Storia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia d'Italia.

Preistoria

Il popolamento del territorio italiano risale alla preistoria, epoca di cui sono state ritrovate importanti testimonianze archeologiche. L'Italia è stata abitata almeno a partire dal periodo Paleolitico. Tra i più interessanti siti archeologici italiani risalenti a questo periodo si ricorda quello di Monte Poggiolo, presso Forlì e la Grotta dell'Addaura, presso Palermo.[2]

Prime popolazioni

  Lo stesso argomento in dettaglio: Popoli dell'Italia antica.

Le informazioni sugli abitanti della penisola in epoca preromana sono, in taluni casi, incomplete e soggette a revisione continua. Popolazioni di ceppo indoeuropeo, trasferitesi in Italia dall'Europa Orientale e Centrale in varie ondate migratorie (veneti, umbro-sabelli, latini, ecc.), si sovrapposero ad etnie pre-indoeuropee già presenti nell'attuale territorio italiano, o assorbendole, oppure stabilendo una forma di convivenza pacifica con esse. In Italia settentrionale, accanto ai Celti (comunemente chiamati Galli), vi erano i Liguri (originariamente non indoeuropei poi fusisi con i Celti) stanziati in Liguria e parte del Piemonte mentre nell'Italia nord-orientale vivevano i Paleoveneti di probabile origine illirica o, secondo alcune fonti, provenienti dall'Asia Minore.[3]

 
Espansione della civiltà etrusca nel corso dei secoli

Nell'Italia più propriamente peninsulare, accanto agli Etruschi, convivevano tutta una serie di popoli, in massima parte di origine indoeuropea, fra cui: Umbri in Umbria; Latini, Sabini, Falisci, Volsci ed Equi nel Lazio; Piceni nelle Marche ed in Abruzzo Settentrionale; Sanniti nell'Abruzzo Meridionale, Molise e Campania; Apuli e Messapi in Puglia; Lucani e Bruttii nell'estremo Sud; Siculi, Elimi e Sicani (non indoeuropei, probabilmente autoctoni) in Sicilia. La Sardegna era abitata, fin dal II millennio a.C., dai Sardi, risultato, forse, di un connubio tra le preesistenti popolazioni megalitiche presenti nell'Isola ed il misterioso popolo dei Shardana.[3][4]

La Magna Graecia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Magna Grecia.

Tra l'VIII ed il VII secolo a.C., coloni provenienti dalla Grecia cominciarono a stabilirsi sulle coste del sud Italia e della Sicilia. Le prime componenti stabilitesi in Italia furono quelle ioniche e quelle peloponnesiache: gli Eubei e i Rodii fondarono Cuma, Reggio Calabria, Napoli, Naxos e Messina, i Corinzi Siracusa (i quali a loro volta fonderanno la città di Ankon, l'odierna Ancona), i Megaresi Leontinoi, gli Spartani Taranto, mentre i coloni provenienti dall'Acaia fondarono Sibari e Crotone. Oltre a quelle sopra menzionate, altre importanti furono Metaponto, fondata anch'essa da coloni Achei, Heraclea e Locri Epizefiri.

L'importanza della colonizzazione greca per i popoli italici è dovuta al fatto che essi vennero così a contatto con forme di governo democratiche caratterizzate da forti responsabilizzazioni del cittadino, e con espressioni artistiche e culturali elevate.[5]

L'età romana

 
Massima espansione dell'Impero romano

La regione geografica italiana fu unita politicamente per la prima volta in epoca romana con la Repubblica romana (509-27 a.C.), ma il carattere imperiale delle conquiste effettuate nei secoli seguenti da Roma e dai socii italici finì per snaturare il carattere nazionale che la regione geografica italiana stava acquisendo sul finire del I secolo a.C.[6]

Giunta all'apice dello sviluppo politico, economico e sociale, Roma con il suo impero è considerata una tappa importantissima della storia, con un'irripetibile organizzazione socio-politica e per l'importanza del segno lasciato nella storia dell'umanità. In tutti i territori sui quali estesero i propri confini i romani costruirono città, strade, ponti, acquedotti, fortificazioni, esportando ovunque il loro modello di civiltà e al contempo assimilando le popolazioni e civiltà assoggettate, in un processo così profondo che per secoli, ancora dopo la fine dell'impero, queste genti continuarono a definirsi romane. La civiltà nata sulle rive del Tevere, cresciuta e diffusasi in epoca repubblicana ed infine sviluppatasi pienamente in età imperiale, è alla base dell'attuale civiltà occidentale.

