Canicattì
Template:Comune Canicattì è un comune di 31.713 abitanti della provincia di Agrigento.
Amministrazione comunale
Cenni geografici, storici ed economici
La città di Canicattì ha 31.713 abitanti. Il territorio comunale, al confine fra la provincia di Agrigento, cui appartiene, e quella di Caltanissetta, si estende per 91,42 kmq in media collina. Il centro abitato giace, a 465 metri s.l.m., in una conca naturale (l'alta valle del fiume Naro) circondata da basse colline, assai fertile e tradizionalmente vocata alle colture frutticole (un tempo il mandorlo, oggi l'uva Italia, l'uva da mosto, la pesca e l'albicocca). L'area si differenzia notevolmente dal territorio circostante, ove è diffusissima la cerealicoltura e, in generale, un'agricoltura estensiva e povera. Tale differenza è evidente sia nel paesaggio agricolo che nel centro urbano. Più verde e florido il primo, maggiormente ricco di attività commerciali, anche all'avanguardia, e di animazione cittadina il secondo, rispetto ai centri vicini di entrambe le province.
Canicattì è da secoli il centro più importante lungo la direttrice di comunicazioni - oggi stradali e ferroviarie - fra Agrigento e Caltanissetta (e da qui verso Catania e Palermo). Città feudale dalla conquista normanna, appare menzionata in epoca di occupazione araba; nel XV secolo aumentò notevolmente la propria popolazione a seguito di una licentia populandi concessa ai feudatari locali (i Bonanno). Il centro storico della Città, noto con il nome di Borgalino, è un quartiere arroccato sulla collina che sovrasta l'abitato ed è caratterizzato dall'impianto urbanistico arabo (ricco di vicoli ciechi e di affascinanti cortili) e da un'architettura cinque-seicentesca che annovera, su un tessuto contadino fatto di semplici case di tufo, ricchi e splendidi esempi di arte tardorinascimentale, barocca e tardo-barocca. Tra i momumenti più importanti si ricordano la Chiesa Madre San Pancrazio, la chiesa di Santo Spirito, la Chiesa dei S.S. Filippo e Giacomo del 1662, la chiesa di San Diego d'Alcalà, la chiesa di San Francesco, i resti della secentesca fontana del Nettuno situati nel prospetto della torre campanaria della chiesa del Purgatorio, il Teatro Sociale (nel 1927 ospitò Luigi Pirandello con la sua Compagnia teatrale), opera dell'architetto Ernesto Basile, Villa Firriato, sempre del Basile, palazzo La Lomia del XVII secolo, palazzo Gangitano, palazzo Adamo, palazzo Bartoccelli, Villa Giacchetto e i resti romano-bizantini di Vitosoldano. La città ha dato i natali a diversi personaggi illustri: il Venerabile *padre Gioacchino La Lomia, Mons. Angelo Ficarra, il senatore Salvatore Gangitano, lo scienziato Antonino Sciascia, il filosofo Calogero Angelo Sacheli, Giovanni Guarino Amella, lo scrittore Giuseppe Alaimo, il magistrato Rosario Livatino, il giudice Antonio Saetta e tanti altri. La città è nota anche per l'Accademia del Parnaso, nata nel 1922, e che, attraverso la poesia e il suo magnifico "Statuto" prendeva di mira il potere e molti aspetti della vita. Tra i fondatori si ricordano l'oste don Ciccio Giordano, il filosofo Sacheli, il farmacista Diego Cigna, il barone Agostino La Lomia e il senatore Salvatore Sanmartino. Tra i suoi arcadi vanno ricordati: Luigi Pirandello, Marta Abba, Filippo Tommaso Marinetti, Adriano Tilgher (che la definì la "più audace Accademia satirica italiana"), Leonardo Sciascia e tanti altri.
