Papa Clemente VIII

231° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1592 al 1605

Template:Papa della chiesa cattolica Clemente VIII, nato Ippolito Aldobrandini (Fano, 24 febbraio 1536Roma, 3 marzo 1605), fu il 231° papa della Chiesa cattolica dal 1592 alla sua morte.

Gioventù

Ippolito Aldobrandini nacque a Fano il 24 febbraio 1536, stando al registro dei battesimi della cattedrale di Fano, fu battezzato il 4 marzo 1536. La data di battesimo è importante perché alcune fonti sostengono che sia nato nel 1535, ma sembrerebbe difficile che all'epoca si fosse aspettato più di un anno per battezzare un bambino. Era figlio di Silvestro Aldobrandini, avvocato fiorentino, governatore di Fano, allontanato da Firenze per dissapori con i Medici e di Lesa Deti. Il cardinale Giovanni Aldobrandini era suo fratello. Compì gli studi nelle Università di Padova, Perugia e Bologna, dove si laureò in giurisprudenza seguendo gli insegnamenti del futuro cardinale Gabriele Paleotti. Avendo dimostrato buone doti di giurista, fu nominato avvocato concistoriale e uditore di Rota.

Fu ordinato sacerdote solo nel 1580, forse spinto dal suo consigliere spirituale Filippo Neri, il futuro santo. Fu creato cardinale-prete nel concistoro del 18 dicembre 1585, ricevendo il titolo di San Pancrazio. Nel 1588 fu inviato come legato in Polonia per regolare la disputa tra il re Sigismondo III Vasa e la casa d'Asburgo. Il 30 dicembre 1591 morì papa Innocenzo IX ed il 10 gennaio 1592 iniziò il conclave per eleggere il suo successore. Nell'arco di circa un anno vi erano stati tre conclavi e i cardinali erano seriamente intenzionati ad eleggere un papa che potesse dare garanzie di longevità.

Conclave dal 10 al 30 gennaio 1592

Alla morte del papa il Sacro Collegio dei Cardinali era formato da 65 membri, ma il cardinale Juan Hurtado de Mendoza morì durante il periodo di sede apostolica vacante e 10 cardinali non parteciparono al conclave, pertanto il nuovo papa fu eletto da 54 cardinali.

I seguenti cardinali non parteciparono al conclave:

Il 30 gennaio 1592, dopo 20 giorni di conclave, il cardinale Aldobrandini fu eletto pontefice, grazie ai voti dei cardinali oppositori della Spagna, con il nome di Clemente VIII. Il 2 febbraio 1592 venne consacrato vescovo di Roma dal decano del Sacro Collegio ed il 9 febbraio fu incoronato dal cardinale Francesco Sforza di Santa Fiora, protodiacono di Santa Maria in Via Lata.

Politica religiosa

Fin dal momento della sua elevazione si impegnò con tutte le sue energie nel tentativo di attuare una riforma del cattolicesimo in tutti i paesi. Nel 1592, secondo l'esempio barnabita, fece introdurre in tutte le diocesi la pratica delle Quarantore, istituita a Milano nel 1527. Nel 1594 avocò a se la diatriba sorta tra Gesuiti e Domenicani, nata a causa del De concordia del Molina, un trattato sulla grazia e sul libero arbitrio, che era arrivata fino al foro della Sede Apostolica.

Per risolverla istituì una commissione, la 'Congregatio de auxiliis gratia', che se ne occupò per nove anni. Durante il suo pontificato, Clemente ordinò anche la pubblicazione di una nuova edizione della Vulgata, che sarà poi chiamata 'Clementina', fece pubblicare la revisione del Breviario romano, del Messale romano ed una nuova edizione dell'Index Librorum prohibitorum.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Unione di Brest.

Cercò anche di riunire la Chiesa latina con quelle orientali; i legati del patriarca Gabriele di Alessandria fecero professione di fede cattolica in Roma e dichiararono la loro obbedienza, ma il successivo patriarca tornò indietro. Nel sinodo di Brėst del 1595, i vescovi ruteni, presieduti dal metropolita di Kiev, decisero per la riunione alla Chiesa latina secondo il decreto fiorentino del 1439. L'unione fu proclamata e attuata nel sinodo di Brest del 1596.

Tentò anche di ristabilire il cattolicesimo in Inghilterra, ma Giacomo I Stuart deluse le sue speranze.

Politica interna

Il 15 agosto 1592 con la bolla Pro commissa nobis istituì, per controllare più da vicino le amministrazioni dei comuni pontifici, la Congregazione del Buon Governo.

