Naviglio Grande

canale situato in Lombardia

Il Naviglio Grande è un canale navigabile dell'Italia settentrionale, situato in Lombardia. Nasce prendendo acqua dal Ticino nei pressi di Tornavento, 23 chilometri a sud di Sesto Calende e finisce nella darsena di Porta Ticinese a Milano.

Naviglio Grande
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Divisione 1Italia (bandiera) Italia:
  Lombardia

Provincia di Varese, Provincia di Milano

Lunghezza50 km
Portata mediaA Turbigo 63 m³/s; a Milano 12 m³/s
Nascederivato dal Ticino a Tornavento di Lonate Pozzolo
SfociaDarsena di Porta Ticinese a Milano
Profilo longitudinale del Naviglio Grande - anno 1903
Ponte sul Naviglio Grande, a Cassinetta di Lugagnano

Ha dislivello totale di 34 metri su una lunghezza di 49,9 km. Nel tratto da Tornavento ad Abbiategrasso ha una larghezza variabile dai 22 ai 50 metri, mentre da Abbiategrasso a Milano si restringe anche fino a 15 metri, riducendosi a 12 nel tratto terminale.

La portata è di 63 m³ al secondo all'incile, ridotta a 12 all'ingresso in darsena, a motivo delle 116 bocche irrigatorie che danno acqua ad un comprensorio di circa 50.000 ettari.

Storia

Prima, da Abbiategrasso a Landriano

Il Naviglio Grande è stata la prima opera del genere a essere realizzata in Europa e storicamente è il più importante dei Navigli milanesi, nonché una delle grandi infrastrutture di ingegneria che sin dall'alto Medioevo caratterizzavano, con strade, ponti e irrigazione, il territorio lombardo, consentendo lo sviluppo dei commerci, dei trasporti e dell'agricoltura.

Secondo diversi storici, le origini del Naviglio Grande si collegano ad un canale scavato da Abbiategrasso a Landriano (Lambro Meridionale, al confine col territorio di Pavia a difesa dalle incursioni del Barbarossa. Da dove il canale derivasse le acque è incerto: forse dall'Olona naturale, dal Mischia (una roggia che scorre da Abbiategrasso a Milano passando da Cisliano[1]arricchita da varie risorgive) o, infine, direttamente dal Ticino. Certa invece è la data di costruzione, il 1152, e l'artefice, Guglielmo da Guintellino, architetto militare genovese che tra il 1156 e il 1158 realizzà il fossato a difesa della città e, con il materiale di riporto degli scavi, costrui bastioni fortificati[2]. A Milano esiste ancora oggi via Terraggio, parallela alla fossa interna, che prese il nome dal terrapieno (terraggio appunto) che aveva a ridosso e che risaliva a quell'epoca.[3]

I cronisti e le cronache del duecento narrano diffusamente dell'inizio dei lavori per il navigium de Gazano, ma si dividono su due date, il 1177[4] e il 1179[5]. Quelli del XVI secolo si dividono anch'essi e per il 1177 propendono il Cantù e alcuni moderni. Non ci sono invece dubbi sul fatto che nel 1187 il naviglio fosse giunto a Trezzano e nel 1211 alle porte di Milano, a Sant'Eustorgio, nei pressi dell'attuale porta Ticinese.

Il linciaggio del podestà

Il canale non era navigabile e per un certo periodo prevalse la sua funzione irrigua. Questa è la conclusione cui giunge Gerolamo Biscaro sull'insieme dei documenti esistenti.[6] Lo divenne nel 1272, quando furono terminati, da Maestro Giacomo Arribotti[7] i lavori di ampliamento e abbassamento del fondo ordinati nel 1257 dal podestà Beno de' Gozzadini: per finanziare i lavori, il Gozzadini impose nuove tasse; al termine del mandato, il suo operato fu sottoposto al giudizio dell'assemblea dei cittadini che giudicando esose tali tasse gliene chiesero la restituzione. Come ciò non avvenne, lo condannarono a morte e lo linciarono.

