Giovanni (evangelista)
San Giovanni, apostolo ed evangelista, è tradizionalmente identificato come l'autore del Vangelo di Giovanni, delle tre Lettere di Giovanni e della Apocalisse, facenti parte del Nuovo Testamento della Bibbia cristiana.

Figlio di Zebedeo, fratello di Giacomo il Maggiore, discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi a passare alla sequela di Gesù Cristo.
Normalmente si ritiene che la designazione de il discepolo che Gesù amava, che incontriamo varie volte nel quarto vangelo, indichi l'autore dello stesso.
Nell'ultima cena posò il capo sul petto di Cristo. Testimone della trasfigurazione e dell'agonia del Signore, era presente ai piedi della croce, dove Gesù gli affidò la Madre. Insieme a Pietro vide il sepolcro vuoto e credette nella resurrezione del Signore.
Giovanni morì in tarda età, centenario, ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli.
È noto anche come Giovanni il teologo, specie presso alcune confessioni ortodosse e in ambienti gnostici. Origene (185-253) fu il primo a designare Giovanni, ultimo testimone degli eventi legati al Nazareno, con questo titolo, per la profondità teologica del suo Vangelo.
Chiamato fin da tempi remoti con l'appellativo di Aquila spirituale, San Giovanni Evangelista viene rappresentato in molti luoghi di culto con il simbolo dell'aquila.
Se ne celebra la festa il 27 dicembre.
Tappe della vita di Giovanni
Giovanni di Zebedeo
Il nome Giovanni deriva dall'ebraico Yehohanan, composto da Yoh o Yah che è l'abbrevazione di Yahweh o Geova, (è il nome proprio di Dio nella tradizione ebraica), e da hanan che significa "ebbe misericordia", e vuol dire letteralmente "Dio ha avuto misericordia" o anche "dono del Signore".
Giovanni nasce a Betsaida di Galilea (nel nord della Palestina), località situata sulle sponde del lago di Genezareth detto anche Mar di Galilea. Figlio di Zebedeo e di Salomè, si dedica alla pesca come suo padre che non era un semplice pescatore ma un vero e proprio imprenditore della pesca in quanto aveva alle sue dipendenze delle maestranze. Nei vangeli capita talvolta di incontrare un riferimento ai "figli di Zebedeo": sono Giovanni e Giacomo.
Giovanni discepolo del Battista
Giovanni incontrò Gesù di Nazaret quando già era uno dei discepoli di un maestro delle scritture, Giovanni il Battista, precursore e profeta di Gesù. Questi, tra l'altro, era imparentato con lo stesso Gesù essendo Elisabetta, madre di Giovanni, parente di Maria, la madre di Gesù.
Il Battista indicò Gesù con queste parole: "Ecco l'agnello di Dio", dopodichè fu lo stesso Giovanni il Battista a spingere i suoi due discepoli a lasciarlo per poter seguire il nuovo maestro.
Presumibilmente aveva intorno ai venti anni quando avvenne questo incontro.(San Girolamo, "De Viris Illustribus").
- Il giorno seguente, Giovanni il Battista di nuovo stava là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: "Ecco l'agnello di Dio".
- I due discepoli udirono queste parole e seguirono Gesù. Si volse allora Gesù, e vedendo che lo seguivano, domandò loro: "Che cercate ?". Ed essi gli risposero: "Rabbi (che tradotto significa Maestro), dove abiti?".
- Rispose: "Venite e vedrete".
- Andarono infatti e videro dove abitava; e quel giorno rimasero con lui. Era circa l'ora decima.
- Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due, che, udite le parole di Giovanni, avevano seguito Gesù. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia". (Giovanni 1,35-40)
Tutto questo accadeva vicino a Betania sul Giordano.
Giovanni Apostolo
Insieme ad Andrea fratello di Pietro anch'egli in quel tempo alla scuola del Battista furono i primi due apostoli che il maestro di Nazaret scelse per diffondere la riflessione teologica che in lui era maturata nei suoi trenta anni di vita. Subito dopo si aggiunsero a questi primi due apostoli, rispettivamente Simon Pietro fratello di Andrea e Giacomo fratello di Giovanni. In seguito i due figli di Zebedeo vennero soprannominati per la loro impetuosità "i figli del tuono" dallo stesso Rabbi Gesù di Nazaret.
Giovanni che viene descritto di carattere risoluto (Marco 3,17; Luca 9,54), e non alieno da ambizioni (Marco 10, 35-37), era il più giovane fra i discepoli e a differenza di questi non era ancora sposato.
Quando ancora non era chiaro il significato dell'azione di Gesù, forse nemmeno a lui stesso, tanto da dar adito a equivoci sul suo conto (vedi la vicenda del traditore Giuda Iscariota sentitosi lui stesso tradito nelle sue aspettative dal Messia e liberatore di Israele Gesù) la stessa madre di Giacomo e Giovanni, Salome si rivolse a Gesù chiedendo per i suoi due figli la nomina a ministri una volta instaurato il suo nuovo regno. Alla richiesta di Salome si dice che Gesù abbia risposto: "Voi non sapete che cosa domandate." Invece proprio Giovanni si rivelerà in seguito colui che più di ogni altro, anche tra quelli più intimi del maestro, avrà capito il vero senso di questo nuovo regno: il regno del Figlio dell'Uomo.
Gli apostoli più vicini al maestro e quindi più intimi erano Pietro, Giacomo, Andrea e Giovanni. In particolare quest'ultimo viene chiamato in alcuni testi del Nuovo Testamento il prediletto del Signore (Giovanni 13,23; 19,26, 20,2; 21,7). Ad ulteriore conferma, Paolo di Tarso racconta che dopo la morte del maestro, le colonne della chiesa di Gerusalemme erano appunto questi quattro apostoli.
