Orfeo ed Euridice (Gluck): versioni storiche

Template da applicare sulla pagina principale (Orfeo ed Euridice (Gluck) - Sezione: Le successive versioni dell'opera):

  Lo stesso argomento in dettaglio: Orfeo ed Euridice (Gluck): versioni storiche.

testo della voce derivata

  Voce principale: Orfeo ed Euridice (Gluck).

Elvio Giudici ha avuto modo di affermare nel suo lavoro sulla discografia operistica (citato tra le fonti): "I rifacimenti, le revisioni e le contaminazioni subite dall'Orfeo ed Euridice (una delle poche opere del Settecento a essere stata regolarmente eseguita nei duecento[1] anni che la separano da noi) sono tra i più complessi e numerosi di tutta la storia del teatro lirico"[2]. Per tale ragione appare necessario descrivere e mettere in rilievo almeno le principali versioni che si sono storicamente affermate, anche se poi le esecuzioni effettivamente andate in scena nei teatri o riprodotte sui dischi, ben di rado si sono rigidamente attenute all'una od all'altra di tali versioni, ma hanno invece attinto parzialmente a più di una, dando luogo anche a dei veri e propri miscugli, patchwork li definisce Giudici, in un certo senso paragonabili, si potrebbe aggiungere, al genere cosiddetto del pasticcio, che andò per la maggiore in tutta l'epoca barocca e fino alla fine del '700 (ed anche oltre).

Trascurando pasticci veri e propri, come la versione londinese del 1770, rimaneggiata ed ampliata da Johann Christian Bach e da Pietro Alessandro Guglielmi, la quale vide tutta una serie di rielaborazioni successive[3], ed ebbe vita durevole sia in area britannica, sia anche in Italia ed altrove[4], verranno prese in considerazioni o le versioni successivamente rielaborate dallo stesso Gluck in occasione di rappresentazioni storiche dell'opera, o versioni adattate da altri musicisti, ma senza aggiunta di musiche nuove non composte originariamente da Gluck, o, infine, le maggiori edizioni a stampa dell'opera che rivestono importanza perché hanno poi costituito la fonte materiale di tanti effettivi allestimenti dell'Orfeo in tutti i teatri del mondo. Da questo punto di viste le versioni, per così dire, storiche dell'opera sono sostanzialmente sei[5]: le prime quattro si riferiscono ad altrettante prime teatrali, le ultime due a edizioni per la stampa.

1. Versione originale di Vienna (1762)

 
Illustrazione di copertina per la prima edizione a stampa (Parigi, 1764)
dell'Orfeo ed Euridice

L'edizione originale dell'opera fu rappresentata nel teatro di corte (Burgtheater) a Vienna, come lavoro di occasione per festeggiare l'onomastico dell'imperatore Francesco I: essa era presentata non come un dramma per musica, ma come un'«azione teatrale», genere sviluppatosi nell'ambito delle corti (a Vienna, soprattutto, ma anche a "Dresda, Stoccarda, Parma e Napoli, per esempio"), il quale costituiva "un filone relativamente indipendente dal melodramma" di cui superava molte delle convenzioni musicali. Ad esso, anche sotto la denominazione di festa teatrale, si faceva ricorso in quanto "[si ravvisava] nella sua più agile e nello stesso tempo fantasiosa e sfarzosa struttura il veicolo ideale per uno spettacolo di circostanza, legato per tramiti più o meno diretti con l'occasione celebrativa entro la quale veniva accolto". Topoi del genere erano, tra gli altri, "il soggetto mitico, le spettacolari scene infernali, l'ampio impiego della danza, gli elaborati passaggi corali e la raffinata e complessa orchestrazione"[6].

La parte del protagonista fu affidata al contraltista, Gaetano Guadagni, cantante di larga fame europea, noto soprattutto per l'espressività del suo canto e della sua arte scenica. Dal punto di vista dell'ideologia della riforma gluckiana, la versione originale viennese costituisce indubbiamente quella dal carattere più ortodosso. John Eliot Gardiner, grande estimatore di tale edizione ed autore di una sua registrazione in studio, con strumenti originali, generalmente ritenuta fra le migliori[7], descrive con parole molto suggestive le caratteristiche di tale prima versione: «Gluck si dimostrò all'altezza della situazione con una musica straordinariamente pura, diretta e concisa. Sia le parole che la musica si concentrano sulla storia di Orfeo e su ogni sfumatura di sentimento espressa dall'eroe e dall'eroina nel corso del dramma. C'è una completa assenza di fronzoli e di concessioni. Parte della bellezza dell'opera risiede nel fatto tutti i singoli dettagli sono subordinati al generale progetto d'insieme: la passione è qui fusa con una spirito di classicità in un equilibrio ideale, corrispondendo pienamente ai criteri previsti da J.C. Gottsched, secondo cui 'nell'opera si dovrebbe poter osservare una nobile semplicità ... piuttosto che gli eccessi scomposti degli italiani'»[8].