Nel 1593 fece tornare in vigore molte leggi, abolite da Sisto V, che colpivano gli ebrei con molte vessazioni economiche e sociali; tali provvedimenti sarebbero restati in vigore fino al XIX secolo.

Il 19 maggio 1599, con la bolla "Annus Domini placabilis", Clemente VIII annunciò il XII Giubileo. Due giorni dopo, con la bolla "Cum sancti jubilaei", sospese le altre indulgenze ed il 30 ottobre inviò a tutti i vescovi il breve apostolico "Tempus acceptabile", con il quale li esortava a prepararsi al Giubileo organizzando pellegrinaggi a Roma. La Porta Santa fu aperta il 31 dicembre, in contemporanea nelle quattro basiliche patriarcali. Tutte le campane di Roma suonarono a festa accompagnate dal rombo dei cannoni di Castel Sant'Angelo.

Osti, albergatori, bottegai e negozianti vennero diffidati dal rincarare i prezzi. Furono presi severi provvedimenti per la repressione del brigantaggio e del malcostume, furono vietati i festeggiamenti carnevaleschi e venne costruita una casa per ospitare vescovi e sacerdoti poveri d'oltralpe. Per quest'ultima opera la comunità ebraica di Roma offrì 500 pagliericci e coperte. Giunsero a Roma, che contava circa 100.000 abitanti, tre milioni di pellegrini. Nel solo giorno di Pasqua ne arrivarono 200.000. Ogni pellegrino poteva lucrare l'indulgenza plenaria a patto di visitare 15 volte, se straniero, o 30 volte, se romano, le basiliche. Lo stesso Clemente VIII fu di continuo buon esempio servendo personalmente a tavola i pellegrini, ascoltandone le confessioni, salendo in ginocchio la Scala Santa, mangiando ogni giorno con dodici poveri, visitando per 60 volte le Basiliche e recandosi di persona nei luoghi di penitenza per verificarne le condizioni e il funzionamento. Anche i cardinali, in segno di penitenza, rinunciarono ad indossare la porpora. A causa di un attacco di gotta, che ne aveva anche ritardato l'apertura, Clemente VIII chiuse la Porta Santa il 13 gennaio 1601, anziché il 31 dicembre 1600.

Politica estera

Clemente VIII fu un abile governante ed un saggio statista. Lo scopo generale delle sue politiche fu quello di liberare il Papato dalla sua dipendenza dalla Spagna. L'evento più importante del suo regno fu, comunque, la riconciliazione con la Francia, resa possibile dal cambio di rotta politica rispetto ai suoi predecessori. Il 25 luglio 1595 riconobbe come legittimo il re di Francia Enrico IV, che nel 1593 si era convertito al cattolicesimo, ed annullò la bolla con la quale Sisto V lo aveva dichiarato eretico recidivo.

Dopo lunghe trattative in cui mediarono importanti delegati della Repubblica di Venezia ed il futuro cardinale Arnaud d'Ossat, con l'editto di Nantes del 30 aprile 1598, il cattolicesimo tornò centrale nella politica religiosa francese. Pochi giorni dopo, il 2 maggio, il Papa riuscì a far firmare la Pace di Vervins ai sovrani di Francia e Spagna. Con questo trattato i due stati tornarono entro i confini stabiliti nel 1559 dalla Pace di Cateau-Cambrésis.

Nel 1597, grazie all'appoggio di Enrico IV, Clemente mise le mani sulla città di Ferrara. In questo anno il potere estense, durato tre secoli terminò. Ormai lo Stato della Chiesa aveva raggiunto il territorio della città ed il duca Alfonso II d'Este, signore di Ferrara, Modena e Reggio, fu costretto a sottoscrivere un atto nel quale si diceva che se fosse morto senza eredi il suo ducato sarebbe passato direttamente sotto il controllo pontificio. Nonostante tre matrimoni, Alfonso non generò eredi, pertanto, per salvaguardare la sua famiglia, lasciò, per via testamentaria, tutti i suoi possedimenti al cugino Cesare, ma il papa, rifacendosi all'accordo sottoscritto annesse al papato il territorio ferrarese.

In quegli anni Clemente VIII iniziò a mediare la disputa tra Enrico IV di Francia e il duca Carlo Emanuele I di Savoia. Questa fu una impresa più ardua perché nessuno dei due contendenti voleva cedere: il re di Francia voleva a tutti i costi il marchesato di Saluzzo, mentre il duca non aveva alcuna intenzione di cederlo. Approfittando delle nozze di Enrico IV con Maria de' Medici, il Papa inviò in Francia, il nipote, cardinale Pietro Aldobrandini, per benedire gli sposi ed iniziare i negoziati di pace.