Giovanni non abbandonò mai il maestro nemmeno nell'ora ultima delle persecuzioni tanto da essere presente sotto la croce dove concluse i suoi 33 anni nel mondo, oltre alla madre di Gesù, a Maria Maddalena e a sua madre.
Dopo la morte di Gesù si stabilì a Gerusalemme con gli altri della comunità dei nazareni, come venivano chiamati dagli altri professanti la religione ebraica e condiderati come una semplice setta dell'ebraismo.
Avvenne di lì a poco quel fenomeno collettivo al di fuori della normale percezione sensoriale che viene raccontato come gli eventi della resurrezione e dell'ascensione del loro maestro.
Segue poco dopo quell'altro avvenimento straordinario per questa comunità che viene chiamato come l'evento della Pentecoste.
Giovanni è sempre a Gerusalemme e dagli Atti degli apostoli risulta come una delle figure più autorevoli della Chiesa nascente ed è nominato subito dopo Pietro (Atti 3, 1-11; 4, 13-19; 8, 14), quando tra il 36 e il 38 c'è una prima ondata di persecuzioni. In quella occasione Pietro e Giovanni vengono incarcerati e flagellati in quanto responsabili della comunità .
Dopo le persecuzioni subite a Gerusalemme, Giovanni si recò con Pietro in Samaria, dove svolse una intensa opera di evangelizzazione (Atti 8, 14-15).
Pochi anni dopo vi è una seconda ondata di persecuzioni. Pietro lascia Gerusalemme e la guida della comunità passa a Giacomo il minore, fratello di Gesù mentre nel 44 Giacomo di Zebedeo (detto anche Giacomo il maggiore) fratello di Giovanni subisce il martirio.
Giovanni e Maria di Nazaret
Giovanni rimarrà ancora a Gerusalemme dove condividerà la storia di questa comunità sino a che il rinnovarsi e intensificarsi delle persecuzioni lo costringeranno a stabilirsi insieme a Maria di Nazaret a Mileto dove era presente una comunità di nazareni.
Nel frattempo anni prima, nel 52, a Efeso, dove erano insediati molti ebrei era giunto Paolo di Tarso quale primo missionario che fece lì scalo per predicare la buona novella e lì si era stabilito per circa tre anni. Partito da lì vi lascio Aquila e Priscilla a proseguire il lavoro da lui iniziato di evangelizzazione della città e della regione (Atti degli Apostoli). A questo primo viaggio di Paolo fece seguito tempo dopo un suo secondo e ultimo viaggio in questa città dopodichè nell'avviarsi verso l'ultima tappa della sua opera di missionario, si trattava di Roma dove già lo attendeva Pietro, affidò la comunità a Timoteo suo discepolo di lunga data (lettere di Paolo a Timoteo). nel periodo in cui Timoteo guidò la comunità cristiana di Efeso si fecero conoscere come valenti evangelizzatori anche Onesiforo e Tichico.
Dopo la morte di Timoteo vescovo di Efeso, Giovanni si trovò a ereditare tutto il lavoro svolto nella chiesa di Efeso da Paolo e dai suoi collaboratori. Giovanni infatti, pare anche a seguito di una visione in cui lo stesso Gesù gli apparve, partì da Mileto dove altrimenti forse sarebbe rimasto per il resto della sua vita e cominciò a governare la chiesa di Efeso e le altre comunità cristiane dell'Asia Minore.
Recandosi a Efeso, portò con sé Maria di Nazaret poiché gli era stata affidata dallo stesso Gesù:
- "Ai piedi della croce di Gesù stavano la madre e la sorella della madre, Maria moglie di Cleofa, e Maria Maddalena. Gesù, vedendo la madre e, vicino a lei, il discepolo prediletto, disse alla madre: - Donna, ecco tuo figlio! - E al discepolo: - Ecco tua madre! - E da quel momento il discepolo l'accolse nella sua casa."
- (Giovanni XIX , 25-27)
Origene fu il primo a dare una interpretazione diversa della frase Questa è tua madre.
Nel Commentario al vangelo di Giovanni scritto nel 230 e che gli era stato commissionato da Ambrogio l'Alessandrino dà una lettura di questa scena secondo cui questo gesto di Gesù trascende la semplice pietà filiale e realizza la maternità spirituale di Maria di Nazaret quale nuova Eva, verso tutti gli uomini, divenuti per la fede fratelli di Cristo.
Ricerche archeologiche condotte alla fine del secolo scorso, sulla base delle visioni della stigmatizzata monaca agostiniana Anna Caterina Emmerich (1774 - 1824), hanno ritrovato a circa 9 Km a sud di Efeso la casa dove la tradizione dice che abitò e morì Maria di Nazaret.
Giovanni il veggente di Patmos
Efeso contava allora circa 200 mila abitanti che vivevano del commercio e del traffico portuale.
Giovanni svolse in quella grande città la sua opera di evangelizzatore e di guida delle comunità tutte dell'Asia Minore che facevano riferimento a lui quale testimone come amava definirsi.
Nell'anno 89 l'imperatore Domiziano scatena una persecuzione nei confronti dei cristiani.
Tertulliano racconta che Giovanni venne arrestato e condotto a Roma, quindi torturato nei pressi della Porta Palatina e infine condannato a morte. Questa pena però verrà commutata in quella dell'esilio nell'isola di Patmos dove Giovanni soggiornò a lungo.
In ricordo di ciò all'apostolo Giovanni sarà dedicata la più antica basilica di Roma: quella di San Giovanni in Laterano.
