Giansenismo
Il Giansenismo è una dottrina elaborata da Giansenio, la quale è ritenuta eretica dalla Chiesa Cattolica.
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Si ritiene che l’uomo sia corrotto dalla concupiscenza e quindi destinato a fare il male. Questa corruzione viene trasmessa ereditariamente. Senza la grazia di Dio l’uomo non può far altro che peccare e disobbedire alla sua volontà. Dio, all’atto della creazione, aveva dotato l’uomo della grazia sufficiente ma questi l’aveva persa con il peccato originale. Allora Dio ha deciso di donare una grazia efficace agli uomini da lui predestinati, resi giusti dalla fede e dalle opere. Per quanto riguarda il rapporto fra la grazia divina e il libero arbitrio dell’uomo, argomento su cui all’epoca di disputava aspramente, il Giansenismo, influenzato dal Baianismo (dottrina di Baio, cioè Michel de Bay) cercava una via equidistante fra il cattolicesimo e il protestantesimo, asserendo che, con il conferimento della grazia, questa si compenetra alla volontà la quale non è più umana ma diventa divina. La teologia giansenista si riflette in una morale austera e rigorosa.
Cenno Storico
Il primo propagatore del Giansenismo non fu Giansenio, il quale non pubblicò quanto aveva elaborato, ma un suo amico e collaboratore: Jean Du Vergier de Hauranne. Costui si avvalse della sua posizione di abate di Saint Cyran per divulgare questa dottrina a partire dal 1640. La Chiesa Cattolica riconobbe l’eresia fin dal 1641 e si mise subito all’opera per contrastarla. Il Giansenismo influenzò in varia misura molti filosofi e intellettuali: si pensi a Blaise Pascal o ad Alessandro Manzoni. Nel 1713 papa Clemente XI intervenne per condannare un opera di Pasquier Quesnel, commento giansenista del Nuovo Testamento. In questo frangente si ebbe il dissenso di parte del clero francese che riteneva che il papa, insieme alle teorie eretiche, avesse condannato anche affermazioni ortodosse. Questo episodio, comunque, non è da ritenersi tanto una difesa del giansenismo ma un momento del Gallicanesimo cioè la pretesa di autonomia della chiesa francese. In Francia, infatti, il Giansenismo si estinse verso la metà del XIX secolo. In Italia ebbe un influenza limitata, fatta salva l’opera del vescovo di Pistoia e Prato Scipione de’ Ricci, che riuscì ad influenzare il clero e i politici toscani, soprattutto il granduca Pietro Leopoldo. Questo vescovo fu inviso agli aretini del “Viva Maria”, che durante la loro insorgenza, lo imprigionarono. All'inizio del XVIII secolo si rifugiarono in Olanda alcuni giansenisti in fuga dalla Francia. Lì, a Utrecht, fondarono una diocesi che, attraverso varie vicissitudini, fu il nucleo delle attuali chiese Vecchio-Cattoliche o Sinodali, soprattutto olandesi, che si riconoscono nella Convenzione di Utrecht, risalente al 1952.