Antica basilica di San Pietro in Vaticano

edificio paleocristiano che sorgeva sull'area dell'attuale basilica di San Pietro

L'antica basilica di San Pietro in Vaticano, nota anche come basilica di Costantino, era ubicata a Roma, nell'area attualmente occupata dalla nuova basilica vaticana.

Jean Fouquet, Grand Chrioniques de France, Incoronazione di Carlo Magno, ambientata nella basilica vaticana.
Affresco riproducente l'aspetto della basilica costantiniana nel IV secolo
L'antica basilica in una stampa del XVI secolo di Tiberio Alfarano, particolare

Storia

La politica di favore e aperto controllo sulla trionfante religione cristiana, inaugurata da Costantino I con l'editto di Milano del 313 e culminata con la sua apparizione come basilèus isapòstolos al concilio di Nicea del 325, ebbe riscontro nella serie di edifici nei luoghi santi della Palestina e di Roma, che inaugurarono la nuova tipologia della basilica cristiana. La più antica fu quella di San Giovanni in Laterano e fin dall'epoca un posto di rilievo spettò alla basilica di San Pietro, costruita tra il 326 ed il 333 sulla sepoltura dell'apostolo Pietro, che era un'edicoletta posta in una piazzola nella vasta necropoli ai margini del circo di Caligola (o di Nerone), ai piedi del colle Vaticano. Per costruire l'imponente basilica Costantino fece spianare tutti i mausolei della necropoli e livellare l'intera zona creando una spianata dove venne fondato l'edificio.

Quando il re degli Ostrogoti Totila conquistò Roma il 17 dicembre 546, molti senatori e patrizi romani (tra cui Flavio Anicio Olibrio, Rufio Gennadio Probo Oreste e Flavio Anicio Massimo) si rifugiarono qui.

Nell'846 fu saccheggiata dai saraceni: a scanso di futuri episodi simili l'allora papa Leone IV la fece circondare da fortificazioni, le tutt'ora esistenti mura Leonine. Il papato, che in origine aveva residenza presso la Basilica Laterana, si trasferì al Vaticano solo dopo il periodo della cosiddetta cattività avignonese (dal 1377). Nel XV secolo il papa Niccolò V decise un profondo rinnovamento della vetusta costruzione che lamentava uno stato di degrado, soprattutto alle strutture di copertura. Il progettò fu affidato a Rossellino, ma i lavori localizzati alla parte absidale, rimasero a lungo interrotti. All'inizio del XVI secolo si decise per la sua totale ricostruzione e quindi fu lentamente demolita per far spazio alla nuova, grandiosa basilica, tutt'ora la chiesa più grande del mondo. Tuttavia la navata del tempio costantiniano, divisa da un muro dalla nuova crocera in costruzione, sopravvisse e fu utilizzata per quasi tutta la durata del cantiere, fino a quando, nel 1609, non fu definitivamente abbattute per volontà di papa Paolo V, superando le ultime perplessità. La nuova basilica fu consacrata nel 1626.

Architettura e opere d'arte

L'antica basilica ci è nota da fonti iconografiche (disegni, affreschi), letterarie e, in parte, archeologiche (di scavo).

La basilica era a cinque navate (87x64 metri), con la centrale rialzata e più larga, e coperta da capriate. Le navate erano divise da quattro colonnati di ventidue colonne ciascuno, coperti da architravi nella navata centrale e da archi in quelle laterali. L'illuminazione interna era garantita dalle finestre che numerose si aprivano nella parte che si elevava della navata maggiore (in rapporto 3:1), il cleristorio.

La facciata aveva degli spioventi digradanti, ma a differenza di San Giovanni in Laterano non vi era uno spiovente per navata, ma le navate minori erano coperte da un'unica travatura digradante. Un'altra peculiarità di San Pietro era l'uso del transetto (trans saepta, "oltre i cancelli"), il primo trattato come navata trasversale indipendente, alto come la navata centrale (ma meno ampio) e dotato di una propria copertura. Sul transetto si apriva l'abside e in fondo ai bracci si trovavano due nicchie rettangolari che sporgevano esternamente oltre il profilo delle navate. In corrispondenza della navata centrale si apriva sul transetto l'arcone ("arco di trionfo") tipico della basiliche paleocristiane, sia cristiane che civili (come nella basilica di Costantino a Treviri). Le navatelle terminavano invece con trifore colonnate, simili a quelle che sia aprivano nelle nicchie laterali del transetto.

L'abside era decorata da mosaici offerti da un figlio di Costantino (probabilmente Costanzo II). Nell'abside si trovava anche, dove si troverebbe di solito l'altare, la memoria dell'Apostolo, che altro non era che l'edicoletta del II secolo detta anche "trofeo". Quest'ultima sporgeva dal pavimento della basilica (qui a solo 30 cm dal livello originario della necropoli) ed era inserita in una dado marmoreo con lesene in porfido e recintato da una pergula con colonne tortili e amorini vendemmianti, che fece da ispirazione per il baldacchino seicentesco. Le colonne originarie della pergula vennero riutilizzate negli altari incassati nei piloni della basilica attuale e ce ne resta traccia in varie opere d'arte come una copia fedele nella cassetta eburnea di Pola del V secolo.

In facciata era preceduta da un quadriportico, descritto da Eusebio di Tiro, dove sostavano anticamente i catecumeni durante la celebrazione dell'Eucarestia. Al centro del quadriportico si trovava il Pignone, oggi nel cortile della Pigna nei Musei Vaticani. Non sappiamo se Dante Alighieri vide il Pignone in questa posizione durante un ipotetico pellegrinaggio per il Giubileo del 1300, ma comunque lo citò in un passo della Divina Commedia (Inf. XXXI, 59).

Accanto alla basilica esistevano due edifici a pianta circolare, usati forse come martyrion. Uno di essi, noto come cappella di Santa Petronilla, era il mausoleo imperiale onoriano, in cui furono sepolti l'imperatore romano Onorio con le mogli Maria e Termanzia, oltre a, probabilmente, sua sorella Galla Placidia col figlio primogenito Teodosio. L'altro era un mausoleo databile all'epoca di Caracalla e poi utilizzato come Cappella di Sant'Andrea[1].

Sul lato sud, poco discosto dalla basilica, si trovava un obelisco, resto del Circo di Nerone che sarebbe poi stato spostato, nel 1586, nell'attuale Piazza San Pietro.

Tra le tante opere d'arte che nei secoli abbellirono la basilica, in parte andati perduti, in parte ancora conservate in Vaticano, sono da segnalare il mosaico della Navicella degli Apostoli, attribuito a Giotto. Lo stesso artista aveva eseguito nel 1320 circa la pala dell'altare principale, il Polittico Stefaneschi.

La basilica, al pari delle altre grandi chiese romane, era stata partecipe del ripristino e rinnovamento promossi da Martino V, Eugenio IV e da Niccolò IV per riparare al disastroso abbandono in cui aveva riversato la città durante la cattività avignonese. In quel periodo San Pietro venne abbellita dagli affreschi con Storie di Cristo di Beato Angelico, perduti a parte alcuni frammenti di controversa attribuzione, o da quelli nel coro di Pietro Perugino (1478).

Altre immagini

Note

  1. ^ Lorenzo Bianchi, Ad limina Petri: spazio e memoria della Roma cristiana, 1999.

Bibliografia

Voci correlate