L'unione politica della regione geografica italiana realizzatasi in epoca romana termina nel 476 d.C con la fine dell'Impero romano d'Occidente (anno in cui per convenzione viene anche fatta terminare l'Antichità e iniziare il Medioevo). Nel 476 il re degli Eruli, Odoacre, ultimo di una lunga schiera di condottieri germanici che nel periodo di decadenza dell'Impero romano d'Occidente avevano condotto le proprie orde in territorio italico, depone infatti l'ultimo imperatore d'occidente, Romolo Augusto.[7]

Il Medioevo

 
La Corona Ferrea del Regno d'Italia durante il Medioevo, attualmente custodita nel duomo di Monza

A partire dal 493, con il Regno ostrogoto, si realizza nuovamente l'unità politica della penisola italiana. Il Regno ostrogoto è la prima di tante occasioni mancate nel Medioevo per affermare anche nella regione geografica italiana un processo di formazione della coscienza nazionale come già era avvenuto in altri Paesi europei. Dal 535 al 553, la penisola italiana diventa teatro della guerra gotica, che vede l'imperatore d'Oriente Giustiniano I deciso ad assoggettare il Regno ostrogoto. La conquista della penisola italiana da parte di Giustiniano I è portata a termine nel 553 con la sconfitta definitiva degli Ostrogoti e l'annessione di tutto il territorio del Regno ostrogoto all'Impero romano d'Oriente. Il conflitto, protrattosi per quasi un ventennio, devasta l'intera penisola italiana, tanto da portarla a una grave crisi demografica, economica, politica e sociale.[8]

La penisola, indebolita e impoverita, non ha la forza di opporsi a una nuova invasione germanica, quella dei Longobardi, capeggiata da Alboino. Tra il 568 e il 569 i Longobardi, spesso appoggiati dalla popolazione esasperata dalla fiscalità bizantina, occupano gran parte dell'Italia: entrando dal Friuli, ben presto conquistano gran parte dell'Italia centro-settentrionale, che prende il nome di Langobardia Maior, e poi dell'Italia meridionale, che chiamano Langobardia Minor.[9]

 
L'Italia nell'anno 1000

Il regno dei Longobardi si protrae per circa due secoli, fino a quando essi vengono sconfitti a nord da Carlo Magno nel 774,[9] e a sud, più tardi, dai Normanni. Da allora la penisola perde definitivamente un'unità politica che non ritroverà fino al 1861 con la nascita del Regno d'Italia.

Ciò nonostante, ci sono nei secoli successivi dei tentativi di costituire un Regno d'Italia autonomo dal Sacro Romano Impero Germanico, ad opera in particolare di Berengario del Friuli (850-924), e poi di Arduino d'Ivrea (955-1015),[10]

Se durante l'alto Medioevo il sentimento nazionale italiano si mantiene piuttosto in ombra, partecipando alla contesa tra le due potenze di allora, il Papato e l'Impero, con i quali si schierano rispettivamente i Guelfi e i Ghibellini, esso tuttavia rimane sempre vivo. La vittoria nella battaglia di Legnano ad opera della Lega Lombarda contro l'imperatore Federico Barbarossa (1176), e la rivolta dei Vespri siciliani contro il tentativo del re di Francia di assoggettare la Sicilia (1282), saranno assunte dalla retorica romantica ottocentesca come i simboli del primo risveglio di una coscienza di patria. Questi episodi nascondevano tuttavia interessi di altra natura, soprattutto economici.[11]