A Patmos Giovanni grazie alla sua predicazione del vangelo riuscì a convertire quasi tutta l'isola e lì dettò ai suoi discepoli le visioni che ebbe sulla fine del mondo e il trionfo del regno del figlio dell'uomo che costituiranno il nucleo dell'Apocalisse.
Giovanni Evangelista
Dopo la morte dell'imperatore Domiziano nel 96, sotto l'imperatore Nerva, Giovanni fece ritorno a Efeso. Qui passò l'ultimo periodo della sua vita e morì in tardissima età.
Va menzionato che proprio nel finale del vangelo secondo Giovanni c'è un brano che ha dato molto da pensare lungo i secoli ai commentatori, agli esegeti e anche ai semplici lettori di questo scritto. Così infatti sta scritto:
- "A questo punto Pietro si voltò, e si accorse che lo seguiva da vicino il discepolo prediletto da Gesù, quello che durante la cena aveva appoggiato il capo sul petto di lui, e aveva domandato: - Signore, chi è colui che ti tradirà? - Pietro appena lo vide, disse a Gesù: - Signore, e di costui che avverrà? - E Gesù rispose: -Se io voglio che egli rimanga fino al mio ritorno, che importa a te? tu seguimi-. si diffuse così tra i seguaci la convinzione che quel discepolo non sarebbe morto. Ma Gesù non aveva detto: - Non morirà - ma: - Se io voglio che egli rimanga fino al mio ritorno, che importa a te? -"
- (Giovanni XXI, 20-23)
In verità Giovanni, sia pure in tarda età, si dice intorno ai cento anni, è morto ad Efeso nel periodo in cui regnava l'imperatore Traiano (98-117).
Sempre riguardo alla morte di Giovanni è stato tramandato un racconto secondo il quale fu Giovanni stesso che sentendo arrivare la sua ultima ora, nel giorno di Pasqua si scavò una fossa dopodiché vi si sdraiò e così morì.
A questo ultimo periodo della sua vita terrena trascorsa ad Efeso risale l'elaborazione del Vangelo secondo Giovanni e delle tre lettere.
Per alcuni studiosi di Giovanni c'è una discrepanza tra l'ira del Giovanni di Patmos autore dell'Apocalisse e il Giovanni Evangelista autore di un vangelo dell'amore, tant'è che hanno ritenuto che fossero scritti da due autori diversi.
Per quanto riguarda il Vangelo di Giovanni, Sant'Ireneo di Lione vescovo di Lione fu il primo ad attribuire quel quarto vangelo che circolava nelle comunità dei nazareni all'apostolo Giovanni, infatti verso il 180 scrisse:
- «Giovanni, il discepolo del Signore, colui che riposò sul suo petto (Gv. 13,3), ha pubblicato anche lui un Vangelo mentre dimorava ad Efeso in Asia» (Adversus Haereses III,1,1)
Eusebio, che riporta questa notizia ritiene che Ireneo si basasse sulle testimonianze di San Policarpo vescovo di Smirne (morto martire a Roma nel 155), il quale avrebbe conosciuto personalmente l'apostolo Giovanni essendone stato discepolo. Questo ci è anche confermato da Ireneo medesimo, che nella sua lettera a Florino ricorda il suo incontro con Policarpo, ed il fatto che Policarpo «raccontava della sua dimestichezza con Giovanni e con le altre persone che avevano visto il Signore» (Historia Ecclesiastica V,20,4). Ireneo ricorda anche che Policarpo fu eletto vescovo di Smirne dagli apostoli, e Tertulliano asserisce che egli fu fatto vescovo proprio da Giovanni.
Sempre a proposito del vangelo di Giovanni un altro documento risalente al 200 circa il "Canone muratoriano" afferma: Il quarto degli evangeli (è quello) di Giovanni, (uno) dei discepoli. Poiché i suoi condiscepoli e vescovi lo esortavano, disse: «Digiunate con me per tre giorni da oggi e ci racconteremo a vicenda ciò che ad ognuno verrà rivelato». In quella stessa notte fu rivelato ad Andrea, (uno) degli apostoli, che Giovanni doveva mettere tutto per iscritto in nome proprio, mentre tutti (lo) avrebbero esaminato. E perciò, sebbene diversi princìpi siano insegnati nei singoli libri dei vangeli, ciò non costituisce però una differenza per la fede dei credenti, essendo tutte le cose spiegate dall'unico e normativo Spirito: ciò che riguarda nascita, passione, risurrezione, vita sociale con i suoi discepoli, la duplice venuta, dapprima, disprezzato nell'umiltà, che è già avvenuto, la seconda volta, illustre, con potere regale, che deve (ancora) avvenire. Che c’è di strano, dunque, se Giovanni tanto costantemente presenta anche nelle sue lettere delle particolarità, dato che dice di se stesso: «Ciò che abbiamo visto con i nostri occhi e udito con le nostre orecchie e che le nostre mani hanno toccato, queste cose abbiamo scritto a voi» (1 Gv 1,1 ss.). Così non solo egli si professa testimone oculare ed auricolare, ma anche scrittore di tutte le cose mirabili del Signore, per ordine.
Riportiamo ad ulteriore documentazione, per quel che può valere a far un po' più chiarezza su questa questione, un brano tratto da un testo risalente a non prima del IV - V secolo, gli "Atti di Giovanni del diacono Procoro":
- "Così mentre alla predicazione di Giovanni s'era convertita quasi tutta l'isola [di Patmos], avvenne la morte dell'imperatore che aveva ordinato il suo esilio e quello che gli succedette emanò il decreto di liberazione e di ritorno a Efeso.
- Prima della partenza i fratelli lo supplicarono: «Maestro, se proprio sei deciso a salpare e a lasciarci orfani, metti almeno per scritto le cose meravigliose che hai visto compiere dal figlio di Dio e le parole che da lui hai udito, metti per scritto come ci dobbiamo comportare per vivere irreprensibili davanti a lui ed essere perseveranti di modo che nessun fratello sia negligente ritornando alla sequela del diavolo e divenendo sua esca.»
- L'apostolo promise che avrebbe seguito l'ispirazione del Signore; e dopo il ritiro di tre giorni senza mangiare né bere, su di un monticello, mandò Procoro in città a prendere fogli di papiro e inchiostro, e al suo ritorno gli dettò il vangelo iniziando da: In principio c'era il Verbo... e proseguì a dettare per due giorni e sei ore.
- Ritornati in città, andarono a casa di Sosipatro e Procliana ove, dopo un buon banchetto, ordinò a Sosipatro di prendere delle "pergamene belle" e di riscrivere accuratamente su di esse il vangelo; fece poi radunare i fratelli, ordinò a Procoro di leggere il vangelo, ne fece fare copie complete da distribuire a tutte le chiese, lasciò nell'isola il testo su pergamena, ordinando di portare a Efeso quello originale sui fogli di papiro.
- Compiuto un giro d'addio in tutta l'isola, e guarito un cieco, ritornarono in città: nella piazza centrale erano stati radunati tutti i fedeli sia quelli di origine giudaica che quelli di origine greca, ai quali l'apostolo disse: «Figli, conservate le tradizioni avute da me, osservate i precetti di Cristo ricevuti per mezzo del vangelo, e sarete figli della luce. Ho deciso di andare nella città di Efeso per visitare quei fratelli».
Per precisione aggiungiamo che alcuni manoscritti dell'XI - XII e XIII secolo inseriscono qui, prima della partenza di Giovanni da Patmos per Efeso, il racconto della scrittura dell'Apocalisse riprendendo quello della scrittura del Vangelo; ma non vi è dubbio che il testo originale parlasse del vangelo soltanto e non dell'Apocalisse la cui posizione nel canone scritturale della chiesa greca era allora assai contestata; il cod. 35 del Patriarcato greco di Gerusalemme, risalente al XV secolo, conferma l'assenza della narrazione sull'Apocalisse.
Sullo stesso argomento così si esprime Ps.Abdia:
- "È certo che il beato Giovanni predicò il vangelo di Dio fino al termine della sua vita senza alcuno scritto.
- Ma quando venne a conoscere i vangeli di Matteo, di Luca e di Marco ne approvò la fede e la veridicità dei detti. Constatò però che mancava qualcosa sopra tutto in riferimento al primo periodo della predicazione del Signore. Fu dunque pregato dai fratelli affinché scrivesse le opere che il Salvatore compì prima della cattura di Giovanni Battista, che quelli avevano omesso; ed egli acconsentì. Siccome Matteo e Luca ne avevano scritto la nascita secondo la carne, Giovanni non ne parlò, ma esordì dalla teologia, cioè dalla sua divinità iniziando con le parole: In principio c'era il Verbo."
- (Ps.Abdia)
La querelle sull'attribuzione a Giovanni del quarto vangelo presto si placò per ritornare all'inizio del XIX secolo, quando si riaffacciò la cosiddetta «questione giovannea»: le obiezioni all'attribuzione del vangelo all'apostolo Giovanni divennero numerose e ben argomentate.
Gli scritti di San Giovanni apostolo ed evangelista o comunque maturati e redatti negli ambienti giovannei di quell'epoca.
Tra gli scritti che per tradizione sono stati attribuiti a Giovanni possiamo distinguere i testi Canonici o riconosciuti dalla chiesa cattolica e gli altri testi attribuiti a Giovanni ma non riconosciuti dalla chiesa cattolica.
Vangelo di Giovanni | Apocalisse di Giovanni | Prima lettera di Giovanni | Seconda lettera di Giovanni | Terza lettera di Giovanni |
Atti di Giovanni | Apocrifo di Giovanni |
La questione giovannea: la complessa vicenda editoriale degli scritti giovannei
Il testo più antico che ci è pervenuto del "Vangelo secondo Giovanni" è chiamato nel linguaggio degli addetti ai lavori "P52", ovvero Papiro 52, ed è stato datato intorno all'anno 125, vale a dire a una cinquantina d'anni dall'originale, molto probabilmente.
Questo frammento di cm. 8,9 x 6 è chiamato anche Papiro di Rylands ed è uno dei più vecchi frammenti di papiro del Nuovo Testamento. È stato ritrovato in Egitto ed è in forma di codice, scritto da ambo i lati e contiene Giovanni 18,31-33 e 37-38, ovvero un brano della Passione del vangelo giovanneo. Attualmente è conservato presso il Giovanni Rylands Library di Manchester, Inghilterra.
Seguono il Papiro 66 risalente all'anno 200 o papiro Bodmer II conservato a Ginevra, il Papiro 45 e 75 del 250, il Codex Vaticanus del 300 e infine il Codex Sinaiticus del 350.
Per quanto riguarda invece l'Apocalisse il documento più antico che ci è pervenuto, il Papiro 47, risale all'anno 250. Seguono il Codex Vaticanus dell'anno 300 e il Codex Sinaiticus poco più recente del 350.
Degli "Atti di Giovanni" i più antichi documenti vengono datati al IV secolo. Redatto in greco. Non ne rimangono che i due terzi.
