Storia della nazionale maschile di calcio dell'Italia

Gli inizi

  Lo stesso argomento in dettaglio: Italia-Francia (1910).

La Federazione Italiana Giuoco Calcio nacque nel 1898, quando il calcio in Italia era ancora a un livello pionieristico. I vari tentativi di dar vita a una selezione nazionale, sulla falsariga di quelle già esistenti nelle Isole Britanniche e, per stare più vicino a noi, della Francia, si concretizzarono nel 1910, quando finalmente, e proprio contro la stessa Francia, il 15 maggio all'Arena Civica di Milano la Nazionale italiana giocò il primo incontro della sua storia. Per la cronaca, l'Italia vinse 6-2[1] (capitano Francesco "Franz" Calì, giocatore dell'Andrea Doria)) e il primo gol italiano fu segnato da Pietro Lana che, nell'occasione, realizzò una tripletta.

 
Francesco Calì, primo capitano della Nazionale

In questa occasione, la divisa ufficiale dell'Italia fu il bianco, come il colore della squadra che stava dominando il calcio italiano dell'epoca, la Pro Vercelli. Vinti i titoli 1908 e 1909, la squadra dei "Leoni" vercellesi fu però sconfitta dall'Inter nel 1910, nel primo vero spareggio della storia del campionato italiano. Il presidente della Pro, Luigi Bozino (futuro presidente FIGC e primo vicepresidente italiano della FIFA e amico fraterno di Jules Rimet), schierò i ragazzini della Primavera contro i nerazzurri, che vinsero di conseguenza facilmente per 10-3. Il motivo fu la data dello spareggio stesso (disputato a Vercelli, come da regolamento), che - a dire dei vercellesi - non consentiva alle Bianche Casacche di recuperare fisicamente dopo la disputa di alcuni trofei militari, in cui erano stati precedentemente invitati.

Ne seguì la beffa per il club piemontese: una sonora squalifica della F.I.F. (la Federazione Italiana Foot-ball, che da lì a poco sarebbe diventata "F.I.G.C.") a tutti i calciatori vercellesi, proprio a pochi giorni dall'esordio in Nazionale. La squalifica fu poi tolta, e per scusarsi la Federazione scelse di far debuttare la Nazionale con la maglia bianca di quei giocatori che non poterono prendere parte alla sfida con la Francia. Bianco, che, infatti, è ancora la seconda divisa ufficiale degli Azzurri.

 
Virgilio Fossati, terzo capitano della Nazionale

Pochi giorni dopo l'esordio, l'Italia andò a far visita all'Ungheria che all'epoca, insieme all'Austria, rappresentava quanto di meglio si potesse trovare sulla scena del calcio mondiale (la cosiddetta Scuola Danubiana, in auge fino a tutto il primo dopoguerra e poi decaduta). Non stupisce quindi la pesante sconfitta che gli Azzurri rimediarono a opera dei Magiari. Nell'occasione, quella fu la seconda ed ultima volta che la Nazionale utilizzò maglie bianche con lo stemma di Casa Savoia. Fu deciso che dall'incontro successivo (per combinazione, sempre contro gli Ungheresi, il 6 gennaio 1911 a Milano) il colore da utilizzare, proprio in onore dei Savoia, fosse l'azzurro della loro bandiera, al centro della quale v'era lo Scudo Sabaudo rosso con una croce bianca all'interno.

Le foto dell'epoca ci mostrano un colore slavato tendente al celeste e in effetti le sfumature cromatiche della maglia cambiarono notevolmente nel corso degli anni, passando da un bluastro-indaco fino a un azzurro scuro, non essendo mai stata chiarita con precisione la tonalità dell'azzurro da usare. Comunque, il colore fece subito presa e fin da allora i giocatori della Nazionale vennero chiamati Azzurri. Azzurri si chiamano anche oggi, per estensione, tutti gli atleti che, dopo i calciatori, si trovarono a rappresentare l'Italia nelle varie discipline sportive.

 
La nazionale italiana del 1912 alle Olimpiadi di Stoccolma

Gli esordi della Nazionale videro una squadra piena di carattere e di buona volontà ancorché tatticamente sprovveduta. A dispetto del fatto che l'ossatura fosse basata sui giocatori della Pro Vercelli, ovvero la miglior squadra italiana del momento, i risultati tardarono ad arrivare e alla prima uscita ufficiale, il torneo calcistico dei Giochi Olimpici di Stoccolma nel 1912, l'Italia, guidata per la prima volta da Vittorio Pozzo fu eliminata al 1º turno.

Si dovette attendere il 1920 e la fine della Grande Guerra per rivedere l'Italia in un torneo ufficiale, ancora i Giochi Olimpici, quelli di Anversa. Progressi se ne videro, giacché gli Azzurri giunsero ai quarti di finale. Stesso risultato quattro anni dopo a Parigi.

Nel 1928, dopo l'esordio nella neonata Coppa Internazionale, l'Italia si presentò con fondate speranze di far bene al torneo calcistico dei Giochi Olimpici di Amsterdam. In effetti gli azzurri, dopo aver superato il girone di qualificazione, sconfissero la Francia negli ottavi di finale (4-3, rimontando da 0-2) e la Spagna nella ripetizione dei quarti dopo aver pareggiato il primo incontro (1-1 la prima partita, addirittura 7-1 la ripetizione) qualificandosi così alle semifinali dove si dovettero fermare di fronte ai campioni olimpici uscenti dell'Uruguay, che vinsero 3-2. Considerando che l'Uruguay, squadra che avrebbe nella partita dopo vinto per la seconda volta consecutiva il torneo calcistico olimpico, era all'epoca una delle potenze mondiali del calcio (e avrebbe vinto anche il primo mondiale di calcio due anni dopo), il risultato dell'Italia fu più che lusinghiero. A completare l'ottimo torneo, arrivò la medaglia di bronzo conquistata battendo l'Egitto per 11-3, tuttora l'incontro degli Azzurri con il maggior numero di reti segnate (e sarebbero probabilmente state 12 se Fulvio Bernardini non avesse deliberatamente calciato fuori un calcio di rigore per non infierire ulteriormente).

Gli anni trenta: i due mondiali e l'oro olimpico

 
Italia campione del mondo nel 1934

Per iniziativa di Jules Rimet, l'allora presidente della FIFA, nacque il Campionato del mondo di calcio, competizione riservata alle squadre nazionali. Fu decisa la cadenza quadriennale, sulla falsariga delle Olimpiadi, e si stabilì che il torneo si sarebbe giocato negli anni pari non olimpici. La prima nazione a ospitare il campionato fu l'Uruguay, nel luglio del 1930. Ma l'Italia non partecipò a tale edizione del campionato per via del lungo viaggio transoceanico da affrontare ed anche per via di un certo snobismo delle nazioni europee nei confronti di tale torneo, in particolare dell'Inghilterra che fino al 1950 non parteciperà al mondiale.

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Pozzo dà indicazioni ai suoi giocatori prima dei tempi supplementari di Italia-Cecoslovacchia

Ciononostante, in quel decennio l'Italia si fece conoscere come una delle nazionali più forti del mondo, facendosi valere dovunque e vincendo in sequenza il campionato del mondo del 1934, il torneo di calcio olimpico del 1936 e, di nuovo, il campionato del mondo del 1938, a spese di nazionali prestigiose come Ungheria, Austria, Cecoslovacchia, Francia e perfino Brasile.

Il giocatore di maggior spessore di quella squadra era senza dubbio il milanese Giuseppe Meazza, fuoriclasse assoluto con la palla tra i piedi e antesignano del bon-vivant e donnaiolo fuori dal campo. A guidare la squadra un vecchio tenente degli Alpini, il monarchico Vittorio Pozzo, piemontese tutto d'un pezzo con l'etica del lavoro e del sacrificio, che da Commissario Unico riuscì a far primeggiare la Nazionale dovunque,ottenne 30 risultati utili di fila, secondo record dopo quello di Lippi.

I mondiali del 1934

Lo spirito dei giocatori, in omaggio alla visione cameratesca che Pozzo aveva della squadra, era quella del reciproco aiuto. Ad esempio, il trio arretrato della Juventus, Combi-Rosetta-Caligaris, era impenetrabile proprio per via della solida amicizia e collaborazione che univa i tre compagni di reparto.

Superato agevolmente l'incontro di qualificazione a Milano contro la Grecia (battuta 4-0), l'Italia affrontò il mondiale casalingo vero e proprio a partire dagli Stati Uniti, facilmente battuti 7-1. In quell'occasione Rosetta giocò la sua ultima partita in Nazionale, e peggio andò a Caligaris, rimasto a quota 59 incontri e rimpiazzato già dalla prima partita da Allemandi. A Firenze vi fu dura una battaglia terminata per 1-1 contro la Spagna, la cui porta era difesa dal leggendario Ricardo Zamora, colui al quale Meazza non riuscì mai a segnare. Infatti, tra ruvidezze ed entrate al limite del regolamento - e forse oltre - toccò a Ferrari pareggiare il gol iniziale degli spagnoli. La ripetizione il giorno dopo terminò 1-0 per l'Italia e non vide in campo molti protagonisti della battaglia precedente, tra cui lo stesso Zamora; fu Meazza a segnare il gol che dava all'Italia la semifinale.

Sempre per 1-0 (gol di Guaita) fu battuta a Milano anche l'Austria. Il 10 giugno 1934 allo stadio PNF (odierno Stadio Flaminio) di Roma l'Italia batté dopo i tempi supplementari la Cecoslovacchia per 2-1 (primo tempo 0-0; secondo tempo 1-1). Raimundo Orsi pareggiò il gol cecoslovacco a 9 minuti dalla fine e nei supplementari il centravanti bolognese Angelo Schiavio, nella sua ultima apparizione azzurra, segnò al 5' del I tempo supplementare la rete che valse il titolo mondiale. La successione delle reti fu: 0-1, 1-1, 2-1.

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I leoni di Highbury

A quel tempo, come detto, gli Inglesi, che si ritenevano i maestri del calcio, non partecipavano neppure al campionato del mondo, giudicato una rassegna di rango inferiore alle loro ambizioni. Al massimo la nazionale campione del mondo poteva guadagnarsi il diritto di sfidare gli Albionici, come un esame di laurea, e così fu: la prima uscita degli Azzurri dopo il mondiale (14 novembre 1934) li vide affrontare a Londra proprio la nazionale inglese, nello stadio di Highbury, il tempio dell'Arsenal. Quella partita passò alla storia come la Battaglia di Highbury: come costume di quell'epoca, l'incontro non risparmiò durezze e scontri, tanto che nei primissimi minuti di gioco il centromediano azzurro Luisito Monti ebbe un piede fratturato (e fu solo il primo di una lunga serie di infortunati) e, dopo aver tentato di resistere per alcuni minuti dovette uscire dal campo lasciando la squadra in 10 (infatti a quei tempi non erano previste le sostituzioni).

