Arditi del Popolo

organizzazione paramilitare italiana (1921-1925)

Gli Arditi del Popolo furono un'organizzazione antifascista nata nell'estate del 1921 da una scissione della sezione romana degli Arditi d'Italia per iniziativa di un gruppo di iscritti guidati dal simpatizzante anarchico Argo Secondari ed appoggiati dal futurista Mario Carli[1]: l'obiettivo della scissione fu quello di creare gruppi armati in grado di opporsi alle squadre d'azione fasciste. Erano formati da componenti anarchiche, comuniste e da formazioni di difesa proletaria.

Il simbolo degli Arditi del Popolo

Citazioni storiche

 
Facsimile dello stemma degli Arditi del Popolo
«Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le case del popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d'Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco

profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi.»

«...Ben lontani dal patriottardo pescicanismo, fieri del nostro orgoglio di razza, consci che la nostra Patria è ovunque siano popoli oppressi: operai, masse lavoratrici, Arditi d'Italia: a noi!»

[2]

Caratteristiche

Un gran numero di Arditi confluirono nel movimento fascista, anche se l'adesione non fu unanime né maggioritaria.}} Il rapporto con il fascismo non fu sempre lineare e negli anni successivi si arrivò, nella fasi più convulse e controverse, anche all'espulsione di iscritti al PNF dalle associazioni degli Arditi d'Italia.[3]

Gli Arditi del Popolo utilizzavano uno stemma che derivava dall'arditismo di guerra, ovvero il teschio col coltello fra i denti e la corona di alloro sulla fronte (con la differenza che pugnale ed occhi erano di colore rosso, mentre lo stemma era d'argento smaltato, da appuntare sul petto a sinistra).

Dopo la prima guerra mondiale gli Arditi affluirono nell'Associazione Arditi d'Italia, fondata dal capitano Mario Carli. Questi, dopo l'assalto di un gruppo di Arditi e futuristi capitanati Marinetti alla casa del Lavoro di Milano, scrisse l'articolo "Arditi non gendarmi", creando una rottura tra una parte di Arditi ed il Fascismo.

Nascita

Gli Arditi del Popolo nacquero nell'estate del 1921 dalla sezione romana degli Arditi d'Italia: loro fondatore fu Argo Secondari, pluridecorato tenente delle fiamme nere (Arditi che provenivano dalla fanteria). Secondari era di tendenze anarchiche, come l'ardito Gino Lucetti, responsabile di un attentato contro Benito Mussolini (cui fu poi intitolato il battaglione Lucetti che agì durante la resistenza sui monti dell'alta Toscana).

La nascita degli Arditi del Popolo fu annunciata da Lenin sulla Pravda, l'Internazionale Comunista era favorevole a questa organizzazione come si legge sul resoconto nell'incontro fra Nikolai Bucharin e Ruggero Grieco, quest'ultimo rappresentante dell'ala bordighista del partito comunista d'Italia (frazione in quel momento maggioritaria e quindi vincolante per tutti i militanti per disciplina di partito). Durante l'incontro fu ripreso con durezza da Bucharin per le sue posizioni, il quale gli ricordò che il partito rivoluzionario di classe si trova dove è la classe, in tutte le sue espressioni, e non si può discuterne in salotto[4]. La posizione di Antonio Gramsci era ben diversa e partiva dai presupposti già in nuce di quando lui tentò tramite il tenente comunista Marco Giordano, della Legione di Fiume, di entrare in contatto con Gabriele d'Annunzio, ovvero, sinteticamente, era una posizione di attenzione e possibile appoggio: i legami fra Repubblica di Fiume e potere sovietico erano forti in quel periodo ed all'interno della Legione di Fiume vi era una consistente ala filosovietica[5].

Personaggi ed imprese

 
bandiera utilizzata dal Battaglione Arditi del Popolo della Sezione di Civitavecchia

Altro personaggio di rilievo nelle formazioni antifasciste degli Arditi del Popolo nel Ravennate fu Alberto Acquacalda, massacrato da un gruppo di fascisti.

Alcuni studi attestano la consistenza di queste formazioni a 144 sezioni e 20 mila uomini nell'estate del 1921, che già nell'ottobre dello stesso anno calarono a 50 sezioni con circa 6 mila iscritti. Altre stime fanno salire a 50.000 uomini la loro consistenza considerando insieme iscritti, simpatizzanti e partecipanti alle azioni.[6]

Tra gli Arditi del Popolo poi divenuti celebri si ricordano: Riccardo Lombardi (non iscritto ma partecipante alle azioni), Giuseppe Di Vittorio, Vincenzo Baldazzi (detto Cencio); numerosi Arditi caddero durante la guerra di Spagna militando nelle Brigate internazionali).

L'evento forse di maggior risonanza che coinvolse gli Arditi del Popolo fu la difesa del quartiere Oltretorrente di Parma dallo squadrismo fascista nell'agosto 1922. I primi del mese circa 10.000 squadristi emiliani, toscani, veneti e marchigiani, prima al comando di Roberto Farinacci e poi di Italo Balbo, assediarono Parma dopo aver conquistato ed occupato gli altri centri emiliani. A presidiare la città si trovavano gli Arditi del Popolo, comandati dal deputato Guido Picelli e dal pluridecorato di guerra Antonio Cieri, le formazioni di difesa proletaria , la Legione_Proletaria_Filippo_Corridoni , numerosi cittadini dei quartieri popolari mobilitati contestualmente da uno sciopero nazionale indetto dall'Alleanza del lavoro per il 1 giugno. Il 6 agosto, resisi conto dell'impossibilità di conquistare la città senza scatenare una vera e propria guerra compiendo una carneficina, i fascisti passarono il controllo dell'ordine pubblico all'esercito ed impegnandosi a ritirarsi.[7]

«Gli Arditi del Popolo conducono un’impari lotta contro le milizie fasciste, ottenendo importanti vittorie e costituendo, persino dei giorni della Marcia su Roma, una trincea che i seguaci di Mussolini non riuscirono a superare neppure con l’aiuto dell’esercito e della polizia.»