Le principali tematiche trattate nei testi giovannei
Il Logos che era in principio
Il Vangelo secondo Giovanni è stato scritto originariamente in greco. Il testo, tuttavia, contiene latinismi ed ebraismi.
Questo vangelo è molto diverso rispetto agli altri: ci sono molte meno parabole, meno miracoli, non vi è accenno all'Eucaristia, al Padre nostro, alle beatitudini. Compaiono invece nuove espressioni per indicare Gesù.
Secondo la tradizione l'autore è uno dei dodici Apostoli, quello prediletto. Probabilmente il testo è stato scritto da più persone e in tempi diversi, per essere completato intorno all'anno 100.
Il famoso "Prologo" o "Inno al Logos" dà inizio a questo vangelo. Alcuni hanno formulato l'ipotesi che il prologo giovanneo sia una rielaborazione di un inno al logos preesistente.
Riportiamo qui di seguito il testo originale:
"Inno al Logos"
In principio era il Logos
e il Logos che era in principio era presso Dio
e Dio era il Logos
questi, il Logos, in principio era presso Dio.
Tutto ciò che è venuto ad essere
è venuto ad essere per mezzo del Logos che era in principio
e senza il Logos che era in principio
nulla sarebbe venuto ad essere
di ciò che è venuto ad essere.
Nel Logos che era in principio era la vita
e questa vita era la vera luce degli uomini
e questa luce splende ancora nelle tenebre
poiché le tenebre non sono mai riuscite ad offuscarla in maniera definitiva.
Qui di seguito riportiamo la traduzione del "Prologo" Giovanneo tratta dalla Bibbia interconfessionale approvata anche dalla chiesa cattolica.
In principio, c'era colui che è "la Parola".
Egli era con Dio,
Egli era Dio.
Egli era al principio con Dio.
Per mezzo di lui Dio ha creato ogni cosa.
Senza di lui non ha creato nulla.
Egli era la vita
e la vita era luce per gli uomini.
Quella luce risplende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta
A partire da San Girolamo l'utilizzo che Giovanni fa del termine "Logos" viene reso con la traduzione in latino "Verbum"; da allora anche in italiano per lo più il concetto greco-giovanneo di Logos viene assimilato a "il Verbo".
Come si può notare il resoconto-testimonianza della buona notizia così come viene riportata nell'interpretazione che Giovanni ne dà alla luce della sua grande capacità riflessiva inizia con le stesse parole con cui inizia l'interpretazione della storia riportata dalla Bibbia ebraica dalla quale lui stesso proviene e alla quale è stato formato sin dall'infanzia: "Bereshit" che in greco fa "En Archè" ovvero "In Principio". In questo modo il prologo giovanneo che annuncia il tema portante tutta la visione giovannea del logos che era in principio, ripete lo schema della genesi riallacciandosi così a tutta la tradizione dell'ebraismo dell'antico testamento, ma rielaborandola dal punto di vista di quanto lui aveva sperimentato nel corso della sua feconda oltre che lunga esistenza, e in questa continuità riflessiva introduce quello che è il tema centrale del quarto vangelo ovvero l'incarnazione di questo logos che era in principio quale vero novum storico dei nuovi tempi il quale a sua volta preludia all'apocalisse che va intesa come un evento che se deve ancora avvenire, simultaneamente è già avvenuta in quanto la presenza nella storia di Gesù è già la presenza della fine della storia all'interno della storia stessa. L'uomo Gesù presente nell'uomo Giovanni stesso, questo è l'apocalisse.
L'incarnazione del Logos che era in principio
Giovanni contro il cristianesimo troppo disincarnato degli gnostici
Sul fatto reale e concreto dell'incarnazione del logos che era in principio, Giovanni sarà sempre irremovibile quale punto fermo del suo insegnamento, ritenendola una questione di primaria importanza.
Benché sia sempre stato visto con interesse e alta considerazione negli ambienti cristiani definiti gnostici, tuttavia Giovanni non esiterà a polemizzare anche con essi ribadendo la sua posizione sulla questione dell'incarnazione del logos che era in principio: Gesù non solo come vero Dio ma anche come vero uomo.
Gli gnostici, pur ribadendo la divinità della persona Gesù tenevano in poco conto l'umanità di Gesù se non addirittura la negavano, giungendo ad affermare che Gesù era spiritualmente talmente al di sopra dei suoi aguzzini - definiti esseri puramente materiali, totalmente condizionati dalla materia che per loro equivaleva a "ignoranti" - che pur inchiodato sulla croce non avrebbe minimamente sofferto.
Purtroppo per gli gnostici, non si può esorcizzare così facilmente l'enorme potenza della materia; su questo Giovanni dimostra di essere molto più realista degli gnostici pur salvaguardando quell'entusiasmo derivante dalla prospettiva salvivifica che si manifestava particolarmente accentuata nell' eleborazione riflessiva sua e della sua comunità.
La questione dell'incarnazione del Dio Vivente non è una questione marginale: il farsi uomo di Dio e il farsi Dio dell'uomo sono infatti il vero novum storico della weltanschauung maturata in quegli anni, in quella regione del mondo, tra quegli uomini e quelle donne coinvolti dal destino o dal processo evolutivo in quella vicenda di amore e riflessione rappresentato dall'evento Gesù di Nazaret. Da questo punto di vista, tra gli esponenti del cristianesimo gnostico solo Valentino e i suoi seguaci sono su posizioni simili a quelle di Giovanni e la sua comunità.