In questi anni, nella penisola italiana si sviluppano le Repubbliche marinare (Amalfi, Genova, Pisa e Venezia), e i liberi Comuni di popolo, totalmente autonomi. Questi sono i primi segnali di un cambiamento radicale che, consolidandosi e accompagnato anche dal risveglio religioso che si era avuto nel Duecento con le figure di Gioacchino da Fiore e Francesco d'Assisi, porteranno al Rinascimento.[12]

Con la definitiva uscita di scena degli imperatori di Germania, il fervore della civiltà comunale raggiunge infine il suo apogeo economico, spirituale, artistico, alimentato dall'idea politica di numerosi poeti, tra cui Dante Alighieri, e dall'esigenza, fatta propria da Cola di Rienzo, della rinascita dell'unità d'Italia.[13]

L'età moderna

 
Cosimo de' Medici, primo Padre della Patria. (Galleria degli Uffizi)

Diversi fattori impediscono tuttavia la nascita di uno Stato unitario come sta avvenendo nel resto d'Europa: oltre alla suddivisione in tanti piccoli Comuni, che successivamente si tramutano in Signorie, c'è anche il timore da parte del Papato di veder sorgere una potenza statale in grado di compromettere la sua autonomia. Sarà per questo ed altri motivi che l'Italia deve supplire con l'intelligenza strategica dei suoi capi politici alla superiorità di forze degli stati nazionali europei. Un esempio è la figura del Signore di Firenze Cosimo de' Medici, non a caso soprannominato Pater Patriae, ovvero "Padre della Patria", e considerato uno dei principali artefici del Rinascimento fiorentino: la sua politica estera, infatti, mirante al mantenimento di un costante e sottile equilibrio fra i vari stati italiani, sarà profetica nell'individuare nella concordia italiana l'elemento chiave per impedire agli stati stranieri di intervenire nella penisola appofittando delle sue divisioni.[14]

L'importanza della strategia di Cosimo, proseguita dal suo successore al comando di Firenze Lorenzo il Magnifico nella sua continua ricerca di un accordo tra gli stati italiani in grado di sopperire alla loro mancanza di unità politica, non viene tuttavia compresa dagli altri prìncipi della penisola, ed essa si conclude con la morte di Lorenzo nel 1492. Da allora l'Italia diventa il teatro di numerose invasioni straniere: dapprima da parte dei francesi ad opera di Carlo VIII, poi delle truppe spagnole di Carlo V. L'inizio della dominazione straniera si deve quindi al ritardo del processo politico di unificazione, e ciò fa registrare anche coraggiosi episodi di patriottismo (come il gesto di Ettore Fieramosca nella Disfida di Barletta)[15]

Nella seconda metà del Cinquecento comincia il tramonto della vitalità rinascimentale, già indebolita anche dalle nuove tensioni religiose dovute all'avvento della Riforma protestante in Europa, che avevano portato ad episodi luttuosi come il sacco di Roma del 1527 ad opera dei Lanzichenecchi. Soltanto la Repubblica di Venezia riuscirà a mantenere una certa prosperità e autonomia politica. Il Seicento è invece un secolo di crisi per tutto il resto della penisola. La Chiesa, che ha dovuto subìre la perdita dell'unità cristiana dei fedeli, cerca ora con la Controriforma di rafforzare la sua presenza nei paesi rimasti cattolici, operandovi iniziative educative e assistenziali ma anche isolandoli dall'influsso degli Stati protestanti. Se l'Italia viene così salvaguardata dai conflitti religiosi che si accendono oltralpe, ne sconta però le conseguenze in termini di carestie, spesso seguite da epidemie.[16] Scoppiano perciò numerose rivolte contro il dominatore spagnolo, la più celebre delle quali si verifica a Napoli nel 1647 ad opera di Masaniello, ma non portano a nessun cambiamento.

Nel Settecento finisce il lungo periodo di pace e di torpore: a seguito dei trattati di Utrecht e Rastatt, gli Asburgo d'Austria si impossessano di vari domini italiani, e subentrano agli spagnoli.[14] Dalla seconda metà del secolo, poi, con la diffusione dell'illuminismo, anche l'Italia viene investita da importanti riforme.