L'orchestrazione dell'edizione viennese fu calibrata sulle ridotte dimensioni dei complessi locali, corrispondenti alle contenute dimensioni del teatro di corte, e sulla particolare composizione degli stessi, che vedevano la presenza di strumenti, come cornetti, salmoè e corni inglesi, presto destinati all'obsolescenza. Per rappresentare la lira di Orfeo, nell'orchestra era previsto l'inserimento di un'arpa. La partitura della versione viennese fu pubblicata a Parigi nel 1764[9] ed un'edizione critica è disponibile fin dal 1963 a cura di Anna Amalie Abert e Ludwig Finscher[10].

2. Versione riveduta di Parma (1769)

 
Giuseppe Millico

La prima rappresentazione in Italia dell'Orfeo ed Euridice ebbe luogo a Parma nel 1769, nel Teatro Ducale[11], ancora una volta in uno spettacolo occasionale ed in una forma del tutto particolare. L'occasione erano le nozze del duca Ferdinando I con l'arciduchessa d'Austria Maria Amalia, appartenente a quella famiglia degli Asburgo-Lorena alla quale Gluck era legato da un rapporto, per così dire, di clientela, fin dal 1752, quando era stato nominato Kapellmeister da parte dell'imperatrice Maria Teresa, madre di Maria Amalia[12]. Per queste nozze, venne messo, tra l'altro, in cartellone quello che in Francia chiamavano uno spectacle coupé, e cioè una rappresentazione formata da due, o, come nel caso in specie, tre atti, tratti da lavori differenti (o anche talora, almeno in parte, composti per l'occasione) e non legati da una trama unitaria[13]. Il lavoro fu intitolato Le feste di Apollo ed era composto da un prologo e tre atti, tutti su musica di Gluck. Il primo atto era intitolato Bauci e Filemone, il secondo Aristeo[14], mentre il terzo, dal titolo di Orfeo, altro non era se non l'azione teatrale del 1762, qui presentata come atto unico, senza l'originaria suddivisione in tre parti.

Per questa rappresentazione, Gluck fu costretto a rivedere la versione del 1762, soprattutto perché ad eseguire la parte del protagonista a Parma non era più il Guadagni, ma un altro grande castrato dell'epoca, Giuseppe Millico, il quale condivideva lo stile di canto del Guadagni stesso ed era, a detta di Charles Burney, attore "fine ed emozionante"[15], ma cantava nel registro di soprano e non era quindi in grado di affrontare una tessitura profonda come quella del 1762. Gluck quindi traspose per soprano tutta la parte del protagonista, precedentemente scritta per contralto, ed eseguì anche adattamenti dell'orchestrazione ai complessi che operavano nel Teatro Ducale. In particolare, con notevole danno per la qualità del risultato, Gluck fu costretto a rielaborare l'accompagnamento di "Che puro ciel", nel secondo atto, semplificandone notevolmente l'intelaiatura: secondo Patricia Howard, egli probabilmente aveva verificato "che l'orchestra di Parma non aveva a disposizione un violoncellista sufficientemente abile ed un primo flauto capaci di condurre in porto il delicato dialogo presente nella partitura originale" [16] ed aveva quindi dovuto fare di necessità virtù.

L'interpretazione di Millico dovette andare particolarmente a genio a Gluck che se lo portò dietro a Vienna, dove l'anno successivo gli conferì il ruolo del protagonista nell'ultima opera riformata italiana scritta da Calzabigi, Paride ed Elena[17], e che lo ammise infine nella cerchia degli intimi, affidandogli niente meno che l'educazione artistica dell'adorata nipote, Marianne[18]. In effetti, Millico può essere considerato la personificazione stessa delle varie edizioni gluckiane dell'Orfeo: egli interpretò quella originale, sia pure ovviamente trasposta, ma, mentre Legros imparava faticosamente ad eseguire, come si deve, la versione francese, Gluck volle che il castrato, di ritorno da Londra, ne desse due interpretazioni private a Parigi (ovviamente anche in questo caso vi sarà stato un aggiustamento di registro), in casa dell'Abate Morellet, accompagnato al clavicembalo dallo stesso Gluck e con Marianna nel doppio ruolo di Amore e di Euridice[18].

