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Jena e Friedland: i capolavori di Napoleone

  Lo stesso argomento in dettaglio: Quarta coalizione.
 
Napoleone Bonaparte

Con l'Austria messa fuori gioco e l'esercito russo scacciato dall'Europa centrale, Napoleone sperò che il nuovo governo britannico del Primo Ministro lord Grenville fosse ormai pronto ad accettare un trattato di pace che riconoscesse la posizione di predominio acquisita dalla Francia sul continente, ma queste speranze rimasero presto deluse: non fu possibile stipulare alcun accordo con i britannici, mentre una proposta preliminare per un trattato di pace venne seccamente respinta dal governo di San Pietroburgo nell'agosto del 1806. Con la Russia ancora in armi contro la Francia, la preoccupazione principale di Napoleone divenne quella di costituire un cordone sanitario per difendere i confini francesi. Come prima cosa, Napoleone si dedicò a neutralizzare la minaccia potenziale rappresentata dalla Prussia: nonostante le provocazioni dei francesi e le lusinghe dei coalizzati, il regno di Federico Guglielmo III era rimasto neutrale durante il precedente conflitto, principalmente perché il sovrano puntava ad assicurarsi il controllo dell'Hannover, stato tedesco il cui sovrano era lo stesso re d'Inghilterra Giorgio III, e che per questo era stato occupato dai francesi già nel 1803; con la convenzione di Schönbrunn del 15 dicembre 1805, la Prussia ottenne l'Hannover, ma in cambio cedette alla Francia i principati di Cleves, Ansbach e Neuchâtel, e riconobbe di fatto il predominio francese sulla Germania meridionale [1]. Con la Prussia diplomaticamente umiliata, Napoleone si dedicò alla riorganizzazione degli stati tedeschi: il 12 luglio 1806 venne costituita la Confederazione del Reno, riunendo sotto un unico organismo strettamente controllato dalla Francia tutte le nazioni tedesche più importanti. Con il fratello Luigi Bonaparte saldamente insediato sul trono dei Paesi Bassi, ed il figliaccio Eugenio di Beauharnais su quello d'Italia, i confini della Francia erano ora protetti contro un attacco russo da est [2].

L'accordo con la Francia aveva provocato forti contrasti in seno alla corte prussiana: ad un "Partito della Pace" guidato dal ministro degli esteri Christian Graf von Haugwitz e dal comandante dell'esercito Carlo Guglielmo duca di Brunswick, che cercava di ottenere il miglior accordo per la Prussia senza bisogno di ricorrere alle armi, si contrapponeva un "Partito della Guerra" capitanato dalla violentemente francofoba regina Luisa, contrario a qualsiasi accordo e desideroso di un confronto diretto contro i francesi per il predominio in Germania [3]. Il "Partito della Guerra", che raccoglieva sempre più consensi nella nobiltà e negli ambienti militari prussiani, vide pendere l'ago della bilancia nei suoi confronti nella seconda metà del 1806: durante i negoziati con il Regno Unito, inaspettatamente Napoleone si offrì di restituire l'Hannover, già ceduto alla Prussia, al suo precedente proprietario [4]; sebbene la proposta venne respinta dai britannici, essa scatenò un tumulto nell'opinione pubblica a Berlino, ed il "Partito della Pace" si vide mettere in minoranza. Nonostante il titubante Federico Guglielmo fosse più favorevole alle posizioni del "Partito della Pace", dovette infine cedere alle pressioni che venivano dagli ambienti nobiliari [5]. Il 7 agosto il re prese la decisione di entrare in guerra contro la Francia: un trattato di alleanza venne rapidamente stipulato tra Prussia, Regno Unito, Russia, Svezia e Portogallo, dando così vita alla quarta coalizione; il 10 agosto l'esercito prussiano venne mobilitato, ed entro la fine del mese la Prussia invase il confinante Elettorato di Sassonia, al fine di tenerlo fuori dalla Confederazione del Reno ed obbligarlo ad entrare nella coalizione anti-francese.

