Folk beat n. 1

album di Francesco Guccini del 1967
Versione del 19 giu 2010 alle 02:58 di Rossa1 (discussione | contributi) (non è folk solo perché s'intitola Folk beat n. 1)

Folk beat n.1 è il titolo del primo album del cantautore italiano Francesco Guccini, pubblicato nel marzo 1967.

Folk beat n.1
album in studio
ArtistaFrancesco Guccini
Pubblicazione1967
Durata40 min : 44 s
Dischi1
Tracce10
GenereMusica d'autore
Pop
EtichettaLa voce del padrone psq 027
ProduttoreOdoardo Veroli
Francesco Guccini - cronologia
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Il 33 giri figura peraltro con il solo nome di "Francesco" nella discografia ufficiale dell'artista, come tutte le sue prime incisioni.

Il disco

Insieme a Guccini (che si accompagna con la chitarra ritmica), suonano Antonio Roveri (alla chitarra solista) e Alan Cooper (armonica e chitarra ritmica). L'album - registrato allo studio Basilica di Milano nell'estate del 1966 - fu prodotto da Odoardo "Dodo" Veroli; la fotografia di copertina è di Guido De Maria.

Le canzoni già edite

Il disco contiene tre canzoni già note che Guccini aveva scritto in precedenza per l'Equipe 84 (Auschwitz e L'antisociale) e i Nomadi (Noi non ci saremo), più alcune canzoni inedite. Guccini infatti, aveva fatto parte, tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta di una serie di gruppi da uno dei quali, i Gatti, nacque poi l'Equipe 84, formazione dalla quale il futuro cantante-poeta-scrittore, originario di Modena ma cresciuto a Pavana (sull'appennino tosco-emiliano), rimase escluso perché in quel periodo appunto in servizio di leva.

Una volta congedato, Guccini preferì dedicarsi agli studi universitari pur scrivendo, per diletto, canzoni che piacquero all'Equipe 84 che volle interpretarle (Auschwitz, L'antisociale, È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo), e ai Nomadi (Noi non ci saremo).

Non essendo Guccini ancora iscritto alla SIAE, quei pezzi furono così depositati da altri autori: Maurizio Vandelli da solo per È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo, ed in coppia con il maestro Iller Pattacini (che si firmava Lunero), per Auschwitz, e al maestro Francesco Anselmo, che arrangiava i dischi per la Vedette, e Pantros (pseudonimo di Armando Sciascia discografico dell'Equipe 84) per L'antisociale.

Il successo che queste canzoni ebbero portò la casa editrice La voce del Padrone a proporgli di firmare un contratto per scrivere canzoni ricevendo uno stipendio mensile: la prima firmata completamente da Guccini sarà, sempre nel 1967, Dio è morto.

Inediti e fortuna

A parte le citate Auschwitz e L'antisociale, tutte le altre canzoni di Folk beat furono invece firmate da Tony Verona per i testi e dal maestro Mansueto Deponti (che usava lo pseudonimo di Pontiack) per le musiche, pur essendo tutte scritte da Guccini.

Le vendite del disco furono abbastanza inconsistenti (circa 500 copie, all'epoca, che sono ovviamente cresciute di numero negli anni seguenti, con il crescere della popolarità di Guccini) ed il riscontro commerciale molto scarso (praticamente nullo, affermò Guccini[1]).

In ogni caso l'uscita di Folk beat gli procurò la sua prima apparizione televisiva: Caterina Caselli il 1 maggio 1967, poco dopo l'uscita del disco, lo invitò al programma televisivo Diamoci del tu, presentato insieme a Giorgio Gaber: in quest'occasione, che rappresentò il suo debutto televisivo, cantò Auschwitz;[2] nella stessa puntata, tra l'altro, fu ospite un altro giovane cantautore ancora sconosciuto, Franco Battiato.[3]

La cantante di Sassuolo presentò "Un giovane nuovo cantante che viene dalla mia regione, l'Emilia: Francesco", dopodiché un giovane e sbarbato Guccini venne intervistato dalla Caselli (dicendo, tra le altre cose, di essere l'autore di Auschwitz e Noi non ci saremo), e infine cantò.

