Utente:Franz van Lanzee/Sandbox 2

Versione del 25 ott 2010 alle 16:31 di Franz van Lanzee (discussione | contributi) (Modifica su propria sandbox)

Le campagne di Prussia e Polonia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Quarta coalizione.
 
Napoleone Bonaparte

Con l'Austria messa fuori gioco e l'esercito russo scacciato dall'Europa centrale, Napoleone sperò che il nuovo governo britannico, guidato dal Primo Ministro lord Grenville, fosse ormai pronto ad accettare un trattato di pace che riconoscesse la posizione di predominio acquisita dalla Francia sul continente, ma queste speranze rimasero presto deluse: non fu possibile stipulare alcun accordo con i britannici, mentre una proposta preliminare per un trattato di pace venne seccamente respinta dal governo di San Pietroburgo nell'agosto del 1806. Con la Russia ancora in armi contro la Francia, la preoccupazione principale di Napoleone divenne quella di costituire un cordone sanitario per difendere i confini francesi. Come prima cosa, Napoleone si dedicò a neutralizzare la minaccia potenziale rappresentata dalla Prussia: nonostante le provocazioni dei francesi e le lusinghe dei coalizzati, il regno di Federico Guglielmo III era rimasto neutrale durante il precedente conflitto, principalmente perché il sovrano puntava ad assicurarsi il controllo dell'Hannover, stato tedesco il cui sovrano era lo stesso re d'Inghilterra Giorgio III, e che per questo era stato occupato dai francesi già nel 1803; con la convenzione di Schönbrunn del 15 dicembre 1805, la Prussia ottenne l'Hannover, ma in cambio cedette alla Francia i principati di Cleves, Ansbach e Neuchâtel, e riconobbe di fatto il predominio francese sulla Germania meridionale [1]. Con la Prussia diplomaticamente umiliata, Napoleone si dedicò alla riorganizzazione degli stati tedeschi: il 12 luglio 1806 venne costituita la Confederazione del Reno, riunendo sotto un unico organismo strettamente controllato dalla Francia tutte le nazioni tedesche più importanti. Con il fratello Luigi Bonaparte saldamente insediato sul trono dei Paesi Bassi ed il figliaccio Eugenio di Beauharnais su quello d'Italia, i confini della Francia erano ora protetti contro un attacco russo da est [2].

L'accordo con la Francia aveva provocato forti contrasti in seno alla corte prussiana: ad un "Partito della Pace" guidato dal ministro degli esteri Christian Graf von Haugwitz e dal comandante dell'esercito Carlo Guglielmo duca di Brunswick, che cercava di ottenere il miglior accordo per la Prussia senza bisogno di ricorrere alle armi, si contrapponeva un "Partito della Guerra" capitanato dalla violentemente francofoba regina Luisa, contrario a qualsiasi accordo e desideroso di un confronto diretto contro i francesi per il predominio in Germania [3]. Il "Partito della Guerra", che raccoglieva sempre più consensi nella nobiltà e negli ambienti militari prussiani, vide pendere l'ago della bilancia nei suoi confronti nella seconda metà del 1806: durante i negoziati con il Regno Unito, inaspettatamente Napoleone si offrì di restituire l'Hannover, già ceduto alla Prussia, al suo precedente proprietario [4]; sebbene la proposta venne respinta dai britannici, essa scatenò un tumulto nell'opinione pubblica a Berlino, ed il "Partito della Pace" si vide mettere in minoranza. Nonostante il titubante Federico Guglielmo fosse più favorevole alle posizioni del "Partito della Pace", dovette infine cedere alle pressioni che venivano dagli ambienti nobiliari [5]. Il 7 agosto il re prese la decisione di entrare in guerra contro la Francia: un trattato di alleanza venne rapidamente stipulato tra Prussia, Regno Unito, Russia, Svezia e Portogallo, dando così vita alla quarta coalizione; il 10 agosto l'esercito prussiano venne mobilitato, ed entro la fine del mese la Prussia invase il confinante Elettorato di Sassonia, al fine di tenerlo fuori dalla Confederazione del Reno ed obbligarlo ad entrare nella coalizione anti-francese.