Resta il fatto che dopo la rappresentazione parmense, "le esecuzioni [dell'opera] da parte di contralti e soprani castrati divennero egualmente comuni in tutt'Europa, Francia esclusa"[18]. In epoca moderna invece, non risulta alcuna ripresa della versione per soprano: molto probabilmente l'eccessiva omogeneità timbrica (i tre ruoli dell'opera sarebbero coperti tutti da soprani) ha spaventato gli esecutori moderni, anche se cantanti con capacità esecutive e impasti vocali diversi potrebbero sicuramente ovviare a questo problema.

3. Versione francese di Parigi (1774)

Quando agli inizi degli anni '70, la fortuna di Gluck a Vienna appariva declinante, la sua nuova amicizia con l'aspirante librettista e attaché all'ambasciata di Francia, Le Bailly du Roullet[19] e soprattutto il fatto che la sua affezionata ex-allieva di canto, Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena, fosse diventata, nel giugno del 1762, delfina di Francia, gli fecero accarezzare, suglia soglia dei sessant'anni, l'idea di cercare nuovi successi a Parigi[20]: ciò del resto poteva anche essere considerato come il logico sbocco del suo percorso artistico che tanto del mondo musicale francese, direttamente o indirettamente, si era alimentato[21]. "Nel raggio di pochi mesi, Gluck stava non solo lavorando ad una nuova opera su libretto di du Roullet (Iphigénie en Aulide), ma stava anche aprendo una corrispondenza con il Mercure de France" allo scopo di prepararsi il campo nella rovente piazza parigina. "Pressappoco in questo stesso periodo, Gluck dové [inoltre] riprendere i contatti con il librettista Pierre-Louis Moline" con il quale aveva "già collaborato alla sua opéra-comique, L'arbre enchanté" e che gli aveva anche "fornito la traduzione in prosa dell'Orfeo ... in occasione della pubblicazione della partitura a Parigi, nel 1764"[22]. Questa volta si trattava addirittura di elaborare la traduzione in versi e l'ampliamento del libretto di Ranieri de' Calzabigi, in vista della produzione di una versione francese dell'opera.