 
Umberto Caligaris, capitano della Nazionale Campione del mondo nel 1934

In questi primi minuti gli Azzurri si trovarono privati di un giocatore determinante per l'assetto difensivo della squadra, e nel periodo in cui l'Italia non aveva ancora trovato un nuovo assetto difensivo gli inglesi ebbero il dominio di gioco. Già dopo un minuto fu fischiato un rigore a favore degli inglesi ma il portiere Ceresoli riuscì a deviare con uno spettacolare tuffo sulla sinistra il tiro dell'attaccante inglese Brooke; nonostante questo al quarto d'ora gli avversari dell'Italia erano già avanti per tre gol a zero. A quel punto, gli Azzurri in dieci reagirono e Meazza realizzò una doppietta. Pur sconfitta per 3-2, l'Italia uscì dal campo guadagnandosi il rispetto degli inglesi che definirono gli Azzurri I leoni di Highbury.

Le Olimpiadi di Berlino

Due anni dopo la vittoria nel campionato del mondo, l'Italia si impose anche nel torneo Olimpico di Berlino, schierando una squadra formata da soli studenti per protesta contro le accuse di professionismo mosse da altre nazioni. A Berlino la stella indiscussa fu l'ala destra Annibale Frossi, autore di 7 gol in 4 partite di quella edizione dei Giochi olimpici, di cui una doppietta nella finale con l'Austria, decisa ai tempi supplementari. Frossi, laueato in ingegneria ed affetto da miopia, era famoso per i suoi occhiali dai quali non si separava mai, neanche in campo, e per il suo fisico snello e il volto caratterizzato dagli occhiali era soprannominato dai tifosi "Dottor Sottile"; calciatore dell'Aquila, venne acquistato dopo il torneo olimpico dall'Ambrosiana, squadra nella quale avrebbe giocato dal 1936 al 1942 vincendo due Scudetti nel 1938 e nel 1940 ed una Coppa Italia nel 1939.

L'Italia iniziò battendo di misura gli Stati Uniti con un gol di Frossi, che avrebbe poi realizzato una tripletta contro il Giappone, battuto 8-0 dagli azzurri nei quarti di finale. In semifinale, dopo che i tempi regolamentari contro la Norvegia si erano conclusi 1-1, all'inizio dei supplementari fu decisivo un gol di Frossi, che si sarebbe ripetuto nella finale contro l'Austria realizzando una doppietta con un gol nei regolamentari ed uno nei suplementari permettendo così all'Italia di vincere l'Oro Olimpico. Template:Nazionale italiana Olimpiadi 1936

I mondiali del 1938

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Italia campione del mondo 1938

Quando gli Azzurri si presentarono all'esordio della terza Coppa del mondo, in programma nel 1938 in Francia come campioni mondiali e olimpici uscenti, essi vantavano anche il non indifferente record di imbattibilità che durava dal 1935 (e alla fine saranno 30 incontri fino al 1939). Infortunatosi alla vigilia il portiere titolare Ceresoli, i pali furono affidati ad Aldo Olivieri, che fu fra i protagonisti della vittoria azzurra, insieme a Meazza, a Giovanni Ferrari, a Gino Colaussi ed a Silvio Piola: eliminata per 2-1 dopo i tempi supplementari la Norvegia in quello che fu forse l'incontro più difficile per l'Italia in quel mondiale, gli Azzurri volarono a Parigi ed eliminarono per 3-1 i padroni di casa Francesi (la maglia della divisa italiana era nera, in onore al fascismo), per poi far fuori il Brasile a Marsiglia per 2-1, con Meazza protagonista di un singolare episodio.

La stella dell'Ambrosiana, prima di tirare il rigore che portò l'Italia sul 2-0, ebbe un piccolo problema: si era rotto l'elastico dei suoi pantaloni. Così "Peppino" dovette tenerli con una mano ma ciò non gli impedì di beffare il portiere con una finta e segnare. La finale, allo stadio Yves du Manoir di Colombes, a Parigi, fu tutto sommato una formalità: mai in discussione il risultato, il 19 giugno l'Italia batté l'Ungheria per 4-2 (primo tempo 3-1) con due doppiette, di Piola e di Colaussi; la successione delle reti fu: 1-0, 1-1, 2-1, 3-1, 3-2, 4-2.

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Giuseppe Meazza oltre ad aver guidato la Nazionale ai Mondiali del '38 come capitano, fu miglior marcatore con le sue 33 reti fino al 9 giugno 1973, quando Riva lo raggiunse, e poi, il 29 settembre dello stesso anno, lo superò

Anche dopo la seconda vittoria gli Azzurri incontrarono la nazionale inglese a Milano. La partita finì 2-2 (successione dei gol: 1-0, 1-1, 2-1, 2-2); per due volte gli Azzurri andarono in vantaggio (reti di Biavati e Piola) e furono raggiunti dagli inglesi. Il gol di Piola rimase celebre perché fu segnato in elevazione aiutandosi con una mano.

Pochi anni dopo il calcio tornò a fermarsi per la Seconda guerra mondiale. Nonostante il regolare svolgimento del campionato italiano, tra alti e bassi, fino al 1943, la Nazionale giocò solo tre incontri fra il 1940 e il 1942 prima della Liberazione.

Dopoguerra

Dopo le devastazioni della guerra e le lacerazioni interne dovute alla guerra civile tra partigiani e repubblichini, si avvertì in tutto il Paese il bisogno di riconciliazione, e di riunirsi attorno a simboli che non potessero essere interpretati come appannaggio di una sola parte politica o di una classe sociale. I grandi sport di massa ben svolsero questa funzione, e infatti gli italiani, non importa di quale colore politico, non importa di quale censo, tornarono a sorridere grazie al ciclismo con Bartali e Coppi a dominar corse, Giri e Tour de France, e soprattutto grazie al calcio, che in quegli anni si declinava in un solo colore, quello granata: infatti la squadra più forte in circolazione era il Torino, che aveva vinto gli scudetti 1945-1946, 1947-1948 e 1948-1949 e che in occasione dell'incontro Italia-Ungheria giocata a Stadio Olimpico (Torino) l'11 maggio 1947 e vinta 3-2 dagli azzurri arrivò a dare dieci uomini alla Nazionale, nell'occasione composta interamente di giocatori di squadre torinesi, in quanto l'unico "intruso", schierato dal commissario tecnico Vittorio Pozzo, nel blocco del Grande Torino era il portiere della Juventus Sentimenti IV.

Quando l'aereo che, il 4 maggio 1949, stava riportando il Grande Torino a casa da un'amichevole in Portogallo contro il Benfica si schiantò contro la collina di Superga, fu un lutto per tutta l'Italia - non solo quella sportiva - che faticosamente si stava lasciando alle spalle le lacrime del conflitto mondiale. Al Torino fu assegnato lo scudetto del 1949 per volontà di tutte le altre squadre del campionato.

Gli anni bui: da Superga alla Corea (1949-1966)

 
Battaglia di Santiago (1962), uno dei tanti episodi violenti dell'incontro tra Italia e Cile

Dal punto di vista sportivo la scomparsa di quel Torino fu un vero colpo per la Nazionale: privata degli elementi migliori, non vi fu modo di mettere in piedi una squadra competitiva per i campionati brasiliani del 1950. La Svezia (composta da giovani promesse anziché professionisti) ebbe gioco facile a battere l'Italia 3-2 e ad eliminarla dal torneo già dalla prima partita, infatti a nulla servì la vittoria per 2-0 contro il Paraguay. Iniziò così un periodo buio per la nazionale italiana: eliminata al primo turno ai mondiali del 1954 in Svizzera, addirittura non si qualificò per quelli in Svezia del 1958, avendo perso in fase eliminatoria per 2-1 contro l'Irlanda del Nord.

La crisi - dovuta a carenze strutturali del Bel Paese, nonché a fatti incidentali come la citata tragedia di Superga - iniziata negli anni cinquanta non fu completamente superata nel decennio successivo, ma si posero le basi per una ripresa del movimento calcistico italiano a livello internazionale (aiutate anche dalle vittorie delle squadre di club nelle competizioni europee, in particolare la Fiorentina, prima finalista italiana nella Coppa dei Campioni del 1957 e vincitrice nella prima edizione della Coppa delle Coppe del 1961 e il Milan nella Coppa dei Campioni del 1963).

In effetti, una volta riguadagnata competitività sul piano tecnico (ma grazie alla presenza di assi stranieri), il problema della Federazione era quello di mostrarsi unita ed efficiente, cosa che spesso non succedeva per via di lotte intestine e dissidii al vertice. Comunque, gli Azzurri si qualificarono per il sesto campionato del mondo, in programma nel 1962 in Cile. Fu una spedizione mal gestita, che iniziò sotto le peggiori premesse e finì, se possibile, anche peggio di come si paventava. Un'incauta stampa italiana fece pesanti apprezzamenti sulla situazione cilena e sul degrado di molte realtà sociali di quel Paese, cosa questa che indispettì i Cileni.

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Sandro Salvadore, capitano della Nazionale ai Mondiali del 1966

A complicar le cose, un sorteggio che mise l'Italia di fronte a Svizzera, Germania Ovest e lo stesso Cile: mentre gli azzurri pareggiarono 0-0 con i tedeschi, il Cile batté gli elvetici 3-1, rendendo la partita successiva, Italia-Cile, un autentico spareggio: la partita fu infiammata nei giorni antecedenti da questioni politiche e sociali. L'incontro tra italiani e sudamericani si contraddistinse per violenza e incompetenza arbitrale (la famosa Battaglia di Santiago). L'Italia dovette subire un arbitraggio casalingo e finì la partita in nove uomini (espulsioni di Ferrini e David) perdendo 2-0, mentre a nulla valse la vittoria successiva sulla Svizzera.

La squadra che andò ad affrontare il settimo campionato del mondo nel 1966 in Inghilterra era forse la più forte degli ultimi anni, ma se quattro anni prima si poté invocare ad attenuante per l'eliminazione il brutto clima creato a seguito delle improvvide dichiarazioni della stampa italiana, in Inghilterra si dovette fare il mea culpa per scelte sbagliate e ambigui rapporti di potere in seno alla Federazione. Ma la responsabilità maggiore risiede nelle scelte di fondo del C.T., Edmondo Fabbri, che non solo volle fare a meno dello squadrone interista, ma ne ruppe la difesa non convocando il più grande "libero" del mondo, Armando Picchi, e lasciò a casa il geniale Mario Corso.