Inizialmente Napoleone era riluttante ad impegnarsi in guerra contro la Prussia, in quanto credeva che i titubanti prussiani non avrebbero mai commesso la "follia" di attaccarlo senza un massiccio supporto dei russi [6]; solo il 6 settembre le riserve francesi vennero richiamate, mentre le truppe acquartiernate in Germania vennero messe in stato d'allerta il 10 settembre. Per il 15 settembre, Napoleone aveva preso la decisione definitiva: davanti alla conferma dell'invasione prussiana della Sassonia, l'imperatore dispose il concentramento della sua armata per l'imminente campagna. Nell'arco di 48 ore, l'imperatore dettò non meno di 120 ordini separati, facendo affluire i diversi corpi della Grande Armée dalla Francia e dalla Germania meridionale verso la zona compresa tra Würzburg ed Amberg, ai confini della Sassonia; per il 5 ottobre, 180.000 soldati francesi erano pronti a muovere [7]. Il 2 ottobre Napoleone arrivò al quartier generale di Würzburg, dove il 7 ricevette un ultimatum prussiano con cui gli veniva ingiunto di ritirare le sue truppe dalla Germania; per tutta risposta, l'8 ottobre l'esercito francese entrò in Sassonia [8].

Nonostante avesse un mese di vantaggio sulla preparazione militare rispetto ai francesi, l'alto comando prussiano non aveva un piano di battaglia definito: i rapporti tra gli ufficiali superiori erano minati da ambizioni e rivalità personali, mentre la mancanza anche di un embrione di stato maggiore non faceva che aggravare la già caotica situazione [9]. Al contrario, Napoleone aveva pronto un piano per la campagna già per la fine di settembre: divisa in tre colonne, la Grande Armée avrebbe aggirato il fianco destro del nemico marciando attraverso la catena di colline del Thüringer Wald, incuneandosi tra i prussiani e l'esercito russo in lenta avanzata da est; anche se non aveva una precisa idea della disposizione delle truppe prussiane, Napoleone contava di battere le truppe del duca di Brunswick in una battaglia decisiva a sud dell'Elba, prima di marciare direttamente su Berlino [10]. Le truppe francesi si misero in marcia la mattina dell'8 ottobre, ed in appena 72 ore si portarono saldamente oltre il Thüringer Wald; il duca di Brunswick reagì a questa manovra cercando di concentrare le disperse truppe prussiane tramite un ripiegamento dietro il fiume Saale in direzione di Erfurt. Dopo aver continuato a marciare verso nord, tra il 12 ed il 13 ottobre Napoleone, informato del ripiegamento verso la Saale dei prussiani, fece compiere all'intero esercito una conversione di 90° verso ovest, manovra difficile che riuscì perfettamente [11]. L'imperatore era ora convinto che il grosso dell'esercito prussiano si trovasse a nord di Erfurt presso Jena, e si preparò al combattimento per il giorno seguente; al maresciallo Davout, comandante del III Corpo che, per effetto della conversione a 90°, si trovava ora all'ala destra dell'armata, venne ordinato di muovere in direzione di Naumburg, a nord di Jena, per tagliare la via di ritirata ai prussiani [11]. In realtà, le truppe avvistate a Jena erano la retroguardia dell'esercito prussiano, capitanata dal principe Hohenlohe; il grosso delle forze prussiane si trovava più a nord, presso Auerstädt, proprio sulla linea d'avanzata del III Corpo di Davout [11].

La mattina del 14 ottobre 1806, i 90.000 francesi di Napoleone affrontarono i 50.000 prussiani e sassoni di Hohenlohe e, dopo dieci ore di lotta serrata, inflissero loro una dura sconfitta nella battaglia di Jena; la carica finale della cavalleria francese del maresciallo Murat trasformò la ritirata prussiana in una rotta [12]. Il successo di Napoleone era stato netto, ma fatti ben più importanti erano avvenuti quello stesso giorno otto miglia più a nord, ad Auerstädt: qui i 33.000 uomini di Davout affrontarono i 63.000 uomini dell'armata principale prussiana del duca di Brunswick; dopo aver respinto diversi pesanti assalti i francesi passarono al contrattacco, ricacciando indietro i prussiani ed infiggendo loro numerose perdite, tra cui lo stesso duca di Brunswick, mortalmente ferito alla testa. Proprio la perdita del comandante fece sì che la ritirata prussiana non si svolgesse con ordine, ed i resti dell'esercito si frammentarono in vari distaccamenti [13]. La doppia sconfitta a Jena ed Auerstädt era costata gravi perdite alle forze prussiane, ma lo spietato inseguimento messo in atto dai francesi nelle tre settimane seguenti portò al loro totale annientamento: il 16 ottobre Murat catturò 14.000 dispersi prussiani ad Erfurt, il 17 ottobre la riserva del duca di Württemberg, l'unica formazione prussiana rimasta intatta, venne sconfitta dal maresciallo Bernadotte ad Halle, ed il 28 ottobre Hohenlohe si arrese con i resti dell'armata principale a Prenzlau. Dopo aver reso omaggio alla tomba di Federico II il Grande a Potsdam, Napoleone fece il suo ingresso a Berlino il 27 ottobre, alla testa del III Corpo del maresciallo Davout [14]; con la resa del generale Blücher a Lubecca il 7 novembre, e del generale von Kleist a Magdeburgo il 10 novembre, l'annientamento dell'esercito prussiano poteva dirsi completo: a parte le guarnigioni delle fortezze della Slesia, ben presto tagliate fuori ed assediate dai francesi, le uniche forze prussiane superstiti erano i 15.000 uomini del generale L'Estocq, dislocati in Prussia orientale e non ancora impiegati in combattimento. In 33 giorni, con una sorta di "guerra lampo" ante litteram [15], la Grande Armée aveva vinto due battaglie decisive, ucciso o ferito 20.000 prussiani, fatto 140.000 prigionieri e conquistato i quattro quinti della Prussia [16].