Dal 1272, il Naviglio Grande fu percorso da una flottiglia di barche che, con i loro carichi, rivoluzionarono vita e abitudini di una vasta regione. Il canale non era ancora collegato al fossato che circondava la città[8]; ciò avverrà dopo oltre un secolo per le esigenze della veneranda Fabbrica del Duomo.

Nel 1502 viene affidato a Giovanni Antonio Amadeo, capo degli architetti della Fabbrica del duomo, coadiuvato da Lazzaro Palazzi e Ambrogio della Valle il compito di removere, purgare e spazare dicto navilio et redurlo in debita forma per lo navigare.[9] É una sorte di manutenzione straordinaria che riguarda anche sponde, ponti e soprattutto la profondità dell'acqua.

Il rifacimento dell'incile

Nel 1585, tocca a Giuseppe Meda, Pellegrino Tibaldi e Martino Bassi mettere mano alle opere di presa impiegando le "moderne" arti del costruire. Vengono rifatti lo sperone, alto due metri sull'acua e ricoperto di pietra, che in pratica costituisce l'inizio della sponda destra del naviglio, e la paladella, la diga che costruita diagonalmente sul fondo divide il flusso dell'acqua in due correnti, l'una verso il canale e la seconda che scorre liberamente a valle (la cosiddetta bocca di Pavia). In condizioni ordinarie il suo culmine è di poco sotto il pelo dell'acqua ed emerge durante le magre; si protende per 280 metri, circa due terzi dell'alveo, ed è ricoperta di granito. L'impianto non è sostanzialmente diverso dall'originale, ma tecniche e materiali danno un manufatto assai più robusto, in grado di reggere piene rilevanti, garantendo la continuità della navigazione.[10]

Oggi è ancora aperta la questione se il Naviglio Grande fu concepito come canale irriguo o navigabile: il nome navigium (= navigare) e il tortuoso percorso iniziale, allungato ad arte per addolcirne le pendenze, farebbero propendere per la seconda ipotesi; la grande portata alla presa dal Ticino per la prima. D'altra parte è scontato che, alla presenza di un generoso adduttore d'acqua, l'uso irriguo si imponesse automaticamente a prescindere dalle originarie intenzioni. Certamente sono state le due funzioni abbinate a conferire al Naviglio Grande lo straordinario ruolo che ha giocato.

Purtroppo, la storia non ci ha lasciato il minimo indizio, neppure per azzardare delle supposizioni, su chi sia stato l'ideatore di una tale opera. É giocoforza attribuirne l'intero merito alla comunità milanese che, nell'Italia dei comuni medievali, seppe coniugare alla leadership ideologica la supremazia "tecnica".


Utilizzi

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Il Naviglio Grande a Turbigo

Irrigazione e trasporti

L'apporto delle acque del naviglio si raccordò efficacemente con la secolare opera di bonifica e di irrigazione dei monaci di Chiaravalle, di Morimondo e delle altre abbazie che avevano operato a sud di Milano. La semplificazione dei trasporti non facilitava soltanto i piccoli commerci che prima si svolgevano via terra, ma ne ampliava il raggio d'azione e ne arricchiva il catalogo, diffondendo il benessere. Il bisogno di legname della città, ad esempio, consentì il diboscamento e la creazione di nuovi spazi per l'agricoltura; l'afflusso di materie prime favorì il consolidarsi di arti e mestieri prima sacrificati. Questa situazione, fondamentale per le fortune di Milano, durò per secoli.

Da Milano con l'utilizzo di "barconi" chiamati cagnone, mezzane o borcelli a seconda delle dimensioni e delle portate[11], risalivano verso il Lago Maggiore e la Svizzera sale, grano, vini, manufatti, tessuti, stoviglie, letami e ceneri; a Milano giungevano bestiame, formaggi, fieno, carbone, legname e, dal Lago Maggiore, sabbia, marmi, graniti e pietre da costruzione.