Il logos che era in principio e il principio di opposizione
La definitiva emancipazione del Logos che era in principio dal mondo: la visione della imminente apocalisse
La parola "Apocalisse" è parola di origine greca che significa letteralmente "Rivelazione". Il testo giovanneo che riporta le visioni avute dall'ultimo apostolo sopravvissuto durante il suo forzato esilio nell'isola, venne messo in scritto da lui medesimo o presumibilmente sotto sua dettatura da alcuni suoi collaboratori e discepoli sempre durante il lungo esilio nell'isola di Patmos.
L'autore esordisce nella forma di sette lettere inviate alle sette comunità giovannee dell'asia minore, facenti parte, per così dire nel linguaggio attuale, della diocesi del vescovo di Efeso Giovanni. Si tratta delle chiese di Efeso, Tiatira, Smirne, Sardi, Filadelfia, Pergamo, Laodicea.
Mentre nell'"Inno al Logos" contenuto nel suo Vangelo, Giovanni tratta delle origini della storia di questo mondo, in questo testo tratta dell'ultima fase della storia di questo mondo e della sua imminente e inevitabile fine.
È questo il tema che Giovanni tratta con la sua rivelazione sia pure in un linguaggio visionario e simbolico che a dura prova ha messo le capacità interpretative di tutti coloro che lungo i secoli si sono avvicinati e avvicendati a questo enigmatico testo.
Di 404 versetti, 278 contengono almeno una citazione dell'Antico Testamento.
I libri che hanno maggiormente influenzato l'Apocalisse sono i libri dei Profeti, principalmente Daniele, Ezechiele, Isaia, Zaccaria e poi anche il libro dei Salmi ed Esodo.
Per un inquadramento cronologico della figura di Giovanni all'interno della storia del cristianesimo primitivo vedi l'articolo Cronologia del cristianesimo del I secolo |
Il destino postumo della presenza di Giovanni nelle chiese e nella storia
- Come si è detto, il IV vangelo attribuito tradizionalmente all'apostolo Giovanni di Zebedeo fu completato in quella che è la sua forma attuale verosimilmente non più tardi del 100 d.C. ma se un documento antichissimo mostra che il vangelo era conosciuto in Egitto dal 130 d.C., tuttavia nella letteratura cristiana a noi nota c'è poca evidenza del suo uso al di fuori dei circoli gnostici prima del 170. L'unica citazione sicura prima degli scritti di Ireneo di Lione si trova in Teofilo d'Antiochia "Ad Autolycum II,22" databile intorno al 170.
- Ignazio di Antiochia, morto verso il 107, potrebbe essere stato a conoscenza della tradizione teologica giovannea, che secondo alcuni autori avrebbe avuto una fase siriaca o antiochena di aviluppo, ma non cita il vangelo nè vi allude; anzi, l'assenza di menzioni di Giovanni nella lettera alla chiesa di Efeso (luogo tradizionale dell'origine del vangelo) fa ancor più dubitare che Ignazio lo conoscesse.
- Giustino Martire, morto verso il 165, non cita esplicitamente il vangelo, nè vi allude con chiarezza, il chè è sorprendente se si pensa al suo uso del concetto di logos. Benché questo concetto abbia primariamente affinità con il contemporaneo stoicismo, col medioplatonismo e la tradizione sapienziale giudaica, qualche riferimento al quarto vangelo avrebbe appropriatamente rafforzato l'argomentazione, sia nelle "Apologie" che nel "Dialogo con Trifone Giudeo". La non utilizzazione del IV vangelo e il silenzio riguardo ad esso nei primi anni del secondo secolo, considerati solitamente "ortodossi", può indicare sia che il vangelo non era conosciuto, sia che il vangelo non era conosciuto, sia che si era esitanti nell'utilizzarlo per qualche sospeto in merito alla sua ortodossia. Le testimonianze disponibile, per quanto scarne, puntano in questa seconda direzione.
- Al IV e V secolo è databile la composizione del testo "Atti di Giovanni del diacono Procoro". Scritto appunto dal diacono greco Procoro è un romanzo di notevole estensione ( 50 lunghi capitoli) dedicato in gran parte a miracoli compiuti nell'isola di Patmos da Giovanni allorchè lì era stato esiliato prima di fare ritorno nuovamente a Efeso per trascorrervi i suoi ultimi anni. L'autore conosceva gli antichi Atti del santo apostolo ed evangelista Giovanni il teologo ma si direbbe che pone molta attenzione a tenersene lontano. L'autore aveva ben poca cultura, forse era un tranquillo presbitero ammogliato appartenente alla chiesa antiochena o palestinese; certo non era nè un asceta nè un monaco.
- Tra il V e il VI secolo appare scritto in greco un testo che vorrà essere attribuito a Giovanni dal titolo "Seconda Apocalisse di Giovanni". In questo testo attestato per la prima volta da Dioniso Trace nel IX secolo, nella forma di una intervista, Gesù risorto spiega all'apostolo Giovanni i misteri che vuol far conoscere e nuove pratiche da diffondere tra i fedeli. In quanto analogo in parte alla vera e originaria apocalisse di Giovanni, questo titolo di "Seconda Apocalisse di Giovanni" gli è stato dato in verità da F. Nau tra il 1908 e il 1914 appunto ad uno scritto greco contenuto in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Parigi che a sua volta era stato acquistato a Nicosia (Cipro) nel 1671. Il testo potrebbe verosimilmente essere anche più antico, ma la composizione a noi nota si colloca tra il VI e l'VIII secolo.
- Nel VI secolo sul sepolcro di Giovanni a Efeso viene costruita una Basilica.
- Al VI-VII secolo è databile lo scritto "Memorie Apostoliche di Abdia primo vescovo di Babilonia" al cui interno figura un Libro V dedicato alle "Gesta di San Giovanni Evangelista".