Il 17 gennaio 1601, con la firma del trattato di Lione, la disputa fu ricomposta. Carlo Emanuele cedette al Re di Francia la Bresse, il Bugey, il Valromay, Casteldelfino ed altri centri minori sulla riva del Rodano; Enrico IV cedette al duca di Savoia il marchesato di Saluzzo, le piazzeforti di Centallo, Demonte, Roccasparviera e il ponte di Gresin; come ultima clausola, il Re e il Duca si restituirono le fortezze e i territori occupati durante la precedente guerra e si obbligarono a mantenere rapporti di amicizia e di buon vicinato.

Il progetto di occupare Costantinopoli servendosi del capo dell'esercito turco, Scipione Cicala, un genovese che, rapito dai turchi all'età di quattordici anni, aveva dovuto rinnegare la fede cristiana non gli riuscì.

Il mecenate

Come tanti suoi predecessori, anche Clemente VIII si circondò di personaggi illustri. Fu grande amico di San Filippo Neri, dei cardinali Roberto Bellarmino e Cesare Baronio, di personaggi come l'Antoniano, Guido Bentivoglio e Andrea Cesalpino, ma si lasciò pure tentare dal nepotismo: creò cardinali due nipoti, Cinzio e Pietro Aldobrandini. Fu grande mecenate del letterato più famoso del tempo, Torquato Tasso, poeta della corte papale e per il quale il pontefice aveva preparato l'incoronazione in Campidoglio, non avvenuta per la morte stessa del poeta. Grazie a lui furono costruite, in Vaticano, la Sala del Concistoro e la Sala Clementina, e a Frascati la Villa Aldobrandini, residenza estiva del pontefice progettata da Giacomo della Porta e completata da Carlo Maderno con i giochi d'acqua ideati da Giovanni Fontana.

Come il Sangallo era stato l'architetto di Paolo III, il Maderno fu l'artefice delle opere di Clemente VIII. Furono costruite la Manica Lunga, alloggio delle Guardie Svizzere, la Cappella Paolina, l'Appartamento dei Principi, la Sala Regia, il Salone degli Svizzeri e la Cappella dell'Annunciazione, affrescata da Guido Reni. Sotto il suo pontificato, inoltre, fu finalmente completata la cupola della basilica di San Pietro e furono cristianizzati tutti gli obelischi di Roma, ad alcuni dei quali fu anche associata una peculiare indulgenza.

Ombre sul pontificato di Clemente VIII

Giordano Bruno

  Lo stesso argomento in dettaglio: Giordano Bruno.

Il caso Bruno fa parte della lotta papale alle eresie. I problemi del frate domenicano, iniziarono nel marzo del 1592 quando, ospite in casa Mocenigo a Venezia, fu denunciato all'Inquisizione locale con l'accusa di averlo sentito pronunciare bestemmie e frasi eretiche. Giordano si difese dicendo di aver formulato solo ipotesi filosofiche e non teologiche, per le quali si rimetteva in tutto e per tutto alla dottrina della Chiesa. Quando tutto faceva pensare in una prossima assoluzione, anche in virtù di molte testimonianze favorevoli, arrivò la richiesta del trasferimento del processo al Tribunale centrale del Sant'Uffizio. Il 19 dicembre 1593, il frate giunse a Roma. Qui un suo compagno di cella, Celestino da Verona, per ingraziarsi i giudici, scrisse una lettera diffamatoria nei suoi confronti. Giordano Bruno accettò le accuse e decise di difendersi da solo, ma ottenne solo una grande disfatta. Nel frattempo il papa ordinò di censurare le sue opere (1594).

Il lavoro terminò due anni dopo. Nel marzo 1597 Bruno si difese nuovamente dinnanzi agli inquisitori. Fu di nuovo una disfatta. I giudici, dopo averlo torturato, lo invitarono a confessare, ma il frate rifiutò di rinnegare tutto ciò per cui aveva lottato. Nel 1598 gli furono presentate le accuse definitive e Giordano Bruno, ormai distrutto, dichiarò di essere pronto a pentirsi. Fidandosi di Clemente VIII gli inviò un memoriale difensivo delle sue tesi, ma fu un errore fatale. L'Inquisizione lo attaccò nuovamente e gli chiese abiura e pentimento. Rifiutando l'abiura il 21 dicembre 1599, firmò la sua condanna a morte.