Inserita probabilmente nel girone più facile con Unione Sovietica, Cile e Corea del Nord, l'Italia vinse 2-0 nell'esordio-rivincita contro i sudamericani, ma perse 1-0 dai sovietici. La partita con la Corea del Nord divenne determinante e sarebbe bastato un pareggio per la qualificazione ai quarti. Invece, nonostante la squadra asiatica fosse nettamente sfavorita, la partita divenne quasi subito difficile: chi afferma, dopo che il regista italiano Giacomo Bulgarelli dovette uscire per un grave infortunio al ginocchio e la squadra rimase in 10 (il mondiale inglese fu l'ultimo per il quale non furono possibili sostituzioni); chi, invece, per una totalmente sbagliata formazione. Fatto sta che gli azzurri non riuscirono a segnare mentre alla fine del primo tempo il nordcoreano Pak Doo Ik andò in gol e gli italiani non seppero rimontare, condannando così la squadra azzurra alla più cocente umiliazione sportiva della sua storia. Tuttavia giova ricordare che la squadra asiatica, snobbata completamente in fase di pronostico, si dimostrò poi una delle autentiche rivelazioni del torneo inglese. Infatti nei quarti di finale riuscì a portarsi sul 3-0 contro il Portogallo, che aveva battuto il Brasile campione del mondo in carica. Il Portogallo riuscì a vincere alla fine per 5-3 solo grazie all'apporto del fuoriclasse Eusébio, che segnò 4 reti e che sarebbe stato il capocannoniere del torneo con 9 reti.

Gli anni della ripresa (1968-1978)

Euro 1968

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Italia campione d'Europa 1968
In piedi: Salvadore, Zoff, Riva, Rosato, Guarneri, Facchetti. Accovacciati: Anastasi, de Sisti, Domenghini, Mazzola, Burgnich
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La rete di Gigi Riva che all'11' spianò la via al successo azzurro

Nel 1960 vide la luce il primo campionato d'Europa per nazioni, organizzato dall'UEFA. L'Italia ne ospitò la terza edizione, quella del 1968, che vide nella fase finale a quattro anche l'Inghilterra (campione del mondo in carica), la Jugoslavia, e l'URSS. L'Italia si qualificò a questa edizione degli Europei superando senza alcun problema (5 vittorie ed 1 pareggio) un girone di qualificazione relativamente agevole composto da: Romania, Svizzera e Cipro, e successivamente superando con molte difficoltà nei quarti di finale la Bulgaria (sconfitta per 2-3 fuori casa e vittoria per 2-0 in casa).

All'Italia capitò come semifinalista la nazionale sovietica, mentre nell'altra semifinale si incontravano Jugoslavia e Inghilterra. La semifinale contro i sovietici, giocata a Napoli, finì 0-0 anche dopo i tempi supplementari, ma visto che non esisteva ancora lo spareggio tramite i calci di rigore, vide l'Italia prevalere grazie al lancio della monetina. Gli Azzurri dovettero così affrontare in finale la Jugoslavia di Dragan Dzajić, che aveva battuto nell'altra semifinale per 1-0 l'Inghilterra, allo Stadio Olimpico di Roma.

La finale contro gli jugoslavi fu assai sofferta e si ottenne soltanto un pareggio per 1-1 (con gol dello stesso Dzajić e pareggio piuttosto fortunoso su punizione di Angelo Domenghini, sul cui tiro un giocatore della barriera si mosse e il pallone attraversò la barriera finendo in rete); così si dovette procedere alla ripetizione della finale, ma questa seconda partita ebbe un esito ben diverso e vide l'Italia trionfare con un rotondo 2-0 (grazie a Riva e Anastasi) che diede all'Italia il suo primo e, per ora, unico trofeo continentale.

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Il mito dell'"Azteca"

Mondiali 1970

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Italia vicecampione del mondo 1970

L’ottavo campionato del mondo, che si svolse in Messico nel 1970, fu quello che, nonostante la mancata vittoria, segnò il ritorno più o meno in pianta stabile dell’Italia ai vertici del calcio mondiale. È tuttora noto per la semifinale Italia - Germania Ovest, che molti ribattezzarono la partita del secolo: in effetti, viste le premesse, non era certo preventivabile una partita così spettacolare. L’Italia proveniva da un cammino tutto sommato facile, avendo incontrato negli ottavi Uruguay, Svezia e Israele e passando ai quarti senza strafare; infatti dopo la vittoria per 1-0 contro gli svedesi (tiro da lontano di Domenghini che entra in rete passando sotto il corpo del portiere in goffo tuffo sulla sinistra), ci fu il prevedibile 0-0 con gli uruguagi e l'inatteso 0-0 contro gli israeliani, caratterizzato però dall'annullamento di 2 gol di Riva per due fuorigioco inesistenti segnalati da uno dei guardalinee. A questo episodio è legato un cambio della guardia significativo per i telespettatori italiani. Infatti, a causa di pesanti critiche rivolte nei confronti del guardalinee responsabile degli annullamenti, il mitico telecronista Nicolò Carosio venne sostituito da Nando Martellini nella telecronache delle partite nazionali. Passata comunque la nazionale ai quarti di finale, è considerabile nella norma anche il 4-1 con cui aveva regolato nella "Bombonera" di Toluca i modesti padroni di casa messicani. La nazionale di casa aveva segnato per prima ma era stata raggiunta sull'1-1 grazie ad un autogol dovuto ad una deviazione su tiro di Domenghini; nel secondo tempo gli Azzurri dilagarono segnando con Riva, Rivera e di nuovo con Riva. Tutt’altro affare per la Germania Ovest che nei quarti aveva dovuto battere dopo i supplementari per 3-2 l'Inghilterra campione uscente rimontando da 0-2 (fra parentesi questa fu in assoluto la prima vittoria delle nazionale tedesca contro quella inglese).

La semifinale tra Italiani e Tedeschi (per la cronaca, giocatasi allo Stadio “Azteca” di Città del Messico il 17 giugno 1970) si stava avviando verso uno stanco e non troppo meritato 1-0 azzurro (il gol era stato realizzato da Boninsegna nei primissimi minuti di gioco) e per tutto il resto della partita furono soprattutto i tedeschi ad attaccare. Ma i sogni di una finale già conquistata furono infranti dall'1-1 segnato da Schnellinger dopo che il 90º era scaduto da 2 minuti e mezzo (c'è da ricordare che a quei tempi non era ancora invalsa la regola del recupero e, sebbene fosse facoltà dell'arbitro fischiare dopo, le partite di calcio terminavano di solito allo scadere del 90º).

A emozionare gli spettatori fu l’altalena di gol nei tempi supplementari. Prima andarono in vantaggio i Tedeschi (gol di Gerd Müller su incomprensione tra il portiere azzurro Albertosi e il terzino Poletti, ma subito pareggiarono gli Italiani con una provvidenziale quanto atipica proiezione offensiva del terzino azzurro Burgnich (che segnò qui uno dei pochissimi gol della sua carriera, certo il più importante), e poi di nuovo gli Italiani con una rete di Riva per il 3-2 con cui si chiuse il I tempo supplementare.

Tuttavia nel II tempo supplementare vi fu il momentaneo pareggio tedesco ancora con Gerd Müller che segnò di testa a filo del palo di sinistra, complice una grave incertezza di Rivera che si vide passare la palla rasente alla gamba senza intervenire. Ma lo stesso Rivera si fece perdonare nell'azione successiva; dopo una fuga sulla sinistra, Boninsegna effettuò un passaggio all'indietro a centro area verso uno smarcatissimo Rivera che spiazzò il portiere Maier segnando alla sua destra per il 4-3 finale che deliziò gli spettatori. Ma lo sforzo sostenuto a 2000 metri d’altezza fu pagato nella finale, nel corso della quale l’Italia riuscì a tener testa al Brasile di Pelé (che segnò al 18º uno splendido 0-1 di testa) per circa un’ora, pareggiando alla fine del 1º tempo con Boninsegna.

Tuttavia tre gol negli ultimi venti minuti (Gérson, Jairzinho e Carlos Alberto) sancirono la superiorità dei sudamericani che si portarono definitivamente a casa la Coppa Rimet (salvo perderla per furto qualche anno dopo). Comunque l’Italia si confermò la miglior nazionale europea e fece un’ottima impressione nonostante l'invenzione della "staffetta" tra Mazzola e Rivera a opera del CT Valcareggi e, a seguito di questa, i soli sei minuti giocati dallo stesso Rivera, entrato all'84º di una partita ormai ampiamente compromessa (episodio, questo, che darà vita al detto "i sei minuti di Rivera"). Template:Nazionale italiana mondiali 1970

  Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di calcio 1970.
 
Dino Zoff fu convocato per i Mondiali del 1970, del 1974, del 1978 e del 1982. Ottenne la fascia del capitano nel 1977 come successore di Giacinto Facchetti

Da Ferruccio Valcareggi a Enzo Bearzot (1970-1978)

Mondiali 1974

La nazionale che aveva ben figurato al mondiale necessitava di ricambio generazionale in alcuni settori fondamentali di gioco, ma Valcareggi rimase fedele ai calciatori che erano arrivati in finale, così l'Italia non fu in grado di difendere il suo titolo continentale, venendo eliminata ai quarti di finale del campionato d'Europa 1972 dal Belgio capitanato da Paul Van Himst (0-0 in casa e 2-1 belga nel doppio confronto).

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Il 29 settembre 1973 a Milano Riva segna alla Svezia il suo gol numero 34 in Nazionale. La sua ultima rete in Azzurro la segna alla Svizzera, in una partita valida per la qualificazione ai Mondiali del 1974

Discrete erano le aspettative per il campionato del mondo 1974, in programma in Germania: era pur vero infatti che la nazionale era praticamente quella messicana con quattro anni in più sulle spalle e Zoff al posto di Albertosi a difendere i pali, ma a mettere gli Italiani tra i favoriti alla vittoria finale c'erano la lunga imbattibilità del portiere friulano (che durava dal 20 settembre 1972) e soprattutto la prima storica vittoria azzurra a Wembley nel 1973 contro l'Inghilterra (gol di Capello a circa dieci minuti dalla fine).