Sebbene nettamente vittorioso sul campo di battaglia, Napoleone non riuscì ad ottenere la cessazione delle ostilità: Federico Guglielmo, rifugiatosi con la corte a Königsberg, rifiutò qualsiasi accordo di pace, l'esercito russo costituiva ancora una minaccia concreta alle recenti conquiste francesi, ed il Regno Unito continuava a fornire appoggio finanziario a chiunque fosse disposto a contrastare i disegni espansionistici della Francia. Proprio per provocare un crollo dell'economia britannica, il 21 novembre Napoleone dispose da Berlino la costituzione del sitema denominato "Blocco Continentale": alle navi britanniche (o neutrali ma provenienti da porti britannici) era fatto divieto di attraccare nei porti europei, pena la confisca del carico; nelle intenzioni di Napoleone, il sistema del Blocco avrebbe impedito gli scambi commerciali del Regno Unito, provocando così un drammatico crollo della sua economia [17].

La preoccupazione principale per Napoleone nel novembre del 1806 rimaneva però quella di annientare l'esercito russo schierato in Polonia, al fine di pervenire ad un accordo di pace vantaggioso con lo zar; nonostante l'inverno fosse ormai cominciato, Napoleone decise di spingersi in profondità nelle pianure polacche, onde guadagnare un vantaggio strateggico sui russi e sperando di batterli con una nuova campagna lampo [18]. La decisione di intraprendere una campagna invernale provocò infiniti disagi alle truppe francesi [19]. Il consueto sistema con cui la Grande Armée veniva rifornita di viveri e vettovaglie consisteva in una combinazione di ricerca sul territorio (che spesso finiva per trasformarsi in un semplice saccheggio) e trasporto militare tramite carri [19]; entrambi questi sistemi andarono in crisi durante la campagna polacca: il territorio era troppo povero perché potesse fornire viveri in abbondanza, mentre il sistema di trasporto tramite carri, che già prima non era mai stato molto efficiente, andò completamente in tilt a causa del pessimo stato delle strade [19]. Fu proprio il loro fallimento nella campagna polacca a spingere Napoleone ad intraprendere una vasta riforma dei servizi logistici della Grande Armée: il vecchio sistema, basato (come nella maggioranza degli eserciti europei) più che altro su appalti a civili, venne abolito e sostituito con una struttura completamente militarizzata, il Train des Equipages, parte integrante dell'esercito e responsabile in toto dei movimenti tramite carri [20].

La campagna polacca ebbe inizio nella seconda metà di novembre del 1806: dopo aver occupato senza combattere la capitale Varsavia il 28 novembre, Napoleone spinse le sue truppe oltre la Vistola a caccia dell'armata russa del generale Levin Bennigsen; francesi e russi finirono per scontrarsi nelle battaglie di Pułtusk e di Golymin il 26 dicembre: le forze russe riuscirono a respingere gli attacchi dei francesi infliggendo loro gravi perdite, salvo poi decidere di ritirarsi al calare della notte. Il tentativo di Napoleone di annientare l'esercito russo con una rapida battaglia decisiva venne così sventato [21]. Sul finire di dicembre, i francesi si disposero quindi nei quartieri invernali in attesa di riprendere la campagna con la bella stagione, ma Napoleone fu costretto a mobilitare ancora una volta il suo esercito verso la fine del gennaio 1807: non volendo rimanere inattivo per tutto l'inverno, Bennigsen aveva condotto un'incursione contro gli avamposti della Grande Armée, sperando di annientare qualche reparto rimasto isolato [22]. Napoleone cercò di accerchiare le truppe russe, ma Bennigsen si sottrasse alla trappola ripiegando verso nord; dopo due violente scaramucce a Jonkovo (3 febbraio) ed Hoff (6 febbraio), i due eserciti si affrontarono nella battaglia di Eylau, iniziata nel pomeriggio del 7 febbraio e conclusasi la sera dell'8. Combattuta nel bel mezzo di una tempesta di neve, la battaglia si concluse con un sanguinosissimo nulla di fatto [23]: gli assalti francesi iniziali vennero respinti, e solo una disperata carica della cavalleria di Murat e della Guardia imperiale impedirono ai russi di sfondare il centro della Grande Armée; l'arrivo dei prussiani di L'Estocq equilibrò di nuovo la situazione, ed al calare della notte Bennigsen si ritirò.