Il 20 gennaio 1600, il papa ordinò la sentenza di morte e la consegna del frate al braccio secolare, dichiarandolo eretico, impenitente e recidivo. Il 17 febbraio Giordano Bruno venne condotto al rogo a Campo de' Fiori con la bocca in giova (imbavagliato) e fu arso vivo. La formula per eseguire la condanna recitava vivi in igne mittantur. Dei documenti del suo processo finora non si è trovata traccia. Della ventina di eretici bruciati durante il pontificato di Clemente VIII, Giordano Bruno fu l'unico arso vivo, infatti tutti gli altri furono preventivamente uccisi per impiccagione o decapitazione.

Beatrice Cenci

  Lo stesso argomento in dettaglio: Beatrice Cenci.

Anche il caso di Beatrice Cenci fu preso come esempio della giustizia ingiusta. Beatrice era figlia di Francesco Cenci, un nobile di indole violenta, più volte incriminato per i suoi vizi e rilasciato solo grazie alla sua ricchezza, e di Ersilia Santacroce, morta di parto, dopo essere stata madre di altri 12 figli. Dopo la morte della moglie, il padre cominciò ad abusare di lei e della sorella. I suoi fratelli cercarono molte volte di denunciare i soprusi paterni, ma Clemente VIII, dietro pressioni di amici del padre, fu costretto a farli esiliare. Le due sorelle, senza l'appoggio dei fratelli, rimasero alla mercé del padre. La più grande si salvò solo grazie all'intercessione dello stesso Clemente VIII, che la diede in sposa al conte Carlo Gabrielli, membro della più nobile famiglia di Gubbio. Il conte Cenci, sentendosi controllato, decise di allontanarsi da Roma, portando con sé Beatrice e la seconda moglie Lucrezia Petroni, nella fortezza di Petrella Salto (oggi in provincia di Rieti). Beatrice cercò di far giungere al papa una lettera in cui spiegava la sua situazione, ma tale comunicazione non arrivò mai. Ormai giunta alla disperazione, aiutata dal fratello Giacomo e da due vassalli, decise che il padre doveva morire.

Si sarebbe dovuto simulare un sequestro con uccisione dell'ostaggio a causa del ritardato pagamento del riscatto, ma i banditi ingaggiati per lo scopo fallirono. Tuttavia, la sera del 9 settembre 1598 Beatrice e Lucrezia riuscirono a far mangiare un po' di oppio a Francesco, che cadde in un sonno profondo. Una volta sicuri che il conte stesse dormendo, vennero fatti entrare i due vassalli, che, usando il martello, conficcarono un chiodo in testa e uno in gola al conte. Una volta tolti i chiodi, il cadavere venne avvolto in un lenzuolo e gettato da un balconcino nel giardino sottostante. Tutti pensarono ad un incidente.

All'inizio non indagò nessuno, ma poi il giudice di Napoli, sospettando qualcosa, mandò un ispettore a Petrella per svolgere le indagini di rito. L'uomo non trovò alcun indizio, ma alla fine parlando con una lavandaia venne a sapere di un lenzuolo sporco di sangue e lavato. Grazie alle rivelazioni della lavandaia, tutti i personaggi coinvolti nella storia furono formalmente indagati.

Un giovane prelato, monsignor Guerra, che si era innamorato di Beatrice, fece allora eliminare i due assassini del conte. Uno fu ucciso e l'altro arrestato. Quest'ultimo, nel tentativo di salvarsi, rese piena confessione, salvo poi ritrattare in contraddittorio con la giovane. Ormai sembrava fatta, ma poco tempo dopo fu arrestato il sicario dell'assassino, che raccontò tutti i particolari della vicenda mettendo nei guai monsignor Guerra e gli altri.

Il monsignore fuggì da Roma travestito da carbonaro, mentre Lucrezia, Giacomo, Bernardo e Beatrice Cenci furono tradotti al carcere di Corte Savella. I primi tre, sottoposti alla tortura della corda confessarono. Beatrice, nonostante le braccia slogate, resistette. Clemente VIII era convinto che il giudice a cui fu affidato il caso fosse stato troppo clemente, per cui decise di sostituirlo. A questo punto Beatrice, appesa per i capelli, confessò. Molti principi e cardinali, impietositi dalla storia, decisero di cercare di difendere i giovani. Ottennero 25 giorni di proroga per presentare una difesa, che fu impostata sulla legittima difesa e sulla cattiva reputazione di Francesco Cenci.