Invece fu quasi una disfatta: vittoria poco convincente contro Haiti per 3-1, dopo che Sanon aveva portato in vantaggio i caraibici (interrompendo l'imbattibilità di Zoff e fissandola a 1143 minuti); 1-1 contro l'Argentina (Houseman e autogol dell'argentino-piemontese Perfumo), e sconfitta 2-1 contro la Polonia, quando per entrambe, un pareggio sarebbe bastato per accedere al turno successivo. Con questa sconfitta, invece, Argentina e Polonia al turno successivo e Italia a casa tra le polemiche.

Su tale sfortunatissima - e malissimo gestita - spedizione lo scrittore Giovanni Arpino scrisse nel 1977 un libro dall'eloquente titolo Azzurro tenebra (Einaudi). In pratica, l'episodio più significativo di tutto il Mondiale azzurro fu la celebre parolaccia lanciata da Chinaglia e ripresa in diretta TV all'indirizzo di Valcareggi al momento di essere sostituito da Pietro Anastasi (che peraltro segnò) nella partita contro Haiti. L'episodio, rese bene il clima che si respirava nello spogliatoio, diviso per clan.

La fallimentare avventura mise finalmente in chiaro che era l'ora di chiudere con una generazione che non aveva più nulla da dare e la Nazionale fu affidata nel luglio 1974 a Fulvio Bernardini, che si scelse come secondo Enzo Bearzot, già buon mediano di Inter e Torino. Bernardini iniziò a svecchiare la rosa e impiegò numerosi giovani promettenti che il campionato proponeva, come Antognoni, Pulici, Bettega, Causio (portato in Germania da Valcareggi ma pochissimo utilizzato), Gentile, Scirea e Tardelli, insieme a giocatori di sicuro affidamento come Bellugi e Benetti.

La squadra, largamente in fase di formazione, fallì la qualificazione agli Europei di Jugoslavia del 1976 (inserita in un girone molto duro, che comprendeva Olanda e Polonia, rispettivamente seconda e terza al mondiale precedente), ma si intravedeva già un'ossatura solida che permise alla Nazionale di staccare il biglietto per il decimo campionato del mondo (Argentina 1978) in un girone europeo di qualificazione che vedeva come avversaria più pericolosa l'Inghilterra, regolata per 2-0 a Roma ed eliminata per la peggior differenza reti rispetto all'Italia. Nel frattempo Bernardini aveva lasciato la Nazionale e quindi tutta la responsabilità tecnica ricadeva sulle spalle di Bearzot.

Mondiali 1978

 
Formazione iniziale della nazionale italiana prima della gara contra la Francia nell'undicesima Coppa del Mondo allo Stadio José María Minella. Mar del Plata, 2 giugno 1978

Il mondiale argentino mise in luce un'Italia capace di fare un gioco divertente, concreto e affatto diverso da quello cui gli italiani erano abituati: una difesa molto attenta basata sul blocco-Juventus (Zoff, Gentile, l'esordiente Cabrini, Scirea) più Bellugi, un centrocampo dinamico ma robusto con Tardelli, Benetti e Antognoni, e soprattutto un attacco in cui il funambolico Causio poteva scambiarsi di posto all'ala destra con Paolo Rossi, all'epoca ancora non infortunato al menisco e quindi abile e arruolato come centravanti-tuttofare.

A chiudere il tridente d'attacco Bettega. Superata in scioltezza la prima fase a punteggio pieno (2-1 alla Francia di Michel Platini, 3-1 all'Ungheria e addirittura 1-0 all'Argentina padrona di casa), gli Azzurri mostrarono un calo nella seconda fase: solo 0-0 contro una Germania Ovest non certo al suo meglio, e 1-0 all'Austria che stava ben figurando fin lì. Fu l'Olanda a mettere fine ai sogni di vittoria azzurri in Semifinale, battendo l'Italia per 2-1 con due gol da lontano che Zoff riuscì a farsi perdonare solo quattro anni dopo. Comunque, nonostante la sconfitta, l'Italia guadagnò il diritto a giocare la finale per il terzo posto, contro il Brasile.

Il fatto che gli Azzurri persero 2-1 non inficiò quanto di buono avevano comunque mostrato: dopo anni di parziale oblìo la nazionale totalizzava un secondo e un quarto posto mondiale in otto anni e tutti ora sapevano che per la vittoria finale in un campionato del mondo c'era un contendente in più, ritornato finalmente alla ribalta.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di calcio 1978.

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Gli anni ottanta: il ritorno definitivo

Lo scandalo-scommesse e gli Europei 1980

Subito dopo il quarto posto mondiale, l'Italia non dovette affrontare impegni di rilievo in quanto aveva ottenuto dall'UEFA l'organizzazione del sesto campionato europeo di calcio che, proprio dall'edizione 1980, era stato allargato a otto squadre e prevedeva l'ammissione d'ufficio alla fase finale della federazione ospitante. La squadra di Bearzot si presentava con fondate speranze di fare il bis del campionato di dodici anni prima.

Ma a seguito di un grosso scandalo esploso nella primavera del 1980, originato dalla denuncia di uno scommettitore clandestino della Capitale, vi fu un terremoto nell'ambiente del calcio professionistico italiano: dall'indagine e dal processo federale che ne seguì, vi furono pene dure per alcuni giocatori di primo piano, tra cui Giordano, Manfredonia e soprattutto Paolo Rossi, squalificato per due anni. Tutte le squalifiche irrogate decorrevano dal 1º maggio 1980.

Ciò privò la Nazionale del suo elemento migliore proprio alla vigilia del campionato europeo. La cosa pesò oltremisura perché la squadra perdeva il terminale naturale del gioco, e non bastò un volenteroso Altobelli a rimpiazzare Rossi nello schema predisposto da Bearzot. A uno scialbo pareggio per 0-0 ottenuto a Milano contro la Spagna fece seguito una vittoria a Torino contro l'Inghilterra per 1-0 con gol di Tardelli (dopo che Kennedy aveva preso un palo dalla lunga distanza). La partita decisiva, da giocarsi all'Olimpico contro un Belgio iperdifensivista che vantava rispetto all'Italia la stessa differenza-reti (+1) ma un maggior numero di gol segnati (3 contro 1 dell'Italia), venne addormentata dalla formazione di Guy Thys che portò via lo 0-0 che gli serviva per fare la finale contro i Tedeschi.

La Coppa andò in Germania, all'Italia la finale di consolazione contro la Cecoslovacchia campione uscente. Nell'occasione l'Italia inaugurò la sua negativa tradizione ventennale con i calci di rigore, perdendo 9-8 dopo aver pareggiato 1-1 (Jurkemik, Graziani) i 90' regolamentari e saltando i tempi supplementari, cui si rinunciò di comune accordo per motivi economici legati alla trasmissione via satellite.

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Mondiali 1982: la terza Coppa del Mondo (1980-1982)

«Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!»
 
Dino Zoff, Franco Causio e Enzo Bearzot giocano a scopone col Presidente Sandro Pertini dopo la conquista della Coppa
 
La copertina dell'album Calciatori rese omaggio alla vittoria italiana ai Mondiali di Spagna

Anche Bearzot, come ogni CT prima di lui, con l'eccezione forse di Pozzo, iniziò a ricevere critiche per via dei giocatori che sceglieva o, meglio, non sceglieva. Forti furono le pressioni dalle piazze mediatiche con i più vasti bacini d'utenza, in particolare quella milanese che spingeva per l'interista Beccalossi e quella romana che premeva per Pruzzo; furono pressioni alle quali Bearzot resistette nonostante interrogazioni parlamentari (respinte) presentate da deputati in cerca di notorietà che cercavano di far passare l'equazione "mancata convocazione di alcuni giocatori" = "lesione di interessi nazionali preminenti". Indipendentemente da tali fenomeni di colore, da un sondaggio effettuato poco prima dei mondiali emerse che solo l'1% degli italiani intervistati credeva si potesse vincere il campionato.

 
Sandro Pertini si congratula con Enzo Bearzot per il successo degli Azzurri ai Mondiali

La qualificazione al campionato non costituì un problema, perché quattro vittorie iniziali per 2-0, contro Grecia, Danimarca, Lussemburgo e Jugoslavia avevano messo l'Italia al riparo da rovesci, che infatti giunsero sotto forma di un 3-1 incassato dai Danesi al ritorno a Copenaghen. A essere criticato fu semmai il gioco non spettacolare della Nazionale. In verità il gioco non era molto diverso da quello espresso da precedenti Nazionali che ottennero risultati anche inferiori, ma la stampa trasse da ciò spunto per perorare con ancor maggiore enfasi la causa dei giocatori preferiti dei propri lettori. Di conseguenza bersagliare di critiche Bearzot era diventata ormai l'occupazione principale di quasi tutti i giornalisti sportivi.

Bisogna comunque dire che quella Nazionale si qualificò con un turno d'anticipo e ben prima di squadre che all'epoca godevano di credito maggiore (Inghilterra, Francia, Germania Ovest, che dovettero tutte attendere l'ultima partita per avere il visto per la Spagna). E dopo di essa solo la Nazionale di Lippi sarebbe riuscita, ventiquattro anni dopo, a qualificarsi in anticipo per la rassegna mondiale.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di calcio 1982.

L'Italia andò, quindi, in Spagna per giocare il dodicesimo campionato del mondo. Un sorteggio apparentemente favorevole (gli Azzurri erano stati sorteggiati in un girone che comprendeva Polonia, Perù e Camerun) rischiò di trasformarsi in una trappola: dopo aver pareggiato un brutto incontro per 0-0 contro i Polacchi, infatti, l'Italia non andò oltre un altrettanto brutto 1-1 contro il Perù. Ci volle un ulteriore pareggio per 1-1 contro i pari classifica del Camerun per passare il turno grazie al maggior numero di reti segnate a parità di differenza-reti rispetto alla Nazionale africana.

Quando poi l'Italia, nella seconda fase a gironi, venne affiancata a Brasile e Argentina, molti pensarono che l'eliminazione azzurra era stata solo ritardata di due partite. Invece, nel primo incontro contro l'Argentina, l'Italia sfoggiò una prestazione di tutto rispetto, riuscendo anche a neutralizzare l'avversario più pericoloso, Maradona: dopo un primo tempo equilibrato e chiuso sullo 0-0, furono prima Tardelli e poi Cabrini a prendere in contropiede la formazione sudamericana che, nonostante un gol di Passarella nel finale, non poté evitare la sconfitta.

