Alessandro Magno
Alessandro Magno | |
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Re di Macedonia, Egemone della Lega ellenica, Faraone d'Egitto, Re dei Re | |
In carica | 336 a.C.-13 giugno 323 a.C. |
Predecessore | Filippo II di Macedonia |
Successore | de iure Alessandro IV di Macedonia de facto vedi Perdicca e i Diadochi |
Nome completo | Μέγας Ἀλέξανδρος |
Nascita | Pella, 6 lōios / ecatombeone (ca. 20 luglio) 356 a.C. |
Morte | Babilonia, 30 daisios / targelione (ca. 13 giugno) 323 a.C. |
Sepoltura | Alessandria d'Egitto |
Padre | Filippo II di Macedonia |
Madre | Olimpiade d'Epiro |
Coniugi | Rossane Statira Parisatide |
Figli | Eracle di Macedonia (da Barsine, non riconosciuto) Alessandro IV di Macedonia (da Rossane) |
Alessandro Magno (greco: Template:Polytonic, Mégas Aléxandros)[1], ufficialmente Alessandro III (greco: Template:Polytonic, Aléxandros trίtos ho Makedόn; Pella, 6 ecatombeone 356 a.C. – Babilonia, 30 targelione 323 a.C.) fu re di Macedonia a partire dal 336 a.C., succedendo al padre Filippo II.
È conosciuto anche come Alessandro il Grande, Alessandro il Conquistatore o Alessandro il Macedone. Il termine "magno" deriva dal latino magnus che significa per l'appunto "grande", che in greco antico si traduce con il termine mégas. È considerato uno dei più celebri conquistatori e strateghi della storia.
In soli dodici anni conquistò l'intero Impero Persiano, dall'Asia Minore all'Egitto fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India settentrionale.
Le sue vittorie sul campo di battaglia, accompagnate da una diffusione universale della cultura greca e dalla sua integrazione con elementi culturali dei popoli conquistati, diedero l'avvio al periodo ellenistico della storia greca.
Morì a Babilonia il 30 del mese di daisios (targelione) del 323 a.C., forse avvelenato, oppure per una recidiva della malaria che aveva contratto in precedenza o, secondo congetture più recenti, per una cirrosi epatica provocata dall'abuso di vino.
Dopo la sua morte l'impero macedone fu suddiviso tra i generali che lo avevano accompagnato nelle sue spedizioni e si costituirono i regni ellenistici, tra cui quello tolemaico in Egitto, quello degli Antigonidi in Macedonia e quello dei Seleucidi in Siria, Asia Minore, e negli altri territori orientali.
Il suo straordinario successo, già durante la sua vita ma ancor più dopo la sua morte, ispirò una tradizione letteraria in cui egli appare come un eroe mitologico, assimilato ad Achille, da cui vantava una discendenza. La vita e la figura di Alessandro Magno hanno presto assunto colorazioni mitiche. Le storie a lui riferite si ritrovano non solo nelle letterature occidentali: nella Bibbia (Primo libro dei Maccabei), ad esempio, si fa esplicito riferimento ad Alessandro, mentre nel Corano il misterioso Dhu al-Qarnayn (il Bicorne o letteralmente "quello dalle due corna") viene per lo più identificato con lui.
La questione della data di nascita
Discussa è la data di nascita: vi è chi la riporta intorno al 20, chi alla metà di luglio e chi segnalava il 6 del mese, questo perché era il giorno sacro della dea Artemide e si narra che alla nascita del condottiero ella si fosse distratta non osservando l'incendio del suo tempio di Efeso.[2] Vi era anche chi sosteneva fosse nato ad ottobre: tale data risulta la più errata, dovuta più che altro alla confusione, che regnava al tempo, con la data dell'ascesa al trono.
Descrizione fisica
«Quando il sarcofago di Alessandro fu tratto fuori dal sepolcro, Augusto fissò il corpo, pose sul coperchio di vetro una corona d'oro e vi sparse sopra dei fiori in segno di venerazione. Richiesto se volesse vedere anche la salma di Tolomeo, rispose «Desideravo vedere un re, non dei cadaveri»»
Alessandro non era avvenente ma era tozzo e di corporatura robusta; aveva gli occhi di colore diverso (uno blu l'altro marrone, o forse uno sull'azzurro e l'altro nero), mentre la sua voce era aspra;[3] portava sempre il collo leggermente inclinato verso sinistra e soffriva probabilmente di alcune malformazioni congenite che hanno contribuito alla sua morte.[4]
Fra gli scultori del tempo, Lisippo ritraeva molto fedelmente il condottiero[5] (egli venne poi nominato scultore di corte).
Fra i pittori che lo ritrassero, Apelle di Colofone si dice che lo dipingesse di carnagione più scura di quella che avesse, mentre Aristosseno di Taranto, apprendista di Aristotele, raccontava che emanava un profumo gradevole.[6] Secondo quanto riporta Teofrasto di Ereso, si diceva che il profumo fosse probabilmente dovuto al calore eccessivo del corpo, mentre Ateneo di Naucrati sottolineava la sua abitudine al bere e all'ubriacarsi.[7]
Biografia
I genitori di Alessandro
Alessandro era figlio del re Filippo II di Macedonia e della moglie Olimpiade (o Olimpia), principessa di origine epirota; secondo le leggende, da parte di padre era discendente di Eracle, mentre da parte di madre di Achille, attraverso il nipote Molosso che avrebbe dato origine alla casa reale dei Molossi.[8] Alessandro mostrava di non considerare questa genealogia una finzione, tanto che diceva di comportarsi quale discendente diretto sia di Eracle che di Achille.
Secondo la leggenda, in parte da lui stesso alimentata dopo essere salito al trono, e riferita da Plutarco, il suo vero padre sarebbe stato lo stesso dio Zeus, che avrebbe preso le sembianze di un serpente e giaciuto con la madre.[9]
Molte furono le leggende a lui postume sulla sua nascita; ad esempio si narrava che la madre Olimpiade, in visita alla corte persiana, avrebbe avuto una notte d'amore con il loro re, per poi ritornare in Macedonia.[10] La madre stessa peraltro alimentava leggende di ogni tipo sul figlio.
Educazione
All'epoca della nascita di Alessandro, sia la Macedonia che l'Epiro erano ritenuti stati semibarbari, alla periferia settentrionale del mondo greco.
La sua nutrice fu Lanice, sorella di Clito;[11] i suoi genitori volevano dare al figlio un'educazione greca (precisamente attica-ateniese) e, dopo Leonida (che il suo allievo giudicò avaro)[12] e Lisimaco di Acarnania (con cui Alessandro legò molto rischiando una volta la vita per salvarlo),[13] scelse come suo maestro, fra il 343 a.C. e il 341 a.C., il filosofo greco Aristotele;[14] la scelta era dettata anche dalla politica del tempo.[15] Aristotele lo educò, insegnandogli la scienza, la medicina, l'arte e la lingua greca, preparando appositamente per lui un'edizione annotata dell'Iliade[16] e gli restò legato, come amico e confidente, per tutta la vita. Alessandro lo considerò all'inizio alla stregua di un padre ma successivamente diffidò di lui.[17]
Non si sa fino a che punto gli insegnamenti filosofici di Aristotele influirono sul pensiero di Alessandro. Sembra molto probabile che non potessero esservi molti punti di accordo tra i due: le teorie politiche di Aristotele erano fondate sulla città-stato greca, teoria ormai fuori moda in quel tempo. Il concetto di governo di una piccola città-stato non poteva interessare a un principe ambizioso che voleva costruire un grande impero centralizzato.
Del suo apprendere dal maestro si ha una prova in una lettera inviata da Isocrate ad Alessandro, dove il rettore greco si congratulava con il macedone nel come affrontava e apprendeva l'arte della filosofia.[18]
Una delle prime volte che venne menzionato il suo nome fu in un discorso pubblico di un politico ateniese; a quell'epoca Alessandro aveva dieci anni.[19]
Del suo rapporto con Aristotele nei suoi primi anni si raccontarono molte storie, quasi tutte inventate.
L'incontro con Bucefalo
Si narra che il giovane Alessandro, all'età di dodici anni o meno,[20] manifestasse la propria straordinaria natura riuscendo a domare da solo il cavallo Bucefalo.