Il disco, pubblicato su etichetta La voce del padrone (numero di catalogo: psq 027) fu ristampato nel 1970 dalla Columbia (numero di catalogo: 3C064-17326)

Tracce

LATO A

  1. Noi non ci saremo - 5:15
  2. In morte di S.F. - 3:41
  3. Venerdì santo - 4:19
  4. L'atomica cinese - 2:37
  5. Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) - 4:40

LATO B

  1. Talkin' Milano - 5:30
  2. Statale 17 - 3:12
  3. Il 3 dicembre del '39 - 3:44
  4. La ballata degli annegati - 2:28
  5. Il sociale e l'antisociale - 5:33

Brani

Noi non ci saremo

Brano molto conosciuto, per essere stato l'anno precedente un grosso successo dei Nomadi; la versione di Guccini, acustica, ha il testo completo (i Nomadi avevano accorciato la canzone tagliando alcune strofe per consentirne l'incisione su 45 giri) e racconta la rinascita della vita sulla terra dopo un'esplosione nucleare.

La canzone è stata incisa nel 1995 dai C.S.I. in un album tributo ad Augusto Daolio, Tributo ad Augusto, ed in seguito è stata inserita nella loro raccolta Noi non ci saremo Vol. 1.

In morte di S.F.

Così racconta Franco Ceccarelli dell'Equipe 84: "Eravamo al Festival Nazionale dell'Unità a Ferrara. Pochi minuti prima di salire sul palco qualcuno ci viene a dire che Silvana, una della compagnia del bar Grande Italia, era morta in un incidente stradale. Davanti a noi c'erano cinquantamila persone che aspettavano, e non sapevano che Silvana era una nostra amica e che se n'era andata". Alla morte di Silvana Fontana Francesco Guccini dedicherà uno dei suoi pezzi più noti delle origini, In morte di S.F.[4].

In morte di S.F. fu poi ridepositata dopo l'iscrizione di Guccini alla Siae con il testo a suo nome (la musica rimase invece intestata a Deponti) con lievi modifiche e soprattutto con il titolo cambiato (per consentirne il rideposito) in Canzone per un'amica; incisa nel 1968 dai Nomadi; anche Guccini, nelle incisioni dal vivo, userà sempre questo titolo.

Silvana viene descritta come una ragazza allegra che affronta un viaggio in autostrada col suo fidanzato accanto in una giornata d’estate. Viene messo in evidenza il dramma di come una giornata di vacanza possa tramutarsi in una giornata di morte. Guccini si domanda cosa abbia provato quando la macchina è uscita di lato e sopra un’altra è finita, quando la vita le è fuggita via. Ma non vuole soffermarsi troppo sulla disgrazia e vuole lasciare una speranza: sperare che Silvana possa, magari da lassù, ancora ascoltare le sue canzoni e sorridere, come ha sempre fatto prima.

Venerdì santo

È l'unica canzone d'amore presente nel disco; l'autore traccia un parallelo tra la sua storia d'amore e la morte di Cristo che viene celebrata nel periodo primaverile. Si può avere ragione di credere che il cantante descriva uno dei suoi primi amori, dato che ne parla anche nel suo libro "Cittanòva Blues".

L'atomica cinese

In "L'atomica cinese" viene narrata l’esplosione di una bomba nucleare che si alza precisamente in Mongolia occidentale creando una nuvola spettrale che oltrepassa i campi della Cina, il fiume Giallo, la Muraglia e va coprendo tutto e tutti: copre un continente, corre verso il mare, oscura il cielo e prosegue senza limiti, i gabbiani precipitano in acqua, i pesci sono “cadaveri d’argento” nelle reti dei pescatori, le onde sembrano fermarsi, si sente solo il silenzio di un cielo che non è mai stato così livido. Poi a un certo punto le nuvole si rompono e la pioggia lenta cade, sopra le case e le strade, sugli alberi che muoiono, sulle mandrie che la bevono, sui campi che si seccano, e sui cuccioli degli uomini: è una pioggia velenosa che uccide lentamente, sicuramente “una pioggia senza arcobaleno”.

