Teoria dell'elasticità
Template:Stub fisica La Teoria dell'elasticità è lo studio del comportamento dei corpi deformabili, elastici, isotropi, nell'ipotesi che essi subiscano piccole deformazioni e siano caratterizzati da una legge di comportamento lineare. Quest'ultima precisazione è comunque superflua, in quanto contenuta implicitamente nell'ipotesi di piccole deformazioni.
Allo scopo di semplificare la trattazione analitica del problema, è possibile introdurre un'ulteriore ipotesi semplificatrice, e cioè che anche gli spostamenti cui i corpi sono soggetti siano piccoli. Le ipotesi di piccole deformazioni e piccoli spostamenti sono tra loro indipendenti. La coppia di ipotesi di piccole deformazioni e piccoli spostamenti viene in genere definita ipotesi delle piccole perturbazioni. A partire alle ipotesi si possono ottenere delle equazioni differenziali lineari; per questo motivo la teoria esaminata è nota anche come teoria dell'elasticità lineare.
Definizioni
- Corpo (o mezzo) continuo
- Si suppone che lo spazio in cui viviamo sia matematicamente rappresentabile come uno spazio euclideo a 3 dimensioni.
- Sia una porzione di tale spazio. Si dice allora che è occupato da un mezzo continuo se ad ogni suo punto possono essere associate delle grandezze fisiche relative al materiale di cui è costituito il mezzo. Tali grandezze fisiche possono essere rappresentate matematicamente da:
- campi scalari su (temperatura, densità ecc.);
- campi vettoriali su (velocità, accelerazione ecc.);
- campi tensoriali su (tensore degli sforzi, tensore delle deformazioni).
- Si suppone inoltre che tali campi siano differenzibili in tutti i punti di .
- Corpo elastico
- Un corpo (o mezzo) continuo si definisce elastico se soddisfa le seguenti proprietà:
- per esso esiste uno stato particolare, detto di riposo, in cui gli sforzi interni sono nulli e la temperatura è quella di riferimento;
- gli sforzi all'interno del corpo dipendono solamente dalla deformazione che il corpo ha subito, misurata a partire dalla condizione di riposo.
- Occorre precisare che a queste due condizioni si può aggiungere anche quella inerente la completa reversibilità della deformazione, cioè che il materiale non dissipa l'energia della deformazione: se il materiale soddisfa tale ulteriore ipotesi, esso viene definito iperelastico.
- Piccole deformazioni
- Si definisce piccola deformazione una deformazione per cui la variazione delle mutue distanze tra i punti del corpo che si deforma è piccola se raffrontata alle distanze stesse.
Equazioni fondamentali della teoria dell'elasticità
Tensore di deformazione
Se sottoposti a forze, i corpi solidi si deformano, cioè cambiano di forma e volume. Per affrontare la descrizione matematica della deformazione di un corpo, è utile disporre di un metodo per identificare i punti appartenenti al corpo stesso. A tal fine, per ogni punto appartenente al corpo, si introduce un raggio vettore (di componenti , e ) che congiunge l'origine del sistema di coordinate con il punto stesso.
Nel corso del processo di deformazione, tutti i punti del corpo possono subire uno spostamento. Si consideri un punto qualunque; se è il raggio vettore associato a tale punto prima della deformazione, a seguito di quest'ultima esso si trasformerà in (di componenti ). Allora, lo spostamento del punto preso in esame è definito dal vettore , designato con :
.
Il vettore appena definito prende il nome di vettore di deformazione (o di spostamento). Esso è evidentemente funzione delle coordinate .
Nel corso della deformazione, variano anche le mutue distanze tra i punti di un corpo. Si considerino due punti infinitamente vicini: Se con si indicano le componenti del vettore differenza tra i rispettivi raggi vettori prima della deformazione, queste si trasformano in . La distanza tra i due punti prima della deformazione è
e diventa
Introducendo la convenzione di Einstein per la sommatoria, si ha che
Sostituendo , può essere riscritto
Poiché i e k sono indici muti, nel secondo termine a destra dell'uguaglianza si ha
Scambiando nel terzo termine gli indici i ed l, segue:
ove il tensore è definito da
Queste espressioni determinano la variazione dell'elemento di lunghezza a seguito della deformazione del corpo. Ad si dà il nome di tensore di deformazione; esso è evidentemente un tensore simmetrico:
Siffatto tensore è stato ottenuto in quanto in il termine è stato riscritto nella forma simmetrica .
