Domenico Ghirlandaio

pittore italiano del XV secolo
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Domenico Ghirlandaio (Firenze, 1449Firenze, 11 gennaio 1494) è stato un pittore italiano contemporaneo di Botticelli e di Filippino Lippi.

Autoritratto nell'Adorazione dei Magi del 1488, Ospedale degli Innocenti, Firenze

Operò soprattutto nella città natale[1], divenendo tra i protagonisti del Rinascimento all'epoca di Lorenzo il Magnifico. Verso il 1480 in particolare divenne di fatto il ritrattista ufficiale dell'alta società fiorentina, grazie al suo stile preciso, accattivante e veloce. Capo di una nutrita ed efficiente bottega, in cui mosse i primi passi nel campo dell'arte anche il tredicenne Michelangelo Buonarroti, è ricordato soprattutto per i grandi cicli affrescati, quali alcune scene della cappella Sistina a Roma, la Cappella Sassetti e la Cappella Tornabuoni nella sua città natale[1]. Domenico fece così parte della cosiddetta "terza generazione" del Rinascimento fiorentino, assieme a maestri quali Verrocchio, i fratelli del Pollaiolo e il giovane Sandro Botticelli[2].

I suoi fratelli David e Ghirlandaio furono pure valenti pittori attivi nella sua bottega, così come il cognato Sebastiano Mainardi da San Gimignano[1].

Biografia

 
Santa Barbara, affreschi di Cercina (1472 circa)

Origini

La principale fonte sulla vita di Ghirlandaio è la biografia che di lui scrisse Giorgio Vasari nelle Vite. Sebbene redatta circa settant'anni dopo la morte del pittore essa è accurata e completa, sebbene soggetta a giudizi un po' troppo elogiativi, dovuti a un personale apprezzamento della sua arte[2].

Domenico di Tommaso Bigordi nacque primo di cinque figli dall'orafo Tommaso di Currado, gioielliere con bottega in via dell'Ariento (cioè via "dell'Argento", dal nome dei numerosi orefici), a cui è attribuito il fortunato soprannome "Ghirlandajo". Egli infatti, secondo la testimonianza vasariana, ebbe successo cesellando ghirlande d'argento da portare in testa come ornamento delle acconciature per le giovani damigelle fiorentine[3]. In alcuni documenti catastali tuttavia il mestiere segnato è quello di commerciante o sensale[4].

Formazione

Domenico fu dapprima apprendista orafo nella bottega del padre. Vasari riporta come Domenico si dedicasse controvoglia alla professione del padre, preferendo piuttosto passare il tempo ritraendo i passanti. Alla fine il padre dovette rinunciare al progetto di destinare al primogenito il seguito nell'attività familiare, concedendogli di dedicarsi all'apprendimento delle tecniche artistiche, in particolare la pittura e il mosaico, mettendolo a bottega da Alessio Baldovinetti, notizia confermata nel XVI secolo anche dalle memorie di Francesco Baldovinetti, discendente del pittore che scrisse nel Cinquecento[2]. Il Baldovinetti è un artista rivalutato nell'ultimo cinquantennio di studi storico-artistici, quale raffinato interprete del retaggio fiorentino e delle influenze fiamminghe (Rogier van der Weyden e soprattutto, in quella stagione, Hans Memling e Hugo van der Goes), capace di valorizzare il paesaggio, dandogli quella dignità da protagonista della rappresentazione, piuttosto che semplice sfondo[2].

In seguito è probabile che Domenico si avvicinasse alla bottega del Verrocchio, una delle più attive della città, dove si andava formando la successiva generazione di artisti, con apprendisti del calibro di Sandro Botticelli, Perugino, Lorenzo di Credi e, qualche anno dopo, Leonardo da Vinci[4]. Inoltre dovettero avere una certa influenza nel suo stile in via di formazione l'esempio di Benozzo Gozzoli, dal vivace gusto narrativo, e di Filippo Lippi, con la predilezione per il disegno e il colore morbido[2].

I primi lavori

 
Madonna della Misericordia (1473 circa)

Nel 1472 si iscrisse alla Compagnia di San Luca dei pittori, certificando il termine del suo apprendistato[4].

