitù e fosse collegata al 50% dei crimini commessi dai "negri"[124][125][126].

Finché nel 1937, tramite il Marijuana Tax Act, venne sancito il Proibizionismo sui derivati della cannabis, imposto poi nel 1961 (sempre da Anslinger, in quanto rappresentante americano della Commissione ONU per le droghe stupefacenti), alle Nazioni Unite e diventato un fenomeno mondiale, che dura ancora oggi.

Durante la sua campagna di disinformazione Anslinger ebbe a disposizione fondi enormi, garantiti sia dal Governo USA che da privati che appoggiavano la criminalizzazione della pianta di cannabis per vari motivi, come la dirigenza General Motors, la DuPont (il cui proprietario era, casualmente, il già citato Andrew W. Mellon, Segretario del Tesoro USA, parente di Anslinger, magnate del petrolio e dei tessuti sintetici, contrario all'etanolo di Canapa dal quale si ricava combustibile per automobili, vedasi la Ford T di Ford interamente realizzata ed alimentata con la cannabis, e alla concorrenza al Nylon causata dalla diffusa, comunissima fibra di Canapa), la famiglia Rockefeller[127], l'editore Hearst (la carta di cannabis è di ottima qualità e da sempre utilizzata dall'uomo) e via dicendo [128][129][130][131][132][133][134].

Analisi

Una semplice analisi storica mostra come il Proibizionismo sull'alcool sia fallito[135][136][137][138][139][140]e non abbia avuto neanche una sola conseguenza oggettivamente positiva, scientificamente documentabile, né a livello individuale né a livello sociale, per quanto esistano gruppi di pensiero, in genere religiosi o appartenenti all'area d'influenza della destra, che dichiarano tuttora il contrario[141].

Il Proibizionismo, ad ogni modo:

  • Non ha impedito il consumo della sostanza, scopo per cui è nato;
  • Non ha impedito la vendita della sostanza;
  • Ha fatto aumentare il consumo della sostanza;
  • Ha fatto aumentare il tasso di vendita e diffusione della sostanza;
  • Ha creato un mercato nero gestito dalla criminalità con violenza;
  • Ha reso criminali dei cittadini per un proprio vizio privato;
  • Ha fatto moltiplicare il prezzo della sostanza;
  • Ha fatto nascere l'adulterazione e la mancanza di controlli qualitativi;
  • È costato la vita di migliaia di persone innocenti;
  • Ha permesso di creare imperi criminali, in grado di concorrere quanto a potere con i governi, basati sugli introiti del contrabbando[142].

Applicando quanto sopra ai proibizionismi in vigore al giorno d'oggi, si ha l'evidenza di come le dinamiche siano innegabilmente le medesime[143][144][145][146][147][148][149][150].

Il Proibizionismo più discusso oggi, antonomasia del concetto stesso dopo quello sugli alcoolici, è quello in vigore da più di settant'anni sulla cannabis. Esistono svariati movimenti culturali o politici che lottano per la decriminalizzazione delle sostanze derivate da questa pianta, a volte di tutte le sostanze in generale ritenendo che le leggi proibizionistiche, oltre a non raggiungere lo scopo preposto e a peggiorare il contesto in cui vengono applicate, violino tra l'altro il diritto inalienabile dell'Uomo di poter agire come crede nei confronti della propria persona finché non causi danni a terzi.

L'antiproibizionismo sostiene che la cieca proibizione moralista di una sostanza non sia la risposta migliore al suo consumo; bisogna invece prevedere una strategia di riduzione del danno che, consapevole di non poter cancellare i comportamenti, agisce per rendere edotti i cittadini delle loro conseguenze e permette un mercato libero o controllato dal Governo, in cui non esistano adulterazioni e commistioni di sostanze.

A maggior ragione la cannabis, messa al bando per interessi di natura prettamente strategica ed economica, sulla base di una serie di mistificazioni senza alcun suffragio scientifico incentrate su moralismo, razzismo ed opportunismo politico[151][152][153][154][155][156][157][158][159][160][161]e che quindi non dovrebbe neppure essere illegale secondo gli antiproibizionisti, è oggetto di dibattito in quanto largamente diffusa nella società attuale e non letale nell'uomo, anzi utilissima sotto svariati aspetti appresi ed esplorati dal genere umano nei millenni[162]; l'esempio dei Paesi Bassi, dove la detenzione di modiche quantità per uso personale, la vendita al dettaglio ed il consumo sono illegali ma tollerati, è pressoché unico nel mondo occidentale e innumerevoli statistiche illustrano come il numero di cittadini olandesi che fanno uso di cannabis sia fra i più bassi in Europa, così come quello dei tossicodipendenti da oppiacei[163][164][165][166].