Dopo la chiusura alla navigazione commerciale, il Naviglio Grande è stato restituito alla sua prima funzione. Le sue centosedici bocche (quattro sole in sponda sinistra) danno ancora acqua a vaste estensioni di prato e colture nel Milanese e nel Pavese, anche se a causa dell'urbanizzazione non si tratta più delle oltre 580.000 pertiche di un tempo. L'acqua del naviglio alimenta, da Abbiategrasso, il cavo Ticinello e il naviglio di Bereguardo e poi la darsena a Milano da cui originano il naviglio Pavese e un secondo cavo Ticinello che ne costituisce il naturale scolmatore, ricongiungendosi alla Vettabbia.

Approvvigionamento di materiali per il Duomo

 
Il Naviglio Grande a Milano, nel punto d'immissione nella Darsena.


Il 15 marzo 1386, l'arcivescovo di Milano Antonio da Saluzzo pose la prima pietra del nuovo duomo della città; doveva essere un grande edificio di mattoni tipico del gotico lombardo. L'anno successivo Gian Galeazzo Visconti, che vuole per la sua capitale un monumento superbo, si accorda con l'arcivescovo per una costruzione in marmo nel solco delle grandi cattedrali europee del tempo. Dona per questo alla Fabbrica del Duomo le cave di Candoglia, oltre alla facoltà di cavare pietre dove si trovino, e, nel 1388, il diritto al trasporto esente da dazi e gabelle per tutto quanto sarà necessario all'edificazione. Candoglia è sul Toce, sulla sponda destra del lago Maggiore e il marmo arriverà a Milano via acqua passando dal lago al Ticino e poi al Naviglio Grande fino al laghetto di Sant'Eustorgio. Sono doni generosi ma non del tutto disinteressati, perché d'ora in avanti sarà la Fabbrica del duomo a occuparsi della manutenzione del naviglio.

Resta un buon tratto via terra e così si decide di prolungare il canale fino nei pressi del cantiere: si scava un bacino a Santo Stefano e lo si collega al naviglio attraverso la fossa difensiva dove è stata portata la via d'acqua. La risalita è comunque difficile per il dislivello[12] tra il centro e l'allora margine meridionale di Milano e per superarlo si adotta una complicata manovra. La fossa è alimentata da Seveso e Nirone e sfoga le acque in eccesso in canali irrigui: basterà sbarrare il naviglio alle spalle dei barconi con una diga mobile, e chiudere le bocche di deflusso della cerchia, perché l'acqua si alzi quanto basta a portarli agevolmente al nuovo approdo. Risolto però un problema, se ne crea un altro, perché il blocco degli scolmatori mette in secca i canali irrigui. A risolverlo riusciranno, nel 1438, Filippino degli Organi e Aristotele Fioravanti, ingegneri della Fabbrica del Duomo. Con due chiuse invece di una, isolando un segmento del naviglio lungo quanto bastava ad accogliere il barcone, e allagando da monte soltanto quella si sollevava il natante al livello desiderato. Avevano ideato la conca, il dispositivo idraulico che in pochi anni avrebbe rivoluzionato la navigazione interna.

Esigenze militari

Il trasporto fluviale consentì anche un collegamento più efficace fra i diversi castelli posti a difesa della Signoria, soprattutto per quanto riguardava il trasferimento più rapido delle truppe.

Il 3 marzo 1502 Lazzaro Palazzi, con l'Amadeo, Ambrogio della Valle e Maffiolo Giussani diventa ingegnere idraulico e procede alla misura dell’altezza dell’acqua in vari punti del suo corso, e alla stima dei lavori necessari per meglio renderlo navigabile; ancora oggi secondo la Presidenza dei Navigli e per le Aziende turistiche locali, malgrado l’esistenza di questi documenti, il Naviglio Grande ancora navigabile è ritenuto senz’altro il frutto del genio leonardesco, mentre l’operato del Palazzi, dell’Amadeo e di altri valenti ingegneri è totalmente dimenticato.