 
Statua di Gluck all'Opéra Garnier, a Parigi

Su questi presupposti, Le Bailly du Roullet, sponsorizzato ad alto livello dalla delfina, operò delle pressioni pesantissime sulla direzione dell'Académie Royale de Musique, finché non ottenne una ricca commessa in favore di Gluck[23]. Questi partì quindi nel 1773 alla volta di Parigi, con la partitura dell'Iphigénie sottobraccio e, così come aveva esplicitamente previsto[24], si scontrò immediatamente con tutto l'ambiente dell'Opéra, restio ad accettare i suoi metodi bruschi di lavoro e refrattario nei confronti del suo nuovo stile artistico e musicale. E soltanto le sue ripetute minacce di abbandonare la partita e soprattutto l'appoggio della corte, gli consentirono alla fine di averla vinta. "A Sophie Arnould, che per il ruolo di Ifigenia pretendeva delle grandi arie anziché i perpetui recitativi, replicò: «Per cantare delle grandi arie, bisogna saper cantare»[25]. ...Litigò con il ballerino Gaëtan Vestris che voleva che l'opera si concludesse con un balletto, com'era d'uso. «Una ciaccona! Una ciaccona!» gridò Gluck. «Vogliamo ricreare i greci; e i greci avevano forse le ciaccone?» Vestris, stupito di apprendere che non le avevano, ribatté con umorismo: «Peggio per loro»"[26]. Quanto al coro, i suoi componenti, ricorderà novant'anni dopo Berlioz, "non recitavano. Piantati a destra e a sinistra del palcoscenico come delle canne d'organo, ripetevano la loro lezione con calma disperante. [Gluck] fu quello che cercò di rianimarli, indicando loro ogni gesto e movimento da fare e consumandosi così nei suoi sforzi in misura tale che sarebbe certamente crollato sotto la fatica se solo non fosse stato dotato dalla natura di una tempra tanto resistente"[27]. Con la prima haute-contre dell'Opéra, i rapporti furono inizialmente durissimi. Gluck aveva dimostrato di non essere affatto preoccupato della tipologia vocale dell'interprete di Orfeo: contralto, soprano, ora tenore, tutto andava bene purché si trattasse di grandi attori e di cantanti espressivi (quali erano stati Guadagni a Vienna e Millico a Parma). Con Legros, Gluck si trovò di fronte ad un pingue usignolo meccanico dalle grandi possibilità vocali, ma assolutamente privo di capacità interpretative e sceniche. Il lavoro di addestramento fu duro e lunghissimo[28], e ne sono restate tracce molto colorite nei resoconti dell'epoca. L'allora giovane pittore Johann Christian von Mannlich riportò così le parole rivolte da Gluck al cantante durante una delle prove della prima scena dell'opera: "È inconcepibile! Signore, lei urla sempre quando deve cantare, e quella sola volta che è questione di urlare, lei non riesce a venirne a capo. Non pensi in questo momento né alla musica, né al coro che canta, ma urli, al momento giusto, con dolore, come se le stessero tagliando una gamba; e, se ci riesce, renda questo dolore interiore, morale, come se le partisse dal cuore"[29]. Legros, che era una persona seria e di notevole statura umana, riuscì a trarre lezione dagli insegnamenti gluckiani e uscì dall'esperienza di Orfeo come un interprete rinato, capace di mettere d'accordo gli opposti partiti, sempre presenti sulla piazza di Parigi, finché, una decina di anni dopo, nel 1783, la sua ormai opprimente obesità non lo costrinse a lasciare il palcoscenico[30]. L'Iphigénie andò in scena il 19 aprile 1774 con successo molto moderato, ma potè avere solo poche riprese perché i teatri francesi furono chiusi per un mese e mezzo, dal primo maggio, in concomitanza con la malattia e la morte del re Luigi XV. Tale interruzione fu provvidenziale per consentire a Gluck di lavorare con maggior calma alla preparazione delle nuova opera che doveva andare in scena di lì a poco[31].

L'Orphée et Eurydice

4. Versione Berlioz (Parigi, 1859)

 
Hector Berlioz,
fotografato da Nadar nel 1860

5. Versione (a stampa) Dörfell (Lipsia, 1866)

6. Versione (a stampa) Ricordi (Milano, 1889)

Nel 1769 per una rappresentazione a Parma diretta dallo stesso compositore[32], Gluck traspose la parte di Orfeo per il sopranista Giuseppe Millico, conservando il libretto italiano. Questa versione non è mai stata rappresentata in epoca moderna[32].

Gluck operò invece una generale revisione della partitura per la produzione parigina che vide la prima il 2 agosto 1774. Per questa versione, intitolata Orphée et Eurydice, Gluck utilizzò un libretto francese di Pierre-Louis Moline, che costituiva in parte la traduzione di quello del Calzabigi, in parte la sua espansione alla maggiori dimensioni richieste dall'Opéra. Gluck allargò e riscrisse intere sezioni dell'opera e trasformò il ruolo del protagonista dall'originaria scrittura per contralto ad una per tenore acuto o haute-contre, come veniva allora definita in Francia la specifica tipologia tenorile utilizzata, da circa un secolo, per le parti di amatore/eroe che l'opera italiana assegnava ai castrati (o alle donne)[32]. A questa versione furono anche aggiunte ulteriori sequenze di balletto che servivano, di nuovo, a conformarsi alle usanze del teatro parigino che aveva fatto della danza un elemento connaturato e fondamentale dell'opera lirica.

Nel 1859, il compositore Hector Berlioz riadattò la versione parigina, suddividendola in quattro atti, per la grande cantante Pauline Viardot, trasponendone di nuovo la parte protagonistica maschile dalla chiave tenorile a quella di mezzo-soprano/contralto[33]. In questo suo riadattamento, Berlioz tenne anche presente lo schema chiave della versione viennese del 1762, facendo riferimento ad esso tutte le volte che lo riteneva superiore, vuoi in termini musicali, vuoi dal punto di vista del dramma, a quello parigino[33]. Egli modificò anche l'orchestrazione allo scopo di trarre vantaggio dagli sviluppi tecnici degli strumenti musicali, che si erano nel frattempo verificati [33]. All'epoca di Berlioz, la parte di Orfeo veniva ormai eseguita o da un contralto donna o da un tenore, dato che i castrati erano definitivamente scomparsi dai palcoscenici da oltre trent'anni.

