Volontà

facoltà di esercitare una libera scelta

Per volontà si intende la capacità fattiva e intenzionale di una persona di determinare una o più azioni dirette a uno scopo preciso.

La volontà consiste quindi nel fine, o i fini, che lo spirito umano si propone di realizzare nella sua vita, o specificamente anche nelle sue azioni semplici e quotidiane. Esempi di volontà possono essere il desiderio di lasciare un'eredità ai figli e/o ai parenti, o il proposito di comprare una casa. Generalmente la volontà rappresenta la determinazione di una persona a raggiungere con sufficiente convinzione un determinato obiettivo.

Da un punto di vista esclusivo, la volontà di una persona è la sua capacità di non farsi condizionare dalle altre persone. In questo senso, la volontà si può accomunare alla parola assertività.

Questioni filosofiche

Quello di volontà è un concetto fondamentale e a lungo dibattuto nell'ambito della filosofia, in quanto inestricabilmente legato all'interpretazione dei concetti di libertà e virtù. Particolarmente problematico è poi il suo rapporto con le interpretazioni meccanicistiche del mondo: se l'uomo sia capace di atti volitivi che, in quanto tali, rompono il meccanicismo della realtà, o se invece la sua volontà sia determinata dalle leggi che regolano l'universo, e sia quindi snaturata e priva di ogni valore morale. Sono qui evidenti i rapporti col concetto di libertà.

La concezione intellettualistica della volontà

Una visione intellettualistica della volontà, condizionata dal sapere, era nelle tesi di Socrate sul principio della naturale attrazione verso il Bene e dell'involontarietà del male: l'uomo per sua natura è orientato a scegliere ciò che è bene per lui. La virtù è scienza, e consiste nel dominio di sè e nella capacità di dare ascolto alle esigenze dell'anima.[1] Non si può fare il Bene senza conoscerlo.

Il male quindi non dipende da una libera volontà, ma è la conseguenza dell'ignoranza umana che scambia il male per bene, proiettando quest'ultimo sui piaceri o su qualità esteriori.

Platone appronfondì questo aspetto dell'etica socratica, in particolare nel mito della Caverna, sostenendo come la volontà abbia come suo unico oggetto il Bene, dato che il male è un semplice non-essere. Non si può scegliere ciò che non è: di qui la contrapposizione tra la volontà attiva dei pochi che si volgono verso il mondo delle idee, e la passività di coloro che rimangono relegati nell'antro della caverna, schiavi dell'ignoranza.

Anche per Aristotele un'azione volontaria e libera è quella che nasce dall'individuo e non da condizionanti fattori esterni, purchè sia predisposta dal soggetto con un'adeguata conoscenza di tutte le circostanze particolari che contornano la scelta: tanto più accurata sarà questa indagine tanto più libera sarà la scelta corrispondente.

Nello stoicismo è centrale il tema della volontà del saggio che aderisce perfettamente al suo dovere (kathèkon), obbedendo a una forza che non agisce esteriormente su di lui, bensì dall'interno. Egli vuole quel che deve, e deve quel che la sua stessa ragione gli impone. Il dovere stoico non è quindi da intendersi come un esercizio forzato di vita, ma sempre come il risultato di una libera scelta, effettuata in conformità con le leggi del Lògos. E poiché il Bene consiste appunto nel vivere secondo ragione, il male è solo ciò che in apparenza vi si oppone.

Plotino, rifacendosi a Platone, sostenne analogamente che il male non ha consistenza, essendo soltanto una privazione del Bene che è l'Uno assoluto. La volontà umana consiste quindi nella capacità di ritornare all'origine indifferenziata del tutto attraverso l'estasi, la quale però non può essere mai il risultato di un'azione pianificata o deliberata. Si ha infatti in Plotino la rivalutazione del procedere inconscio, dato che il pensiero cosciente e puramente logico non è sufficiente. Lo stesso Uno genera da sé i livelli spirituali a lui inferiori non in vista di uno scopo finale, ma in una maniera non razionalizzabile, poiché l'attività giustificatrice della ragione prende ad agire solo ad un certo punto della discesa in poi.

Nel Cristianesimo

Il concetto di volontà diviene centrale nel pensiero cristiano per la sua stretta relazione con i concetti di peccato e virtù, si pensi alla difficoltà di definire e/o concepire una colpa in assenza della possibilità di determinare le proprie azioni. La teologia cristiana accentuò l'aspetto volontaristico del neoplatonismo, a scapito di quello intellettualistico, riprendendo ad esempio da Plotino il concetto dell'origine imprescrutabile della volontà divina.

La buona volontà, e non più la razionalità, è quella che origina la libertà, che non è possibile avere senza l'intervento divino elargitore della grazia, mezzo essenziale di liberazione dell'uomo. La volontà non potrebbe indirizzarsi al bene corrotta com'è dalla schiavitù delle passioni corporee se non ci fosse la rinascita dell'uomo operata da Cristo.

Permase tuttavia l'aspetto conoscitivo della volontà, che si verifica con l'illuminazione dell'intelletto per opera dello Spirito Santo La virtù con Agostino diviene così la volontà di aderire al disegno divino.

Lessico e modi di dire

Frasi fatte e combinazioni di parole di frequente uso della parola volontà sono "le ultime volontà" e "volontà di ferro".

Voci correlate

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  1. ^ «Socrate ha espressamente identificato la libertà con l'enkràteia.[...] Prima di lui la libertà aveva un significato quasi esclusivamente giuridico e politico; con lui assume il significato morale di dominio della razionalità sull'animalità» (G. Reale, Il pensiero antico, Vita e Pensiero, Milano 2001).