Cappella Sistina
La Cappella Sistina di Roma è uno dei più famosi tesori culturali ed artistici della Città del Vaticano, inserita all'interno del percorso dei Musei Vaticani. Fu costruita tra il 1475 e il 1481, all'epoca di papa Sisto IV della Rovere, da cui prese il nome. È conosciuta in tutto il globo sia per essere il luogo nel quale si tengono il conclave e altre cerimonie ufficiali del Papa, comprese alcune incoronazioni papali, sia per essere stata decorata da una delle opere d'arte più conosciute e celebrate della civiltà artistica occidentale, gli affreschi di Michelangelo Buonarroti, che riguardano sia la volta (1508-1512) sia la parete del Giudizio Universale sopra l'altare (1535-1541). Le pareti inoltre conservano una serie di affreschi di alcuni dei più grandi artisti italiani della seconda metà del Quattrocento (Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Pinturicchio, Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli, Piero di Cosimo e altri).
Esiste anche una "Cappella Sistina" nella cattedrale di Savona, fatta edificare dal medesimo pontefice come mausoleo per i propri genitori.

Storia
XV secolo
Decorata inizialmente da Michelangello Buonarroti.I propositi di ripristino dei più importanti monumenti cristiani di Roma, devastati dall'abbandono, dall'incuria e dalle devastazioni delle lotte civili durante la cattività avignonese, fu uno dei progetti più ambizioni dei papi del XV secolo, a partire da Martino IV[1]. Sisto IV, già professore di teologia nelle maggiori università italiane e generale dei francescani, raccolse questo impegno e già poco dopo la sua elezione (agosto 1471), iniziò un'opera di interventi di recupero e monumentalizzazione del tessuto urbano di Roma, che culminò nella ricostruzione e nella decorazione della cappella palatina del Palazzo Apostolico, che in seguito prese il suo nome. Il progetto architettonico dovette prendere corpo nel 1473, su disegno di Baccio Pontelli. Nel 1477 venivano abbattuti i resti ormai fatiscenti della costruzione precedente, sfruttamdone le fondazioni per la nuova cappella, che giustificano le irregolarità in pianta[1].
Le funzioni della cappella non mutarono rispetto alla precedente e a quella nel Palazzo dei Papi di Avignone, come sede delle più solenni cerimonie del calendario liturgico svolte dalla corte papale. Tale necessità richiedeva una cornice particolarmente fastosa, che mostrasse inequivocabilmente la Maiestas papalis ai partecipanti ammessi al cerimoniale, che erano essenzialmente il collegio dei cardinali, i generali degli ordini monastici, i diplomatici accreditati, i membri di grado più alto nella compagine statale pontificia, il senatore e i conservatori della città di Roma, i patriarchi, i vescovi e i prinipi o le personalità eminenti in visita. A costoro si aggiungeva una folla di altri personaggi ammessa ad assistere alle funzioni oltre la transenna marmorea che separa tutt'oggi la cappella papale vera e propria (con l'altare)[1].
La costruzione vera e propria venne avviata nel 1477 con la supervisione ai lavori di Giovannino de' Dolci. Nell'estate del 1481 doveva essere già conslusa, poiché è già documentata la decorazione ad affresco delle pareti[1].
La consacrazione della cappella risale al prima messa 9 agosto 1483, quando venne dedicata all'Assunzione della Vergine Maria.
La decorazione pittorica venne avviata dal Perugino nella parete dietro l'altare (quella oggi del Giudizio)[2], il quale aveva già lavorato per il papa nella distrutta Cappella della Concezione nell'antica basilica di San Pietro in Vaticano.
Nel frattempo il signore di Firenze Lorenzo de' Medici, nell'ambito di una politica riconciliativa con gli avversari che avevano appoggiato la Congiura dei Pazzi (1478), tra cui lo stesso papa, propose l'invio dei migliori artisti presenti allora sulla scena fiorentina, quali ambasciatori di bellezza, armonia e del primato culturale di Firenze[3]. L'offerta venne accettata e il 27 ottobre 1480 Sandro Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio e i rispettivi collaboratori partirono per Roma, dove sono documentati all'opera dalla primavera del 1481[3].