Sembrava che le cose potessero andare per il meglio, ma in quello stesso periodo vi furono un matricidio ed un fratricidio, per cui il papa decise di non fare eccezioni. Venerdì 10 settembre 1599 Clemente VIII ordinò l'esecuzione. Il giorno dopo, alle sei del mattino, Beatrice fu informata della sentenza. Giusto il tempo di fare testamento e di lasciare tutti i suoi averi in beneficenza. Il corteo per il patibolo partì dal carcere di Tor di Nona, dove si trovavano Giacomo e Bernardo, che fu graziato in quanto quindicenne, ma a cui fu imposto di assistere all'esecuzione. La fermata successiva fu il carcere di Corte Savella, dove si trovavano Lucrezia e Beatrice. Il patibolo era nella piazza di Castel Sant'Angelo. La prima a essere uccisa fu Lucrezia, poi fu il turno di Beatrice, quindi toccò a Giacomo. Alle 21.15 il corpo di Beatrice fu sepolto, secondo le sue volontà, nella chiesa di San Pietro in Montorio al Gianicolo.

La storia e la vita di Beatrice, da allora, sono il simbolo dell'ingiustizia e di un'infanzia rubata che costrinsero la ragazza a difendersi, ma al contempo a condannarsi, in virtù di leggi che non conoscono il sapore del dolore e del senso di violazione di un diritto.

Morte del papa

Clemente VIII si spense il 3 marzo 1605 alle 5 del mattino. Fu seppellito nella Cappella Paolina della basilica patriarcale di Santa Maria Maggiore a Roma. Lasciò un buon ricordo per la sua prudenza, munificenza e capacità negli affari. Il suo pontificato fu caratterizzato inoltre dal numero e dalla bellezza delle medaglie che furono coniate.

Gli appassionati del caffè sostengono che la diffusione e la popolarità della bevanda, agli inizi del XVII secolo, si deve all'influenza di Clemente. Pur con le pressioni dei suoi consiglieri che volevano che dichiarasse il caffè una bevanda del diavolo, a causa della sua popolarità tra i musulmani del Medio Oriente, egli dichiarò che, "Questa bevanda del diavolo è così buona... che dovremmo cercare di ingannarlo e battezzarlo." Non è chiaro se la storiella sia vera o meno. È documentato, peraltro, che il suo medico personale Andrea Cesalpino, il quale era anche botanico, fu il primo occidentale a descrivere nelle sue opere la pianta del caffè.

Tuttavia le ombre sul suo pontificato, fecero sì che alla sua morte alcuni suoi oppositori tirassero un sospiro di sollievo. Più tardi Ludovico Antonio Muratori scrisse di lui: "Morì Papa Clemente, sono morti i cinque nipoti che avevano altri due cardinali fra loro; mancarono tutti i maschi di quella casa e mancò finalmente con essi ogni successione ed insieme ogni grandezza del sangue lor proprio."

Successione apostolica

Cardinali creati da Clemente VIII

Concistoro del 17 settembre 1593

Concistoro del 5 giugno 1596

Concistoro del 18 dicembre 1596

Concistoro del 3 marzo 1599

Concistoro del 17 settembre 1603

Concistoro del 9 giugno 1604

Incarichi ricoperti

  • Avvocato concistoriale, sotto Pio V dal 1566 al 1572;
  • Uditore della Sacra Rota nel 1569;
  • Aiutante del cardinale Michele Bonelli, Ordine Domenicano, durante una missione diplomatica in Spagna, dal 1571 al 1572;
  • Segretario dei memoriali nel 1585;
  • Datario di Sua Santità dal 15 maggio 1585 all'11 giugno 1586;
  • Cardinale prete dal 18 dicembre 1585 al 29 gennaio 1592;
  • Penitenziere Maggiore dal 12 giugno 1586 al 29 gennaio 1592;
  • Legato a latere in Polonia dal 1588 al 1589;
  • Eletto papa il 30 gennaio 1592.

Bibliografia

  • Stefano Zen, Baronio storico. Controriforma e crisi del metodo umanistico («La Ricerca Umanistica», 2), Napoli, Vivarium, 1994. ISBN 88-85239-12-9.
  • Stefano Zen, Bartolomeo Cambi e la predicazione antiebraica nel Ducato di Mantova al tempo di Clemente VIII, in La Sho'ah tra interpretazione e memoria. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Biblioteca Europea, 13), Napoli, 5-9 maggio 1997, a cura di P. Amodio, R. De Maio, G. Lissa, Napoli, Vivarium, 1999, pp. 73-85.
  • Annuario Pontificio per l'anno 2003, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2003.

Voci correlate

Altri progetti

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