L'animale venne comprato da un amico del padre, il generale Demarato di Corinto, probabilmente per un valore di tredici talenti, e regalato a Filippo, il quale ne fece dono al figlio. Alessandro, avendo infatti notato che il cavallo era spaventato dalla propria ombra, lo mise col muso rivolto verso il sole prima di montargli in groppa; da allora il cavallo non si lasciò mai più montare da nessun altro uomo che non fosse Alessandro. In seguito gli venne anche insegnato ad inginocchiarsi completamente bardato, in modo da facilitare notevolmente la monta prima delle battaglie.
Bucefalo accompagnò per quasi un ventennio il suo padrone e questo legame vanne interrotto dalla morte del cavallo, nel 326 a.C., durante la battaglia dell'Idaspe (che vide contrapposti i Macedoni di Alessandro all'armata di Poro, re indiano della regione del Punjab).
Le prime spedizioni
Nel 340 a.C., a soli sedici anni, durante una spedizione del padre contro Bisanzio, gli fu affidata la reggenza in Macedonia. Disponeva del sigillo reale e sicuramente sbrigò gli affari correnti di governo. Le sue energie vennero poi impegnate in una campagna contro la tribù tracia dei Maidi dello Strimone superiore, durante la quale prese d'assalto la loro città principale, che chiamò poi Alessandropoli. L'anno successivo Filippo ebbe una quarta moglie, Cleopatra Euridice (nipote del suo generale Attalo), ma Olimpiade mantenne il titolo di regina.
Nel 338 a.C. Alessandro guidò la cavalleria macedone nella battaglia di Cheronea; grazie alle sue abilità di condottiero prevalse sui tebani, sterminando quello che veniva chiamato battaglione sacro,[21] formato da 300 soldati che costituivano il corpo scelto dell'esercito.
Durante quella battaglia, venendo a conoscenza delle vittorie riportate dal figlio, il padre cercò di strappare il merito della vittoria ad Alessandro, anche esponendosi al pericolo.[22]
L'assassinio di Filippo
Dopo la battaglia ci furono ampi contrasti fra padre e figlio, alimentati sia dalla condotta di Filippo durante la battaglia, sia dal suo divorzio dalla madre. Più volte Alessandro usò parole di disprezzo verso il padre e per poco non si sfiorò un duello fra i due. Nel 336 a.C. Filippo venne assassinato ad Ege (l'antica capitale macedone), trafitto da un ufficiale della sua guardia di nome Pausania,[23] durante le nozze della figlia Cleopatra con il re Alessandro I d'Epiro; Pausania venne immediatamente ucciso dalle guardie macedoni dopo l'assassinio del sovrano. Seguendo il racconto tradizionale di Plutarco, sembrerebbe che della congiura fossero a conoscenza, se non direttamente coinvolti, sia Olimpiade che Alessandro, ed è inoltre possibile che l'assassinio sia stato istigato dal re di Persia Dario III, appena salito sul trono.
Secondo Aristotele, Pausania, amante di Filippo, avrebbe ucciso il re macedone perché oltraggiato dai seguaci di Attalo, o dallo stesso Attalo,[24] zio della nuova moglie Euridice. Il fatto che esistessero complici in attesa di Pausania in fuga, depone tuttavia a favore dell'esistenza di un complotto organizzato e non semplicemente di un episodio legato a faccende private.
Campagna nei Balcani
Dopo la morte di Filippo, Alessandro, all'età di vent'anni, fu acclamato re dall'esercito ed immediatamente si occupò di consolidare il suo potere facendo sopprimere i possibili rivali al trono. Con l'aiuto del generale Antipatro, consigliere del padre, prima operò in modo che i mandanti dell'omicidio del padre figurarono i principi della Lincestide, poi fece condannare a morte Aminta (figlio di Perdicca III e nipote dello stesso Filippo del quale era stato tutore),[25] diversi fratellastri di Alessandro ed Euridice e la giovane moglie di Filippo, il cui zio Attalo fu raggiunto da un sicario in Asia Minore.
Consolidato il suo potere in Macedonia iniziò ad espandere la propria autorità nei Balcani, cominciando dai Greci. Arrivato a Larissa egli ribadì ai Tessali le proprie buone intenzioni nei loro confronti, offrendosi come protettore contro i Persiani. Ad un'assemblea della Lega Tessalica Alessandro fu eletto capo, gli venne affidata l'amministrazione delle entrate e gli fu promesso l'appoggio nella Lega Ellenica. Dal consiglio anfizionico, riunito per l'occasione alle Termopili, si fece eleggere hegemón (egemone) della Grecia,[26] carica che precedentemente fu di suo padre e che, come lui volle, passò ai discendenti. Successivamente gli stati greci nella Lega di Corinto, eccetto Sparta, proclamarono Alessandro comandante delle loro forze contro la Persia. Il macedone, in tal modo, stava proseguendo il progetto di conquista che ereditò da suo padre.
In quel periodo incontrò il filosofo Diogene, che viveva all'epoca a Corinto in una botte, con il quale vi fu un celebre scambio di battute: alla domanda su cosa desiderasse, il filosofo rispose al macedone di spostarsi perché gli nascondeva il sole.[27] In seguito ci furono racconti coloriti sul loro incontro, in cui si arrivò a far dire al condottiero: «se non fossi Alessandro mi piacerebbe essere Diogene».[28]
Appoggiato da tutti i Greci, Alessandro avviò la campagna dei Balcani contro i Triballi, a partire dalla primavera del 335 a.C.. Era una popolazione ubicata nella parte settentrionale di quella che poi verrà chiamata Bulgaria. Dopo un viaggio durato dieci giorni si trovò di fronte, al passo di Šipka, nemici dotati di carri che sbarravano il passaggio, pronti ad attaccare. In questo primo scontro si poté assistere all'abilità di stratega di Alessandro.
Parte dei soldati macedoni si divisero in due ali lasciando libero il passaggio ai nemici, mentre i rimanenti si sdraiarono a terra coprendosi come potevano con gli scudi, in modo da far passare i carri sopra di loro senza subire molti danni. In seguito, grazie al sostegno degli arcieri, degli ipaspisti, dei aegma e delle truppe leggere degli Agriani, i Triballi vennero sconfitti.[29] Si dice che Tolomeo stesso riferì che non ci furono morti nell'esercito macedone in questo scontro.
Sirmo, re dei Triballi, attendeva il condottiero macedone a Ligino (un affluente del Danubio la cui corrispondenza odierna non è certa). Ad accompagnare Alessandro in quell'occasione vi erano Filota, Eraclide e Sopoli. La sua tattica lo vide vincitore anche sotto il profilo delle perdite: morirono più di 3.000 nemici, mentre gli alleati subirono in tutto una cinquantina di perdite.[30]
I macedoni avevano difficoltà ad espugnare l'isola Peuce per via delle forti correnti ed erano venuti a conoscenza dell'arrivo di rinforzi nemici. Alessandro decise quindi di superare il fiume in una sola notte, sbaragliando con un furioso assalto[31] i Geti che, alleati dei Triballi, erano dotati di 10.000 fanti e 4.000 cavalieri.[32]
Egli trascorse quasi 4 mesi nei Balcani orientali prima di puntare a ovest ed entrare nel territorio degli Agriani, con circa 25000 fanti e 5000 cavalieri.
Alessandro riuscì a contrastare gli attacchi della tribù illirica dei Dardani, comandati da Clito (figlio di Bardilo II), provenienti da quello che è l'odierno Kosovo. Essi effettuarono incursioni nella Macedonia, arrivando fino ad espugnare Pelion, vicino a quella che poi sarà chiamata Gorice. Nel frattempo giunse notizia dell'arrivo imminente dei Taulanti di Glaucia a sostegno degli invasori. Grazie all'appoggio di Longaros,[33] Alessandro giunse a Pelion iniziando l'assedio. Arrivarono poi i rinforzi nemici come previsto. Il macedone attaccò utilizzando la sua falange, composta da 120 file, come una sorta di serpente umano, stanando i nemici senza subire alcuna perdita,[34] mentre con un attacco notturno condotto dalle sole truppe leggere riuscì a liberare Pelion.