Ciascuno di questi artisti, con gli aiuti, tra gli altri, degli aiutanti Pinturicchio, Piero di Cosimo e Bartolomeo della Gatta, affrescò uno dei quattro riquadri nella parete a destra dell'altare, poi, con un nuovo contratto datato 27 ottobre 1481, vennero riconfermati per l'esecuzione degli altri dieci riquadri restanti (i due sulla parete dell'altare erano già stati completati da Perugino nella primissima fase) da ultimare entro il marzo dell'anno successivo. I termini non vennero sempre rispettati e al Perugino subentrò Luca Signorelli, che affrescò il Testamento di Mosè e la Contesa intorno al corpo di Mosè sulla parete dell'ingresso[2]. Il complesso programma iconografico venne definito in ogni particolare dal pontefice stesso e dai suoi consiglieri, anche se la sua stessa complessità necessitò un intervento di grande importanza da parte degli artisti nell'invenzione figurativa e iconografica[4].
La volta era originariamente decorata da un cielo stellato di Piermatteo d'Amelia[2]. Il primo risultato fu un ciclo di grande omogeneità, nonostante la partecipazione di artisti dalle personalità marcatamente diverse. Ciò fu possibile grazie all'adozione di una medesima scala dimensionale delle figure, all'impaginazione e strutturazione ritmica simile, alle medesime tonalità dominanti, tra cui spicca l'abbondanza di rifiniture in oro, che intensificano la luce con effetti che dovevano apparire particolarmente suggestivi nel bagliore delle fiaccole e delle candele[5].
XVI secolo
Lo splendido complesso voluto da Sisto IV fu anche nei decenni successivi al centro degli interessi dei pontefici, con interventi che costituiscono pagine fondamentali dell'artre del pieno Rinascimento[5].
Giulio II, pure della Rovere, nel 1508 incaricò Michelangelo Buonarroti di ridipingere il soffitto; il lavoro venne completato tra il 1508 e il 1 novembre 1512[5]. La decorazione della volta incontrò numerose difficoltà, tutte brillantemente superate dall'artista e dai suoi collaboratori. Per essere in grado di raggiungere il soffitto, Michelangelo necessitava di un supporto; la prima idea fu di Bramante, che volle costruire per lui una speciale impalcatura, sospesa in aria per mezzo di funi. Ma Michelangelo temeva che questa soluzione avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto, una volta completato il lavoro, così costruì un'impalcatura da sé, una semplice piattaforma in legno su sostegni ricavati da fori nei muri posti nella parte alta vicino alle finestre. Questa impalcatura era organizzata in gradoni in modo da permettere un lavoro agevole in ogni parte della volta. Il primo strato di intonaco steso sulla volta cominciò ad ammuffire perché era troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela creata da uno dei suoi assistenti, Jacopo l'Indaco. Questa non solo resistette alla muffa, ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana (ed è ancora in uso).
Inizialmente Michelangelo era stato incaricato di dipingere solo dodici figure, gli Apostoli, ma quando il lavoro fu finito ve ne erano presenti più di tremila. Dell'impresa restano numerosi disegni, che rappresentano un documento molto prezioso.
In seguito Leone X donò gli arazzi intessuti a Bruxelles su disegno di Raffaello Sanzio, i cui soggetti avevano precise corrispondenze con i riquadri affrescati nel registro mediano[5].
Infine Clemente VII commissionò, ancora a Michelangelo, l'enorme affresco del Giudizio universale (1535-1541), in gran parte dipinto al tempo di Paolo III, che rappresentò anche il primo intervento "distruttivo" nella storia della Cappella, stravolgendo l'originale impostazione spaziale e iconografica, che si era delineata nei precedenti apporti fino ad allora sostanzialmente coordinati[5].