L'Unificazione

 
Giuseppe Garibaldi, padre fondatore del Risorgimento

Con l'arrivo nella penisola italiana delle truppe napoleoniche[17] (1796), si ha un risveglio del sentimento nazionale,[18] il cui primo e concreto accenno di riscossa si può individuare nel Proclama di Rimini,[19] con cui Gioacchino Murat, il 30 marzo 1815 durante la guerra austro-napoletana, rivolge un accorato appello a tutti gli italiani affinché si uniscano per salvare il Regno di Napoli posto sotto la sua sovranità, unico garante della loro indipendenza contro un occupante straniero.

Il periodo della storia d'Italia in cui l'affermarsi di una coscienza nazionale porta all'unità politica e all'indipendenza della nazione italiana è detto Risorgimento. Tale periodo occupa un lungo arco temporale di vari decenni, concludendosi solo nel 1861 con la nascita del Regno d'Italia, sotto la dinastia di Casa Savoia.

Esso vede i primi patrioti aderire inizialmente alla Carboneria, che dà luogo ai moti del 1820-1821, duramente soppressi dagli austriaci. Seguono altri tentativi insurrezionali, tra cui quelli sfortunati dei fratelli Bandiera (1844), i moti del 1848 che portano alla prima guerra di indipendenza contro l'oppressione austriaca, e vedono il coinvolgimento anche delle popolazioni cittadine, in particolare durante le famose cinque giornate di Milano, e la spedizione nel 1857 di Carlo Pisacane nel Regno delle Due Sicilie, conclusasi con un massacro.[20] Soltanto con la seconda guerra di indipendenza italiana del 1859 l'Austria cederà la Lombardia al Regno sabaudo, e si innescherà così il definitivo processo di unificazione, culminante con l'impresa dei Mille (1860).

Le personalità coinvolte in tale processo furono molte, ma quattro spiccano su tutte: Giuseppe Mazzini, fondatore della Giovine Italia e figura eminente del movimento liberale repubblicano italiano ed europeo; Giuseppe Garibaldi, repubblicano e di simpatie socialiste; Camillo Benso conte di Cavour, statista in grado di muoversi sulla scena europea per ottenere sostegni, anche finanziari, all'espansione del Regno di Sardegna; Vittorio Emanuele II di Savoia, abile a concretizzare il contesto favorevole con la costituzione del Regno d'Italia.[21]

Il Regno d'Italia e il fascismo (1861–1946)

 
Stemma del Regno d'Italia

Il Regno d'Italia nacque nel 1861 e la popolazione, rispetto l'originario Regno di Sardegna, quintuplicò. Istituzionalmente e giuridicamente il Regno venne configurandosi come un ingrandimento del Regno di Sardegna, esso fu infatti una monarchia costituzionale.[22]

Le questioni che tennero banco nei primi anni della riunificazione d'Italia furono la cosiddetta "questione meridionale" ed il brigantaggio antisabaudo delle regioni meridionali (soprattutto tra il 1861 e il 1869).[23]

L'inizio del regno vide l'Italia impegnata anche in una serie di guerre di espansione coloniale in Somalia e in Eritrea. Allo scoppio della Prima guerra mondiale l'Italia assunse inizialmente una posizione di neutralità, per poi scendere al fianco degli alleati il 23 maggio 1915 in seguito alla firma del segreto Patto di Londra. Dopo i primi due anni di guerra di trincea, fatta di piccoli avanzamenti e ritirate, l'Italia subì nella battaglia di Caporetto il pesantissimo attacco delle forze austro-tedesche (24 ottobre 1917), la cui avanzata venne fermata però sulla linea del Piave. A partire da questo fiume, divenuto sacro alla patria, l'esercito italiano riuscì, con l'apporto di nuove leve ancora diciassettenni, a sferrare una controffensiva nel giugno 1918, fino alla vittoria finale ottenuta nella battaglia di Vittorio Veneto (4 novembre). Con la fine della Grande Guerra l'Italia completò la sua riunificazione nazionale acquisendo il Trentino-Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria ed alcuni territori del Friuli ancora irredenti. La guerra però portò numerosissimi morti soprattutto nella fascia di età compresa tra 20 e 24 anni.[24][25][26] Inoltre, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali sulla Dalmazia (incluse le città di Zara (Croazia), Sebenico e Tenin) acquisiti in base al Patto di Londra, con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra.