Non evitò la sconfitta neppure contro il Brasile (3-1), sicché l'ultimo incontro, tra Brasile e Italia, divenne decisivo. Quello fu il capolavoro tattico di Bearzot che comprese in largo anticipo che i brasiliani, sia pur in vantaggio nel girone per differenza reti, non si sarebbero accontentati di passare alle semifinali con un pareggio, ma avrebbero strafatto pur di cercare la vittoria. E su questa presunzione brasiliana Bearzot costruì una gara fatta di difesa chiusa e contropiede: l'aver segnato quasi subito il gol dell'1-0 costrinse i sudamericani a uscire: nemmeno il pareggio di Sócrates fece loro cambiare tattica. Il 2-1 italiano fu opera di un allegro quanto sciagurato passaggio orizzontale nella difesa brasiliana. Ancora una volta, il Brasile non si chiuse in difesa, neppure dopo il 2-2 di Falcão, e l'Italia segnò il 3-2 su azione di calcio d'angolo (l'unico a suo favore in tutta la partita), mandando a casa il Brasile e tutta la pattuglia sudamericana in blocco.

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Nel 1982 Alessandro Altobelli fu il primo giocatore subentrante a segnare durante una finale di Coppa del mondo

A nulla valse l'assedio finale dei verde-oro, che si trovarono di fronte uno Zoff che chiuse la porta e si fece perdonare gli errori sui tiri da lontano di quattro anni prima in Argentina; anzi gli azzurri avevano segnato anche un quarto gol con Antognoni annullato per fuorigioco inesistente. Sugli scudi Paolo Rossi, autore di una tripletta, che il 30 aprile precedente aveva finito di scontare la squalifica biennale ed era stato subito richiamato da Bearzot in quanto pedina imprescindibile del suo gioco. La semifinale contro la Polonia priva di Boniek fu poco più che una formalità (due gol di Rossi e azzurri in finale), dopodiché, dodici anni dopo l'Azteca, Italia e Germania Ovest si incrociavano di nuovo in un incontro a eliminazione.

 
Italia Campione del Mondo 1982

L'Italia era più fresca, in quanto la Germania Ovest era reduce da una partita all'ultimo sangue, con supplementari e rigori, contro la Francia di Platini, ma quando Cabrini sbagliò un rigore nella prima parte del primo tempo molti sudarono freddo. Ma la Germania Ovest non poteva più reggere, e nel secondo tempo crollò sotto i colpi di Rossi (57°), Tardelli (69°), Altobelli (80°), prima che il difensore tedesco Breitner vedesse premiata la sua buona volontà e realizzasse il punto dell'onore tedesco. 3-1 per l'Italia e quella sera dell'11 luglio 1982, nello stadio Santiago Bernabéu di Madrid, di fronte all'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, gli Azzurri diventarono campioni del mondo dopo 44 anni dal trionfo di Parigi.

I pronostici dei giornalisti furono così clamorosamente smentiti. Per esempio, dopo la stentata qualificazione ai quarti di finale, uno dei più preparati e noti giornalisti italiani, il compianto Gianni Brera, aveva pubblicamente detto in TV che se la squadra italiana avesse battuto l'Argentina (e per il Brasile non si poneva neanche il problema) sarebbe andato ad Assisi a piedi per farsi frate. Da quel giorno in avanti, e fino ai giorni nostri, i giornalisti furono in generale più prudenti nei loro pronostici.

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Il declino della generazione mondiale (1982-1986)

Mondiali 1986

Interlocutorio il quadriennio successivo: così come Valcareggi dieci anni prima, Bearzot non seppe liberarsi dal vincolo di riconoscenza con la generazione che aveva vinto il campionato del mondo. Il girone di qualificazione al settimo campionato europeo in programma in Francia nel 1984, che comprendeva Romania, Cecoslovacchia, Svezia e Cipro si risolse in un calvario al termine del quale l'Italia racimolò la miseria di cinque punti, frutto di una vittoria (per 3-1 contro Cipro, peraltro nell'ultima partita del girone), tre pareggi e quattro sconfitte. È stata questa la peggiore prestazione in assoluto della nazionale italiana in un girone di qualificazione per il campionato europeo.

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Gaetano Scirea fu capitano ai Mondiali del 1986

Unico motivo di soddisfazione di quel periodo, l'assegnazione, nel maggio 1984, all'Italia del quattordicesimo campionato del mondo che si sarebbe tenuto nel 1990. In quell'occasione si fecero valere l'abilità diplomatica di Franco Carraro e Federico Sordillo, molto bravi a curare le pubbliche relazioni con i delegati presso la FIFA di nazioni calcisticamente ai margini, che al momento opportuno appoggiarono la candidatura italiana quando si trattò di scegliere il Paese organizzatore.

Qualificati d'ufficio ,come campioni del mondo in carica,al campionato 1986 in Messico (che ospitò, pur sconvolto da un terremoto nel settembre 1985, il torneo in sostituzione della Colombia, ritiratasi nel novembre 1982 per problemi finanziari e politici) gli Azzurri, che si presentavano con alcuni nuovi innesti tutti da verificare e ancora non ben amalgamati (tra gli altri, Di Gennaro e De Napoli), non brillarono, fin dalla partita inaugurale a loro riservata come campioni uscenti, contro la Bulgaria: finì 1-1 e 1-1 finì pure l'incontro che vide l'Italia contrapporsi all'Argentina. Una movimentata vittoria per 3-2 contro la Corea del Sud diede all'Italia il passaggio agli ottavi di finale contro una tonica Francia: il mondiale azzurro finì contro i gol di Platini e Stopyra, e lì finì anche la carriera di Commissario Tecnico di Enzo Bearzot.

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Gli anni novanta: la maledizione dei rigori

Azeglio Vicini (1986-1991): semifinale europea e mondiale

Euro 1988

Gli anni novanta della Nazionale italiana iniziarono in verità qualche anno prima, quando Bearzot lasciò il posto ad Azeglio Vicini, il quale da C.T. della Nazionale Under-21 era riuscito a giungere alla finale del campionato europeo di categoria 1986, perdendo poi contro la Spagna ai calci di rigore (non sapendo che quella sarebbe diventata una sinistra tradizione degli Azzurri).

Vicini cambiò radicalmente la squadra, confermando pochi elementi della spedizione in Messico, Bergomi, De Napoli, Bagni e si affidò a molti dei ragazzi che aveva cresciuto nell'Under 21, a cominciare da Zenga, Baggio, Vialli, Giannini, Donadoni e cercando di valorizzare un talento come Mancini, che nella Sampdoria era indiscusso, ma in Nazionale non riusciva a esprimersi in maniera consona alla sua classe. La Nazionale si qualificò per l'ottavo campionato europeo (Germania 1988) comportandosi, peraltro, benissimo nella prima fase a gironi, nella quale si trovò a dover fronteggiare la squadra padrona di casa, la Spagna e la Danimarca, rispettivamente finalista e semifinalista nell'edizione precedente.

L'Italia sfiorò la vittoria all'esordio contro i teutonici, passando in vantaggio proprio con gol di Mancini, sconfisse gli iberici con rete di Vialli e infine superò la Danimarca per due reti a zero. Nella semifinale, un'ancora inesperta Nazionale si dovette arrendere al ritmo dell'Unione Sovietica che tra il 60° e il 62° piazzò due colpi di classe (Litovčenko e Protasov) e si conquistò la finale, poi persa contro l'Paesi Bassi. Ma tutti elogiarono Vicini per il bel gioco espresso dalla Nazionale italiana che, quindi, si avviava fiduciosa verso il campionato del mondo del 1990.

Mondiali 1990

Inserita in un girone non impossibile, la squadra batté in sequenza Austria (1-0), Stati Uniti (1-0) e Cecoslovacchia (2-0). Sugli scudi Schillaci e Baggio (strepitoso il suo gol alla Cecoslovacchia, decretato il migliore del mondiale): la vittima sacrificale degli ottavi fu l'Uruguay anche se occorse più di un'ora al solito Schillaci per averne ragione; Aldo Serena poi arrotondò il punteggio a 2-0. Sempre Schillaci realizzò il gol-partita col quale l'Italia eliminò ai quarti di finale l'Irlanda. Ancora Schillaci portò in vantaggio l'Italia contro l'Argentina di Maradona, che tuttavia grazie a una chiamata difensiva errata tra Zenga e Riccardo Ferri pareggiò con Caniggia e, dopo due tempi supplementari sterili, inflisse all'Italia una pesante delusione battendola ai calci di rigore. Agli azzurri non rimase che la finale di Bari per il terzo posto, vinta battendo l'Inghilterra. Vicini fu criticato anche per non aver utilizzato nella semifinale Ferrara unico difensore che si allenava tutti i giorni con Maradona e che poteva controllarlo e comunque abituato a giocare in una piazza difficile come Napoli; poi gli umori ambientali dovevano spingere il tecnico ad utilizzare un giocatore locale, se non altro per non favorire un ambiente portato naturalmente a fare il tifo per l’Italia, ma certo non a gufare contro l’Argentina.

Fallita la grande occasione di vincere il campionato del mondo con una squadra bene attrezzata e un ambiente favorevole, l'Italia smarrì la strada e non riuscì a trovare la qualificazione al nono campionato europeo, in programma in Svezia nel 1992. Fu di nuovo l'URSS a frustrare le ambizioni azzurre. A qualificazione compromessa, Vicini fu esonerato e, con due gare ancora da giocare, venne chiamato sulla panchina azzurra Arrigo Sacchi, già tecnico del Milan e propugnatore di un nuovo tipo di calcio offensivo, le cui teorie avevano un ugual numero di accesi sostenitori e altrettanto accesi detrattori.

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Arrigo Sacchi (1991-1996): la finale di USA '94

 
Arrigo Sacchi

Mondiali 1994

Guadagnata la qualificazione al quindicesimo campionato del mondo (USA 1994) non senza difficoltà (pareggio stentato all'esordio a Cagliari contro la Svizzera, qualificazione all'ultima partita contro il Portogallo), l'Italia capitò in un girone non impossibile, ma pieno di insidie, nel quale avrebbe dovuto incontrare nell'ordine Irlanda, Norvegia e Messico. Nonostante il caldo opprimente e l'umidità, l'esordio a New York gelò gli azzurri: un gol di Houghton diede la vittoria agli Irlandesi, rendendo così decisivo già l'incontro successivo, contro la Norvegia.

Gli scandinavi si rivelarono subito fisici a dispetto del caldo asfissiante e su un contropiede norvegese Pagliuca uscì di mano fuori area procurandosi l'espulsione. Sacchi rinunciò allora a Roberto Baggio, al cui posto entrò il secondo portiere Luca Marchegiani. A segnare ci pensò l'altro Baggio, Dino. Contro il Messico, aprì Massaro e chiuse Bernal.