La presenza di un mercato tollerato permette inoltre dei controlli qualitativi, una concorrenza alla luce del sole e la separazione dei mercati, di modo che chi voglia consumare cannabis (cosa che potrebbe fare comunque anche se fosse completamente illegale, come ampiamente dimostrato negli anni) non debba incappare in altre sostanze più pericolose o comunque diverse.

Da questo punto di vista non sembrano effettivamente esistere controindicazioni in una politica che invece di spendere milioni per cercare senza successo di punire e criminalizzare un prodotto, la sua vendita ed il suo uso, tenti di legittimarlo e di rendere la popolazione edotta sui suoi reali effetti, magari controllando la vendita attraverso la tassazione come accade con sale, alcool e tabacco.

A tal proposito, analizzando le varie affermazioni di politici, giornalisti, opinionisti contrari alla liberalizzazione nel corso della storia, emerge che le ragioni principalmente usate per controbattere alla richiesta di decriminalizzazione -perfino della sola cannabis, non di tutte le sostanze- siano la volontà di "non piegarsi alla volontà del crimine", quella che "le droghe fanno tutte male" (senza distinzione fra sostanze o fra uso ed abuso), che bisogna "tutelare i giovani", che tali sostanze "non hanno utilità medica" (postulato questo, tra l'altro, completamente falso) e via dicendo[167][168][169][170][171]

In questo senso è certamente utile analizzare l'impatto che avrebbe sul crimine organizzato il taglio, da un giorno all'altro, di tutti gli introiti derivanti dal narcotraffico; se già la cannabis frutta miliardi di dollari in tutto il mondo[172], una sostanza come la cocaina è in grado di generare giri d'affari che possono influire sensibilmente sulla politica mondiale[173][174].

A causa del proibizionismo sulla cocaina, ad esempio, un chilo di sostanza purissima in Colombia costa già circa 2000 dollari[175][176]; quando arriva in Europa vale intorno ai 100.000 dollari. Al primo taglio, quel chilo di cocaina pura diventerà 3 - 5 chili o più di cocaina tagliata, in genere con altri stimolanti o blandi farmaci. Ogni chilo ha un valore potenziale di almeno 100.000 dollari, ad ogni anello aumentano il taglio ed il valore, fino ad arrivare a costare le dosi singole per il consumatore finale dai circa 100 euro in su al grammo[177][178](per l'hashish l'aumento di prezzo dal Marocco all'Italia causato dal Proibizionismo è di oltre il 7000%[179]).

È logico considerare che se la vendita dei derivati della pianta di coca fosse controllata:

- Si priverebbe il narcotraffico della sua prima fonte d'intoriti;

- Si creerebbero posti di lavoro correlati al nuovo mercato, il quale sarebbe trasparente e possibilmente tassato a beneficio della collettività;

- Gli utilizzatori avrebbero accesso alla sostanza (cosa che hanno comunque) senza divenire criminali;

- La sostanza sarebbe priva di taglio, venduta in dosi farmacologiche e a prezzi ragionevolmente correlati alla sua essenza, non alle leggi e alle esigenze dei cartelli criminali;

Evidentemente le società occidentali non sono ancora pronte a questo tipo di approccio: la proibizione e demonizzazione totale di sostanze, consumo e mercati relativi sembra essere ancora la risposta considerata migliore e più adeguata a quello che é percepito come un problema sociale ed individuale, anche a fronte di una mancata risoluzione e, addirittura, di un aggravarsi, espandersi e radicizzarsi del problema stesso

Ciò che è innegabilmente oggettivo è che questo "problema" del consumo di "droghe", dopo quasi cento anni di Proibizionismo attivo, non è stato comunque ancora risolto: prova ne sono i milioni di persone che fanno tutt'ora uso di sostanze illecite di ogni tipo, coloro i quali regnano su imperi multimiliardari a causa di ciò, con tutto quello che ne deriva, quelli che muoiono a causa del taglio, del dosaggio, della disinformazione a cui sono soggetti, del mondo criminale in cui vengono invischiati, a volte a causa del sistema stesso che genera, magari inconsapevolmente e in buona fede, tutto questo.

L'uso di sostanze, senza che ne derivi pericolo per terzi o per la società, dovrebbe in questo senso essere tema di discussione esclusivamente sanitaria o sociale, non penale, giuridica o morale[180].

Note

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Voci correlate