Il Giudizio Universale fu oggetto di una pesante disputa tra il cardinale Carafa e Michelangelo: l'artista venne accusato di immoralità e intollerabile oscenità, poiché aveva dipinto delle figure nude, con i genitali in evidenza, all'interno della più importante chiesa della cristianità, perciò una campagna di censura (nota come "campagna delle foglie di fico") venne organizzata dal Carafa e monsignor Sernini (ambasciatore di Mantova) per rimuovere gli affreschi. Giorgio Vasari racconta che, quando il Maestro di Cerimonie del Papa, Biagio da Cesena, accusò il lavoro di Michelangelo apostrofandolo come più adatto a un bagno termale che a una cappella, Michelangelo raffigurò i suoi tratti nella figura di Minosse, giudice degli inferi; quando Biagio da Cesena si lamentò di questo con il Papa, il pontefice rispose che la sua giurisdizione non si applicava all'inferno, e così il ritratto rimase. Secondo altri studiosi[6], invece, il personaggio raffigurato in forme caricaturali nel Minosse sarebbe Pierluigi Farnese, figlio di papa Paolo III, noto a Roma per essere un sodomita violento e per aver abusato sessualmente di un giovane ecclesiastico causandone la morte.
In coincidenza con la morte di Michelangelo, venne emessa una legge per coprire i genitali ("Pictura in Cappella Ap.ca coopriantur"). Così Daniele da Volterra, un apprendista di Michelangelo, dipinse tutta una serie di panneggi e perizomi detti "braghe", che gli valsero il soprannome di "Braghettone".
I secoli successivi
Quando il Mahatma Gandhi visitò nel 1931 la Cappella Sistina, la sua attenzione fu colpita, più che dagli affreschi di Michelangelo, dal Crocifisso dell'altare della cappella. Intorno a quel Crocifisso – che rappresenta un Gesù magrissimo, dimesso e sofferente, ben diverso dal Gesù corpulento e forte del Giudizio Universale – Gandhi indugiò per parecchi minuti, esclamando infine: «Non si può fare a meno di commuoversi fino alle lacrime»[7].
Gli affreschi che Michelangelo ha realizzato nella Cappella Sistina, ed in particolare quelli della volta e delle lunette che la accompagnano sono stati sottoposti nel corso dei secoli ad un certo numero di restauri, i più recenti dei quali si sono svolti tra il 1980 e il 1994. Questi ultimi hanno provocato stupore presso gli studiosi e gli amanti dell'arte poiché sono stati portati alla luce colori e particolari che la patina scura aveva nascosto per secoli. Particolarmente controversa fu la scelta da adottare per la rimozione o meno delle "braghe" di Daniele da Volterra. Si scelse di rimuovere la maggior parte dei eprizomi tranne qualli nelle figure principali, ormai entrati nell'immaginario collettivo, come quello della figura di Daniele; comunque, una copia fedele e senza censure dell'originale, di Marcello Venusti, è oggi a Napoli al Museo di Capodimonte.
Descrizione
La Cappella si trova sulla destra della basilica di San Pietro, all'interno del Palazzo Apostolico, accessibile dall'imponente Sala Regia.
Architettura
È di forma rettangolare e misura 40,93 metri di lunghezza per 13,41 di larghezza (le dimensioni del Tempio di Salomone, così come vengono riportate nell'Antico Testamento). Ha un'altezza di 20,70 metri ed è coperta da una volta a botte ribassata, collegata alle pareti da vele e pennacchi, che generano lunette in corrispondenza dei muri laterali. Sotto ciascuna lunetta si aprono le strette finestre ad arco che danno luce all'ambiente: sono sei su ciascuna parete laterale a cui si aggiungevano altre due aperture sul lato ovest, tamponato con la creazione del Giudizio[1].