La Darsena: il porto di Milano

 
La Darsena di Milano

Nel 1603, la darsena e il vecchio lago di Sant'Eustorgio furono trasformati in porto di Milano dal governatore spagnolo De Fuente; in questo specchio d'acqua i milanesi pescavano, vedevano approdare i "barconi" provenienti dal Ticino e facevano il bagno.

Tra il 1830 e la fine del secolo, l'attività della darsena è più fiorente che mai, si registra una media di 8.300 barche tra maggiori e minori in entrata e uscita, per un movimento complessivo di 350.000 tonnellate l'anno.

Durante la seconda guerra mondiale i Navigli registrano un ulteriore incremento dei traffici: l'aviazione degli alleati colpisce le normali vie di comunicazione terrestri, e la navigazione fluviale si presenta come una valida alternativa per movimenti di merci.

Anche gli anni che seguono la fine del conflitto vedono il Naviglio risorgere con grande vitalità: nel 1953 la darsena di Porta Ticinese è al tredicesimo posto nella classifica dei porti nazionali per ricevimento merci.

Oltre che dal Naviglio Grande, la darsena è alimentata anche da parte delle acque del fiume Olona, e ha per emissari il Naviglio Pavese e la Roggia Ticinello.

La fine degli usi commerciali

 
Il Naviglio Grande a Milano, di notte.

Sono comunque gli ultimi anni di un grande periodo di splendore che non vedrà una nuova alba. Il costo delle merci trasportate è diventato molto alto, e viene fatto apparire volutamente più alto per i forti interessi verso il trasporto su gomma.

Così il 30 marzo 1979 l'ultimo barcone ormeggia alla darsena, scaricando l'ultimo carico di sabbia. Da quel giorno sui Navigli solo l'acqua continuerà a scorrere, ma solo per irrigare i campi, come era nelle prime intenzioni.

Solo negli anni recenti un programma regionale per la valorizzazione dei Navigli lombardi ha consentito il recupero (in parte finanziato dalla Regione Lombardia) di numerosi edifici storici nei comuni attraversati dal Naviglio Grande, nonché degli approdi e delle sponde dello stesso; è stato ripristinato un servizio turistico di navigazione, dal comune di Abbiategrasso fino a Castelletto di Cuggiono.

Note

  1. ^ Pierino Boselli, Toponimi Lombardi, SugarCo, Milano, 1977.
  2. ^ Il fossato, con l'intera città, fu distrutto nel 1162 dal Barbarossa e ricostruito nel 1167 dai Milanesi e dai loro alleati della Lega Lombarda.
  3. ^ Pierino Boselli, opera citata.
  4. ^ Annales Mediolanenses Minores, Cronaca Danielis, Notae Sanctii Georgii, Memorie Mediolanenses
  5. ^ Galvano Fiamma, Flos FlorumCorsivo.
  6. ^ Gli antichi navigli milanesi, Archivio storico lombardo, 1908. Volume X
  7. ^ Caldara e Gutierrez, Dalla città di S. Ambrogio alla regina del mare, Milano 1920.
  8. ^ Diventerà la fossa interna con l'espandersi della città e la costruzione delle mura spagnole.
  9. ^ C. Ferrari da Passagno, Storia della Veneranda Fabbrica del Duomo, Milano,1973.
  10. ^ M.Comincini, Il Naviglio Grande, Abbiategrasso, 1981.
  11. ^ 50 tonnellate per le prime, lunghe più di 24 metri, 40 t e 18 m per le seconde e 20 per le ultime, lunghe 16
  12. ^ Si tratta di tre metri e, per rendere la fossa agevolmente navigabile ne occorreranno altre.

Bibliografia

  • T.Celona-G. Beltrame, I Navigli milanesi, storia e prospettive, Milano, Pizzi editore, 1982.
  • J.Shell, L. Castelfranchi (a c.), Giovanni Antonio Amadeo. Scultura e architettura del suo tempo, Cisalpino, Milano 1993.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

 
Il Naviglio Grande alla periferia sud di Milano