Le lacrime amare di Petra von Kant

film del 1972 diretto da Rainer Werner Fassbinder
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Le lacrime amare di Petra von Kant è un film del 1972 diretto dal regista Rainer Werner Fassbinder. È un adattamento di un dramma teatrale dello stesso Fassbinder, di cui mantiene l'impostazione: il film è ambientato in un'unica stanza e basato interamente sui dialoghi delle protagoniste. Le riprese sono durate 10 giorni.

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Paese di produzioneGermania
Durata124 min
Generedrammatico
RegiaRainer Werner Fassbinder
SoggettoRainer Werner Fassbinder (dal suo dramma omonimo)
SceneggiaturaRainer Werner Fassbinder
ProduttoreRainer Werner Fassbinder, Michael Fengler
FotografiaMichael Ballhaus
MontaggioThea Eymèsz
MusicheGiuseppe Verdi, The Platters, The Walker Brothers
ScenografiaKurt Raab
CostumiMaja Lemcke
TruccoPeter Müller, Margarethe Ullmann (capelli)
Interpreti e personaggi

Trama

Petra Von Kant è una famosa stilista che vive sola con Marlene, la sua assistente apparentemente muta, la quale accetta i maltrattamenti e la severità della "padrona" senza battere ciglio. I due matrimoni di Petra sono finiti con la morte del primo marito e con il divorzio dal secondo; entrambi la hanno segnata profondamente. Un'amica le fa conoscere Karin, una ragazza giovane e bellissima, della quale Petra si innamora profondamente. Le due portano avanti una relazione ma col tempo Karin è sempre più fredda e crudele, e inizia a trattare Petra con sadismo, così come ella fa con Marlene. Ad un certo punto Karin lascia Petra per un uomo e questa cade un una profonda disperazione. Petra allora decide di voltare pagina e di migliorare il suo rapporto con Marlene, ma quando le si rivolge in modo affettuoso e amichevole, quest'ultima fa le valige e se ne va.

Temi e personaggi

Oltre al dato autobiografico del regista, al contesto storico-sociale si delinea una lettura intertestuale dell’opera. Si evidenzia il lavoro fallito del comunicare l’essere profondo della donna. Per esempio, Petra ascolta con apparente noncuranza la confidenza della figlia quando le racconta della sua cotta, la reazione della madre è crudele dal momento che reagisce ridendole in faccia. A una lettura più profonda, però, quella risata nasconde la sua piena comprensione per l’amore non corrisposto, maschera come esso sia causa anche del suo patire, e le accomuna nel loro essere donne vulnerabili.

Petra non si dichiara omosessuale, ma vi è una ridefinizione dei propri vissuti in base alle situazioni contingenti che vive. È infatti la profonda fragilità insita in lei a farle accettare l’illusione di un affetto da parte di Karin, perché vi è in ogni essere umano la necessità di amare e di essere amato. Karin, con il suo atteggiamento sfrontato, diventa il salvagente a cui appigliarsi in mezzo a una solitudine desolante. In lei vede il riflesso ciò che le manca, ossia le risorse interiori per emergere da una situazione difficile: Karin ha abbandonato l’uomo che l’amava, mentre Petra è stata abbandonata, Karin diventa attiva, Petra depressa e indolente. S’instaura così un rapporto di dipendenza debole–forte,secondo Freud, (collegata a sua volta alla dialettica servo–padrone studiata da Hegel e da Marx), in cui proprio la violenza verbale di Karin e la fragilità di Petra fungono da agenti catalizzatori, facendo riemergere in lei la necessità di amare l’oggetto proibito, un tabù per le convenzioni sociali. Petra non è un personaggio immune da ferite psicologiche, in quanto non è attratta da un amore sano e reciproco ma da qualcosa che a lei debba essere proibito o che non possa raggiungere, come una bambina capricciosa e viziata che non si accorge di quello che possiede già. Si ripropone così una vicinanza della dialettica schiavo-padrone a quella degli amanti.

Vi è una forte influenza di August Strindberg e di Henrik Ibsen, poiché la lotta della personalità viene svelata via, via attraverso decisioni catartiche e positive, diventando un atto liberatorio seppur drammatico. Anche qui si analizza un percorso a vicolo cieco: Petra si ribella contro i ruoli, si arrabbia con Sidonie, che rappresenta i luoghi comuni, una felicità superficiale, le frasi fatte; ciò suscita nella protagonista una durezza antipatica. Non a caso si chiama Petra, pietra, ricollegandosi a tutta la tradizione che segue alle Petrose di Dante. La sua durezza non si limita nei confronti dell’amica, ma anche si riscontra verso la madre eccentrica. Sono tutti elementi del suo carattere che aprono alla storia con Karin, la quale, già dal loro primo incontro, sfodera una lingua tagliente, tanto che Petra finalmente ha trovato pane per i suoi denti.

La parola, oltre ad essere un’arma, ha anche una valenza politica, si può notare ciò nel suo uso, o nella sua totale mancanza nel personaggio di Marlene. Come nell’Otello, la parola definisce chi detiene il potere: Petra si presenta subito come una donna ricca e di successo, ma di fatto non la si vede mai lavorare. Chi invece lavora e produce i modelli per la stilista è la segretaria tutto fare, che non apre mai bocca, testimoniandone la sua alienazione e lo sfruttamento del suo lavoro. Si verifica ciò che Marx aveva descritto riguardo alle forme di alienazione, in particolare quella dall’attività produttiva, dalla propria essenza (in quanto il lavoro non nobilita Marlene), e dal prossimo. Inoltre, vengono ripresi il concetto hegeliano di autocoscienza e la dialettica servitù signoria.

Anche la rappresentazione passionale Petra-Karin dà alla parola una funzione centrale. Petra afferma che sia ovvio che la giovane la ami, ma in realtà si arena linguisticamente. Nella coppia Marlene- Petra, si ha una situazione iniziale in cui la datrice di lavoro non si preoccupa di cosa pensi la segretaria; quest’ultima, dal canto suo, funge da partner muto e perciò assegna tutto il potere all’altra donna. Successivamente però, si arriva a una nuova fase in cui la stilista non mette più sé al centro, ma le interessa quale sia il pensiero altrui.

Confronto con il testo teatrale

La scenografia nel testo per l’originale teatrale di Fassbinder non viene discussa o descritta particolarmente; la vicenda viene ambientata in una casa, con una grande presenza di manichini, inoltre vi è l’utilizzo di una bambola, impiegata da Petra per andare a letto. Nel film, invece si nota una forte presenza di specchi. Grazie all’aiuto della telecamera, si gioca molto su sguardi che indirettamente si incrociano grazie al rispecchiamento, ma tutto ciò nella realtà della scena non accade. Per questo fatto sembra che l’architettura dell’ambiente sia complessa, grazie alla presenza di colonne e di paratie. Sono presenti anche bambole e manichini, sarà proprio una bambola che Petra stringe quando la sua subalterna la abbandona. Questa, appunto, è l'altra grande differenza con il testo teatrale, dove invece Marlene accetta di stare con la padrona.

Colonna sonora

Bibliografia

  • Giovanni Fornero. Protagonisti e testi della filosofia, voll. C,D. Paravia, Varese 2000.

Collegamenti esterni

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