I quattro punti ottenuti consentirono all'Italia di passare il turno con l'ultimo posto disponibile per i ripescaggi tra le nazionali arrivate terze nei gironi. Dagli ottavi di finale in poi fu Roberto Baggio a tenere a galla il CT azzurro: di fronte alla Nigeria l'Italia vinse 2-1, ma si espresse largamente al di sotto del suo standard e giocò tutta la partita in svantaggio per 0-1 finché il fantasista vicentino riuscì a pareggiare all'88°, dopo che l'assurda espulsione di Zola, decretata dall'arbitro messicano Brizio Carter al 75°, sembrava aver definitivamente spento le speranze di rimonta azzurre. Un rigore nei supplementari diede i quarti all'Italia. Lì gli Azzurri trovarono la Spagna, regolata per 2-1 dalla coppia Roberto Baggio - Dino Baggio al termine di una gara molto difficile e spigolosa durante la quale Mauro Tassotti rifilò una gomitata nell'area italiana a Luis Enrique, non vista dall'arbitro ungherese Puhl (ma non sarebbe stato rigore per gli spagnoli in quanto se l'arbitro avesse visto l'azione avrebbe sanzionato l'intervento precedente dello spagnolo ed espulso in seguito il difensore italiano punendo la reazione che gli valse, tramite la prova TV, otto turni di squalifica).

Ancora Roberto Baggio realizzò la doppietta con la quale l'Italia vinse la semifinale contro la Bulgaria per 2-1 (gol della bandiera bulgara di Stoichkov su rigore). La finale fu un classico del calcio mondiale, Brasile-Italia, all'epoca tre mondiali vinti a testa, sebbene nell'insolita cornice del Rose Bowl di Pasadena (California). Con una formazione largamente in emergenza, piena di assenti e, laddove presenti, inabili (Roberto Baggio e Franco Baresi), l'Italia riuscì a chiudere 0-0 sia al 90° che al 120°. Ma così come quattro anni prima fu sconfitta ai rigori (errori di Baresi, Massaro e Roberto Baggio) ed il Brasile vinse il suo quarto titolo del mondo, il secondo consecutivo in una finale contro l'Italia. Va tuttavia ricordato che nonostante il clamore suscitato dall'errore al dischetto del fantasista, la squadra brasiliana avrebbe dovuto ancora effettuare l'esecuzione del proprio quinto rigore. Pertanto, l'eventuale realizzazione di Baggio avrebbe potuto non essere sufficiente per proseguire la serie.

Tra i motivi di critica verso Sacchi furono l'utilizzo di un Baggio bravo ma stanco e stressato, non era il calciatore delle ultime tre partite, al posto di Zola che poteva quantomeno riscattarsi dall'ingiusta espulsione negli ottavi di finale e del poco utilizzo che Sacchi aveva fatto di lui anche durante le qualificazioni e di Baresi rientrato dopo una ventina di giorni dopo l'operazione (nonostante abbia disputato una partita superba). Ed ai rigori sbagliano proprio loro due afflitti dai crampi.

Euro 1996

Praticamente da dimenticare l'esperienza azzurra al decimo campionato europeo, che si tenne in Inghilterra nel 1996: inserita in un ostico girone comprendente Russia, Rep. Ceca più la testa di serie Germania. Alla vigilia, la Nazionale perse Ferrara: Sacchi rimediò adattando Maldini come centrale, e promuovendo titolare Apolloni. Il Ct non portò in Inghilterra Panucci e Benarrivo, uomini che col senno di poi dovette rimpiangere. Niente Europa nemmeno per Roberto Baggio, Vialli e Signori, a causa di incomprensioni con lo stesso Sacchi, esclusioni che non sorpresero dal momento che già sollevarono un'infinità di polemiche in patria. L'Italia batté la Russia col risultato di 2-1, grazie alla prima doppietta azzurra di Casiraghi. Partì in quarta asfissiando i russi col pressing, andò in vantaggio, diventò quasi inguardabile dopo l'1-1 degli avversari, rinacque nella ripresa. Sacchi indovinò le sostituzioni (Donadoni per un Del Piero abulico in un ruolo di centrocampista non suo). Il resto lo fecero Casiraghi e Zola. Già dalla seconda partita, contro la Repubblica Ceca Sacchi cambiò cinque uomini, rinunciò al tandem Casiraghi-Zola, gettò nella mischia Ravanelli e Chiesa, Mussi e Fuser. Ripudiò, insomma, il vecchio detto «squadra che vince non si cambia». E perse la sua scommessa, così come l'Italia perse la partita. Finì 2-1 per i cechi, che andarono in vantaggio dopo quattro minuti con Nedved. Chiesa agguantò il pari, ma Apolloni si fece espellere dopo mezz'ora di gioco per doppia ammonizione, Sacchi tardò a rinforzare la difesa con Carboni e al 35' Bejbl chiuse la partita, almeno dal punto di vista del risultato. Inutile il secondo tempo, inutile la riorganizzazione del gioco, inutili i tardivi ripensamenti del Ct (dentro Zola e Casiraghi, troppo tardi). Gli Azzurri si giocarono tutto con la Germania, che nel frattempo aveva travolto la Russia (3-0). Del Piero, intanto, venne escluso da Sacchi alla vigilia della sfida. E la sfida decisiva condannò gli azzurri, anche se sul campo non ci fu sconfitta. Finì 0-0, l'Italia surclassò sul piano del gioco la Germania, dopo appena otto minuti Zola fallì un calcio di rigore e lo 0-0 che ne seguì condannò l'Italia all'eliminazione al primo turno. Prevedibili le polemiche al ritorno in patria anche se, va detto, alla fine Germania e Repubblica Ceca furono le due finaliste, con vittoria tedesca al golden gol.

Arrigo Sacchi si dimise nel dicembre del 1996, richiamato dal Milan, e la Nazionale fu affidata a Cesare Maldini, già allenatore dell'Under 21 e vice di Bearzot in Spagna nel 1982.

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Cesare Maldini (1996-1998): il dualismo "Baggio-Del Piero"

Mondiali 1998

 
Fabio Cannavaro, in totale 136 presenze in maglia azzurro, di cui 79 come capitano

Nella squadra allenata da Cesare Maldini il capitano era Paolo, figlio del CT e già punto fermo della Nazionale sin dai tempi di Vicini. Cesare esordì il 22 gennaio 1997 battendo a Palermo l'Irlanda del Nord per 2-0. In quella partita esordì in Nazionale Fabio Cannavaro, destinato a diventare un giocatore-simbolo degli anni a venire.

L'Italia, nel girone di qualificazione arrivò seconda dietro all' Inghilterra, qualificandosi così per gli spareggi: con la Russia, all'andata a Mosca sotto la neve l'Italia pareggiò 1-1 con gol di Christian Vieri, in quella partita esordì un altro futuro eroe azzurro: il portiere Gianluigi Buffon. Nel ritorno a Napoli, l'Italia vinse 1-0 con gol di Pierluigi Casiraghi che la qualificò per il Francia '98. Il sorteggio mise gli azzurri di fronte a Cile, Camerun e Austria.

 
Alessandro Nesta, in totale 78 presenze in maglia azzurro

Per Roberto Baggio era l'ultimo Mondiale, per il giovane Alessandro Del Piero doveva essere la consacrazione a livello di Nazionale, dopo che aveva vinto tutto con la Juventus. Finì che Del Piero, dopo una stagione conclusasi con 32 gol ufficiali tra campionato e coppe e una finale di Coppa dei Campioni, andò incontro a un calo fisico conseguenza di un infortunio nel finale di stagione, e non rese secondo le aspettative, e Baggio (anch'egli reduce da un'ottima stagione in cui mise a segno 22 gol in campionato) regalò gli ultimi acuti della sua esaltante carriera azzurra.

Nel girone l'Italia arrivò prima con 7 punti: pareggiò 2-2 con il Cile (Vieri e rig. Baggio); poi infilò 2 vittorie, 3-0 sul Camerun (2 Vieri, Di Biagio) e 2-1 sull'Austria, reti del solito Vieri e di Baggio. Agli ottavi al Velodrome c'è la Norvegia, Vieri sigla la sua quinta rete e porta gli azzurri ai quarti per la sfida con la Francia.

A Parigi andò in scena l'incontro più voluto e temuto, quello contro i transalpini padroni di casa della Francia: poche occasioni per parte e nemmeno i supplementari servirono a smuovere il risultato, che rimase sullo 0-0. Ai rigori gli azzurri persero 3-2; è la terza volta in tre edizioni consecutive dei mondiali, un incubo per tutto il popolo italiano. L'errore decisivo fu di Di Biagio, che vide il suo tiro stamparsi sulla traversa; in precedenza sbagliò anche Albertini. Maldini fu criticato per la pochezza del gioco azzurro e anche per le mancate convocazioni di 2 giocatori decisivi nelle qualificazioni: Zola, che siglò il gol-partita con l'Inghilterra a Wembley e Casiraghi che segnò il gol-partita nello spareggio con la Russia. Dopo il torneo Maldini si dimise dall'incarico di CT.

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Dino Zoff e la caduta sul traguardo (1998-2000)

Euro 2000

 
Francesco Totti e Alex Del Piero durante la finale Francia-Italia.
 
L'Italia contro la Francia nel 2000

L'esperienza del pluridecorato Dino Zoff alla guida della Nazionale italiana fu breve ma intensa. Scelto per sostituire Maldini, Zoff vantava già come allenatore notevoli risultati, il più significativo dei quali, almeno a livello di nazionale, era quello di aver qualificato l'Italia ai Giochi olimpici dopo quarant'anni (nel 1960 l'Italia era padrona di casa, e nel 1984 a Los Angeles si qualificò causa boicottaggio dei Paesi dell'Est). Zoff diede spazio a giovani di sicuro talento come il romanista Francesco Totti e Filippo Inzaghi, confermò l'assetto difensivo già collaudato da Maldini, e irrobustì il centrocampo con inserimenti di elementi affidabili come Gianluca Zambrotta, Stefano Fiore e Gianluca Pessotto.

La squadra si qualificò al campionato europeo senza brillare, pareggiando fuori casa l'ultima partita contro la modesta Bielorussia. Ciononostante ai nastri di partenza del campionato europeo di Belgio-Paesi Bassi 2000 l'Italia era tra le pretendenti al titolo e nel girone vinse tutte le gare: con la Turchia finì 2-1, gol di Conte e Inzaghi su rigore; col Belgio padrone di casa finì 2-0, reti di Totti e Fiore; infine la Svezia battuta 2-1 con gol di Di Biagio e Del Piero. Solo a Italia '90 e a Argentina '78 gli azzurri vinsero un girone a punteggio pieno. Contro la Romania, ai quarti di finale, Totti e Inzaghi segnarono i due gol che mandarono l'Italia in semifinale. All'Amsterdam Arena, in un clima ostile, la compagine di Zoff sfidò l'Paesi Bassi padrona di casa che puntava alla finale di Rotterdam.

