Eugène Ionesco
Eugène Ionesco, in rumeno Eugen Ionescu (Slatina, 26 novembre 1912 – Parigi, 28 marzo 1994), è stato uno scrittore e drammaturgo francese di origini rumene.
Biografia
Nato in Romania nel 1912 (il 13 novembre secondo il calendario ortodosso, il 26 per quello gregoriano[1]), l'anno seguente si trasferì con i genitori a Parigi, dove ben presto fece esperienza della guerra. Le immagini atroci e confuse di questo periodo impressionarono a tal punto il piccolo Eugène da tornare ricorrentemente nelle sue opere.
Al termine della guerra, Ionesco si trasferì con la sorella nel piccolo villaggio Chapelle-Anthenaise, nella Mayenne. Questo soggiorno fu pervaso di serenità e tranquillità: i ricordi su di esso sono sereni. Tornato a Parigi, Ionesco scrisse la sua prima pièce: un dramma patriottico.
Nel 1925 tornò in Romania e imparò il rumeno; nonostante il desiderio di diventare attore, si iscrisse, sotto spinta del padre, all'Università di Bucarest. Negli anni trenta scrisse e pubblicò versi e articoli di critica da cui già traspaiono quelli che poi saranno i principi fondamentali della sua drammaturgia.
Sposatosi nel 1936 con Rodica Burileano (da cui nel 1944 avrà la figlia Marie-France), Ionesco diventò professore ordinario e ricevette due anni più tardi una borsa di studio dal governo rumeno per scrivere a Parigi una tesi sui temi della morte e del peccato nella poesia francese dopo Baudelaire.
Nella primavera del 1939 compì un pellegrinaggio a Chapelle-Anthenaise, dove ogni luogo e ogni oggetto è carico di passato e di ricordi, ma con lo sfondo di una nuova guerra.
Dal 1941 al 1944 lavora all'ambasciata romena presso il governo collaborazionista francese di Vichy [1].
L'incontro con il teatro è casuale e inaspettato:
Ionesco fu colpito in modo tale che decide di comunicare ai suoi contemporanei le verità essenziali appena scoperte: scrive La cantatrice calva, un'opera teatrale che si potrebbe definire didattica. Queste verità essenziali diventano però folli, la parola si disarticola, e ne risulta una tragedia del linguaggio. La cantatrice calva, definibile anti-pièce, viene messa in scena per la prima volta l'11 maggio 1950 al Théâtre des Noctambules, ma se da un lato attira l'attenzione di diversi critici e letterati (come la sua amica Monica Lovinescu) e del Collegio di patafisica, dall'altro risulta un vero fallimento di pubblico. Ionesco non si lascia scoraggiare, perché ora sa ciò che ha da dire e il modo in cui dirlo.
Contrario alle rivoluzioni, politicamente può essere definito un "anarchico di destra" [2].
Negli anni tra il 1950 e il 1952 scrive altre 8 pièces che già definiscono i suoi principi di drammaturgia:
- Disarticolazione del linguaggio
- Proliferazione degli oggetti
- Descrizione di un mondo inquietante e assurdo (proprio nel 1952 Samuel Beckett pubblicò Aspettando Godot)
- Visione onirica del reale
- Introspezione psicoanalitica molto profonda (in Vittime del dovere proprio quando la trama sembra una parodia dell'inchiesta poliziesca, il personaggio Choubert sposta l'attenzione sul proprio io, scavando nel profondo e trovando immagini d'infanzia. Esprime così il suo dolore: "Padre, noi non ci siamo mai capiti... Puoi ancora sentirmi? TI obbedirò, perdonaci, noi ti abbiamo perdonato... Mostra il tuo volto!").
Se il pubblico iniziò a interessarsi a lui, le polemiche furono feroci e altrettanto numerose. Per difendere il proprio modo di fare teatro, Ionesco fece conferenze, scrisse saggi, rilasciò interviste e, nel 1955, fa un impromptu, un "improvviso" (Impromptu de l'Alma), dove egli stesso entra in scena. Attaccato da tre "dottori in teatrologia", Bartolomeo I, II e III che citano Aristotele, Sartre e Brecht, Ionesco si difende e si giustifica.
Nel frattempo La cantatrice calva viene scoperta da un pubblico che ha superato il primo shock generato dal teatro dell'assurdo. Inizia a questo punto lo straordinario successo della pièce che dal 1957 viene ininterrottamente recitata nel piccolissimo Théâtre de la Huchette, situato nel cuore del Quartiere Latino (ancora oggi - 2009 - le rappresentazioni sono quotidiane; agli spettatori di allora si sono aggiunti i figli e i nipoti, ma la magia di quel testo al di fuori del tempo si rinnova ogni volta).
Nel 1958, con la pubblicazione di Rinoceronte, Ionesco raggiunse il massimo successo: conferenze, colloqui, viaggi intorno al mondo diventano quotidiani, ma anche le critiche si inasprirono: il drammaturgo venne accusato di conformismo e di noncuranza per l'attualità, di non essere engagé, politicamente impegnato. Ionesco rispose alle accuse e in questo modo definì le linee guida della propria drammaturgia, i propri problemi di scrittore, la propria esperienza in teatro. Ne risulta il libro Note e Contro-Note. A questo punto, Ionesco scrisse non più per schernire, ma per capire la vita e la morte. È tentato dall'aspetto serio e tragico della vita.
Le opere degli anni settanta sono pervase da rassegnazione: Ionesco fu testimone della Primavera di Praga, della guerra del Vietnam, degli attentati terroristici alle Olimpiadi di Monaco, e definì il mondo e la condizione umana con un solo aggettivo: assurdi.
Ionesco morì il 28 marzo 1994, ed è sepolto nel cimitero di Montparnasse.
Autoritratto di Ionesco
Lo sguardo di Ionesco sembra in effetti leggere al di là dell'apparenza del mondo: egli si sente estraneo alla realtà. Vede la propria vita pervasa di solitudine e di angoscia, dall'infanzia emergono immagini grottesche, da incubo, salvo rari momenti di "euforia estatica", perché il mondo è anche meraviglioso: è proprio questa contraddizione che rende affascinante la commedia che ha come protagonista l'uomo.
La stessa contraddizione rende altrettanto affascinante la morte:
Ionesco concepisce la paura della morte come tradimento dell'oscuro desiderio di morire, della tentazione dell'incognito, l'aspirazione verso un altrove, elementi simbolicamente riuniti nella religione: Ionesco non osa tanto, non si sente audace abbastanza per potere avere fede.
Parallelamente alla biografia si organizza, così, un universo interiore in cui si armonizzano i contrari, in cui i ricordi si fondono nell'avvenire e l'onirismo nasconde e trasforma il reale. Esiste una double postulation: un'alternanza di sensazioni, da euforia a oppressione, da leggerezza a pesantezza: elevazione o caduta, paradiso o inferno. «Sapere ciò che c'è in fondo, ecco la cosa più importante»: per ottenere la chiave dell'universo occorre capire le immagini dell'essere, occorre svelare l'inconscio, descrivendo situazioni e immagini, non spiegando o interpretando, come se si stesse raccontando un sogno. Così nel teatro ioneschiano l'esperienza vissuta diventa creazione.
La concezione del teatro
Attraverso il teatro, Ionesco si interroga sulla vita e sulla morte, esplora il reale. Il teatro è catabasi, è discesa nell'Inferno: l'inferno del suo "io", ossessionato dal doppio stato esistenziale: evanescenza e pesantezza, luce e tenebra; l'universo drammatico di Ionesco ha come sfondo un paesaggio onirico, espressione spettacolare dei suoi incubi, dei suoi fantasmi. Due figure mitologiche popolano questo universo:
- la donna, madre, moglie, sorella o amante, possiede una sensualità che allo stesso tempo affascina e disgusta, il nido che offre è una prigione della coscienza e obbliga l'uomo alla rassegnazione, perché deve accettare tutti i limiti e rinnegare la speranza.
- il poliziotto, emblema dell'autorità: padre, professore, medico-psicanalista, anch'egli impone una rinuncia.
Ma il mondo è anche stupendo e accanto alle immagini di atrocità si fanno spazio quelle di grazia, pervase di luce e di natura.
Il protagonista oscilla tra i due mondi, non trova un equilibrio e perciò tenta di evadere, ma inutilmente, perché fallisce sempre e risulta vittima.
Il teatro di Ionesco è violento e crudele, perché non edulcora la realtà, né offre concetti o idee nuove: si tratta semplicemente di una trasposizione, del racconto della condizione e del destino umani.
Tutto ciò implica, naturalmente, una rivoluzione della drammaturgia tradizionale, essendo l'azione non più un intrigo, ma una situazione complessa e conflittuale senza soluzione. I personaggi non sono eroi in senso classico, ma "tipi" senza psicologia, che parlano per formule convenzionali, per clichés e luoghi comuni: sono uomini vuoti.
Il teatro ioneschiano è certamente figlio del Novecento: le sue strutture, così antiteatrali e anticonvenzionali, sono da collegarsi con le esperienze artistiche del Dada e del Surrealismo per il gusto per la provocazione beffarda e polemica. Il nonsense, però, non si estingue in mero gioco, ma cela una critica ben più profonda: al conformismo e alla banalità in primo luogo.
Oggetto delle pièces di Ionesco è l'uomo nel suo problematico e conflittuale rapporto col mondo, che minaccia di opprimere la sua spiritualità e individualità.
L'evasione porta sempre al nulla, al banale, e l'unica soluzione è accettare la vita nella sua contraddittorietà: nei suoi elementi alienanti come nei suoi autentici valori.