Napoleone era riluttante ad impegnarsi in guerra contro la Prussia, in quanto credeva che i titubanti prussiani non avrebbero mai commesso la "follia" di attaccarlo senza un massiccio supporto dei russi [6]; solo il 6 settembre le riserve francesi vennero richiamate, mentre le truppe acquartiernate in Germania vennero messe in stato d'allerta il 10 settembre. Per il 15 settembre, Napoleone aveva preso la decisione definitiva: davanti alla conferma dell'invasione prussiana della Sassonia, l'imperatore dispose il concentramento della sua armata per l'imminente campagna. Nell'arco di 48 ore, l'imperatore dettò non meno di 120 ordini separati, facendo affluire i diversi corpi della Grande Armée dalla Francia e dalla Germania meridionale verso la zona compresa tra Würzburg ed Amberg, ai confini della Sassonia; per il 5 ottobre, 200.000 soldati francesi erano pronti a muovere [7]. Il 2 ottobre Napoleone arrivò al quartier generale di Würzburg, dove il 7 ricevette un ultimatum prussiano con cui gli veniva ingiunto di ritirare le sue truppe dalla Germania; per tutta risposta, l'8 ottobre l'esercito francese entrò in Sassonia [8].

Nonostante avesse un mese di vantaggio sulla preparazione militare rispetto ai francesi, l'alto comando prussiano non aveva un piano di battaglia definito: i rapporti tra gli ufficiali superiori erano minati da ambizioni e rivalità personali, mentre la mancanza anche di un embrione di stato maggiore non faceva che aggravare la già caotica situzione [9]. Al contrario, Napoleone aveva pronto un piano per la campagna già per la fine di settembre: divisa in tre colonne, la Grande Armée avrebbe aggirato il fianco destro del nemico marciando attraverso la catena di colline del Thüringer Wald, incuneandosi tra i prussiani e l'esercito russo in lenta avanzata da est; anche se non aveva una precisa idea della disposizione delle truppe prussiane, Napoleone contava di battere le truppe del duca di Brunswick in una battaglia decisiva a sud dell'Elba, prima di marciare direttamente su Berlino [10]. Le truppe francesi si misero in marcia la mattina dell'8 ottobre, ed in appena 72 ore si portarono saldamente oltre il Thüringer Wald; il duca di Brunswick reagì a questa manovra cercando di concentrare le disperse truppe prussiane tramite un ripiegamento dietro il fiume Saale in direzione di Erfurt]. Dopo aver continuato a marciare verso nord, tra il 12 ed il 13 ottobre Napoleone, informato del ripiegamento verso la Saale dei prussiani, fece compiere all'intero esercito una conversione di 90° verso ovest, manovra difficile che riuscì perfettamente [11]. L'imperatore era ora convinto che il grosso dell'esercito prussiano si trovasse a nord di Erfurt presso Jena, e si preparò al combattimento per il giorno seguente; al maresciallo Davout, comandante del III Corpo che, per effetto della conversione a 90°, si trovava ora all'ala destra dell'armata, venne ordinato di muovere in direzione di Naumburg, a nord di Jena, per tagliare la via di ritirata ai prussiani [11]. In realtà, le truppe avvistate a Jena erano la retroguardia dell'esercito prussiano, capitanata dal principe Hohenlohe; il grosso delle forze prussiane si trovava più a nord, presso Auerstädt, proprio sulla linea d'avanzata del III Corpo di Davout [11].

La mattina del 14 ottobre 1806, i 90.000 francesi di Napoleone affrontarono i 50.000 prussiani e sassoni di Hohenlohe e, dopo dieci ore di lotta serrata, inflissero loro una dura sconfitta nella battaglia di Jena; la carica finale della cavalleria francese del maresciallo Murat trasformò la ritirata prussiana in una rotta. Il successo di Napoleone era stato netto, ma fatti ben più importanti erano avvenuti quello stesso giorno otto miglia più a nord, ad Auerstädt: qui i 33.000 uomini di Davout affrontarono i 63.000 uomini dell'armata principale prussiana del duca di Brunswick; dopo aver respinto diversi pesanti assalti i francesi passarono al contrattacco, ricacciando indietro i prussiani ed infiggendo loro numerose perdite, tra cui lo stesso duca di Brunswick, mortalmente ferito alla testa. Proprio la perdita del comandante fece sì che la ritirata prussiana non si svolgesse con ordine, ed i resti dell'esercito si frammentarono in vari distaccamenti.