Spossati per il duro scontro, i due eserciti si ritirarono nei quartieri invernali, per poi riprendere le operazioni ai primi di giugno del 1807; Napoleone tentò di incunearsi tra L'Estocq a sinistra e Bennigsen a destra, al fine di isolare quest'ultimo dalla base di Königsberg. Francesi e russi tornarono ad affrontarsi il 10 giugno nella battaglia di Heilsberg, ma ancora una volta il sanguinoso scontro si risolse con un nulla di fatto [24]. Napoleone continuò nella sua azione, ed il 14 giugno Bennigsen commise un grave errore: nel tentativo di attaccare le isolate truppe del maresciallo Lannes, rimase intrappolato tra i francesi ed il fiume Alle, subendo una dura sconfitta nella battaglia di Friedland [25]. Con il suo esercito semidistrutto, Bennigsen non potè fare altro che ripiegare dietro il fiume Niemen; la sconfitta di Friedland aveva convinto lo zar a porre fine alla campagna, ed il 21 giugno un armistizio preliminare venne concluso tra i due eserciti. Il 25 giugno lo zar Alessandro e Napoleone si incontrarono di persona a Tilsit per discutere della pace, con il re Federico Guglielmo ridotto ad un ruolo marginale; il trattato di Tilsit firmato il 7 luglio 1807 pose termine alla guerra della quarta coalizione: in cambio dell'adesione al sistema del Blocco Continentale e della dichiarazione di guerra al Regno Unito, la Russia vide riconosciute le sue pretese egemoniche su Svezia ed Impero Ottomano [26]; di fatto, il trattato di Tilsit definiva una sfera d'influenza occidentale controllata dalla Francia, ed una sfera d'influenza orientale sotto la Russia [27]. Il trattato di pace tra Prussia e Francia, firmato sempre a Tilsit il 9 luglio, fu molto più severo: i prussiani dovettero cedere tutti i loro possedimenti ad est del fiume Elba (incorporati in maggior parte dal Regno di Westfalia, stato fantoccio della Francia) ed in Polonia (con cui venne creato un Ducato di Varsavia alleato dei francesi), oltre a consegnare Białystok alla Russia; la Prussia venne inoltre costretta ad aderire al Blocco Continentale, a pagare una pesante indennità di guerra, ed a ridurre considerevolmente l'ammontare delle sue forze armate, venendo così ridotta all'impotenza per diversi anni [27].



Philip Haythornthwaite, Le grandi battaglie napoleoniche, Osprey Publishing, 2005, ISBN 84-9798-181-2

David G. Chandler, Jena 1806, Osprey Publishing, 1998, ISBN 84-7838-982-2

Guido Gerosa, Napoleone, Mondadori, 1995, ISBN 88-04-41829-X


  1. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 17 pag. 4
  2. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 8
  3. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 17 pag. 4
  4. ^ Guido Gerosa, op. cit., pag. 371
  5. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 9
  6. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 18 pag. 5
  7. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 13 - 16
  8. ^ Guido Gerosa, op. cit., pag. 373
  9. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 11
  10. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 18 pag. 8 - 10
  11. ^ a b c David Chandler 1998, op. cit., pag. 21
  12. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 47 - 65
  13. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 69 - 78
  14. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 80
  15. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 28 pag. 9
  16. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 85
  17. ^ David Chandler 1998, op. cit., pag. 86
  18. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 31 pag. 3
  19. ^ a b c Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 29 pag. 7
  20. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 29 pag. 10
  21. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 31 pag. 11
  22. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 31 pag. 12
  23. ^ Guido Gerosa, op. cit., pag. 382
  24. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 34 pag. 14
  25. ^ Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 37 pag. 14
  26. ^ Guido Gerosa, op. cit., pag. 384
  27. ^ a b Philip Haythornthwaite, op. cit., vol. 38 pag. 14