- Tra il VII e VIII secolo è riferibile un testo copto sahidico "Misteri che Giovanni, l'apostolo santo e vergine, imparò in Cielo", il cui originale è conservato al British Museum di Londra, così chiamato dalla frase iniziale del manoscritto. A questa data è approssimativamente databile ma anche per questo testo è alquanto verosimile che la narrazione, in forma orale o scritta, possa essere ancora più antica.
- In età carolingia i commentatori di Giovanni di maggior rilievo furono: Alcuino, Claudio di Torino, Rabano Mauro, Valafrido Strabone.
- Dalla setta dei Bogòmili (amati da Dio) di Bulgaria fiorita nell'oriente balcanico dal X al XIV secolo, emanazione al pari dei catari, albigesi e patarini, del manicheismo (sorto in persia nel 216 d.C.),proviene lo scritto "Libro di Giovanni Evangelista".
Giovanni e la Tradizione Esoterica
Secondo la tradizione esoterica Giovanni avrebbe ricevuto un insegnamento segreto dallo stesso Gesù e questo insegnamento Giovanni lo avrebbe trasmesso in seguito, ad una Chiesa invisibile. Secondo questa concezione, il cristianesimo ufficiale o essoterico, quindi, non sarebbe altro che una volgarizzazione di quell' insegnamento primitivo. Secondo la tradizione esoterica accanto ad una Chiesa di Pietro esiste invisibile e sotterranea una Chiesa di Giovanni. Non è quindi un caso che Giovanni è stato ed è il patrono di numerose società segrete.
Riferimenti a Giovanni in Dante Alighieri
Questi è colui che giacque sopra 'l petto
del nostro pellicano, e questi fue
di su la croce al grande officio eletto.
Divina Commedia - Paradiso XXV, 112-114
Ai tempi di Dante, correva voce che l'apostolo Giovanni fosse salito in Cielo in anima e corpo, voce che lo stesso Giovanni sfata nel canto xxv del Paradiso.
Qual è colui ch'adocchia e s'argomenta
di vedere eclissar lo sole un poco,
che, per veder, non vedente diventa;
tal mi fec'io a quell'ultimo foco
mentre che detto fu: "Perché t'abbagli
per veder cosa che qui non ha loco?
In terra è terra 'l mio corpo, e saragli
tanto con li altri, che 'l numero nostro
con l'eterno proposito s'agguagli.
Con le due stole nel beato chiostro
son le due luci sole che saliro;
e questo apporterai nel mondo vostro. (Divina Commedia - Paradiso XXV, 118)
...quei che vide tutti i tempi gravi,
pria che morisse, de la bella sposa
che s'acquistò con la lancia e coi clavi (Divina Commedia - Paradiso XXXII, 127-129)
Di voi pastor s'accorse il Vangelista
quando colei che siede sopra l'acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista. (Divina Commedia - Inferno XIX, 106-108)
L'uomo di frontiera Giovanni e l'ammiraglio genovese Cristoforo Colombo
Così riferisce l'Abate Ricciotti archeologo, sulla stima reciproca tra due uomini di frontiera: Si narra che Cristoforo Colombo, allorchè nelle sue navigazioni era colto da qualche tempesta, usasse collocarsi sulla prora della nave, e là ritto recitasse al cospetto del procelloso mare l'inizio del vangelo di Giovanni: "In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum...omnia per ipsum facta sunt..." Sugli elementi perturbatori del creato risonava il preconio del Logos creatore: era l'esploratore del mondo che commentava a suo modo l'esploratore di Dio.
incominciando
l'alto preconio, che grida l'arcano
di quì laggiù, sovra ad ogni altro bando (Dante Alighieri - Paradiso, XXVI, 43-45)
("Vita di Gesù Cristo" dell'Abate Ricciotti 1941-1962)
Giovanni e l'oriente cristiano
L'oriente cristiano più dell'occidente, almeno in parte si è ispirato di più a Giovanni. Nella letteratura russa, in particolare, è facile trovare dei filoni giovannei in vicende e personaggi che sembrano pensati come testimonianze delle reali prospettive sovrumane aperte dallo spirito di Giovanni. "L'idiota" di Dotojevskij, ad esempio, la figura di Aljoscia dei "Fratelli Karamazov", ma anche la vita degli Staretz e di molto monachesimo asiatico.
Giovanni in epoca moderna
- Nel 1929 appare uno scritto dal titolo "Apocalisse". Scritto quasi come un testamento spirituale, l'autore è il noto romanziere inglese David Herbert Lawrence (1885-1930).
Lawrence distingue tra Gesù ben descritto dall'apostolo Giovanni autore del quarto vangelo, il vangelo dell'amore, e un Giovanni di Patmos che è invece per Lawrence l'autore della sola "Apocalisse di Giovanni". L'apocalisse infatti secondo la lettura che ne dà Lawrence risulta un testo carico di odio e di invidia. Di lì a considerare Giovanni, Giovanni di Patmos come lui lo chiama, alla strega di un secondo Giuda, il passo è breve.
Degna di nota è la sua ipotesi secondo la quale la cosiddetta "Apocalisse di Giovanni" in realtà è un rimaneggiamento di un testo originariamente pagano, reso appena cristiano da Giovanni di Patmos.
Il testo di Lawrence su Giovanni verrà ripreso in un saggio apparso in una prima edizione nel 1978 dal titolo "Introduzione all'Apocalisse di D.H.Lawrence". Gli autori sono il filosofo francese contiguo ai movimenti dell'anti-psichiatria Gilles Deleuze e Fanny Deleuze. Lo stesso Deleuze ne curerà una seconda edizione riveduta che uscirà nel 1993.