L'insurrezione di Tebe e Sparta
Dopo la vittoria nei Balcani, tuttavia, si sparse la voce che Alessandro fosse rimasto ucciso in battaglia e questa notizia provocò una nuova ribellione delle πόλεις (poleis), probabilmente alimentata dai Persiani[35] e dai tebani che, dopo anni di esilio, approfittarono della situazione e tornarono in patria. Vi erano stati disordini anche altrove; ad Atene vennero uccisi Timolao e Anemeta, i capi del partito filo-macedone.
Con una marcia rapidissima di più di 200 chilometri, percorsi in quattordici giorni,[36] Alessandro raggiunse Tebe e la circondò. A questo punto vi sono due versioni dello scontro: nella prima il condottiero era in difficoltà fino a quando non notò un'entrata alla città lasciata senza protezione, al che ordinò al comandante del battaglione Perdicca di penetrarvi; l'altra versione, raccontata da Tolomeo, probabilmente volto a calunniare il suo rivale, vedeva un attacco senza ordine da parte dello stesso Perdicca, nel quale quest'ultimo fu gravemente ferito.[37]
In ogni caso l'esercito macedone travolse ogni fortificazione, radendola al suolo, risparmiando solamente i templi e la casa del poeta Pindaro. Al termine degli scontri si arrivò a contare circa 6.000 morti, fra cui molti arcieri cretesi con il loro comandate Euribote.[38] Alessandro ottenne così la sottomissione completa delle città greche, eccetto Sparta.
Atene fu risparmiata da assedi vari, chiedendo solo che venissero consegnati ai macedoni i personaggi a loro più avversi, ma alla fine delle trattative soltanto il generale Caridemo venne esiliato; questi, non sentendosi cittadino greco, si alleo con la Persia e Dario[39] e come lui altri nemici di Alessandro, mentre Carete si recò a Sigeo, nei suoi possedimenti. Al termine degli eventi, alla fine di ottobre, ritornò in Macedonia.
Discussa dagli storici è la visita di Alessandro all'oracolo di Delfi prima della partenza: secondo quanto si racconta, il macedone si recò presso il tempio per interpellarlo, ma era il periodo in cui non poteva essere consultato; per cui, di persona, costrinse la sacerdotessa a venire al tempio portandovela con la forza e proprio in quell'occasione ella affermò che il nuovo re «era invincibile».[40]
Conquista dell'impero persiano
La prima spedizione greco-macedone inviata da Filippo II in Asia Minore, al comando del generale Parmenione, era stata respinta sulla costa dall'esercito persiano; quest'ultimo era comandato dal generale rodio Memnone (e prima di lui da Mentore), che occupò la città di Abido, dove sarebbero dovuti sbarcare i Macedoni.
Nella primavera del 334 a.C. Alessandro, dopo aver consolidato la sua posizione in Grecia e dopo aver lasciato Antipatro come suo rappresentante in patria, sbarcò in Asia Minore con un esercito di circa 40.000 uomini, di cui 32.000 fanti; nella cavalleria poteva contare su 1200 tessali e 1800 hetaîrot, tutti al comando di Parmenione.[41] Il nucleo principale era formato dall'esercito macedone, rafforzato dagli scarsi contingenti provenienti dalle città greche.
Dopo aver attraversato le coste della Tracia arrivò in circa venti giorni ai Dardanelli;[42] a Sesto venne raggiunto da 160-170 navi alleate (successivamente affidate a Nicanore) con le quali raggiunse la riva opposta, non temendo la flotta nemica che era occupata a tenere a bada le coste egiziane (infatti nel gennaio del 335 a.C. era morto il re ribelle egiziano e una parte della flotta lì impegnata non poté intervenire per fermare i Macedoni). Fece dunque visita, come buon augurio, a quella che si riteneva fosse la tomba di Protesilao[43] e vi compì un rituale: si mise alla guida di una trireme, si allontanò dalla costa, sacrificò un toro e altro, tornò e, prima di giungere sulla riva, indossò la propria armatura; una volta sbarcato prese la sua lancia e la scagliò in terra proclamandosi come conquistatore dell'impero persiano.[44]
Il numero di fanti e cavalieri al seguito di Alessandro sono discordanti sin dalle prime fonti:[45]
- Tolomeo I: 30.000 fanti e 3.000 cavalieri
- Aristobulo: 30.000 fanti e 4.000 cavalieri
- Anassimene di Lampsaco: 43.000 fanti e 5.500 cavalieri
- Callistene: 40.000 fanti e 4.500 cavalieri
Battaglia del Granico e conquista dell'Asia Minore
Memnone, che non era persiano di nascita ma greco e che aveva sposato una donna persiana, davanti alle truppe macedoni appena sbarcate sosteneva la tattica della terra bruciata, ma i satrapi persiani non vollero lasciare i propri territori al nemico,[46] preferendo scontrarsi subito con l'esercito invasore. Cercò allora di radunare i 20.000 mercenari greci su cui poteva contare,[47] ma, dovendo difendere anche Alicarnasso e Mileto, raccolse soltanto una parte di essi; circa 5.000 unità furono inoltre inviate, per ordine dello stesso Dario, a Cizico, luogo importante per via delle loro monete.[48]
Nel maggio dello stesso anno, presso il fiume Granico, vicino al sito della leggendaria Troia (sulla strada da Abido a Dascylium, vicino all'odierna Ergili), si svolse il primo scontro. Contro Alessandro, oltre a Memnone, Spitridate della Lidia, Atizie e Arsite della Frigia e Mitrobarzane dalla Cappadocia, vi erano Reomitre, Mitridate e Resace.
Parmenione ebbe il comando dell'intera ala sinistra a cui era stata affidata la difesa. Altri uomini al servizio del conquistatore furono Filota, Ceno, Perdicca, Cratero, Meleagro. Clito il Nero (fu chiamato il Nero per distinguerlo da Clito il Bianco, altra figura al comando di parte della fanteria), figura come la guardia del corpo.
Dopo molto tempo trascorso ad osservarsi, in quanto i Persiani attendevano che fossero i Macedoni i primi ad attaccare,[49] alle prime luci dell'alba fu proprio Alessandro (riconosciuto per il caratteristico pennacchio dell'elmo)[50] ad iniziare le ostilità. L'armata macedone si scagliò sui Persiani.
La tattica di Alessandro era chiara: aprire dei varchi nella fanteria nemica, lasciando poi spazio alla cavalleria per spezzare l'esercito persiano (che era disposto lungo le ripide rive del fiume) e permettendo così alla falange macedone di caricare con le sarisse e porre fine alla battaglia. Alessandro stesso condusse parte dell'attacco avanzando in obliquo, distraendo gli avversari, ma fu oggetto di attacchi cruenti.
Dopo aver rotto una prima lancia e ottenuta dai propri fidi un'altra, il macedone si scontrò prima con Mitridate, che venne colpito in volto e sconfitto, per poi essere colto di sorpresa dal fratello di Spitridate, Resace. Questi lo colpì in testa rompendogli l'elmo e ferendolo; Alessandro reagì, e dopo essersi procurato una nuova lancia, colpì l'avversario al petto.[51] Arrivò un terzo avversario, Spitridate, armato di spada, ma, grazie all'intervento di Clito il nero, il re macedone ebbe salva la vita.[52]
La battaglia si era finalmente risolta in uno scontro tra cavallerie, nel quale quella macedone ebbe la meglio, mettendo in fuga la controparte nemica. Senza molti dei loro comandanti i Persiani si sentirono persi e vennero rapidamente sconfitti; molti furono i morti fra cui Spitridate, Mitrobarzane,[53] Farnace, il cognato di Dario, Arbupalo, Nifate, Petine e Omare dei mercenari. In quella battaglia i morti persiani furono migliaia mentre quelli macedoni si contavano: 25 fra gli eteri, 60 nella cavalleria e circa 30 nella fanteria.[54]
Solo 2.000 dei 20.000 mercenari greci agli ordini di Memnone furono risparmiati e mandati ai lavori forzati nelle miniere del Pangeo, in quanto essendo greci erano andati contro le leggi degli alleati.[55] Alessandro nel trattare le spoglie nemiche fu diplomatico, inviando 300 armature ad Atene con un messaggio che ricordava: «Alessandro, figlio di Filippo, e i Greci, eccetto gli Spartani, dedicano queste spoglie tolte ai barbari che vivono in Asia»; in questo modo dimostrò umiltà e rispetto.[56]
Il conquistatore diede grandi onori ai caduti, esentando da tasse genitori e figli dei combattenti defunti più fedeli. Arsite riuscì a salvarsi, ma sentendosi in colpa per l'accaduto si suicidò.[57] Dopo la vittoria, Alessandro diede ordine di non saccheggiare la terra conquistata e ai persiani vinti concesse il pagamento dello stesso tributo che prima pagavano. Parmenione, nel frattempo, prese Dascilio.