Nel 1889, infine, un'edizione, pubblicata dalla Casa Ricordi, partendo dalla versione Berlioz e conservando la scrittura per il registro di mezzo-soprano/contralto, scelse di utilizzare elementi sia della versione viennese originaria sia di quella parigina (reincorporando anche musica trascurata da Berlioz), e tornò, per il libretto, al testo originario di Calzabigi, integrato con nuove traduzioni per le aggiunte provenienti dell'edizione francese. Questa edizione è andata per la maggiore, per almeno un sessantennio.

Note e riferimenti

  1. ^ nel 2012, per la verità, saranno ormai duecentocinquanta tondi!
  2. ^ Giudici, pag. 251
  3. ^ tra cui l'adattamento alla voce sopranile del castrato Giusto Ferdinando Tenducci che la portò in giro per l'Europa (cfr. Vitali, op. cit.). Le varie rielaborazioni successive si allontanarono sempre di più dall'originale: "Il punto più basso fu raggiunto nel 1792 quando una versione in inglese al Theatre Royal, Covent Garden, risultava composta di musica di 'Gluck, Handel, Bach, Sacchini e Weichsel[?], con nuova musica aggiunta di William Reeve'. In questa versione (di cui Preston & Son pubblicarono una partitura vocale) non rimaneva virtualmente niente della partitura originale, se non il famoso lamento di Orfeo" (Barsham, "Orpheus in England", pag. 65). Di questa versione, tuttavia, ci fu perfino una ripresa a New York, settant'anni dopo, nel 1863 (Howard, pag. 98)
  4. ^ cfr. Vitali, pagg. 44 e segg.; Degrada, pag. 37
  5. ^ si trascurano le versioni edite da Novello & Co in Inghilterra, da C. F. Peters Musikverlages (Peters Edition) in Germania (Mackerras, pag. 100) e da G. Schirmer, Inc. negli Stati Uniti (Degrada, pag. 39), perché di minore diffusione
  6. ^ Degrada, pagg. 24-25
  7. ^ cfr. ad esempio, Giudici, pag. 258-259, e Rossi, pag. 69
  8. ^ Gardiner, pagg. 113-113. La citazione di Gottsched è tratta dalla Kritische Dichtkunst, III (Vienna, 1734)
  9. ^ Degrada, pag. 35
  10. ^ Bärenreiter, Kassel, 1963
  11. ^ il Teatro Ducale si trovava nel Palazzo della Riserva (Gian Paolo Minardi, "Parma", The New Grove Dictionary, cit., III, pag. 886), attuale sede del Museo Glauco Lombardi, e rimase in uso fino al 1829, quando fu inaugurato il Nuovo Teatro Ducale (attuale Teatro Regio)
  12. ^ per il ruolo della ben più famosa quindicesima e penultima nata della famiglia, Maria Antonietta, nella gestazione dell'Orphée et Eurydice si veda il paragrafo successivo
  13. ^ Pitou, pag. 502
  14. ^ l'atto di Aristeo è ricordato perché in esso venne riutilizzata da Gluck, per la seconda o terza volta, l'aria di bravura (sua o di Bertoni che fosse), la quale sarebbe poi passata alla storia perché ulteriormente collocata a chiusura del primo atto dell'Orphée et Eurydice parigino (Hammond, "A note ...")
  15. ^ "delicate and pathetic" (General History, II, pag. 894), citato da Patricia Howard (pag. 71)
  16. ^ Howard, pag. 81
  17. ^ Croll, "Millico ..."
  18. ^ a b c Howard, pag. 71
  19. ^ propriamente: Marie-François-Louis Gand Leblanc du Roullet
  20. ^ Pitou, pag. 247
  21. ^ Loppert, in Hayes/Brown/Loppert/Dean, op. cit.
  22. ^ Howard, pagg. 67 e 68
  23. ^ Julian Runston, "Roullet [Rollet, Durollet, Du Rollet], Marie François Louis Gand Leblanc, Bailli du", Grove Dictionary, IV, pag. 71
  24. ^ «Ci sarà una notevole opposizione» aveva scritto Gluck alla vigilia delle partenza per Parigi «perché contrasta con alcuni pregiudizi nazionali contro i quali la ragione è impotente.», Antonia Fraser, Maria Antonietta. La solitudine di una regina, Cles (TN), Mondadori, 2004, ISBN 88-04-51311-X, pag. 130
  25. ^ il dissidio con l'Arnould rimase permanente e insanabile, fino al 1776, quando finalmente, per il ruolo di protagonista della versione francese dell'Alceste, venne scelta al suo posto quella Rosalie Levasseur che era stata il primo Amour dell'Orphée (e che, aggiungevano i malevoli, era l'amante dell'ambasciatore austriaco, compatriota del musicista - Pitou, pag. 348)
  26. ^ Fraser, ibidem, da Patricia Howard, Gluck: an Eighteenth-century portrait in letters and documents, Oxford, 1995
  27. ^ Berlioz, À travers chants, Parigi, 1862, citato da Eve Barsham, "Berlioz e Gluck", pag. 91
  28. ^ e nell'intervallo, Gluck volle che fosse Millico ad eseguire due volte, in privato, al clavicembalo, la nuova versione dell'opera (cfr. supra, paragrafo: 2. Versione riveduta di Parma)
  29. ^ citato da Hayes, Decca, pag. 16
  30. ^ Pitou, voce: "Legros, Joseph", pagg. 337-339
  31. ^ Pitou, pag. 288; Hayes, Decca, pag. 9
  32. ^ a b c Hayes, Grove
  33. ^ a b c Holden 1995, p. 136