I primi lavori indipendenti di Ghirlandaio sono nelle chiese di campagna dell'entroterra fiorentino. La prima opera nota di Ghirlandaio è un affresco nella pieve di Cercina (Santi Girolamo, Barbara e Antonio Abate), databile al 1471-1472 circa. Si tratta delle decorazione della fascia mediana di una nicchia semicircolare, in cui il pittore dipinse una finta architettura con nicchie marmoree divise da pilastri poggianti su una cornice modanata sopra alcune specchiature in finto marmo. Nelle nicchie si trovano i santi Girolamo, Barbara e Antonio Abate, caratterizzati da una linea di contorno sottile e fluida e una colorazione vivace e armonica, derivata dall'esempio di Domenico Veneziano. Nel San Girolamo soprattutto balenano ricordi dell'attenzione anatomica e della forza plastica di Andrea del Castagno, sebbene l'insieme risulti morbido e con un movimento appena accennato, privo di drammaticità. Interessante è poi la ricerca illusionistica di alcuni dettagli che "escono" dalle nicchie, come i piedi sporgenti o le mani dell'uomo sotto santa Barbara, che gettano una realistica ombra sui gradini[5].

Subito dopo l'artista entrò nei favori della ricca famiglia dei Vespucci, alleati dei Medici, dipingendo per loro una Madonna della Misericordia e una Pietà nella loro cappella nella chiesa di Ognissanti a Firenze. La cappella, una nicchia nella navata unica, fortemente alterata dai rimaneggiamenti successivi, era stata costruita nel 1472 e gli affreschi furono dipinti in una data immediatamente successiva, entro il 1475 quando il maestro era dedito ad altre opere. Nel gruppo di personaggi protetti sotto il manto della Vergine si trova anche il giovane Amerigo Vespucci, celebre navigatore. In queste opere la personalità artistica di Domenico appare già già ben definita, soprattutto riguardo alla sua vivace descrizione dei tratti fisiognomici, indagati con fedeltà, che rendono così diversi i personaggi l'uno dall'altro[5]. A quegli stessi anni risale il Battesimo di Cristo e Madonna col Bambino in trono tra i santi Sebastiano e Giuliano, affresco nella chiesa di Sant'Andrea a Brozzi nei pressi di Firenze.

Nel 1493 sposò in prime nozze Costanza di Bartolomeo Nucci, dalla quale nel 1483 ebbe il figlio Ridolfo, pure apprezzato pittore nella pirma metà del Cinquecento. In tutto si sposò due volte, la seconda con Antonia di ser Paolo Paoli in data imprecisata, ed ebbe nove figli[1].

La Cappella di Santa Fina

 
Domenico Ghirlandaio, Esequie di santa Fina (1475)
  Lo stesso argomento in dettaglio: Cappella di Santa Fina.

La prima sua grande commissione che ci sia pervenuta, in cui si manifesta appieno un suo stile personale e maturo, è la decorazione ad affresco della Cappella di Santa Fina nel Duomo di San Gimignano. Si trattava della cappella commemorativa della santa locale, una paraplegica morta nel 1253, alla cui creaizone furono chiamati alcuni artisti fiorentini di spicco, come Giuliano da Maiano per la parte architettonica, suo fratello Benedetto per quella scultorea e Ghirlandaio appunto per la decorazione pittorica dei due lunettoni laterali con storie della santa.

Nelle Esequie di santa Fina dispose nella scena una serie di ritratti molto umanizzati e verosimili, che saranno la sua caratteristica più apprezzata dai ricchi mecenati fiorentini, suoi successivi committenti. Per esempio nel gruppo di chierichetti di destra si notano varie sfumature psicologiche trattate con naturalezza: un ragazzo guarda la scena con interesse, mentre un altro è distratto dalla croce che tiene tra le mani e un terzo si guarda attorno fanciullescamente divertito. Sicuramente tra i cittadini presenti ci dovevano essere anche i ritratti dei committenti dell'opera. Si nota anche il limite del Ghirlandaio nel dipingere espressioni più marcatamente contrite: la commozione non è mai troppo evidente e sembra prevalere una certa serenità. nelle storie di santa Fina si manifestò per la prima volta lo stile che fu alla base del successo successivo del Ghirlandaio. Si tratta di uno stile chiaramente duplice: intimo, raccolto e disadorno nel caso dell'Annuncio della morte, grandioso e solenne nelle Esequie, come evidenzia la monumentale abside classicheggiante dello sfondo.