Pavimento
Il pavimento del XV secolo è composto da tarsie policrome in marmo in stile cosmatesco. I disegni sandiscono il percorso processionale che va dall'ingresso alla cancellata con una serie di cerchi collegati, affinacati ai lati da riquadri riempiti con motivi diversi. Nello spazio più interno, davanti all'altare, i mosaici pavimentali indicano la disposizione del trono papale e dei seggi dei cardinali, nonché il movimento dei celebranti durante le funzioni[1].
Transenna e cantoria
Una transenna in marmo di Mino da Fiesole, Andrea Bregno e Giovanni Dalmata divide la cappella in due parti; quella più ampia, assieme all'altare, è riservata alle cerimonie religiose e ad altri usi clericali, mentre quella più piccola è per i fedeli. L'iconostasi di passaggio era originariamente di ferro placcato in oro e in posizione più centrale; venne in seguito spostata verso la parte dei fedeli per garantire uno spazio maggiore al Papa e alla sua corte.
Degli stessi artisti è anche la Cantoria, lo spazio riservato al coro, infatti fu proprio papa Sisto IV, a creare poco dopo la sua elezione (9 agosto 1471) un Collegio dei Cappellani Cantori, il primo nucleo della futura Cappella Musicale Pontificia Sistina.
Gli affreschi
La decorazione pittorica della cappella venne concepita in stretto rapporto con le proporzioni architettoniche della cappella, assecondando la scansione delle pareti. Le partizioni si basano infatti sulla scansione delle finestre, che genera lo spazio per sei riquadri sotto ciascuna finestra delle pareti laterali e per due in quelle frontale e posteriore[2].
Verticalmente gli affreschi sono ripartiti in tre registri: uno inferiore con finti tendaggi, per la cui decorazione vennero poi eseguiti gli arazzi di Raffaello; uno intermedio con le Storie di Mosè e Aronne sul lato sinistro e le Storie di Gesù sul lato destro, con fitti rimandi tra una parete e l'altra; uno superiore, oltre un cornicione fortemente sporgente, che coincide con il livello delle finestre e che a sua volta è divisibile in due sottoregistri - uno con le figure dei primi pontefici entro nicchie ai lati delle finestre e uno, oltre un'altra cornice aggettante, delle lunette affrescate poi da Michelangelo[2]. Anche la parete di fondo presentava uno schema simile, con al centro, in corrispondenza dell'altare, una pala affrescata da Perugino con l'Assunta, a cui era dedicata la cappella, adorata da Sisto IV in ginocchio[2].
Le corrispondenze tra le coppie simmetriche di riquadri tra una parete e l'altra sono esplicitate dalle iscrizioni (tituli) nel fregio soprastante: l'antico prefigura il nuovo e il nuovo si perfeziona dall'antico, secondo un concetto già espresso da sant'Agostino: «Dio, ispiratore e autore dei libri dell'uno e dell'altro Testamento, ha sapientemente disposto che il nuovo fosse nascosto nell'antico e l'antico diventasse chiaro nel nuovo».
Il messaggio sottinteso è quindi come Mosè, prima guida e legislatore del popolo eletto, con l'aiuto del sacerdote Aronne, prefiguri il Cristo, all'insegna della continuità della legge divina che, nel rinnovarsi delle leggi mosaiche nel nuovo patto del messaggio evangelico, viene poi trasmessa da Gesù a san Pietro e ai suoi successori, cioè i pontefici stessi[2]. In questo senso aveva un ruolo fondamentale la scena della Consegna delle chiavi, affidata a Perugino, che testimonia il passaggio di tali poteri; sul lato opposto la Punizione di Quorah e dei suoi figli, di Botticelli, allude invece alla punizione che spetta a chiunque si opponga all'autorità del pontefice[4]. Si tratta dunquie di una solenne riaffermazione di natura politica e dottrinale del primato di san Pietro, della sua sacralità, intangibilità e della pienezza dei poteri del pontefice.