Giovanni il Teologo e la psicoanalisi: due prospettive a confronto
Più recentemente, nel '900, con l'apparire della nuova scienza dell'inconscio, si è occupata della figura per certi aspetti enigmatica di Giovanni e dei testi giovannei, di una ricchezza di simboli che non ha uguali, anche la psicoanalisi.
Il dottor Jung legge Giovanni
Tra gli psicoanalisti che sono intervenuti, con le loro specifiche competenze sull'inconscio, in questa riflessione ormai bimillenaria sulla figura di Giovanni e le prospettive riflessive a cui aprono i suoi testi, va segnalato in particolare lo stesso Carl Gustav Jung.
Edipo e Cristo
Ancor più recentemente una psicoanalista anch'essa di formazione junghiana, Silvia Montefoschi dopo la pubblicazione nel 1979 di un testo "Oltre il confine della persona" in cui metteva a confronto la vicenda edipica e la vicenda cristica di cui sono espressione rispettivamente il più antico "mito greco di Edipo", centrale in psicoanalisi, e il mito di Cristo, pubblica nel 1997 "Il regno del figlio dell'uomo" nel quale sviluppa il discorso precedente mostrando ancor più la continuità evolutiva del discorso cristico e del discorso psicoanalitico grazie proprio alla mediazione di colui che secondo tale interpretazione rappresenta la coscienza cristica al massimo livello e che designa con il termine di "coscienza giovannea".
Il progetto giovanneo
Sempre in "Il regno del figlio dell'uomo" (1997) dalla lettura attenta e dialogica della psicoanalista con la parola del teologo ed evangelista coglie quello che è il progetto giovanneo nel passare dalla coscienza cristica che è la coscienza della consustanzialità tra il figlio e il padre ovvero tra l'uomo e dio a quella della assoluta identicità tra l'umano e il divino. Questa intuizione è anche la consapevolezza, come progetto, che la consustanzialità sul piano del pensiero sia anche una assoluta identicità sul piano della realtà concretamente vivente.
Così scrive Giovanni:
«E Filippo gli disse: "Facci vedere il padre ciò sarà sufficiente per noi"
Gesù rispose:
"Da tanto tempo sono con voi e tu, Filippo, non mi hai conosciuto? Chi ha visto me ha visto anche il padre come puoi dire: "facci vedere il padre"?» (Giovanni,XIV,8,9)
E ancora:
«Le parole che io dico a voi non vengono dalla mia mente ma il padre che è in me esprime il suo pensiero. Credetemi: io sono nel padre e il padre è in me.» (Giovanni,XIV,10,11)
E nel lavoro di attuazione di questa intuizione giovannea, in cui consta il progetto giovanneo, vede l'ulteriore evoluzione della coscienza cristica alla cui attuazione si sono dati il cambio in maniera sotterranea e esoterica come in una staffetta passandosi il testimone i mistici e i filosofi raggiungendo infine Hegel e individua l'ultimo passaggio del testimone proprio nella psicoanalisi in cui il discorso per la prima volta si manifesta a livello essoterico.
E' infatti la psicoanalisi che sin dallo stesso Freud riconosce il femminile come un soggetto attivo anche se inconsapevole di sè, avvicinando così il momento in cui il progetto giovanneo giungerà a compimento e con esso l'immagine di Dio raggiungerà la sua completezza: nel momento in cui anche la figlia si farà simile al padre tutt'uno col padre.
Del resto già Jung aveva individuato nell'immagine trinitaria di Dio propria del cristianesimo una incompletezza e riteneva che per colmarla occorreva una quarta persona che era l'ombra di questo Dio cristiano, ciò che questo dio cristiano non voleva riconoscere in sè e che proiettava fuori di sè come altro da sè. Jung è proprio in questi termini che spiega il simbolo dell'Anticristo, l'"umbra trinitatis" che urge per venire alla luce, essendosi l'opposizione tra i contrari acutizzata al punto da spezzare il mondo in due e che quale metà dell'essere negata fa sì a sua volta che esso neghi che l'essere si dia soltanto nella dualità maschile Padre-Figlio ovvero nella dialettica spirituale Padre-Figlio, sì che l'Anticristo quale autore di questa nuova negazione assume il volto del "maligno".
L'allieva di Jung tuttavia pur riconoscendosi d'accordo con il suo maestro ritiene che questa persona esiste già compresa nella trinità ed è ciò che tradizionalmente è stato chiamato Spirito Santo quale dio-femmina ovvero quello stesso spirito che consustanziava il Padre e il Figlio. Lo Spirito che quale dialettica erotica Madre-Figlia completa cosi l'altra dialettica: la dialettica spirituale Padre-Figlio.
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Ulteriore Documentazione
Studi su San Giovanni e letture interpretative dei suoi scritti
- Iohannes Scotus Eriugena, Omelia sul prologo di Giovanni
- Paul Dreyfus, Un grande reporter sulle tracce di Giovanni Evangelista
- Friedrich Engels, "Tre scritti sulle origini del cristianesimo" (1882-1883-1895)
- Ulteriore documentazione bibliografica più specifica è presente nei sottoarticoli dedicati rispettivamente al vangelo, le lettere e l'apocalisse di Giovanni.
Testi integrali degli scritti di Giovanni e di studi sull'argomento
- Il vangelo di Giovanni
- Apocalisse di Giovanni
- Prima lettera di Giovanni
- Seconda lettera di Giovanni
- Terza lettera di Giovanni
Filmografia sull'argomento
- "San Giovanni - L'Apocalisse" Regia di Raffaele Mertes (Rai RadioTelevisone italiana - 2002)