L'Asia Minore era ormai aperta alla conquista macedone.
La resistenza di Mileto e l'accordo con Sardi
L'avanzata di Alessandro trovò solo la città di Mileto ad opporgli fiera resistenza: pur avendo anche loro inviato in precedenza ai macedoni una lettera di resa, cambiarono idea non appena vennero a conoscenza dell'arrivo imminente di una flotta amica in loro sostegno. Alessandro occupò quindi il porto, cercando di impedirne l'entrata alle 400 navi nemiche che stavano per giungere,[58] e assaltò le mura, iniziando l'assedio. Dopo tre giorni giunsero i rinforzi ma non venne permesso loro di attraccare: ciò fu possibile grazie allo sforzo di Nicanore e dei suoi soldati che, stanziando nei pressi dell'isola di Lade, controllavano il porto.
Si dice che a questo punto Parmenione suggerì di attaccare la flotta nemica, avendo notato buoni auspici per la vittoria in mare (un'aquila che si era poggiata sulla spiaggia vicino alle loro imbarcazioni); Alessandro, tuttavia, gli rispose che aveva male interpretato i segni e che la vittoria sarebbe venuta per terra, in quanto il volatile si era poggiato sul suolo.[59] I macedoni sconfissero gli avversari e reclutarono 300 uomini nemici nel loro esercito (questo reclutamento fece arrendere i combattenti nemici più valorosi).
Contro Sardi gli bastò accordarsi con il loro capo, Mitrine, che lo accolse come fosse un amico; Alessandro consentì che potessero continuare a regolarsi con le leggi già in uso; concesse inoltre ulteriori privilegi.[60] Raggiunse Efeso, dove i mercenari impauriti erano precedentemente fuggiti, e la occupò instaurando una democrazia al posto della precedente oligarchia, come era avvenuto nelle altre città conquistate[61], ed entrarono nella Lega di Corinto. Questa sua politica gli portò molti consensi e rese spontanee la resa di altre città. Tutte le πόλεις (poleis) della costa salutarono il macedone come il liberatore.
Il controllo delle zone conquistate
Il governo della Caria fu affidato ad Ada, ultima sorella di Mausolo e di Pixodaro, colui che anni prima aveva progettato un matrimonio fra sua figlia e uno dei figli di Filippo.[62] La donna stessa aveva chiesto udienza al conquistatore, lasciando Alinda, luogo dove aveva trovato rifugio, per incontrarlo; nel parlargli lo denominò figlio.[63]
Mentre il grosso dell'esercito svernava in Lidia (terra poi concessa ad Asandro) al comando di Parmenione, Alessandro passava in Licia, in Panfilia, in Pisidia e in Frigia; quest'ultima venne concessa al comandante della cavalleria tessalica, Calate. In sua sostituzione, Alessandro nominò nuovo comandante della cavalleria Alessandro di Lincestide, scelta poi rivelatasi infausta[64]
L'assedio ad Alicarnasso
L'intento di Alessandro era quello di conquistare tutte le città costiere impedendo l'attracco alle navi nemiche; nel frattempo si ebbe la notizia della morte di un figlio di Dario, ucciso per ordine dello stesso padre, che era in procinto di tradirlo.[65]
Si trovò di fronte ad Alicarnasso, una roccaforte dove si era rifugiato Memnone per aiutare la flotta persiana disposta nelle acque vicine; la città disponeva di un grande fossato e di scorte sufficienti ad un eventuale lungo assedio. In questa battaglia il macedone utilizzò le macchine che lanciavano pietre per difesa e non per attaccare le mura.
Alessandro attaccò quindi una torre, nella vana speranza che il suo crollo avrebbe coinvolto parte delle mura; ma alla caduta della prima non conseguì la caduta della seconda. Puntò allora da un'altra parte, colmando prima il fossato e poi attaccando con le sue macchine, senza grossi esiti. In quell'occasione morì Neottolemo, fratello di Aminta di Arrabeo, insieme a circa 170 soldati, mentre meno di venti (16) furono le vittime fra i macedoni, e 300 i feriti.[66]
I persiani resistettero ad altri assalti grazie al fuoco che bruciò un elepoli dei greci.
I persiani, incoraggiati, organizzarono una sortita: furono mandati 2.000 uomini, mille dei quali armati di fiaccole con l'obiettivo di incendiare ogni macchina nemica, mentre gli altri mille dovevano attaccare di sorpresa i greci quando erano impegnati a spegnere i vari incendi. La loro azione non colse impreparati i greci, che fecero strage dei nemici; del secondo contingente si occupò Tolomeo. I soldati persiani rimasti in vita cercarono di tornare nella città, ma, temendo che anche gli invasori entrassero con loro, venne chiuso il cancello e il ponte stesso non resse al peso. Si contarono 1.500 morti per i persiani contro 40 dei greci, fra cui il capo degli arcieri Clearco.[67]
Diodoro differisce totalmente da questa versione (narrata fra gli altri da Arriano-Tolomeo); secondo l'autore, soltanto all'inizio stavano avendo la meglio i macedoni, guidati fra gli altri probabilmente dai battaglioni di Addeo e Timandro, ma di fronte al secondo assalto molti dei greci si spaventarono e la paura aumentò ancora di più all'ingresso dello stesso Memnone, il cui esercito ammutolì per un attimo lo stesso Alessandro. Soltanto grazie ai veterani, al cui comando si pose Atarrias, che spronò i più giovani e inesperti, riuscirono a sconfiggere l'esercito nemico uccidendo Efialte, uno dei comandanti nemici.[68] Si riportano anche i nomi dei generali nemici, gli stessi Efialte e Trasibulo, che tempo prima vivevano ad Atene e di cui Alessandro chiese la consegna, ma a cui fu dato la possibilità dell'esilio e quindi di allearsi con Dario. In ogni caso la resistenza non superò i due mesi.[69]
La città venne incendiata dai persiani,[70] mentre il generale nemico Memnone fuggì rifugiandosi temporaneamente sull'isola di Cos. Il re, entrato nella città, ordinò di uccidere chiunque avesse appiccato il fuoco e, quando si rese conto dei danni, distrusse completamente la città[71]
Alessandro lasciò Orontobate, che si era rifugiato nella roccaforte di Salmacide, e le restanti città della regione da conquistare a due dei suoi fidati: Tolomeo di Filippo e Asandro, lasciandogli parte dell'esercito (3.000 fanti e 200 cavalieri) e continuando la sua conquista dell'impero.
I primi tradimenti e il nodo gordiano
A questo punto diede il congedo a tutti i militari che si erano sposati poco prima di partire per la spedizione,[72] e inviò parte del suo esercito a Perge, mentre lui continuava il suo percorso costiero; dopo un evento fortuito (il vento cambiò al suo passare rendendo agevole il passaggio in una zona altrimenti impervia),[73] riscosse molti consensi e contributi che subito convertì in paghe per i soldati.
Viaggiò per Termesso, Aspendo, Faselide; intanto arrivò da Parmenione Sisine, un messaggero persiano inviato da Dario III col proposito di persuadere Alessandro di Lincestide a uccidere il proprio re; se il generale avesse accettato la proposta, avrebbe ricevuto un premio di 1.000 talenti d'oro (a cui aggiungeva la corona stessa). Il generale dunque, ritenendo rischioso comunicare per iscritto per il rischio di intercettazioni, inviò un messaggero travestito per chiedere come si doveva comportare in questo caso.[74]
Gli storici non concordano con questo passo per via dei tanti punti oscuri; anche la stessa sorte di tale Alessandro viene raccontata in vari modi: Tolomeo dopo la sua cattura non citerà più il suo nome; forse fu ucciso per un tradimento quattro anni dopo le vicende narrate, oppure, come racconta Aristobulo, egli morì addirittura prima della partenza per la conquista dell'Asia, ucciso da una donna a cui chiese del denaro.[75] ma dati certi riportano l'esistenza di un comandante dei Traci con tale nome sia all'epoca di Tebe che in Asia.
Altre storie riferiscono di Sisine come uomo di fiducia del re macedone, che gli rimase fedele sino a poco prima della battaglia di Isso, quando gli venne commissionato l'omicidio di Alessandro; scoperto, per ordine del re Sisine venne poi ucciso dagli arcieri.[76]
Dopo aver fatto dono al veterano Antigono Monoftalmo di un ampio territorio, giunse nell'antica capitale Gordio, dove si svolse l'episodio del celebre nodo gordiano: pare che esistesse un antico carro il cui giogo era assicurato da un nodo inestricabile e che un oracolo avesse promesso il dominio dell'Asia a chi fosse riuscito a scioglierlo. Alessandro, dopo alcuni tentativi, risolse il problema estraendo la spada e tagliando il nodo con un colpo netto.[77] Diversamente Aristobulo afferma che fu facile per il re sciogliere quel nodo.[78]
Nella città aspettò che Parmenione lo raggiungesse insieme alle sue truppe, cui si aggiunsero 4.000 soldati (di cui 3.000 erano macedoni);[79] era il mese di maggio del 333 a.C. Riuscì a far avere ad Antipatro 500 talenti e 600 ne donò a Anfotero, per rinforzare la flotta greca, rispettando l'alleanza[80]
In seguito Memnone, dopo aver conquistato Chio e le città di Lesbo (tutte tranne Mitilene, che non riuscì mai a conquistare), stava anche preparando 300 navi con cui partire,[81] ma si ammalò e morì. La sua azione di resistenza fu proseguita da un suo parente, Farnabazo, aiutato da Autofradate. I due ottennero piccole vittorie (fra cui la conquista di Mitilene stessa,[82] Mileto e Tenedo) alternate ad altrettante piccole sconfitte, ma il numero dei loro soldati non impensieriva Alessandro.
Battaglia di Isso (333 a.C.)
La raccolta dei due eserciti
Alessandro nel giugno del 333 a.C. entrò nella Cilicia e scese in una radura descritta tempo prima da Senofonte[83], arrivando dopo molte miglia a Tarso. Intanto Dario III, a Susa, venuto a conoscenza della morte del suo più celebre generale, convocò il consiglio di guerra; Caridemo chiese di poter guidare un esercito di 100.000 uomini contro di lui,[84] ma l'imperatore decise di muoversi personalmente a partire da luglio. Verso la fine di agosto o l'inizio di settembre partì. Le cifre dell'esercito persiano non sono riportate correttamente da nessun cronista storico del tempo: erano 600.000 secondo Arriano e Plutarco,[85] 400.000 fanti a cui si sommano 100.000 cavalieri secondo Giustino e Diodoro, mentre Callistene e Curzio Rufo parlavano solo dei 30.000 mercenari greci; altri riportano che il contingente schierato alla fine fu di 160.000 unità.
In ogni caso, aveva radunato un'armata numerosa, tre o quattro volte superiore a quella macedone, che aveva preso posizione nella pianura all'uscita dei passi montani delle "porte siriache". L'esercito persiano si fermò dunque inizialmente in una buona posizione strategica, a Sochi.[86]
Il malore
Nel frattempo Alessandro fu colpito da una malattia, forse per aver nuotato nel Cidno. Colui che lo curava, Filippo di Acarnania, voleva in realtà ucciderlo, ma Alessandro ne fu informato da Parmenione.[87] Il re guarì verso la fine di settembre; poi passò per Anchialo, dove una trascrizione diceva che questa e la città di Tarso furono costruite in un giorno, e, dopo la conquista di Soli, corse a Mallo, dove era in atto una guerra civile che fece terminare; qui venne a conoscenza che Dario era rimasto a Sochi e decise quindi di affrontarlo.[88]
Lo scontro
I due blocchi si fronteggiarono per qualche tempo. Parmenione fu mandato in avanscoperta, e a fatica riuscì a controllare il passo di Kara-kapu, Alessandretta, ed una parte di Isso; Alessandro lo raggiunse.
A novembre, infine, il re persiano, temendo che l'inverno lo costringesse a ritirarsi nei quartieri invernali senza aver fermato Alessandro, gli venne incontro. Entrambi non sapevano esattamente dove si trovasse l'altro. Arrivato ad Isso, Dario vide solo gli uomini abbandonati dal re avversario, in quanto non erano più utili all'imminente battaglia; il suo nemico si trovava a sole 15 miglia circa.[89]
Fiducioso della superiorità numerica del suo esercito, si spostò alle spalle del nemico, nella pianura costiera di Isso, l'odierna Dorto; la sua idea era quella di spezzare l'esercito greco, confidando che l'alto numero dei soldati reclutati lo avrebbe portato alla vittoria anche in un terreno meno favorevole, nella ristretta pianura chiusa tra i monti del Tauro, il mare e il fiume Pinaro[90] dove poterono essere schierati non più di 60.000 uomini, 30.000 cavalieri, e altri 20.000, e dietro a loro 30.000 mercenari greci,[91] che equivaleva per capacità alla falange macedone[92] e dietro a loro altri soldati, mentre Dario occupava il centro come loro usanza,[93] su un carro e con 3.000 soldati posti a guardia. Alla sinistra si posero 6.000 arcieri e 20.000 fanti sotto il comando di Aristomede[91]
Alessandro incitò i suoi uomini affermando che dopo questa vittoria non ci sarebbero stati altri ostacoli alla conquista dell'intera Asia.[94]
Lo scontro iniziò alle cinque e mezzo del 1º novembre[95] Alessandro schierò le truppe al comando dei vari Ceno, Perdicca, Meleagro, Tolomeo e Aminta oltre Nicanore. Cratero occupava intanto l'ala sinistra comandata da Parmenione, a cui era stato dato l'ordine tattico di non allontanarsi dal mare;[96] oltre a loro a supporto erano le unità comandate da Sitalce, mentre alla destra si trovavano Aristone, Protomarco, gli arcieri di Antioco e gli hetaîroi, e all'estrema destra presiedeva Attalo; altri ancora erano Pereda e Pantordano.
Lo stesso conquistatore macedone guidò la carica con la cavalleria leggera sull'ala destra proprio ai piedi delle montagne: corse verso il lato sinistro dei persiani superando gli sbarramenti posti da arcieri, fanteria leggera e cavalleria pesante, mentre la falange, meno veloce nei movimenti, si stava lentamente arrendendo al nemico, che lo attaccava da ogni dove,[97] mentre i cavalieri tenevano a bada i mercenari greci. Alessandro raggiunse quasi il rivale e si dice cercò di colpirlo, non riuscendoci, con una lancia; Dario decise di ritirarsi, costretto a lasciare il suo carro e a darsi alla fuga su un cavallo, abbandonando anche lo scudo,[98] mentre suo fratello Ossatre rimase a combattere sino alla morte.
La battaglia si concluse con una completa disfatta dei Persiani, tra i quali si contarono oltre 110.000 morti[99] fra cui ufficiali quali Savace che era il satrapo d'Egitto, Arsame, Reomitre e Atize che avevano già combattuto in passato contro l'avanzata macedone uscendone in salvo. Circa 8.000 mercenari greci decisero di fuggire verso Tripoli.[100] Aminta, il disertore macedone, trovò la morte poco dopo.
Fra i macedoni si contarono 150 perdite, fra cui 32 fanti, mentre i feriti erano oltre 500.[101] Callistene menziona che i morti furono 302, anche se appaiono cifre poco credibili considerando i continui attacchi subiti[98] Lo stesso Alessandro venne ferito ad una coscia.
Vennero presi, oltre ad un immenso bottino, anche la madre di Dario Sisigambi, la sua moglie-sorella Statira oltre a due figlie e un figlio.[102] Il Grande Re perse le sue migliori truppe, quasi tutti i più validi ufficiali del suo esercito e soprattutto il proprio prestigio di condottiero, distrutto dalla sua precipitosa fuga davanti al nemico.
Si racconta che, udendo delle grida disperate, il re macedone uscisse dalla sua tenda chiedendo chi si lamentasse a tal punto; appreso che i pianti provenivano dalla moglie e dai bambini di Dario, che credevano che il loro caro fosse morto in battaglia, decise di tranquillizzarli incaricando Leonnato di dire loro che Dario era ancora vivo e che sarebbero stati trattati bene in quanto non era a loro che aveva mosso guerra Alessandro.[103] Tale episodio è stato oggetto di numerosi dipinti, realizzati da artisti quali Paolo Veronese, Charles Le Brun, Giambattista Tiepolo, Andrè Castaigne e Christophe Veyrier.