Come ogni tensore simmetrico, può essere diagonalizzato, ovvero ricondotto ai suoi assi principali. Ciò vuol dire che è possibile, per ogni punto, scegliere un sistema di coordinate tale che le uniche componenti non nulle del tensore delle deformazioni siano le (cioè gli elementi della diagonale principale: ).
Si supponga che in certo punto il tensore sia stato ridotto alla sua forma diagonale; in questo caso, nell'intorno di detto punto, l'elemento di lunghezza avrà l'espressione
Si osservi che l'espressione è formata da tre addendi indipendenti; questo comporta che, in ogni elemento di volume del corpo, la deformazione può essere rappresentata per mezzo di tre deformazioni indipendenti lungo tre direzioni ortogonali, che sono le direzioni individuate dagli assi principali del tensore di deformazione.
Le grandezze rappresentano allora le dilatazioni relative lungo tali assi.
Nella quasi totalità dei casi pratici che si prendono in considerazione, le deformazioni cui i corpi sono soggetti sono piccole. In altre parole, le dilatazioni ad esse relative sono infinitesimi di ordine superiore. Se un corpo subisce una deformazione piccola, tutte le componenti del tensore di deformazione sono anch'esse piccole. Occorre però precisare che il vettore di deformazione , può essere ugualmente grande anche per piccole deformazioni.
Eccezion fatta per alcuni casi particolari in cui grandi spostamenti producono piccole deformazioni (sio pensi ad esempio ad una lamina sottile, in cui grandi spostamenti delle estremità possono comportare deformazioni trascurabili nella lamina stessa), in genere è possibile assumere che se le deformazioni sono piccole, tale è anche il vettore di deformazione. Alla luce di quanto appena affermato, nell'ipotesi di piccole deformazioni, l'ultimo addendo al secondo membro dell'espressione che definisce può essere trascurato in quanto infinitesimo del second'ordine. Si ha pertanto:
Le dilatazioni relative agli elementi di lunghezza secondo gli assi principali del tensore di deformazione (nel punto prefissato) sono allora, a parte termini di ordine superiore,
cioè coincidono con i valori principali del tensore .
Tensore degli sforzi
In un corpo non deformato la configurazione delle molecole corrisponde allo stato di equilibrio termico, mentre tutte le sue parti si trovano in equilibrio meccanico. Ciò vuol dire che, se si considera un volume arbitrario del corpo, la risultante di tutte le forze che le altre parti del corpo esercitano sul volume considerato è nulla.
Se il corpo subisce una deformazione, esso si porta fuori dal proprio stato di equilibrio iniziale e insorgono forze, dette sforzi interni, che tendono a riportare il corpo nello stato di equilibrio. Se il corpo non è deformato gli sforzi sono nulli.
Gli sforzi interni sono dovuti a forze molecolari, cioè a forze di interazione tra molecole. Tali forze posseggono un raggio d'azione trascurabile, estendendo la loro influenza su lunghezze dell'ordine della distanza tra molecole vicine. Ora, nella teoria dell'elasticità (che è una teoria macroscopica) intervengono solamente lunghezze grandi rispetto alle distanze tra molecole. Pertanto, all'interno di tale teoria, si considera nullo il raggio d'azione delle forze molecolari. Questo equivale a dire che le forze che generano gli sforzi interni al corpo sono forze a corto raggio. Ne consegue che le forze con le quali una parte del corpo è sollecitata dalle parti contigue agiscono solo direttamente attraverso la superficie di tale parte.
Si scelga un volume qualunque all'interno del corpo e si consideri la risultante delle forze che agiscono su tale volume. Da una parte tale risultante è uguale alla somma di tutte le forze che agiscono sugli elementi del volume prescelto, cioè vale
dove F è la forza che agisce sul volume unitario del corpo, cosicché agisce su . Dall'altra, le forze che le diverse parti di questo volume esercitano reciprocamente le une sulle altre, non possono avere un effetto non nullo, perché, in virtù del principio di azione e reazione, tali forze si annullano vicendevolmente. Quindi la risultante cercata si può ottenere come la risultante delle sole forze con cui il volume è sollecitato dalle parti contigue al corpo. Ma, per quanto detto sopra, dette forze agiscono sul volume solo attraverso la sua superficie; pertanto, la risultante è esprimibile come integrale di superficie.