In questo contesto il 23 marzo 1919 Benito Mussolini fondò a Milano il primo fascio di combattimento, un nuovo movimento che si autodefinì partito dell'ordine e che riuscì a guadagnarsi la fiducia dei ceti più ricchi e conservatori.

In vista delle elezioni del 6 aprile 1924 Mussolini fece approvare una nuova legge elettorale (c.d. "Legge Acerbo") che avrebbe dato i tre quinti dei seggi alla lista che avesse raccolto il 40% dei voti. Il listone guidato da Mussolini ottenne il 64,9% dei voti.[27]

Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti prese la parola alla Camera contestando i risultati delle elezioni ed il clima intimidatorio in cui erano svolte. Il 10 giugno 1924 Matteotti venne rapito e ucciso.[27]

Successivamente, dopo un discorso in Parlamento, Mussolini si dichiarò dittatore. Nel biennio 1925-1926 vennero emanati una serie di provvedimenti liberticidi e venne creato un Tribunale speciale con amplissimi poteri, in grado di mandare al confino con un semplice provvedimento amministrativo le persone sgradite al regime.

 
Benito Mussolini con Adolf Hitler

Dal 1938 in Europa si iniziò a respirare aria di guerra: Hitler aveva già annesso l'Austria e i Sudeti e con la successiva Conferenza di Monaco gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la Cecoslovacchia mentre Mussolini, dopo l'Etiopia, stava cercando nuovi obiettivi per non perdere il passo dell'alleato tedesco. La vittima designata venne trovata nell'Albania. In due soli giorni (7-8 aprile 1939), con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati, Tirana fu conquistata.

Il 22 maggio 1939 venne firmato il Patto d'Acciaio tra Germania e Italia.

Il 10 giugno 1940 l'Italia entrò nella Seconda guerra mondiale come alleata della Germania contro Francia e Regno Unito. Nel 1941 fu dichiarata guerra all'Unione Sovietica e con l'Impero giapponese agli Stati Uniti d'America.

Molte difficoltà militari però colpirono Mussolini. Il 24 luglio 1943 si riunì il Gran Consiglio del Fascismo e il mattino seguente il duce venne sfiduciato. Vittorio Emanuele III decise quindi di sostituirlo a capo del governo con Pietro Badoglio. Proprio mentre si trovava a colloquio con il re, Mussolini venne arrestato. Il Paese si trovò nel caos e diviso in due: il Regno del Sud a fianco degli alleati contro la Germania e la Repubblica Sociale Italiana, formata dai reduci fascisti. Di fatto, erano entrambi due stati-fantoccio, rispettivamente degli anglo-americani e dei tedeschi. In questo quadro drammatico, nacquero però le prime formazioni partigiane che con la Resistenza, soprattutto nel centro-nord, diedero vita al primo nucleo dell'Italia libera. Nell'aprile del 1945 le forze nazi-fasciste vennero sconfitte.

La fine della guerra vide l'Italia in condizioni critiche: i combattimenti ed i bombardamenti aerei avevano ridotto molte città e paesi a cumuli di macerie, le principali vie di comunicazione erano interrotte.[28]

Il numero di italiani morti a causa della guerra fu molto elevato: sono stimati tra 415.000 (di cui 330.000 militari e 85.000 civili)[29] e 443.000 morti,[30] stimando che la popolazione italiana all'inizio del conflitto fosse di 43.800.000 persone si arriva conteggiare circa una vittima ogni 100 italiani.