Gli arazzi
Durante le cerimonie importanti, la parte inferiore dei muri laterali, affrescata con finti tendaggi, era coperta da una serie dieci di arazzi, realizzati da manifatture fiamminghe su disegni di Raffaello. Essi riproducono eventi delle storie dei principes apostolorum Pietro e Paolo, tratti dai vangeli e dagli Atti degli apostoli. Ben sette dei cartoni originari di Raffello sono giunti sino a noi e sono oggi conservati presso il Victoria and Albert Museum di Londra. Gli arazzi veri e propri sono nella Pinacoteca Vaticana, dove sono esposti nella Sala VIII; se ne conservano nove e uno è andato perduto. Dagli stessi disegni di Raffaello o da copie di essi sono state tratte varie repliche degli arazzi della Sistina, ad oggi distribuite in varie località italiane come Mantova e Loreto.
Schema degli affreschi
Le pareti
- Parete ovest
- Michelangelo, Giudizio Universale (1536-1541)
- Perugino, Nascita e ritrovamento di Mosè (distrutto)
- Perugino, Assunta con Sisto IV inginocchiato (distrutto)
- Perugino, Natività di Cristo (distrutto)
- Parete sud
La parete sud mostra le Storie di Mosè, databili al 1481-1482. Dall'altare si incontrano:
- Pietro Perugino e aiuti, Partenza di Mosè per l'Egitto
- Sandro Botticelli e bottega, Prove di Mosè
- Cosimo Rosselli o Domenico Ghirlandaio o Biagio di Antonio Tucci, Passaggio del Mar Rosso
- Cosimo Rosselli e Piero di Cosimo (attr.), Discesa dal monte Sinai
- Sandro Botticelli, Punizione dei ribelli
- Luca Signorelli e Perugino, Testamento e morte di Mosè
- Parete nord
La parete sud mostra le Storie di Cristo, databili al 1481-1482. Dall'altare si incontrano:
- Pietro Perugino e aiuti, Battesimo di Cristo
- Sandro Botticelli, Tentazioni di Cristo
- Domenico Ghirlandaio, Vocazione dei primi apostoli
- Cosimo Rosselli (attr.), Discorso della montagna
- Pietro Perugino, Consegna delle chiavi
- Cosimo Rosselli (attr.), Ultima cena
- Parete est (d'ingresso)
- Hendrik Van den Broeck (1572) su originale di Domenico Ghirlandaio, Resurrezione di Cristo
- Matteo da Lecce (1574), su originale di Luca Signorelli, Disputa sul corpo di Mosè
La volta
Lo schema della volta della Cappella Sistina comprende diversi affreschi e tematiche che si possono così rappresentare:
- nella parte centrale Michelangelo dipinse 9 storie, tratte da episodi del libro della Genesi;
- ai lati di queste storie vi sono possenti figure di Ignudi che sostengono medaglioni, entro i quali sono raffigurate scene tratte dal Libro dei Re;
- contornano la parte centrale affreschi raffiguranti Sibille e Profeti,
- al di sotto dei quali, nelle vele e nelle lunette, sono raffigurati gli antenati di Gesù Cristo (la genealogia di Gesù);
- infine, nei 4 pennacchi posti agli angoli della cappella, Michelangelo ha dipinto alcuni episodi di salvezza tratti dall'Antico testamento
L'immensa opera fu portata a termine tra il 1508 e il 1512.