 
San Girolamo nello studio (dettaglio, 1480)

A San Gimignano Ghirlandaio conobbe Sebastiano Mainardi, che divenne suo collaboratore e sposò, alcuni anni dopo, la sorella di Domenico, diventandone quindi il cognato. Dopo l'impresa di Santa Fina, Ghirlandaio venne chiamato alla Badia di Passignano, dove dipinse un cenacolo (1476), che fu il primo di una serie di tre, realizzati poco dopo a Firenze.

Primo viaggio a Roma

Nel 1475 il Ghirlandaio, col fratello David, si doveva trovare a Roma, al lavoro nella Biblioteca Vaticana, dove è documentato sebbene gli affreschi siano perduti.

Nei circoli romani venne accolto dai banchieri fiorentini lì residenti, tra cui spiccavano i Tornabuoni, in particolare Giovanni, capo della filiale locale del Banco Medici e tesoriere di Sisto IV. Per lui, nel 1477, affrescò due Storie di San Giovanni Battista e due Storie di Maria per la cappella funebre di sua moglie Francesca Pitti, deceduta di parto in quell'anno, in Santa Maria sopra Minerva. Gli affreschi sono andati perduti.

A Roma fece anche i due ritratti di Giovanna Tornabuoni, moglie di Lorenzo, figlio di Giovanni, pure prematuramente scomparsa.

Il San Girolamo

Tornato a Firenze venne incaricato dalla famiglia Vespucci di dipingere un San Girolamo ad affresco, che facesse pendat con il Sant'Agostino di Botticelli, in genere ritenuto opera leggermente anteriore (1480 circa). Ghirlandaio creò una figura serena e convenzionale, rendendo protagonista, più che il santo, le nature morte degli oggetti ordinatamente esposti sullo scrittoio e sulle mensole. Domenico si ispirò probabilmente a modelli nordici, come forse il San Girolamo nell studio di Jan van Eyck che si trovava forse nelle raccolte di Lorenzo il Magnifico.

I cenacoli

 
Cenacolo di Ognissanti (1480)

Tipico dei monasteri fiorentini era l'abbellimento del refettorio con un grande affresco con l'Ultima Cena. Ghirlandaio venne più volte incaricato di tali imprese nel giro di pochi anni, a partire dal già citato Cenacolo della Badia di Passignano (1476), per proseguire poi con il Cenacolo di Ognissanti (1480) e il Cenacolo di San Marco (1486). Se il primo è piuttosto rigido nella scatola prospettica della stanza dell'Ultima Cena, derivata dall'esempio del Cenacolo di Sant'Apollonia di Andrea del Castagno (1450 circa), nei due successivi, di impianto molto simile, la scena è ambientata in un'ariosa loggia che ricalca la forma delle aperti, con le lunette attorno agli appoggi della volta.

In questi utlimi due sono molto limitati gli aspetti drammatici della scena, prediligendo una rappresentazione misurata, serena e piacevole. Giuda, come da tradizione, è separato dal gruppo dei dodici, trovandosi seduto sul lato opposto della tavola di spalle, a destra di Gesù e Giovanni addormentato addosso a lui. Spicca piuttosto l'amorevole cura per il dettaglio con un accurato studio dal vero degli oggetti posti sulla tavola e nella stanza, come tanto lo avevano impressionato le opere dei maestri fiamminghi presenti a Firenze.

La Cappella Sistina

 
Vocazione dei primi apostoli (1481-1482)

Nel 1481, su suggerimento di Lorenzo il Magnifico, un gruppo di artisti fiorentini venne convocato a Roma da papa Sisto IV per eseguire gli affreschi del grandioso progetto della Cappella Sistina, suggellando inoltre la riconciliazione del papa con Firenze e i Medici. Con Ghirlandaio partirono Sandro Botticelli, Cosimo Rosselli e il Perugino, ormai fiorentino d'adozione, che forse si trovava però già a Roma. Ciascun artista era seguito da un cospicuo numero di aiuti, tra cui anche artisti che si sarebbero affermati di lì a poco, come Luca Signorelli, il Pinturicchio, Filippino Lippi, Piero di Cosimo. Il tema degli afreschi era una celebrazione del papato attraverso le Storie di Mosè e le Storie di Cristo, messe in parallelismo per sottolineare la continuità del messaggio divino che dalla legge giudaica viene ripreso nella figura di Cristo e da questi trasmessa a Pietro e quindi ai pontefici suoi successori. L'impresa, per quanto riguarda il primo gruppo di pittori, venne portata a termine rapidamente, nel 1482.