In agosto, il re di Prussia Federico Guglielmo III prese la decisione di andare alla guerra indipendentemente dalle altre grandi potenze. Il corso degli avvenimenti più sensato sarebbe stato dichiarare guerra l'anno precedente ed unirsi ad Austria e Russia. Questo avrebbe potuto contenere Napoleone ed evitare il disastro alleato nella battaglia di Austerlitz. Stando così le cose, l'esercito russo, alleato della Prussia, si trovò abbastanza lontano quando Guglielmo fece la sua scelta. In settembre, Napoleone lanciò tutte le forze francesi sul Reno, circa 160.000 uomini che aumentarono man mano che la campagna si sviluppava, contro la Prussia e si mosse con tale velocità che annichilì l'esercito prussiano forte di circa 250.000 uomini. La Prussia dovette sopportare la morte di 25.000 di essi, 150.000 furono fatti prigionieri ed i francesi si appropriarono di circa 4.000 pezzi di artiglieria e 100.000 moschetti che furono immagazzinati a Berlino. L'esercito prussiano fu definitivamente sconfitto da Napoleone nella battaglia di Jena e dal maresciallo Davout nella battaglia di Auerstädt (14 ottobre del 1806). Quest'ultima battaglia venne combattuta fra un semplice corpo d'armata francese ed il grosso dell'esercito prussiano, mentre a Jena Napoleone lottò contro un distaccamento dell'esercito prussiano.

Napoleone entrò a Berlino il giorno 27, e visitò la tomba di Federico II il Grande, ordinando ai suoi marescialli di togliersi il cappello e dicendo: «Se egli fosse vivo, noi non staremmo qui oggi». In totale, Napoleone aveva impiegato solamente 19 giorni dal principio del suo attacco alla Prussia fino alla conclusione della guerra con la caduta di Berlino e la distruzione dei suoi principali eserciti a Jena ed Auerstädt. Quella Prussia che aveva lottato per tre anni nella guerra della prima coalizione.

A Berlino, Napoleone promulgò una serie di decreti che entrarono in vigore il 21 novembre del 1806, portando a termine il blocco continentale che pretendeva di eliminare la minaccia britannica attraverso misure economiche. Il Regno Unito manteneva un esercito regolare di soli 220.000 uomini nel momento algido delle guerre napoleoniche, quando le forze francesi superavano la cifra di un milione e mezzo, oltre agli eserciti di numerosi alleati e molte centinaia di migliaia di guardie civili che potevano essere aggregate agli eserciti in caso di necessità. La Royal Navy era un problema per i commerci extra europei della Francia, ma non poteva fare niente contro il commercio francese continentale, e non costituiva una minaccia per il territorio francese. D'altra parte, la popolazione e la capacità di produzione francese erano notevolmente superiori a quelle britanniche; tuttavia, il dominio dei mari da parte del Regno Unito permise a questo di consolidare una considerevole forza economica sufficiente ad assicurare che la Francia non potesse consolidare mai la pace fra le coalizioni che l'Inghilterra realizzava contro di lei. I governanti francesi, invece, credettero che isolare l'Inghilterra dal continente avrebbe determinato la fine della sua influenza economica sull'Europa. Questa era la base del blocco continentale.

La seguente tappa della guerra portò all'espulsione di truppe russe dalla Polonia e la creazione del nuovo Ducato di Varsavia. A questo punto Napoleone fece rotta verso nord per affrontare i resti dell'esercito russo e cercare di invadere la nuova capitale prussiana di Königsberg. Un movimento tattico nella battaglia di Eylau, tra il 7 e l'8 febbraio, costrinse i russi ad una successiva resa. Napoleone portò allora un attacco all'esercito russo nella battaglia di Friedland, il 14 giugno. Dopo questa sconfitta, Alessandro I si vide obbligato a firmare la pace con Napoleone con il Trattato di Tilsit, il 7 luglio del 1807.

Nel Congresso di Erfurt (1808), Napoleone e lo zar Alessandro I di Russia si accordarono che la Russia doveva conquistare la Svezia ed unirsi al Blocco Continentale. Alessandro guidò i russi alla Guerra finlandese ed alla divisione della Svezia attraverso il golfo di Botnia. La parte orientale fu annessa alla Russia nel Granducato di Finlandia.


  1. ^ Philip Haythornthwaite, Le grandi battaglie napoleoniche, Osprey Publishing, 2005, ISBN 84-9798-181-2, pag. 4 vol. 17
  2. ^ David G. Chandler, Jena 1806, Osprey Publishing, 1998, ISBN 84-738-982-2, pag. 8
  3. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 17 pag. 4
  4. ^ Guido Gerosa, Napoleone, Mondadori, 1995, ISBN 88-04-41829-X, pag. 371
  5. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 9
  6. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 18 pag. 5
  7. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 13 - 16
  8. ^ Guido Gerosa, op. cit., pag. 373
  9. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 11
  10. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 18 pag. 8 - 10
  11. ^ a b c David Chandler 1998, op. cit., pag. 21