Il giorno dopo Alessandro andò con Efestione a far visita alle prigioniere, ma in quel mentre Sisigambi non si accorse chi dei due fosse il re, rendendo omaggio alla persona sbagliata. Un servo le fece notare l'errore e Alessandro per evitarle l'imbarazzo le disse di non preoccuparsi in quanto entrambi erano Alessandro;[104] il condottiero macedone, adeguandosi a come già aveva fatto con Ada tempo addietro, iniziò a rivolgersi alla regina persiana chiamandola madre[105]
Visitò i feriti, anche essendo lui stesso uno di loro, e onorò ogni soldato che si fosse distinto durante la battaglia donandogli ricompense adeguate[106]
L'ambasciata di pace
Giunto a Marato, il conquistatore macedone ricevette alcuni ambasciatori inviati dal re persiano; questi chiedevano la pace e il riscatto dei prigionieri. Gli ambasciatori erano accompagnati da una lettera con la quale si ricordava ad Alessandro che ai tempi del padre Filippo la Macedonia e la Persia erano alleate ed erano stati i macedoni ad infrangere per primi tale alleanza.[107]
Alessandro rifiutò le proposte di pace di Dario preferendo la via della conquista all'accontentarsi dei numerosi territori fino a quel momento assoggettati. Invece di proseguire immediatamente verso l'Asia preferì entrare in Egitto al fine di coprire le spalle al suo esercito prima della spedizione successiva.
Damasco e Tiro
Parmenione poi fu inviato a Damasco, dove riuscì a racimolare 2.600 talenti[108] e 500 libbre d'argento, con i quali riuscì a pagare ogni debito contratto con l'esercito. Parmenione riportò con sé anche 329 musiciste e quaranta «fabbricanti di profumi»,[109] oltre ad uno scrigno in cui Alessandro nascose la sua copia dell'Iliade e Barsine, figlia di Artabazo (che discendeva da una figlia di un re) e vedova del generale Memnone,[110] che divenne una delle compagne dello stesso re macedone, da cui ebbe un figlio, Eracle.
Dopo la vittoria lo stesso Alessandro scrisse una lettera a Dario con la quale gli comunicò che avrebbe dovuto chiamarlo «signore di tutta l'Asia» e che avrebbe potuto ottenere il riscatto della moglie e dei figli se fosse venuto di persona a chiederlo. Nel caso in cui il sovrano persiano non l'avesse riconosciuto superiore a lui ci sarebbe stato un nuovo combattimento[111]
Alessandro si dedicò quindi alle città costiere per eliminare le ultime basi della flotta persiana. Si sottomisero senza opporre resistenza Arado, Biblo e Sidone con le loro flotte navali, mentre Tiro, che per allearsi o meno attendeva di capire chi stesse vincendo fra i due schieramenti,[112] non fu benevola come le precedenti. Il re cercò in un primo momento di convincerli a farli entrare in città con il pretesto di voler rendere omaggio ad una loro divinità, Melqart; loro tuttavia non acconsentirono e gli venne suggerito di recarsi nella parte vecchia della città dove vi era un tempio apposito. In questo modo avrebbero quindi evitato la parte nuova, quella che invece interessava al macedone.[113] Il conquistatore inviò loro dei messaggeri che furono tutti uccisi, violando il codice non scritto.[114] Era il mese di febbraio dell'anno 332 a.C.
La città oppose un'accanita resistenza, forte anche del fatto che Cartagine aveva promesso di inviare presto soccorsi. La parte nuova era ubicata su un'isola vicino alla costa (si parlava di una distanza di 700 metri); Alessandro pensò dunque di utilizzare dei detriti dell'antica città continentale, distrutta anni prima da Nabucodonosor II (dopo un assedio di tredici anni), per unire l'isola alla costa rendendola dunque una penisola, usando anche alberi, legname a cui venivano alternati strati di macigni e detriti.[115] Intanto racimolò, durante un viaggio che lo portò anche a Sidone, una piccola flotta composta da 224 navi, fra cui alcune quinquiremi del re Pnitagora, sovrano dei ciprioti[116] a cui il conquistatore donò una miniera di rame. Oltre a loro riuscì ad aggiungere alle sue fila anche 4.000 mercenari comandati da Cleandro.
L'assedio durò sette mesi (da febbraio del 332 a.C. sino a luglio-agosto). Fra le varie idee utilizzate vi fu quella di due navi unite a prua che trasportavano degli arieti. La resistenza dei Tiri fu eroica: riparavano ogni breccia creata, gettavano pietre contro le navi che trasportavano gli arieti (anche se tali massi furono raccolti e catapultati lontano dagli assalitori), tagliavano le corde che reggevano le ancore anche con l'uso di palombari (in seguito furono sostituite da catene).[117] Inoltre, dato il gran numero di tecnici e ingegneri presenti nella città, costruirono facilmente tante nuove macchine da guerra per opporsi con più efficacia all'assedio;[118] a loro si contrapponeva nella costruzione di macchine all'avanguardia il solo inventore tessalo Diade.
Giunse un'altra lettera da Dario, una proposta di pace, probabilmente durante l'assedio a Tiro.[119] Questa volta alla proposta erano allegati molti doni fra cui 10.000 talenti, la mano di sua figlia e il possesso di un vasto territorio (sino all'Eufrate). Vi fu qui una celebre conversazione fra Parmenione e Alessandro: «Se io fossi Alessandro, accetterei la tregua e concluderei la guerra senza più correre altri rischi». «Anch'io farei così se fossi Parmenione».[120]
Fu probabilmente la notizia della morte della moglie, avvenuta durante il travaglio di un nuovo nascituro, a far cambiare idea al re.[121] Infatti, saputo del secondo rifiuto, Dario si dedicherà a radunare un esercito ancora più vasto del precedente. Nel frattempo la flotta navale macedone sconfisse molti dei suoi nemici, fra cui Carete, fuggito tempo addietro dalla Grecia stessa.