Tema ricorrente nelle sue opere e che lo accomuna a Beckett, Adamov o Genet è la solitudine come condizione umana. Gli uomini ioneschiani sono soli nella folla, e ciò li rende ancora più tragici, ancora più assurdi dei vagabondi beckettiani; sono borghesi inariditi e allucinati dalla solitudine, non riescono a comunicare, si illudono di esprimere il proprio dramma, ma i clichés e i luoghi comuni indicano la vuotezza interiore. Le loro vite sono sopraffatte dal materialismo soffocante di una realtà che li aliena, e ogni tentativo di opposizione si conclude con il fallimento.
È questo il sentimento globale: rendersi conto di non aver reso possibile ciò che avrebbe dovuto essere, e vivere in un presente che non ha saputo essere.
Le opere di Ionesco
Traduzioni in lingua italiana
- Teatro: La cantatrice calva, La Lezione, Le sedie, Vittime del dovere, La fanciulla da marito, Amedeo o Come sbarazzarsene, Jacques ovvero la sottomissione, L'avvenire è nelle uova ovvero Ci vuole di tutto per fare un mondo, L'improvviso dell'Alma ovvero Il camaleonte del pastore, Il nuovo inquilino, Assassino senza movente, Il rinoceronte, Torino, Einaudi, 1962
- Note e Contronote, Torino, Einaudi, 1965
- Teatro2: I saluti, Il maestro, Il Salone dell'automobile, Il quadro, Scena a quattro, Delirio a due, Il re muore, Il pedone dell'aria, La lacuna, La fame e la sete, Come preparare un uovo sodo, Il giovane da moglie, Imparare a camminare, Torino, Einaudi, 1967
- Passato e presente, Milano, Rizzoli, 1970
- Il giuoco dell'epidemia, Torino, Einaudi, 1971.
- Macbett, Tornio, Einaudi, 1973.
- Il solitario, Milano, Rusconi, 1974, Roma, Gaffi, 2007.
- Storia Numero 3, Milano, Emme Edizioni, s.d.
- Che formidabile bordello (traduzione inedita di Carlo Terron).
Edizioni commentate
- Le roi se meurt, étude de C. Audri, Parigi, Classiques Larousse, 1968.
- Rhinocéros, étude de C. Abstado, Parigi, Classiques Bordas, 1970.
- Cantatrice Chauve – La Leçon, a cura di E. Del Col, Milano, Mondadori edizioni scolastiche, 1974.
- Rhinoceros, a cura di M.L. Belleli, Torino, S.E.I., 1977.
Saggi
- V. Passeri Pignoni, Teatro contemporaneo, Firenze, Città di vita, 1967.
- R. Rebora, Introduzione al Teatro di Ionesco, Milano, Mondadori, 1969.
- G. Luigi Falabrino, Eugène Ionesco, Firenze, La Nuova Italia, 1975.
- U. Ronfani, Trent'anni di teatro francese, Milano, Pan, 1975.
- Giuseppe Grasso, La civiltà contemporanea nella visione di due grandi scrittori. Due interviste ad Eugène Ionesco e ad Alain Robbe-Grillet, in "Scuola e Insegnanti", n. 14, del 16-31 luglio 1985
- Salvatore Vecchio, Pirandello e Ionesco, EILES, 1995.
- Beckett, Ionesco, Miller, Pinter, Williams, Un mestiere chiamato desiderio. Interviste sull'arte del teatro, Minimum fax, 1999.
- Laura Pavel, Ionesco. Anti-lumea unui sceptic, Piteşti, Paralela 45, 2002.
- Giovanni Rotiroti, Odontotyrannos. Ionesco e il fantasma del rinoceronte, Roma, Il filo, 2009.
Note
- ^ Alcune fonti sostengono che la data di nascita del drammaturgo risalga al 1912, altre al 1909. In questa sede facciamo riferimento all'anno indicato dall'Académie Française. Su questo argomento si veda la segnalazione dell'Enciclopedia Britannica, che informa di come Ionesco avrebbe posticipato di tre anni la sua data di nascita per apparire, al momento della composizione de La cantatrice calva, come uno scrittore ancora giovane, cioè minore di quarant'anni.
Bibliografia
- Rhinocéros. Extraits, Univers des Lettres Bordas, sous la direction de Fernand Angué, 1985.
Stefano Dabbeni" Eugene Ionesco" 1982 Edizioni d'Arte Dabbeni Lugano ...incursione fotografica nel lavoro di Ionesco, contiene anche una xilografia originale firmata dall'autore.
- Alexandra Laignel-Lavastine, Il fascismo rimosso: Cioran, Eliade, Ionesco, UTET, 2008
Voci correlate
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Eugène Ionesco
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Eugène Ionesco
Collegamenti esterni
- (FR) Eugène Ionesco
- La Cantatrice calva in italiano
- Giovanni Rotiroti, La comunità senza destino. Ionesco, Eliade, Cioran all'ombra di Criterion
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