Continuità storica

 
Antonio Cieri

Una certa continuità può essere ravvisata fra Arditi del Popolo e Resistenza anche se gli scopi erano ben diversi: gli Arditi, anche se in modo politicamente confuso, proponevano la formazione di una Repubblica con basi progressiste estreme (specialmente in rapporto alla Repubblica italiana).

L'ira dei fascisti si scatenò soprattutto contro i capi degli Arditi del Popolo, che furono incarcerati o massacrati dagli squadristi, spesso con la connivenza degli organi di polizia dello Stato.[senza fonte]

Secondo talune tesi della storiografia contemporanea, gli Arditi avrebbero potuto battere il fascismo se non fossero stati abbandonati dai partiti democratici e dal neonato partito comunista[8] (ad eccezione di Antonio Gramsci[9], la cui fazione era però allora minoritaria), che contravvenne alle indicazioni dell'Internazionale comunista che aveva esplicitamente invitato ad appoggiare gli Arditi.[10]

Alcune formazioni partigiane nella Resistenza assunsero il nome di Arditi del Popolo: tra le più note, quella nella quale fu attivo Antonello Trombadori, poi esponente del PCI.[11] Tom Bhean, storico del fascismo, asserisce:

«Difficile dire se una maggiore unità tra gli Arditi del Popolo e la sinistra avrebbe potuto fermare il fascismo. Ma questo non avvenne soprattutto per il settarismo del Pcd'I e per le divisioni del Psi.»

Inoltre il Bhean fa un esplicito parallelo e richiamo storico fra la situazione di allora ed i movimenti attuali anti globalizzazione, sostenendo l'importanza della partecipazione di massa a tali movimenti, anche da parte dei militanti che ne criticano la mancanza di obbiettivi strutturati, in quanto unico metodo per la costruzione di alternative.[12]

Gli Arditi del Popolo, come pure Gino Lucetti, hanno ispirato anche alcune canzoni popolari e partigiane come il quella del Battaglione Lucetti.[13]

Note

  1. ^ [1] sintesi da Liparoto ANPI
  2. ^ dal libro Arditi del popolo di Eros Francescangeli
  3. ^ Marco Rossi Arditi non gendarmi
  4. ^ Eros Francescangeli, Gli Arditi del popolo
  5. ^ Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione.
  6. ^ Eros Francescangeli Arditi del Popolo
  7. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi, Oscar Mondadori, Cles (Tn), 2009, pagg. 153-154
  8. ^ Tom Behan The resistible rise of Benito Mussolini
  9. ^ stralcio articolo Gramsci
  10. ^ vedere L'Internazionale e gli Arditi del Popolo
  11. ^ informazione tratta dalla voce su Antonello Trombadori
  12. ^ [2]
  13. ^ Maurizio Maggiani Il coraggio del pettirosso, Feltrinelli, 1995.

Bibliografia

  • William Gambetta, L'esercito proletario di Guido Picelli (1921-1922), "Storia e documenti", n. 7, 2002, pp. 23-46.
  • William Gambetta, E le pietre presero un'anima. Le Barricate del 1922, in Roberto Montali (a cura di) Le due città. Parma dal dopoguerra al fascismo (1919-1926) Istituzione Biblioteche del Comune di Parma, Silva, Parma 2009, pp. 73-89.
  • Valerio Gentili, Roma combattente, Castelvecchi, Roma, 2010.
  • AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, testi immagini e documenti della mostra (30 aprile - 30 maggio 1983), edizione a cura del Comune e della Provincia di Parma e dell'Istituto storico della Resistenza per la Provincia di Parma.
  • AA.VV., Pro Memoria. La città, le barricate, il monumento, edizione a cura del Comune di Parma, Parma, 1997.
  • Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana, l'anarchismo in Italia dal Biennio Rosso alla guerra di Spagna (191-1939), edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001.
  • Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Odradek, Rom, 2000.
  • Gianni Furlotti, Parma libertaria, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001.
  • Marco Rossi, 'Arditi, non gentarmi! Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo, 1917-1922, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1997.
  • Luigi Balsamini, 'Gli arditi del popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste, Galzerano Ed., Salerno.
  • Paolo Spriano Storia del Partito comunista, Einaudi, Torino, 1967-1975, 5 volumi.
  • Renzo Del Carria Proletari senza rivoluzione. Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950, (v. in particolare XVII Capitolo La giusta linea non seguita) 2 voll., Milano, Edizioni Oriente, 1970 (I ed. 1966).
  • Andrea Staid, Gli Arditi del popolo. La prima lotta armata contro il fascismo, Edizioni La Fiaccola, Ragusa, 2007.
  • Dino Erba, La leggenda nera degli Arditi del popolo. Una messa a punto storiografica, All’Insegna del Gatto Rosso, Milano, 2008.
  • Valerio Gentili, La legione romana degli Arditi del Popolo, Roma, 2008.
  • Alberto Ciampi, Gli indomabili, Traccedizioni, Piombino, 1999.
  • Gino Bianco e Gaetano Perillo I partiti operai in Liguria nel primo dopoguerra, a cura di Istituto storico della Resistenza in Liguria, 1965.

Romanzi

Filmografia

Voci correlate

 
Errico Malatesta con un gruppo di Arditi del Popolo

Personaggi collegati e operanti nel "Fronte Unito Arditi del Popolo"

Collegamenti esterni