Gli abitanti di Tiro vennero informati che i rinforzi da Cartagine non sarebbero giunti e di conseguenza escogitarono altre difese ancora più cruente, fra cui quella di gettare dalle mura sabbia e fango bollente che una volta entrate nelle armature degli assedianti avrebbero causato ustioni.[122] Si dice che Alessandro avesse dei dubbi se proseguire o no l'assedio; alla fine scelse di continuare ciò che aveva iniziato, dato che una rinuncia sarebbe stata una testimonianza troppo grande della sua non invincibilità[123]
Plutarco racconta che, giunti all'ultimo giorno del mese di agosto, l'indovino Aristandro predisse, dopo aver interpretato i segni che il cielo stava dando, la conquista della città entro la fine del mese; Alessandro quindi decise che quel giorno non era più il trenta ma il ventotto del mese.[124] Alla fine di agosto le navi di Alessandro subirono un pesante attacco e quelle di Pnitagora, Androclo e Pasicrate, dopo essere state speronate, affondarono l'una dopo l'altra. Non appena il macedone si accorse di quanto stava accadendo ordinò alle navi più vicine di avvicinarsi al molo nemico impedendo così l'uscita di altri convogli e permettendo di concentrare l'azione su quelli rimasti [125] I macedoni utilizzarono a quel punto varie tattiche: l'attacco ad entrambi i porti, un diversivo con una piccola unità navale e l'attacco decisivo alle mura. L'offensiva fu inizialmente guidata da Admeto, ammiraglio della nave del re, poi ucciso in quella battaglia.[126] Successivamente l'attaccò fu guidato da Alessandro in persona. Per paura della sconfitta imminente ci fu chi preferì uccidersi.[127] La città infine cadde e le perdite macedoni furono in quell'attacco circa una ventina, che si sommano alle circa 400 nel corso di tutto l'assedio.[128]
In quest'occasione si vide la furia del re: fece uccidere 8.000 cittadini (di cui 2.000 vennero crocifissi)[129] e molti di più furono ridotti in schiavitù o venduti; si mostrò tuttavia benevolo con chi aveva trovato riparo nei templi, fra cui il re di Tiro stesso, Azemilco. Alessandro fu dunque di parola e sacrificò, come aveva chiesto di fare in precedenza al dio locale, la catapulta che aveva fatto per prima breccia nella città.[130]
La data della caduta della città è controversa: Arriano cita il mese di luglio, all'epoca in cui si distingueva come magistrato d'Atene Aniceto[131]
La conquista di Gaza
Dopo Dor e Ashdod arrivò il turno di Gaza, comandata da Batis (o Bati) che si oppose alla conquista. Alessandro fece trasportare le macchine da guerra utilizzate in precedenza e alle proteste dei suoi uomini replicò, dopo aver osservato le possenti mura della fortezza scoscesa, che più un'impresa appariva impossibile a maggior ragione doveva essere compiuta per stupire alleati e nemici.[132] Iniziò dunque la costruzione di gallerie, impresa facile vista la conformità del terreno[133]
Nel contempo decise di fare costruire torri più alte delle mura nemiche in modo da poterle colpire dall'alto grazie all'utilizzo di catapulte (le elepoli non riuscivano ad avvicinarsi abbastanza). Per utilizzarle occorreva prima costruire un terrapieno; nonostante i macedoni avessero a disposizione solo fango e sabbia vi riuscirono in pochi mesi.[134] Batis diede l'ordine ai suoi uomini di incendiare le macchine nemiche, ma i soldati che uscirono dalla fortezza furono attaccati. Durante questa azione Alessandro fu raggiunto da un colpo di catapulta. Si riparò con lo scudo ma l'impatto fu così forte da romperlo, trafiggendo l'armatura e ferendolo ad una spalla. Questo episodio era stato predetto dall'indovino che aveva visto la vittoria del macedone.[135]
Il re non aspettò che la ferita guarisse, ma ritornò alla battaglia; durante l'assedio la ferita riprese a sanguinare e a gonfiarsi,[136] ma il condottiero abbandonò il campo solo quando stava per svenire.[137] Il terrapiano che venne costruito raggiunse un'altezza di 75 metri, una piccola montagna eretta durante l'estate;[138] da quell'altezza, anche se si cercò di alzare le mura della città, i nemici furono facili bersagli delle macchine nemiche. Inoltre, grazie alle gallerie scavate, le mura vennero fatte cadere.[139] Quasi tutti gli uomini della città morirono mentre i restanti diventarono schiavi. Si racconta che il destino di Batis, che durante i combattimenti venne ferito più volte,[140] ricordasse per similitudine quello di Ettore; infatti, analogamente al condottiero troiano, venne legato al carro di Alessandro e trascinato; molte aggiunte apportate ai resoconti dopo la morte di Batis rendono l'accaduto più tragico. La città venne poi ripopolata.
Gerusalemme aprì le porte e si arrese. Secondo Giuseppe Flavio [141], ad Alessandro fu mostrato il libro biblico di Daniele, si pensa l'ottavo capitolo, dov'è indicato che un potente re macedone avrebbe assoggettato l'impero persiano.
Egitto
Nel novembre del 332 a.C. Alessandro iniziò il viaggio verso l'Egitto; superato dopo tre giorni il deserto e il lago Serbonide, giunse in quelle terre venendo accolto come un liberatore: qui, infatti, il giogo persiano era maggiormente avvertito e poco accettato, poiché solo dodici anni prima il popolo era libero dal potere dei persiani.[142]
La conquista dell'Egitto non era stata concordata con la lega di Corinto quindi non poté unirla con il resto delle sue conquiste. Inoltre si astenne dal nominare un satrapo al quale preferì la collocazione strategica di alcune sue guarnigioni in posti chiave come Menphi e Pelusio. Per la gestione amministrativa del territorio furono scelti due nomarchi, Doloaspi e Petisi, mentre l'amministrazione delle finanze fu affidata ad un greco residente in Egitto, Cleomene di Naucrati.[143] Assegnò ai suoi uomini cariche militari ma non civili. Durante la sua marcia apprese delle varie vittorie riportate dagli alleati: Lesbo, Tenedo e Cos erano ora in mano sua.
Dimostrò grande rispetto per gli dei egiziani [144] e una profonda devozione per Ramses II, suo mito e icona, in onore del quale costruì una stele; a Menphi fece un sacrificio al bue Api, ingraziandosi così i sacerdoti egiziani:[145] tempo addietro, durante la riconquista persiana del territorio egiziano, Artaserse III uccise un toro sacro e ne divorò la carne, mentre il re macedone con questo gesto conquistò la fiducia del popolo.
La costruzione di Alessandria
All'inizio del 331 a.C., sulle rive del Nilo, Alessandro decise di edificare una grande città che testimoniasse la sua grandezza; si racconta però che dopo un sogno, nel quale gli furono recitati alcuni versi dell'Odissea sull'isola di Faro,[146] decise di costruirla nella regione del Delta del Nilo su una stretta lingua di terra tra la palude Mareotide ed il mare. Egli stesso disegnò la disposizione di piazze e mura da costruire[147] (le linee del disegno furono tracciate sul suolo utilizzando della farina).[148]
La città venne chiamata Alessandria d'Egitto. Il progetto topografico fu realizzato dal celebre architetto dell'epoca Dinocrate di Rodi[149] con la collaborazione di Cleomene da Naucrati. Le indicazioni fornite dal re macedone vennero rispettate. Fu la prima delle molte città a cui diede il suo nome.[150]
L'oracolo di Amon
In seguito Alessandro (o forse prima, secondo alcuni studiosi[151]) decise di andare a far visita al celebre santuario oracolare di Amon (l'equivalente di Zeus secondo la mitologia greca). Per raggiungerlo dovette percorrere 200 miglia fino a quella che in seguito verrà chiamata Marsa Matruh, recandosi dunque all'oasi di Siwa nel deserto libico. Del viaggio si raccontarono gli episodi più incredibili, come i corvi che gracchiavano avvertendo i viaggiatori che avevano intrapreso la strada sbagliata o quello, riferito da Tolomeo, dei serpenti parlanti che gli avrebbero fatto da guida.[152]
Questo viaggio fu forse intrapreso perché Alessandro sapeva che lo avevano compiuto in precedenza Perseo ed Eracle.[153] I resoconti vennero scritti venti mesi dopo l'accaduto, quindi il dialogo intercorso potrebbe essere stato inventato conoscendo i successivi avvenimenti favorevoli al Dio Alessandro.[154]
Le domande che pose furono più di una: chiese se avesse vendicato la morte del padre ma gli venne risposto che non si trattava di suo padre in quanto lui era una divinità.[155] Allora riformulò la domanda chiedendo se degli uccisori di Filippo vi era rimasto qualcuno ancora in vita e se sarebbe diventato signore degli uomini. La risposta fu positiva per entrambe le richieste.[156] Si narra che in quell'occasione l'oracolo compì un piccolo errore di pronuncia dicendo «paidios» (figlio di Zeus) invece di «paidion» (figlio)[157], offrendogli in tal modo un punto di partenza per l'istituzione di un culto divino incentrato sulla sua persona. Davanti ai suoi alleati non volle però vantare questa discendenza.
Arriano differisce da questa narrazione rivelando che il re macedone non pose le domande sopra citate [158] ma supponeva che avesse chiesto, per via di indizi lasciati quattro anni dopo l'incontro [159], quali divinità avesse dovuto ingraziarsi per trionfare sui suoi nemici.
Dopo un anno di sosta nel regno egiziano ritornò in Asia.[160] Nel frattempo giunsero rinforzi inviati da Antipatro (circa 900 uomini).
Titolatura egizia
Titolo | Traslitterazione | Significato | Nome | Traslitterazione | Lettura (italiano) | Significato | ||||||||||||||||
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ḥr | Horo |
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mk km.t | Mek-kemet | Protettore dell'Egitto | ||||||||||||||||
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nbty (nebti) | Le due Signore | ||||||||||||||||||||
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ḥr nbw | Horo d'oro | ||||||||||||||||||||
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nsw bjty | Colui che regna sul giunco e sull'ape |
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stp.n r՚ mri imn | Setep-en-Ra meri-Amon | Scelto da Ra, amato da Amon | ||||||||||||||||
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s3 Rˁ | Figlio di Ra |
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՚ lksndrs | Alexandros | Alessandro |
Battaglia di Gaugamela (331 a.C.) e fine di Dario
Preparazione
Nella primavera del 331 a.C. Alessandro riprese la marcia verso oriente dove Dario aveva radunato un esercito nelle pianure dell'Assiria. Qui il sovrano persiano avrebbe potuto sfruttare al meglio la propria superiorità numerica.