La gara iniziò male per l'Italia: perso Zambrotta per doppia ammonizione a causa di due falli su Zenden (che sulla fascia stava mettendo in seria difficoltà l'allora juventino), gli azzurri rischiarono di capitolare. I Tulipani, tuttavia, sbagliarono due rigori: nel primo tempo con Frank De Boer (tiro parato da Toldo) e nel secondo con Kluivert (palo). L'assedio olandese alla porta italiana, durato 120 minuti, non produsse risultati, così la partita proseguì, per l'ennesima volta nella storia della nazionale, con i calci di rigore. Tra campionato europeo e campionato del mondo i quattro precedenti erano stati tutti fallimentari per gli azzurri. In quell'occasione, invece, i giocatori di Rijkaard furono molto imprecisi: dei tre rigori sbagliati, due furono parati da Toldo, che in totale ne neutralizzò tre in un solo incontro; per gli azzurri andarono a segno Di Biagio, Pessotto e Totti. Per la prima volta l'Italia vinse uno spareggio importante dagli undici metri, dopo le ultime delusioni ai mondiali 1990, 1994 e 1998 e raggiunse la finale dell'Europeo dopo 32 anni.

La finale a Rotterdam fu la riedizione dell'incontro di due anni prima contro la Francia, nel frattempo divenuta campione del mondo 1998. L'Italia nel complesso espresse un gioco migliore rispetto agli avversari, ma ciò non fu sufficiente a vincer. Nel secondo tempo gli azzurri passarono in vantaggio con Delvecchio, ma il francese Wiltord rispose con una rete al terzo minuto di recupero. Nei tempi supplementari Trézéguet siglò il decisivo golden gol che diede alla Francia il suo secondo titolo di campione d'Europa. Zoff si dimise poco dopo, infastidito da alcune dichiarazioni fatte dall'allora leader dell'opposizione Berlusconi che criticò fortemente alcune sue scelte tattiche, concludendo amaramente la sua avventura azzurra.

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Giovanni Trapattoni e i due fallimenti (2000-2004)

 
Giovanni Trapattoni

Mondiali 2002

A succedere a Dino Zoff sulla panchina azzurra venne chiamato Giovanni Trapattoni, che esordì il 3 settembre 2000 in Ungheria-Italia 2-2 a Budapest in un incontro valido per le qualificazioni al campionato del mondo 2002. Il 7 ottobre 2000 arrivò la prima vittoria per il Trap, un 3-0 alla Romania al Meazza, in occasione della 113esima presenza in Nazionale di Paolo Maldini, che superò il record di Dino Zoff. Affrontato senza problemi il girone di qualificazione ai Mondiali, nel 2002 Trapattoni era pronto a guidare l'Italia nell'avventura del diciassettesimo campionato del mondo nella cornice asiatica della Corea del Sud e del Giappone. La spedizione però non riservò le soddisfazioni previste.

Nel girone di qualificazione l'Italia fece molta fatica, sconfiggendo l'Ecuador per 2-0 ma andando poi a perdere con la Croazia (2-1). Il pareggio conquistato contro il Messico permise comunque agli azzuri di qualificarsi alla fase finale del torneo. L'ottavo di finale disputato contro la Corea del Sud determinò però la fuoriuscita a sorpresa dell'Italia dal torneo a causa di un golden gol segnato da Ahn, all'epoca giocatore del Perugia, che decise l'incontro ai supplementari.

Euro 2004

Nonostante l'eliminazione fu riconfermata la fiducia a Trapattoni. La squadra, dopo un avvio difficile, reagì bene e si qualificò al dodicesimo campionato europeo, ma non riuscì ad accedere alla fase finale del torneo. Pareggiò in chiaro-scuro per 0-0 all'esordio contro la Danimarca e per 1-1 contro la Svezia, per poi concludere con una vittoria per 2-1 contro la Bulgaria. Cinque punti sarebbero potuti bastare, ma il pareggio per 2-2 tra Svezia e Danimarca qualificò le due squadre scandinave in ragione del maggior numero di gol segnati a parità di differenza reti e a parità di punti. L'Italia fu quindi eliminata e Trapattoni lasciò l'incarico.

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Marcello Lippi e la quarta Coppa del mondo (2004-2006)

Mondiali 2006

«E allora diciamolo tutti insieme, ma tutti insieme, quattro volte, siamo Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo! Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene, vogliamoci tanto bene! Perché abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti stasera, abbiamo vinto tutti...»
«Guardate dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai, guardate con chi siete perché non ve lo dimenticherete mai!»
«È finita, è finita, è finita, è finita... il cielo è azzurro sopra Berlino! Siamo Campioni del Mondo!»
 
Marcello Lippi ha guidato la nazionale nei bienni 2004-2006 e 2008-2010

Il biennio 2004-2006, gestito da Marcello Lippi, è stato quello più ricco di soddisfazioni dai tempi di Enzo Bearzot. Giunto a rimpiazzare Trapattoni, Lippi esordì il 18 agosto 2004 perdendo 2-0 in amichevole a Reykjavík contro l'Islanda. L'Italia ha poi condotto e vinto con autorevolezza il girone di qualificazione. Ai nastri di partenza la maggior parte degli Italiani, anche a causa dello scandalo di calciopoli, temeva che sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, vincere il Mondiale. Lo stesso Lippi, con un figlio procuratore al soldo di una società rimasta implicata nello scandalo[2], non fu esente da critiche, ma rimase al suo posto per tutta la durata del torneo.

Comunque, il sorteggio mise gli azzurri di fronte a Ghana, Stati Uniti e Rep. Ceca. L'esordio fu positivo, con un 2-0 ottenuto contro un Ghana in forma, grazie alle reti di Pirlo e Iaquinta. Il successivo 1-1 contro gli Stati Uniti con rete di Gilardino attenuò l'entusiasmo, ma bastò battere la Repubblica Ceca 2-0 (Materazzi e Inzaghi) per guadagnare la qualificazione alla seconda fase del torneo. Negli ottavi di finale l'Italia trovò l'Australia guidata da Guus Hiddink, colui che quattro anni prima aveva eliminato l'Italia con la Corea del Sud. All'inizio del secondo tempo l'espulsione di Materazzi fece temere il peggio, ma un rigore di Totti, "conquistato" da Grosso al 93º minuto, decise il risultato e diede i quarti di finale all'Italia. Una modesta Ucraina mise in difficoltà gli azzurri, che dopo aver sbloccato subito il risultato con Zambrotta ebbero non poche difficoltà. Alla fine Toni realizzò una doppietta che chiuse una partita combattutissima. L'Italia vinse infine per 3-0 e giunse in semifinale.

 
Festa italiana al Circo Massimo il 10 luglio 2006, dopo la vittoria dell'Italia nei Mondiali

Avversaria degli azzurri fu la Germania padrona di casa. Nessuna delle due squadre riuscì a prevalere e si andò quindi ai supplementari, dove a fare la differenza fu l'Italia, che passò in vantaggio al 119º minuto con una rete segnata dal terzino Fabio Grosso su assist di Pirlo. Arrivò poco dopo anche il 2-0 firmato da Del Piero, su assist di Gilardino. L'Italia diventò la prima squadra a battere la Germania nel Westfalestadion (Dortmund), il più grande stadio tedesco, e conquistò la sua sesta finale mondiale. Nell'ultima sfida l'Italia si ritrovò di fronte alla Francia. L'incontro terminò 1-1 dopo 120 minuti (rigore dopo pochi minuti di Zidane, pareggio di Materazzi poco dopo) di partita equamente condotta, a sprazzi, da entrambe le parti. Nei supplementari Zidane mise fine alla sua grande carriera nel peggior modo possibile, colpendo in petto Materazzi, che lo aveva provocato verbalmente, con una testata e facendosi espellere. La sequenza dei rigori vide la Nazionale italiana a segno con tutti e cinque i suoi calciatori. Mai prima di allora aveva realizzato una serie completa senza errori (nell'ordine: Pirlo, Materazzi, De Rossi, Del Piero e Grosso). Per i francesi, Wiltord, Abidal e Sagnol segnarono, mentre Trézéguet, colui che aveva segnato il decisivo golden gol nella finale degli Europei del 2000, colpì la traversa e con il suo errore condannò la Francia. L'Italia fu quindi incoronata campione del mondo per la quarta volta, scatenando la gioia di milioni di italiani, 24 anni dopo il successo in terra spagnola e nello stesso stadio dove settant'anni prima aveva vinto la finale olimpica del 1936. Lippi non aveva, comunque, dimenticato le polemiche della vigilia e, durante la prima conferenza stampa ufficiale al rientro in Italia, rassegnò le sue dimissioni tra lo stupore generale.

Il 14 luglio 2006, a ricordo della vittoria mondiale, il governo italiano ha comunicato la realizzazione di un francobollo commemorativo dell'evento a cura di Poste Italiane. Inoltre fu fatta coniare anche una moneta commemorativa in argento del valore nominale di 5 euro a cura dell'Istituto Poligrafico e Zecca di Stato. Template:Nazionale italiana mondiali 2006

Roberto Donadoni e l'Europeo amaro (2006-2008)

Euro 2008

 
Roberto Donadoni

Dopo le dimissioni di Marcello Lippi, Roberto Donadoni, già calciatore di Atalanta e Milan e allenatore del Livorno fino al febbraio 2006, viene nominato commissario tecnico della Nazionale. La prima partita diretta da Donadoni, un'amichevole giocata proprio allo Stadio Armando Picchi di Livorno contro la Croazia, finisce 2-0 per la squadra ospite. Nell'occasione è schierata una formazione largamente sperimentale, totalmente priva degli elementi che hanno vinto il campionato del mondo[3]. Prima di Donadoni gli altri CT italiani che avevano perso all'esordio in panchina erano stati Pozzo, Bearzot e Lippi, cioè gli artefici dei quattro trionfi della Nazionale italiana ai Mondiali.

Il 2 settembre 2006 cominciano le gare di qualificazione al campionato d'Europa 2008. L'inizio non è positivo: a Napoli gli Azzurri pareggiano per 1-1 con la Lituania e poi perdono a Parigi per 3-1 contro la Francia, a quasi due mesi dalla finale del Mondiale. Dai turni successivi, però, giungono le prime soddisfazioni con Ucraina (2-0 a Roma) e Georgia (1-3 a Tbilisi), seguite dalle vittorie contro Scozia (2-0 a Bari), Fær Øer (1-2 a Tórshavn) e Lituania (0-2 a Kaunas).