A Ghirlandaio vennero affidati due affreschi, la Vocazione dei primi apostoli e la Resurrezione, quest'ultima molto danneggiata già ai tempi di Vasari e in seguito ridipinta nel tardo XVI secolo. Incverta è imnvece l'attribuzione del Passaggio del Mar Rosso. Inoltre gli artisti dipinsero la serie dei primi trenta papi sopra i riquadri delle grandi storie di Mosè e di Gesù, alcuni dei quali sono attribuiti al Ghirlandaio, ma le successive ridipinture permettono solo valutazioni generali.

La Vocazione è un'opera di eccellente fattura, dove l'artista usò una solennità che in seguito non si ritrova nella sua opera. L'impostazione, le vesti e i colori di alcuni personaggi e alcuni atteggiamenti ricordano la scena del Pagamento del tributo di Masaccio nella Cappella Brancacci, opera cardine del primo Rinascimento fiorentino che anche Ghirlandaio ebbe modo di studiare, stando alla testimonianza di Vasari.

I colori sono vivi e brillanti, particolarmente efficaci nel descrivere la delicatezza delle epidermidi o nell'intonare i colori degli abiti all'ultima moda dei contemporanei.

L'abilità ritrattistica del Ghirlandaio raggiunse qui, per la prima volta, vertici di penetrante realismo, dopo le prime prove negli affreschi della Cappella di Santa Fina (1475), divenendo una delle sue caratteristiche più note e apprezzate.

Da Roma Ghirlandaio portò con sé numerosi disegni e studi di monumenti antichi, che vennero spesso usati come repertorio per le imprese successive.

Il rientro a Firenze

 
Affreschi della Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio

Tornato in patria Ghirlandaio fu letteralmente sommerso di richieste, divenendo presto il principale artista della più ricca e colta borghesia fiorentina. Tra le prime opere commissionate dopo il rientro ci fu, secondo il Vasari, un affresco con la storia di san Paolino per Santa Croce, del quale resta forse qualche frammento dell'intelaiatura architettonica nella navata sinistra, nei pressi della tomba di Michelangelo Buonarroti.

Mentre già si apprestava a concludere il contratto per il ciclo di affreschi della Cappella Sassetti ricevette nel 1482 dalla Signoria di Firenze la commissione della decorazione, sempre ad affresco, della Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio. In un primo momento l'opera doveva essere divisa tra i maggiori artisti operanti in città, tra cui, oltre al Ghirlandaio stesso, Sandro Botticelli, Pietro Perugino e Piero del Pollaiolo, ma alla fine se ne occupò il solo Domenico. La decorazione, riservata alla parete est, comprendeva un'Apoteosi di san Zanobi e ciclo di uomini illustri, che venne però in larga parte eseguita da aiuti, per il contemporaneo impegno del maestro nella cappella di Francesco Sassetti. La scarsa fattura si rivela soprattutto nella scena cenrale dell'Apoteosi, mentre le due lunette di Uomini illustri dell'antichità sprigionano un'energia che deriva certamente da una maggiore presenza della mano del maestro.

Sua la pala raffigurante l'Incoronazione della Vergine in Narni, ora nel Museo Eroli, commissionata dal cardinale Berardo Eroli.

La Cappella Sassetti

 
Conferma della regola francescana
 
Miracolo del fanciullo resuscitato

Intraprese nella chiesa di Santa Trinita, e successivamente in Santa Maria Novella, le opere che gli confermarono la celebrità. Gli affreschi nella cappella Sassetti di Santa Trinita sono sei episodi della Vita di san Francesco, insieme ad alcuni soggetti legati alla profezia in ambito pagano della venuta di Cristo, datati 1485. I tre episodi principali sono San Francesco che riceve dal Papa Onorio III l'approvazione della Regola del suo ordine, le sue Esequie e la Resurrezione di un fanciullo di casa Spini per l'intercessione del santo, che era rimasto ucciso dalla caduta da una finestra. Nel primo lavoro c'è un ritratto di Lorenzo de' Medici e nel terzo l'autoritratto del pittore.