Canzone già conosciuta nella versione dell'Equipe 84 (cantata una strofa a testa da Vandelli e da Sogliani), pubblicata nel 1966 come lato B di Bang bang e poi inserita nello stesso anno nell'album Io ho in mente te.

Talkin' Milano

Talkin' blues improvvisato, cantato, in italiano ed inglese, una strofa a testa da Guccini e da Alan Cooper. Il titolo (e in parte il testo) contengono un chiaro riferimento al Talkin' New York di Bob Dylan.

Statale 17

Classico blues, il cui titolo ricalca la dylaniana Highway 61 Revisited. Il protagonista della canzone sta facendo l'autostop sulla Strada Statale 17 dell'Appennino Abruzzese e Appulo Sannitico per cercare di raggiungere qualcuno (probabilmente l'amata), ma non riesce ad ottenere passaggi e cammina col dubbio che lei ormai non lo aspetti più. Si mette in particolare evidenza come caldo terribile della giornata metta a dura prova il protagonista al quale addirittura si bruciano i tacchi delle scarpe sull’asfalto. Nella versione incisa in Album concerto Guccini, prima di cantare, fa notare come discorsi espressi in lingua americana abbiano più spessore e forza d’attrazione sul pubblico rispetto a discorsi di uguali contenuti ma espressi in italiano; porta il seguente esempio: “Quella sera partimmo John, Dean ed io sulla vecchia Pontiac del ’55 del padre di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson.” ; “Quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant'Anna Pelago”. Guccini osserva come il discorso non suoni allo stesso modo e come ironicamente gli americani “ci fregano con la loro lingua”.

Il 3 dicembre del '39

Valzer di amaro umorismo; racconta la storia di un voltagabbana opportunista che con eccezionale tempismo riesce a trarre vantaggio da qualunque rivolgimento politico ("Io chiesa, nobili e terzo stato / sempre ho fregato solo per me"). Anche la madre è una sua degna compare. Al di là del contenuto immediato e letterale, la canzone contiene un'esplicita critica alla politica italiana durante l'ultima guerra mondiale e nel dopoguerra, politica ispirata al Bisogna che tutto cambi perché tutto resti com'è (Giuseppe Tomasi di Lampedusa).

La ballata degli annegati

Canzone influenzata dai cantautori francesi, ma che li eguaglia o addirittura supera in tristezza e malinconia; il fiume racconta le storie delle persone che, per un motivo o per l'altro, sono morte tra le sue acque.

Il sociale e l'antisociale

Si tratta, in realtà, di due canzoni diverse, anche se unite in un'unica traccia; come ricordato, L'antisociale era già nota nella versione dell'Equipe 84 (lato B di Un giorno tu mi cercherai, cantata da Victor Sogliani), mentre Il sociale era inedita. Nel libro Francesco Guccini, Parole e Canzoni, edito da Einaudi, è lo stesso cantante che racconta come durante il servizio militare uno dei suoi superiori gli fece cantare al comando di distretto di Gorizia L'antisociale, un brano composto nel 1960 che lui apprezzava molto. Facile immaginare come il brano, a causa dei suoi contenuti, fu accolto e il gelo che cadde nella sala: "Tutti, educatamente, prestarono attenzione" - scrive Guccini. L'ufficiale "mi presentò in modo altisonante... La canzone fu accolta da un silenzio glaciale. Alla fine del brano non si sentiva nemmeno respirare. Avrei voluto morire". Da notare che spesso Guccini ha interpretato la canzone dal vivo con il testo originale (la versione su disco aveva subito alcune censure): questa versione è reperibile su alcuni bootleg.

Formazione

Note

  1. ^ Massimo Cotto, Portavo allora un eskimo innocente, Firenze, Giunti, 2007, p. 94.
  2. ^ DIAMOCI DEL TU (marzo-aprile 1967), in GiorgioGaber.org. URL consultato il 04-02-2010.
  3. ^ DIAMOCI DEL TU (marzo-aprile 1967), in GiorgioGaber.org. URL consultato il 04-02-2010.
  4. ^ Franco Ceccarelli - Io ho in mente te: Storia dell'Equipe 84, 1996, Zelig, Milano, p 63

Bibliografia

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