L'8 settembre 2007 la sfida contro la Francia allo Stadio Meazza finisce 0-0, ma subito dopo l'Italia continua la sua serie di successi sconfiggendo Ucraina (1-2 a Kiev) e Georgia (2-0 a Genova). Il 17 novembre 2007, grazie alla vittoria per 2-1 contro la Scozia a Glasgow, dove non aveva mai vinto, l'Italia si qualifica per gli Europei 2008 con un turno d'anticipo. La vittoria per 3-1 sulle Isole Fær Øer a Modena risulta ininfluente per la qualificazione.

 
Francia-Italia del 17 giugno 2008

L'Italia, inserita dall'UEFA in seconda fascia, è stata sorteggiata nel girone di ferro di Euro 2008, con Olanda, Romania e Francia. L'avvio non è positivo: l'infortunio nel primo giorno di allenamento del capitano azzurro Fabio Cannavaro costringe il CT a convocare al suo posto un altro difensore, Alessandro Gamberini[4]. Il nuovo capitano ufficiale della competizione è Alessandro Del Piero a patto che giochi titolare, altrimenti la fascia passa a Gianluigi Buffon. Inoltre la squadra perde a Berna la partita d'esordio contro l'Olanda (prima sconfitta con gli olandesi dopo trent'anni[5]), subendo ben tre reti senza segnare neanche un gol divenendo protagonista di una prestazione molto opaca. Già dal giorno dopo, la stessa conduzione di Donadoni è messa pesantemente in discussione dalla stampa[5], che invoca cambi nella formazione titolare. Nella seconda partita contro la Romania l'Italia pareggia per 1-1, con un gol annullato a Luca Toni per un fuorigioco inesistente e un rigore calciato da Adrian Mutu magistralmente parato da Buffon nel finale. Nella terza partita, martedì 17 giugno, l'Italia batte la Francia 2 a 0 a Zurigo con reti di Andrea Pirlo su rigore e Daniele De Rossi su punizione deviata da Henry (erano trent'anni che gli Azzurri non battevano la Francia nei 90 minuti di gioco, esattamente dal mondiale del '78), qualificandosi ai quarti (beneficiando della sconfitta della Romania per 2-0 contro l'Olanda già qualificata). Nell'ultimo quarto di finale, disputatosi a Vienna domenica 22 giugno, l'Italia ha pareggiato 0-0 dopo i tempi supplementari con la Spagna, poi campione, ed è stata eliminata perdendo per 4-2 ai calci di rigore. Decisive sono risultate le parate di Iker Casillas sui tiri di Daniele De Rossi e Antonio Di Natale, mentre gli spagnoli hanno fallito un solo tiro, quello di Daniel Guiza, parato da Buffon. In ogni caso la nazionale spagnola aveva tenuto il pallino del gioco per tutta la partita. Template:Nazionale italiana europei 2008

Lippi-bis e la doppia disfatta sudafricana (2008-2010)

Il 26 giugno 2008[6] Roberto Donadoni viene esonerato tramite una clausola rescissoria secondo cui se il CT non fosse arrivato almeno alle semifinali degli Europei 2008, la FIGC sarebbe stata autorizzata a sollevarlo dal suo incarico[7]. L'eventualità si è verificata e lo stesso giorno la FIGC ha ufficializzato il ritorno di Lippi[6], che torna a guidare la Nazionale italiana di calcio in vista della FIFA Confederations Cup 2009 e del campionato del mondo 2010, in programma in Sudafrica.

Il secondo debutto di Lippi sulla panchina azzurra è avvenuto il 20 agosto contro l'Austria a Nizza (2-2 il risultato finale, dopo un doppio svantaggio). Nella sua seconda partita contro la Grecia, Lippi pareggia per 1-1 grazie ad una rete di Toni che torna a segnare dopo mesi di digiuno gol. Lippi detiene il Record assoluto con 32 risultati utili consecutivi con la Nazionale.

Nelle qualificazioni l'Italia viene inserita in un gruppo abbastanza agevole: gli azzurri pescano Irlanda, Bulgaria, Bulgaria, Cipro, Montenegro e Georgia.

L'inizio non è dei migliori: a Larnaca sono la doppietta di Di Natale e le prodezze di Gigi Buffon a regalare la vittoria contro i modesti ciprioti. Nemmeno l'impegno successivo ad Udine contro i georgiani è entusiasmante perché gli azzurri vincono 2-0 (doppietta di De Rossi) ma faticano contro un avversario di gran lunga inferiore. Dopo il pari in Bulgaria e la doppia vittoria contro i montenegrini gli azzurri riescono finalmente ad esprimere un gioco convincente; tra l'altro, nella gara di Podgorica c'è l'esordio con gol di Pazzini, letteralmente rinato con la maglia della Sampdoria. Il 1 aprile 2009 va in scena a Bari lo scontro diretto con l'Irlanda allenata dall'ex ct azzurro Giovanni Trapattoni. Pronti via e Pazzini viene espulso dopo neanche un minuto: Iaquinta porta avanti gli azzurri dopo 10 minuti, ma prima del 90' gli irlandesi pareggiano e costringono l'Italia a rimandare i festeggiamenti per la qualificazione.

Confederations Cup 2009

Nel mese di giugno la Nazionale esordisce in una competizione che non l'aveva mai vista protagonista, la Confederations Cup svoltasi in Sudafrica. La partita d'esordio a Johannesburg contro gli Stati Uniti è vinta dagli azzurri per 3-1 in rimonta con la doppietta di Giuseppe Rossi, all'esordio in una fase finale con la nazionale, e il gol di Daniele De Rossi. Il passo falso arriva però nella seconda giornata, con una sconfitta di misura (1-0) contro l'Egitto, che mette a rischio la qualificazione degli azzurri alle semifinali. Le speranze italiane vengono riposte nell'ultimo incontro col Brasile. Tuttavia, la squadra azzurra disputa una brutta partita e perde 3-0. I gol arrivano tutti nel primo tempo e quella che doveva essere la partita della svolta si trasforma in una disfatta. La squadra azzurra non subiva 3 reti nel primo tempo dal lontano 1957, contro la Jugoslavia. Perfino alcuni giocatori dello stesso Brasile si sono detti stupiti della scarsa prestazione degli azzurri, dai quali ci si aspettava senza dubbio qualcosa di meglio. L'attenzione si spostò quindi su una possibile rivincita a Sudafrica 2010, che invece si rivelerà essere il peggiore mondiale in assoluto disputato dalla nazionale italiana.

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Sudafrica 2010

 
L'Italia durante la partita del 14 giugno contro il Paraguay

Dopo la pessima Confederations Cup, l'Italia vince in Georgia solo grazie a due autoreti del difensore del Milan Kaladze. Poi, gli azzurri convincono a Torino dove superano 2-0 la Bulgaria (reti di due juventini, Grosso e Iaquinta) e il 10 ottobre, in seguito al 2-2 ottenuto a Dublino contro l'Irlanda, gli azzurri staccano il bigletto per il Sudafrica. L'Italia chiude battendo 3 a 2 Cipro a Parma.

Il mondiale sudafricano inizia nel segno delle contestate convocazioni fatte da Lippi, che esclude alcuni talenti, in primis Cassano e Balotelli, per far posto a molti calciatori reduci da una stagione pessima nei rispettivi club. Le amichevoli pre-mondiale a Bruxelles contro il Messico (sconfitta per 2-1) e a Losanna contro la Svizzera (pareggio per 1-1) non danno segnali incoraggianti.

Il girone mondiale, sorteggiato a Durban il 4 dicembre 2009, sembra essere molto favorevole: nel gruppo F ci sono Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda. L'esordio nel primo mondiale giocato in Africa avviene il 14 giugno a Cape Town contro il Paraguay. Nel finale di primo tempo segna Alcaraz che stacca di testa su calcio di punizione; nella ripresa pareggia De Rossi, che deposita la palla in rete dopo uno svarione del portiere paraguayano Villar su un calcio d'angolo per l'1-1 finale. Nella seconda gara, il 20 giugno a Nelspruit contro i neozelandesi, gli azzurri vanno di nuovo in svantaggio per un gol di Smeltz che, in posizione dubbia, supera Marchetti (sostituto di Buffon, infortunatosi dopo la prima partita). Pareggia Iaquinta su un rigore discutibile. A questo punto all'Italia può bastare non perdere contro la Slovacchia per qualificarsi, seppur come seconda, agli ottavi nelle sfida decisiva di Johannesburg del 24 giugno. Ciononostante l'Italia viene sconfitta clamorosamente dalla nazionale slovacca per 3-2 in una gara combattutissima e viene eliminata per la sesta volta al primo turno di un mondiale, chiudendo il girone addirittura all'ultimo posto e senza vittoria, fatto mai accaduto prima nella storia degli azzurri.

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Cesare Prandelli (2010-oggi)

 
Antonio Cassano è stato richiamato da Prandelli dopo l'esclusione ai Mondiali 2010 da parte del consulente tecnico Marcello Lippi.[8][9][10]
 
Cesare Prandelli, l'attuale allenatore della Nazionale.

Già prima del mondiale in Sudafrica la FIGC comunica la scelta di Cesare Prandelli come successore di Lippi alla guida della nazionale[11]. Al nuovo commissario tecnico spetta il gravoso compito di risollevare una nazionale giunta al punto più basso della sua storia recente. Prandelli inserisce nel gruppo volti vecchi e nuovi come Antonio Cassano, Mario Balotelli, questi due grandi esclusi dei Mondiali 2010, Pirlo, De Rossi e Quagliarella. Prandelli non ha esluso il possibile ritorno di Gianluigi Buffon come futuro capitano della Nazionale.[12]

L'esordio di Prandelli avviene all'Upton Park di Londra dove gli azzurri affrontano la Costa d'Avorio. Gli ivoriani, grandi delusi al mondiale sudafricano, vincono 1-0 con una rete del difensore Kolo Touré.

Il 3 settembre 2010 cominciano le gare di qualificazione al campionato d'Europa 2010. L'inizio è positivo: a Tallinn gli Azzurri vincono per 2-1 con l'Estonia[13], vincono a Firenze per 5-0 contro le Isole Fær Øer[14] e poi pareggiano 0-0 con l'Irlanda del Nord a Belfast. Il 12 ottobre era prevista la partita contro la Serbia allo Stadio Luigi Ferraris di Genova, ma a causa delle intemperanze dei sostenitori serbi il match è stato sospeso al sesto minuto del primo tempo sul risultato di 0-0.

Note