La pala d'altare della cappella Sassetti, l'Adorazione dei pastori, completa ancora il famoso ciclo di affreschi.

Il ciclo affrescato della Cappella Sassetti fa suo l'impianto compositivo della Cappella Brancacci, con le diverse scene suddivise in due piani sovrapposti e delimitate da pilastri scanalati, con un'applicazione rigorosa della prospettiva. Lo spazio, razionale e civile, mostra spesso squarci di vita quotidiana fiorentina, armonizzate con le scene sacre in primo piano. I personaggi contemporanei, ritratti con precisione nella loro dignità e raffinatezza, arrivano ad essere protagonisti del vivace racconto. Tra le varie influenze si possono cogliere le citazioni archeologiche, la minuzia nei dettagli di stampo fiammingo e la tradizione fiorentina da Giotto in poi.

La vena narrativa è ricca e feconda e, seppure sia quasi estranea al pathos concitato, privilegia l'armonia lineare, l'uso di colori luminosi e sereni, l'atmosefra serena.

La Cappella Tornabuoni

Immediatamente dopo aver terminato quest'opera, al Ghirlandaio venne chiesto di rinnovare gli affreschi nel coro di Santa Maria Novella, la cosiddetta Cappella Tornabuoni, dal nome del ricco committente Giovanni Tornabuoni. La cappella presentava già affreschi di Andrea Orcagna ed apparteneva alla famiglia Ricci, ma essi, ormai in condizioni finazniarie precarie, affidarono al Tornabuoni il prestigioso onere del restauro, pur ponendo alcune condizioni, come il dover preservare lo stemma di Ricci in un luogo preminente: alla fine venne messo sul tabernacolo del sacramento, in una posizione poco visibile che scontentò i Ricci, ma che fu ritenuta idonea dal magistrato chiamato a giudicare la controversia poiché posta vicino al luogo più sacro della basilica,. Gli affreschi, ai quali contribuirono vari assistenti, sono disposti in quattro fasce lungo tre pareti ed hanno come soggetto scene della Vita di Maria e di san Giovanni Battista. Queste opere, oltre per i pregi artistici, sono particolarmente interessanti per i numerosi ritratti, di intrinseco valore storico (per la conoscenza iconografica dei personaggi) oltre che di valore tecnico (per la particolare capacità del Ghirlandaio nel ritratto).

Esistono almeno ventuno ritratti di membri della famiglia Tornabuoni/Tornaquinci: nell'Angelo che appare a Zaccaria, troviamo quelli di Poliziano, Marsilio Ficino ed altri; nella Cacciata di Gioacchino dal Tempio sono stati ritratti Mainardi e Baldovinetti (o forse l'ultima figura è il padre del Ghirlandaio).

La cappella Tornabuoni fu riaperta e completata nel 1490; la pala d'altare, ora rimossa dalla cappella, fu probabilmente completata dopo la morte dell'artista dai fratelli di Domenico, Davide e Benedetto, pittori non all'altezza del fratello. La vetrata è stata eseguita su disegno di Domenico.

Le pale d'altare

Altri lavori notevoli sono: la pala d'altare eseguita a tempera con la Vergine Adorata dai Santi Zenobio, Giusto ed altri, dipinta nella chiesa di San Giusto ma ora conservata agli Uffizi, Cristo in Gloria con Romualdo ed altri Santi nella Badia di Volterra, l'Adorazione dei Magi nella chiesa degli Innocenti che è forse la sua pala migliore (1488) ed infine la Visitazione conservata al Louvre che è probabilmente la sua ultima opera (1491). Il Ghirlandaio non si cimentò spesso con i nudi, una delle sue opere di questo tipo, Vulcano ed i suoi assistenti che forgiano Fulmini, fu dipinto per Lo Spedaletto ma (come molte altre menzionate dal Vasari) è andata perduta. Due suoi ritratti sono conservati alla National Gallery di Londra. Vi sono anche alcuni mosaici, tecnica che apprese da Alessio Baldovinetti che aveva restaurato quelli del Battistero, prodotti prima del 1491 dei quali il più celebre è l'Annunciazione posta su un portale della cattedrale di Firenze.