Favorita dalla posizione strategica e dalla tradizionale laboriosità degli abitanti, già verso la fine dell'Ottocento la città ferveva di attività commerciali e industriali di rilievo; l'agricoltura vi appariva avanzata ed era presente anche un forte comparto minerario, con estrazioni di salgemma e zolfo (il territorio è contiguo all'altopiano solfifero che si estende a Ovest del comune). Negli anni settanta del Novecento l'economia locale prese un forte slancio grazie all'esplosione del fenomeno della coltura intensiva dell'uva bianca da tavola della varietà "Italia", di cui Canicattì divenne centro eponimo. In quegli anni la ricchezza apportata dall'agricoltura fu improvvisa e ingente, tanto da porre la città fra i centri italiani più dinamici durante il c.d. "boom" economico degli anni ottanta, al pari di cittadine del centro-nord del Paese. L'afflusso di denaro portò il fiorire di attività commerciali e, in minor misura, industriali. Comportò, altresì, un sia pur limitato aumento della popolazione (dai 28.094 abitanti del 1971 ai 32.344 del 1991), che peraltro assume maggior peso se guardato nella prospettiva locale di uno spopolamento pressoché generalizzato dei centri urbani della Sicilia interna e collinare-montana. Veri e propri fenomeni di immigrazione interna favorirono tale aumento: molti cittadini provengono dai centri vicini, e si sono trasferiti a Canicattì, spesso, dopo avervi studiato, poiché la città è anche sede di diversi istituti di istruzione secondaria (che coprono un largo raggio di tipologie). Era presente anche un'immigrazione interna stagionale, per la raccolta dell'uva, oggi perlopiù sostituita dall'immigrazione dall'estero (Romania e Marocco, in primo luogo). Nel 1997 è stato riconosciuto dall'Unione Europea il marchio IGP (indicazione geografica protetta) "Uva da tavola di Canicattì". Nel 2005, dopo alcuni anni di inerzia, è stato costituito il Consorzio di Tutela (contattabile presso il Comune di Canicattì) e sono stati attivati i meccanismi di certificazione che hanno portato all'ingresso effettivo dell'uva a marchio IGP sui mercati nazionali e comunitari; ne è conseguito un immediato aumento di valore del prodotto, con evidente vantaggio dell'economia locale. Negli ultimi anni, però, la monocoltura dell'uva da tavola ha mostrato i suoi lati negativi, accusando fortemente le crisi stagionali e la costante riduzione del prezzo di vendita all'ingrosso (in termini reali, e fino al rialzo del 2005). Sono stati quindi espiantati molti vigneti e si è scesi da una superficie stimata di c.a. 20.000 ettari a una di c.a. 12.000 ettari. Su alcuni dei terreni così liberati sono stati impiantati pescheti, che dopo alcune stagioni anche largamente positive hanno accusato la mancanza di una politica di ampio respiro e, più concretamente, di strutture per la conservazione e il trattamento del delicato frutto. I pescheti sono estesi per c.a. 2.000 ha, e cominciano a diffondersi le coltivazioni di [albicocca[|albicocche]] e di uva da mosto. Quest'ultima - presente soprattutto con il vitigno "Nero d'Avola" - produce alcuni ottimi vini e il settore sembra offrire qualche spunto d'ottimismo, rafforzato, per l'uva da tavola, dall'avvio della produzione IGP, la cui qualità può spuntare sul mercato prezzi ben più alti di quella priva di certificazione europea. Nonostante le difficoltà del comparto agricolo, apparse gravi negli anni successivi al 2001, l'agricoltura rimane, finora, la prima attività economica del comune, con circa il 28% degli occupati. Segue il commercio con il 21%, la pubblica amministrazione con il 9%, l'industria edile con l'8,5%, l'industria manifatturiera con l'8%, l'istruzione con l'8%, le intermediazioni con il 4,6%, i trasporti e le comunicazioni con il 3,7%, gli affari immobiliari con il 3,3%, la sanità con il 3%, gli altri servizi pubblici con il 3% e gli esercizi alberghieri e di ristorazione con il 2%.
Evoluzione demografica
Abitanti censiti[1]

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- ^ Dati tratti da:
- Popolazione residente dei comuni. Censimenti dal 1861 al 1991 (PDF), su ebiblio.istat.it, ISTAT.
- Popolazione residente per territorio – serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.
Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno.