Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo

organo della Procura generale della Repubblica presso la Corte suprema di cassazione

La Direzione Nazionale Antimafia (DNA) è un organo della Procura generale presso la Corte di Cassazione. È stata istituita con la legge 20 gennaio 1992 n.8 con il compito di coordinare, in ambito nazionale, le indagini relative alla criminalità organizzata.

Compiti

È diretta dal Procuratore Nazionale Antimafia (PNA), nominato direttamente dal Consiglio Superiore della Magistratura in seguito ad un accordo col ministro della Giustizia (art. 76-bis, comma 3 ord. giudiziario) e ne fanno parte, quali sostituti procuratori, venti magistrati esperti nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata.

Il PNA è sottoposto alla vigilanza del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che riferisce al Consiglio Superiore della Magistratura circa l'attività svolta e i risultati conseguiti dalla DNA e dalle Direzioni distrettuali antimafia (DDA) istituite presso le Procure della Repubblica presso il tribunale dei 26 capoluoghi di distretto di Corte d'appello.

Per le indagini, il Procuratore si avvale delle strutture della Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.).

Storia

Primo procuratore nazionale antimafia è l'ex procurtore aggiunto di Milano, da pochi mesi a capo della procura generale di Palermo, Bruno Siclari (1992-1997), che si trova a dover mediare tra chi vuole rafforzare i poteri di coordinamento della DNA e chi teme la perdita di autonomia delle direzioni distrettuali. cA Sclari segue il procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna (1997-2005). Con lui la DNA assume una fisionomia definitiva. Nell'ottobre 2005 il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura nomina procuratore nazionale antimafia Piero Grasso all'epoca procuratore della Repubblica a Palermo, con 18 voti favorevoli (tra cui quello del vice presidente, Virginio Rognoni, nonché quelli di Unicost, Magistratura Indipendente, Movimento per la Giustizia) e 5 astensioni (Magistratura democratica).

L'elezione di Grasso

L'elezione di Piero Grasso a PNA nel 2005, se da un lato è salutata con giudizi positivi e di stima da parte del Governo Berlusconi III e di larghe componenti della magistratura, suscita accese polemiche per le modalità con cui viene estromesso dal concorso il concorrente, il giudice Giancarlo Caselli. Infatti, un emendamento alla legge delega di riforma dell'ordinamento giudiziario, noto come "emendamento Bobbio" dal nome del senatore di Alleanza Nazionale Luigi Bobbio, fra l'altro, prevede che per aspirare a tutti gli uffici direttivi (PNA compresa), esclusi quelli di Cassazione, occorre garantire quattro anni pieni di servizio prima del compimento del settantesimo anno di età: al momento della nomina il candidato non avrebbe dovuto avere più di 66 anni, cioè proprio l'età di Giancarlo Caselli. La maggioranza di governo non nasconde la finalità contra personam dell'iniziativa, e l’autore dell’emendamento, il senatore Bobbio afferma: "Caselli è indegno di ricoprire quell’incarico"[1]. Nel giugno 2007 la Corte Costituzionale dichiara illegittima la norma, inserita nella "riforma Castelli" sull'ordinamento giudiziario, sul conferimento degli incarichi direttivi a magistrati ordinari che aveva consentito l'esclusione di Caselli dal concorso per la nomina di procuratore nazionale antimafia (per via della non ammissibilità alla procedura selettiva dei magistrati che non possano assicurare almeno 4 anni di servizio prima della data di collocamento a riposo per gli uffici di merito o almeno 2 anni per quelli di legittimità, senza tener conto delle norme che permettono ai magistrati di permanere in servizio fino al 75º anno di età) [2].

Nel maggio 2010 Piero Grasso è stato confermato all'unanimità dal plenum del Csm, alla guida della Procura Nazionale Antimafia.

Note

Voci correlate

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