Bibliografia e fonti on-line

  • (EN) Barsham, Eve, "Berlioz e Gluck", in Howard, P. (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo (cfr. infra, pagg. 84-97)
  • (EN) Barsham, Eve, "The diffusion through Europe", in Howard, P. (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo (cfr. infra, pagg. 60-62)
  • (EN) Barsham, Eve, "Orpheus in England", in Howard, P. (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo (cfr. infra, pagg. 62-66)
  • Caruselli, Salvatore (a cura di), Grande enciclopedia della musica lirica, Longanesi & C. Periodici S.p.A., Roma (voll. 4)
  • (EN) Croll, Gerhard, "Millico, (Vito) Giuseppe", in Sadie, Stanley (a cura di), The New Grove Dictionary of Opera, Grove (Oxford University Press), New York, 1997, III, pagg. 399-400, ISBN 978-0-19-522186-2
  • (EN) Croll, Gerhard, e Heartz, Daniel, "Durazzo, Count Giacomo", ibidem, I, pagg. 1284-1285
  • Degrada, Francesco, «"Danze di eroi" e "Saltarelli di burattini": vicende dell'Orfeo di Gluck», saggio inserito, per gentile concessione del Teatro La Fenice di Venezia, nel programma di sala (cfr. infra, Peruffo, A.) per le rappresentazioni di Orfeo ed Euridice al Teatro di Livorno, 1995 (pagg. 23 e segg.).
  • Durazzo, Angela Valenti, "La premiata ditta Durazzo & Gluck" in I Durazzo da schiavi a dogi della Repubblica di Genova, La Compagna della Stampa - Massetti Rodella Editori, Brescia, 2004, ISBN 88-8486-108-X.
  • Fiorentini, Angiola, Il cammino di Orfeo ed Euridice. Il melodramma all'italiana: i primi due secoli di storia fra poesia, musica e società, MEF - L'Autore Libri Firenze, Firenze, 2005, ISBN 88-517-0839-8
  • (EN) Gardiner, John Eliot, "Hands off Orfeo!", in Howard, P. (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo (cfr. infra, pagg. 112-118)
  • (EN) Cuthbert Girdlestone, Jean-Philippe Rameau: His Life and Work, New York, Dover Publications, 1990, ISBN 0-486-26200-6.
  • Giudici, Elvio, L'opera in CD e video - Guida all'ascolto, Il Saggiatore, Milano, 1995
  • (EN) Hammond, Tom, «A note on the aria di bravura 'L'espoir renaît dans mon âme'», in Howard, P. (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo (cfr. infra, pagg. 109-112)
  • (EN) Hammond, Tom, "Orphée et Eurydice: Gluck's final solution", in Howard, P. (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo (cfr. infra, pagg. 105-109);
  • (EN) Hayes, Jeremy: "Gluck: Orphée et Eurydice - The 1774 Paris version", pubblicato nel 2010 dalla Decca come saggio di accompagnamento alla registrazione (CD) di Jesús Lópes-Cobos del 2008
  • (EN) Hayes, Jeremy: "Orfeo ed Euridice", Grove Music Online ed. L. Macy (Accessed 10 December 2006), grovemusic.com, subscription access.
  • (EN) Hayes, Jeremy & Brown, Bruce Alan & Loppert, Max & Dean, Winton, "Gluck, Christoph Willibald Ritter von", in Sadie, Stanley (a cura di), The New Grove Dictionary of Opera, Grove (Oxford University Press), New York, 1997, II, pagg. 453-464, ISBN 978-0-19-522186-2
  • (EN) Amanda Holden, Nicholas Kenyon, Stephen Walsh (eds.), The Penguin Opera Guide, Penguin, 1995, ISBN 978-0140251319.
  • (EN) Amanda Holden, Alan Blyth, The Viking opera guide, New York, Viking, 1993, ISBN 0-670-81292-7.
  • (EN) Howard, Patricia (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo, Cambridge University Press, Cambridge/New York/Melbourne, 1981 (edizione consultata: collana Cambridge Opera Handbooks, paperback, 2010, ISBN 0-521-29664-1)
  • (EN) Hutchings, Arthur, "Gluck and Reform Opera", pubblicato nel 1970 dalla Decca come saggio di accompagnamento alla registrazione (LP) di Georg Solti del 1969.
  • (EN) Loppert, Max (1979). "Orfeo ed Euridice", in: Blyth, Alan (a cura di), Opera on Record, Hutchinson, Londra, ISBN 0-09-139980-7.
  • (EN) Mackerras, Sir Charles, "Berlioz: the best of both worlds", in Howard, P. (a cura di), C.W. von Gluck: Orfeo (cfr. supra, pagg. 99-105)
  • Manfriani, Carlo (a cura di), con la collaborazione di Sara Bertelli, Programma di sala per le rappresentazioni di Orfeo ed Euridice, 70° Maggio Musicale Fiorentino, 2007, Edizioni Pendragon, Bologna, ISBN 978-88-8842-551-6
  • Marazzi, Matteo, "Backstage: La discografia di Orfeo e Euridice" (Opera Disc), consultato il 17 giugno 2010
  • Mestron, Hervé (tradotto in inglese da Mary Pardoe), "Archaisms and innovations in the orchestration of Orfeo" (1994), pubblicato da Astrée come breve saggio di accompagnamento alla registrazione di Jean-Claude Malgoire del 1994.
  • Noiray, Michael (tradotto in inglese Mary Pardoe), "A musical manifesto" (1994), pubblicato da Astrée come breve saggio di accompagnamento alla registrazione di Jean-Claude Malgoire del 1994.
  • (EN) Leslie Orrey, Rodney Milnes, Opera, a concise history, London, Thames and Hudson, 1987, ISBN 0-500-20217-6.
  • Peruffo, Antonella e Dal Nista, Roberto (a cura di), Programma di sala per le rappresentazioni di Orfeo ed Euridice, CEL - Teatro di Livorno, 1995 (200° anniversario della morte di Ranieri de' Calzabigi), stampato a Livorno da O. Debatte & F. per conto del CEL
  • (EN) Pitou, Spire, The Paris Opéra. An Encyclopedia of Operas, Ballets, Composers, and Performers – Rococo and Romantic, 1715-1815, Greenwood Press, Westport/London, 1985 (ISBN 0-313-24394-8)
  • Rossi, Roberto, "Discografia - Christoph Willibald Gluck - Orfeo ed Euridice (Orphée et Eurydice)", saggio inserito nel programma di sala (cfr. supra, Manfriani, C., pagg. 60 e segg.) per le rappresentazioni di Orfeo ed Euridice al 70° Maggio Musicale Fiorentino, 2007
  • Vitali, Giovanni, "Ad honorem Dei - Vita, morte e miracoli di Giusto Ferdinando Tenducci, evirato cantore detto Senesino", saggio inserito nel programma di sala (cfr. sufra, Manfriani, C., pagg. 34 e segg.) per le rappresentazioni di Orfeo ed Euridice al 70° Maggio Musicale Fiorentino, 2007