Considerazioni generali

 
Vecchio e nipote

Il livello artistico del Ghirlandaio può essere valutato come tra i maggiori della sua epoca. Il suo schema compositivo è grandioso e decorativo, il suo chiaroscuro eccellente, in particolare la sua tecnica prospettica che appare molto elaborata. L'uso dei colori è più discutibile soprattutto per i dipinti a tempera che appaiono spesso troppo brillanti mentre riusciva meglio negli affreschi. Utilizzò esclusivamente queste due tecniche e mai la pittura ad olio.

Una certa durezza dei bordi, simile a quella dei personaggi delle sculture in bronzo potrebbe indicare una sua formazione iniziale nel campo di questo tipo di sculture. Egli introdusse per primo nell'arte fiorentina quel misto di sacro e profano già praticato precedentemente a Siena. I suoi segni nelle figure di Cristo, della Vergine, e degli angeli non sono del più alto livello; ed un difetto nel disegno, che gli è stato spesso addebitato, sta nella magrezza delle mani e dei piedi. Una delle sue massime è stata: dipingere corrisponde a disegnare. Ghirlandaio fu un maestro mai soddisfatto, ed espresse il desiderio di avere tutte le mura di cinta di Firenze da ricoprire coi suoi dipinti. Diceva ai suoi assistenti di bottega di non rifiutare nessuna commessa gli venisse offerta, foss'anche per una cassapanca-guardaroba da signora: avrebbe eseguito personalmente lavori di questo genere qualora non graditi agli apprendisti. Non che fosse così sordidamente attaccato al denaro, come è provato dall'aneddoto sulla prontezza con cui rinunciò all'extra contratto riguardante gli affreschi della cappella Ricci, offerto dal ricco Tornabuoni ma subito ritirato.

Secondo Vasari, il Ghirlandaio è stato il primo ad escludere dalle sue pitture l'uso della doratura, rappresentando in modo realistico qualsiasi oggetto dovesse convenzionalmente essere dorato; anche se con alcune importanti eccezioni, quali per esempio la luminosità del paesaggio nell'Adorazione dei Magi, oggi all'Accademia di Firenze, ottenuta con l'oro. Molti suoi disegni e schizzi di notevole vigore grafico, si trovano nella Galleria degli Uffizi.

Uno dei grandi meriti del Ghirlandaio è quello di aver iniziato all'arte Michelangelo, che tuttavia non restò a lungo nella sua bottega.

La bottega

La bottega di Ghirlandaio fu, negli utlimi due decenni del XV secolo, una delle più grandi e organizzate di Firene. Accanto al maestro lavoravano i fratelli David, che assolveva anche al ruolo di imprenditore, e Benedetto, oltre al cognato Sebastiano Mainardi. Tra gli altri assistenti più importanti vi furono poi Bartolomeo di Giovanni, Francesco Granacci e Biagio d'Antonio da Firenze, forse da identificare con Giovan Battista Utili. Inoltre è presente Bartolomeo di Giovanni, dal gusto nordico e acuto, che collaborò in alcuni brani degli affreschi della Sistina e che fece la predella dell'Adorazione dei Magi degli Innocenti[6].

Alla bottega vengono spesso attribuiti i brani di qualità inferiore nei celebri cicli affrescati, con figure più convenzionali, colori meno brillanti, passaggi più ripetitivi[6].

Opere

Autoritratti

Quando il Ghirlandaio divenne uno dei pittori più famosi della sua epoca, iniziò ad includere sempre più frequentemente autoritratti nelle sue opere. In genere sono riconoscibili perché guarda lo spettatore o per la postura fiera con una mano appoggiata sui fianchi; altri sono riconoscibili per confronto con altre opere. Spesso si ritrasse vicino a membri della sua famiglia, come il cognato Sebastiano Mainardi, il fratello David o il padre Tommaso Bigordi.

Note

  1. ^ a b c d Micheletti, cit., pag. 9.
  2. ^ a b c d e Micheletti, cit., pag. 10.
  3. ^ Francesco Cesati, La grande guida delle strade di Firenze, Newton Compton Editori, Roma 2003.
  4. ^ a b c Quermann, cit., pag. 6.
  5. ^ a b Micheletti, cit., pag. 11.
  6. ^ a b Micheletti, cit., pag. 30.

Bibliografia

  • Andreas Quermann, Ghirlandaio, serie dei Maestri dell'arte italiana, Könemann, Köln 1998. ISBN 3-8290-4558-1
  • Emma Micheletti, Domenico Ghirlandaio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004. ISBN 88-8117-099-X

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