Dalla nascita della Repubblica ai giorni nostri (1946–2010)

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Alcide De Gasperi

Il 2 giugno 1946 un referendum istituzionale sancì la fine della monarchia e la nascita della Repubblica Italiana. Per la prima volta in Italia, per questa occasione, anche la donne ebbero diritto al voto. Il 1º luglio Enrico de Nicola venne nominato primo presidente della Repubblica Italiana. Il primo presidente del Consiglio dei ministri fu Alcide De Gasperi, esponente della Democrazia Cristiana e, salvo poche eccezioni, dal 1946 al 1993 la Presidenza del Consiglio fu democristiana. La nuova Costituzione repubblicana entrò in vigore il 1º gennaio 1948.[31]

Organizzazioni internazionali
Membro NATO dal: 4 aprile 1949
Membro ONU dal: 14 dicembre 1955
Membro UE dal: 1º gennaio 1958

In quegli anni si ebbe il cosiddetto "miracolo economico" che portò alla crescita del Prodotto interno lordo del 6.3%, riducendo sensibilmente il divario storico con Paesi quali Inghilterra, Germania e Francia. Si registrò un'elevata disponibilità di manodopera, dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città e dal sud verso il nord.

Contribuì alla crescita dell'Italia anche la creazione della CECA e successivamente della CEE, a cui l'Italia aderì fin dall'inizio.

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L'immagine più nota dei due giudici Falcone e Borsellino

Il 1968 vide l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al boom economico ed al sorgere di movimenti radicali, soprattutto comunisti, che portarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale e in particolare alla scuola.[32] Negli anni settanta e ottanta si ebbero forti tensioni politiche, dipendenti anche dalle strategie legate alla Guerra Fredda, che portarono alla forte attività di gruppi terroristici sia di estrema destra che di estrema sinistra, legati a trame di poteri politici occulti. Questo periodo, detto degli anni di piombo, culminò con l'omicidio dell'allora presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e con l'attentato neofascista di Piazza Fontana a Milano.

Negli anni novanta, i giudici siciliani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vittime essi stessi per la causa, aiutati da valenti uomini della polizia, riuscirono a fare arrestare i maggiori membri di Cosa nostra.

Nel 1992 le indagini di Mani pulite sul fenomeno dilagante delle tangenti coinvolsero numerosi esponenti di tutto il pentapartito guidato da Bettino Craxi. Lo scandalo decretò la fine dei tradizionali partiti di governo. Nel caos politico derivato dalla disintegrazione dell'ordine precedente emerse il nuovo partito Forza Italia, costituito dall'imprenditore Silvio Berlusconi che, in contrapposizione ai partiti di sinistra, si pose come alternativa al vecchio sistema, pur inglobandone alcuni dei protagonisti. In questa fase, definita "Seconda Repubblica", si consolidò il principio del bipolarismo, attraverso le figure di Berlusconi e di Romano Prodi. Nel 2008 dopo diverse alternanze, al governo salì Popolo della Libertà, nato dall'unione di Forza Italia e Alleanza Nazionale.

  1. ^ Manco
  2. ^ Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, su iipp.it. URL consultato il 29-1-2010.
  3. ^ a b Il cammino della civiltà verso occidente: le popolazioni italiche prima di Roma (PDF), su franco-felicetti.it. URL consultato il 30-1-2010.
  4. ^ Storia della prima Italia, su centrostudilaruna.it. URL consultato il 30-1-2010.
  5. ^ Uomini e vicende di Magna Grecia, su bpp.it. URL consultato il 30-1-2010.
  6. ^ AA.VV, pp. 73, 95, 97.
  7. ^ Zecchini, cap. IV.
  8. ^ Zecchini, cap. XIII.
  9. ^ a b Volpe, Cap. IV.
  10. ^ Montanelli
  11. ^ AA.VV, pp. 150-151.
  12. ^ Burdach
  13. ^ Così il Burdach:
    «Dall'XI secolo i comuni italici erano giunti al fiore del benessere economico e civile [...] e quando, dopo la morte dell'imperatore Federico II e il tramonto della casa di Svevia, ebbe termine la terribile lotta fra Impero e Papato per l'egemonia politica universale, quando l'Italia si sentì libera dal dominio tedesco, il suo sentimento nazionale divampò in un grande incendio spirituale, politico-sociale, artistico. Questa fu la fonte spirituale del Rinascimento. L'antico pensiero di Roma, mai scomparso, vi fece affluire nuova e maggiore forza. Cola di Rienzo, ispirato all'idea politica di Dante, ma oltrepassandola, proclamò, profeta di un lontano avvenire, la grande esigenza nazionale della Rinascita di Roma. E su questa base l'esigenza dell'unità d'Italia.»
  14. ^ a b AA.VV, pp. 223-225.
  15. ^ Procacci
  16. ^ Famosa è la peste descritta ne I promessi sposi da Alessandro Manzoni, che dimezzò la popolazione di Milano e provocò in tutta Italia un milione e mezzo di morti.
  17. ^ A testimonianza dell'influsso francese, un'eredità ancora ben presente è il tricolore italiano inizialmente adottato nelle piccole ed effimere repubbliche create da Bonaparte nella penisola italiana centro-settentrionale.
  18. ^ Istituto siciliano di studi politici ed economici, su isspe.it. URL consultato il 6-8-2009.
  19. ^ Proclama di Rimini, su immaginidistoria.it. URL consultato il 6-8-2009.
  20. ^ Eran trecento, eran giovan e forti e sono morti: così il ritornello della poesia La spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini, considerata una delle più alte testimonianze della poesia patriottica risorgimentale, descrive la sfortunata spedizione di Carlo Pisacane.
  21. ^ AA.VV, p. 357.
  22. ^ 1861: Unità d'Italia (PDF), su governo.it. URL consultato il 30-1-2010.
  23. ^ L'Italia ed i problemi post-unitari (PDF), su franco-felicetti.it. URL consultato il 30-1-2010.
  24. ^ Mortara
  25. ^ (EN) D. A. Glei, S. Bruzzone; G. Caselli, The effects of war losses on mortality estimates for Italy - A first attempt (L'effetto delle perdite di guerra nella stima della mortalità in Italia - Un primo tentativo), su demographic-research.org. URL consultato il 30-1-2010.
  26. ^ Dati Censimento Istat, su dawinci.istat.it. URL consultato il 30-1-2010.
  27. ^ a b Vicende storico-costituzionali (PPT), su carlimoretti.files.wordpress.com. URL consultato il 30-1-2010.
  28. ^ L'Italia nella seconda guerra mondiale (PDF), su insmli.it. URL consultato il 30-1-2010.
  29. ^ De Martino
  30. ^ Secondo il rapporto Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45, compilato nel 1957 da Roma: Istituto Centrale Statistica i morti militari furono 291.376, di cui 204.346 prima dell'armistizio (66.686 morti in battaglia o per ferite, 111.579 dispersi certificati morti e 26.081 morti per cause non belliche) e 87.030 dopo l'armistizio (42.916 morti in battaglia o per ferite, 19.840 dispersi certificati morti e 24.274 morti per cause non belliche), i prigionieri morti sono inclusi in questo elenco. I civili morti sono stati 153.147 (123.119 dopo l'armistizio) inclusi 61.432 in attacchi aerei (42.613 dopo l'armistizio). Per ulteriori approfondimento si veda qui. A questi vanno aggiunti 15.000 soldati africani coscritti. Sono incluse le 64.000 vittime delle repressioni e genocidi nazisti (tra cui 30.000 prigionieri). I morti militari dopo l'armistizio includono 5.927 schierati con gli alleati, 17.166 partigiani e 13.000 della Repubblica Sociale Italiana. 1.000 persone del popolo rom e 8.562 ebrei morirono.
  31. ^ L'Assemblea Costituente, su legislature.camera.it. URL consultato il 30-1-2010.
  32. ^ Il boom economico (DOC), su griseldaonline.it. URL consultato il 30-1-2010.