Le storie della Genesi
- (41) – Separazione della luce dalle tenebre (Genesi Genesi 1,1-5[8])
- (37) – Creazione degli astri (Genesi Genesi 1,11-19[9])
- (33) – Separazione delle acque dalla terra (Genesi Genesi 1,9-10[10])
- (29) – Creazione di Adamo (Genesi Genesi 1,26-27[11])
- (25) – Creazione di Eva (Genesi Genesi 2,18-25[12])
- (21) – Peccato originale e Cacciata dal Paradiso terrestre (Genesi Genesi 3,1-13.22-24[13])
- (17) – Sacrificio di Noè (Genesi Genesi 8,15-20[14])
- (13) – Diluvio universale (Genesi Genesi 6,5-8,20[15])
- (9) – Ebbrezza di Noè (Genesi Genesi 9,20-27[16])
Sibille e profeti
- (5) – Profeta Zaccaria
- (10) – Profeta Gioele
- (18) – Sibilla Eritrea
- (26) – Profeta Ezechiele
- (34) – Sibilla Persica
- (42) – Profeta Geremia
- (45) – Profeta Giona
- (40) – Sibilla Libica
- (32) – Profeta Daniele
- (24) – Sibilla Cumana
- (16) – Profeta Isaia
- (8) – Sibilla Delfica
Antenati di Cristo
- (2) – Giacobbe e Giuseppe
- (1) – Eleazar e Mattan
- (3) – Achim e Eliud
- (11-12) – Zorobabele, Abiud, Eliacim
- (19-20) – Ozia, Ioatam, Acaz
- (27-28) – Roboamo, Abia
- (35-36) – Salmòn, Booz, Obed
- (43) – Aminadab
- (47) – Naasson
- (38-39) – Iesse, Davide, Salomone
- (30-31) – Asaf, Giosafat, Ioram
- (22-23) – Ezechia, Manasse, Amos
- (14-15) – Giosia, Ieconia, Salatiel
- (7) – Azor e Sadoc
Storie dell'Antico Testamento
Citazioni
Giorgio Vasari (sugli affreschi di Michelangelo):
- Quest'opera è stata veramente un faro della nostra arte, ed ha portato tale beneficio e illuminazione all'arte della pittura che fu sufficiente ad illuminare il mondo che per molti secoli era rimasto nell'oscurità. E, a dir la verità, chiunque sia un pittore non ha più bisogno di preoccuparsi nel vedere innovazioni e invenzioni, nuovi modi di dipingere le pose, i vestiti sulle figure, e vari dettagli che ispirino un timore reverenziale, perché Michelangelo diede a quest'opera tutta la perfezione che può essere data a tali dettagli.
- Senza aver visto la Cappella Sistina non è possibile formare un'idea apprezzabile di cosa un uomo sia in grado di ottenere.
Note
- ^ a b c d e f De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 148.
- ^ a b c d e f g De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 149.
- ^ a b Santi, cit., pag. 186.
- ^ a b De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 150.
- ^ a b c d e De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 151.
- ^ Articolo dal quotidiano "Il Manifesto" sulla identificazione del Minosse nel Giudizio universale da parte di Antonio Forcellini.
- ^ Cfr. Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni Cultura della Pace, Firenze 1988, p. 107.
- ^ Gen 1,1-5, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 1,11-19, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 1,9-10, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 1,26-27, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 2,18-25, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 3,1-13.22-24, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 8,15-20, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 6,5-8,20, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Gen 9,20-27, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Giuditta 13,1-10, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ 1Sam 17,1-54, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Est 7,1-10, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Num 21,1-9, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
Bibliografia
- Carlo Pietrangeli, Michael Hirst, Gianluigi Colalucci, Fabrizio Mancinelli, John Shearman, Matthias Winner, Edward Maeder, Pierluigi De Vecchi, Nazzareno Gabriellil, Piernicola Pagliara, (photografie Takashi Okamura) The Sistine Chapel: A Glorious Restoration (Harry N. Abrams, 1994)
- Pfeiffer Heinrich W., La Sistina svelata. Iconografia di un capolavoro (Jaca Book-LEV-Musei Vaticani, 2007)
- Bruno Santi, Botticelli, in I protagonisti dell'arte italiana, Scala Group, Firenze 2001. ISBN 88-8117-091-4
- Vittoria Garibaldi, Perugino, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004 ISBN 88-8117-099-X
- Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004 ISBN 88-8117-099-X
- Emma Micheletti, Domenico Ghirlandaio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004 ISBN 88-8117-099-X
- Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0
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