L'armata macedone doveva attraversare l'Eufrate e quindi passare per Tapsaco. Superato il fiume vi erano due strade possibili: la prima portava direttamente a Babilonia, mentre l'altra portava prima a nord e poi, una volta superate le colline, tornava a sud raggiungendo la stessa meta.[161] L'idea di Dario era quella di costringere il suo avversario a raggiungerlo, inducendolo a non fargli prendere la via diretta per Babilonia, la quale avrebbe fatto evitare lo scontro. Parte dell'esercito persiano venne inviato a Tapsaco per la costruzione di un ponte mentre il satrapo Mazeo, con qualche migliaio di uomini, doveva impedire all'esercito di Alessandro di prendere la via sbagliata. I due eserciti si diedero battaglia fino a che Mazeo abbandonò la lotta. Nonostate il ritiro dei soldati persiani l'esercito macedone andò comunque verso nord cercando un clima più favorevole.[162]
A Mazeo venne affidato anche il compito di bloccare i rifornimenti di cibo ai macedoni. Bruciò per questo campi e città ma i rifornimenti furono comunque possibili usando il corso del fiume per un trasporto veloce.[163] Alessandro allora decise di attaccare l'esercito avversario temendo che potesse rifugiarsi in terre a lui maggiormente ostili.[164]
Il 20 settembre ci fu un eclissi lunare e il re macedone ne approfittò per opportuni sacrifici. Il Tigri fu guadato dall'esercito di Alessandro senza subire alcun attacco dal nemico.[165] Durante la prosecuzione della marcia più volte si ebbero falsi avvistamenti dell'esercito persiano, come quello del 25 settembre;[166] nello stesso giorno, grazie alla confessione di alcuni prigionieri, i soldati macedoni vennero a sapere che Dario e i suoi uomini erano vicini.[167]
Alessandro si fermò ad organizzare le forze per quattro giorni, fino alla sera del 29 settembre. Decise di aspettare l'alba per intraprendere l'attacco, nonostante i suoi consiglieri suggerirono di effettuare le prime mosse di notte. Il re si rifiutò affermando che «non ruba le vittorie»[168], uccidendo la sera stessa una vita sacrificandola alla paura.[169] Successivamente cadde in un sonno talmente profondo che Parmenione si preoccupò a tal punto da chiedere al proprio re come mai dormisse come se avesse già vinto lo scontro imminente. Alessandro rispose che la battaglia era già praticamente vinta in quanto ci si doveva scontrare con un esercito che cercava di evitare ogni contatto.[170]
Il contatto con l'esercito di Dario avvenne all'alba del 1º ottobre,[171] anche se non tutti gli studiosi sono concordi con tale data. Alcuni citano quella del 30 settembre.[172] Lo scontro avvenne presso il villaggio di Gaugamela (poi Tell Gomel), nei pressi delle rovine di Ninive e non ad Arbela[173] come qualcuno sosteneva.[174]
Forze in campo
La battaglia fu di vitale importanza per Alessandro. Si racconta che egli avesse solo 30.000 fanti e 3.000 cavalieri contro 1 milione di persiani. Il numero di persiani, imprecisato in realtà, è secondo alcuni storici di numero molto inferiore a quanto si racconta[175] e variava a seconda della fonte riportata:
- Giustino cita 600.000 soldati;[176]
- Diodoro Siculo, 800.000 cavalieri e 200.000 fanti;[177]
- Quinto Curzio Rufo, 600.000 fanti e 45.000 cavalieri;
- Arriano 1.000.000 di fanti, 40.000 cavalieri, 200 carri e 15 elefanti armati;[178]
L'armamentario nemico fu cambiato completamente cercando di adeguarsi a quello macedone. Il punto debole dell'esercito persiano rimaneva comunque la fanteria che non poteva rivaleggiare in abilità con la controparte. Questa unità militare venne abbandonata dai mercenari greci mentre i cardiaci non si dimostrarono all'altezza.[179] Dario schierò al centro gli elefanti come ultima risorsa di difesa della propria persona. Le forze in campo stavolta erano schierate al meglio grazie anche alla conformità del terreno che il re volle perfetta, arrivando persino a spianare ogni rialzo del terreno[180] Alle sue forze si erano uniti Besso dalla Battriana con 8.000 uomini, Mauace che guidava gli arcieri a cavallo, Barsaente al comando di circa 2.000 uomini, Frataferne con i parti, Satibarzane, Atropate con i medi, Orontobate, Ariobarzane e Orxine con la gente proveniente dalle sponde del Mar Rosso, Oxatre con gli uxii e i susiani (forse 2.000 uomini), Bupare con i babilonesi, Ariace con i cappadoci ed infine Mazeo con parte dei siriani,[181] posizionato alla destra dello schieramento.
A tale esercito Alessandro aveva frapposto gli Eteri (circa 10.000) con le sarisse al centro, i portatori di scudo (circa 3.000) che coprivano la loro destra, i cavalieri (fra cui il re) ancora più a destra, poi arcieri (circa 2.000), frombolieri e lanciatori di giavellotto.[182] Il lato sinistro affidato a Parmenione era quasi unito agli Eteri. Ad entrambi i lati, per prevenire un possibile accerchiamento, vi erano due piccole unità nascoste e poste in obliquo rispetto al resto delle forze, pronte ad attaccare; se non fosse bastato avrebbero potuto ritirarsi per lasciare spazio alle riserve. Alessandro cercò solo di utilizzare il meglio delle sue risorse eliminando il superfluo nell'armamento.[183] I suoi uomini più fidati, Clito il Nero, Glaucia, Aristone, Eraclide, Demetrio, Meleagro ed Egeloco, erano tutti ai comandi di Filota, figlio di Parmenione, mentre l'altro suo figlio, Nicanore, si trovava al centro insieme a Ceno, Perdicca, l'altro Meleagro, Poliperconte e Simmia. Nella parte più interna vi erano Cratero, Erigio, Filippo il figlio di Menelao, arrivando infine a Parmenione. Oltre a loro Andromaco guidava la cavalleria dei mercenari.
Per evitare di essere accerchiato da un esercito tanto più numeroso del suo e disteso su un fronte lunghissimo, Alessandro aveva appositamente schierato una seconda linea dietro il fronte di battaglia. La vittoria fu decisa dall'attacco della cavalleria all'ala destra, da lui stesso guidata, mentre il generale Parmenione teneva fronte alla cavalleria nemica sul lato opposto.
Alessandro si preparò in grande stile per la battaglia: portava una veste tessuta in Sicilia, il pettorale che faceva parte del bottino di Isso, l'elmo di ferro creato da Teofilo, la spada donatagli da uno dei re di Cipro, e un manto elaborato da Elicone, regalo della città di Rodi.[184]
Lo scontro
Dello scontro nessuno storico poté dare un resoconto certo per via dell'enorme confusione creatasi, tanto è vero che si concorda sulla conclusione in una nuvola di polvere: durante lo scontro la visibilità era ridotta di molto in quanto si poteva vedere ad una distanza di 4-5 metri ma non di più.[185]
L'attacco persiano degi sciti e dei battriani, volto ad aggirare il nemico, venne effettuato ma trovò il secondo sbarramento macedone come aveva previsto Alessandro nella sua tattica. I carri falcati vennero sommersi dai giavellotti, da frecce e altre armi da lancio e molti di essi rallentarono a tal punto da permettere ai macedoni di prenderne possesso balzandoci sopra uccidendo i guidatori.[186] Altri furono bloccati prima che riuscissero a partire. C'è chi racconta della perdita di arti e di alcune teste che rotolavano per terra,[187] e chi si sofferma sui cavalli che rovesciavano spaventati i carri.[188]
Le truppe di Mazeo si scontrarono con quelle di Parmenione arrivando in prossimità del campo dove erano segregati i prigionieri; fra questi spiccava la regina di Persia, madre di Dario,[189] che non venne liberata in quanto i soldati si diedero alla fuga alla notizia della ritirata del loro re.
Ci fu un attacco diretto da parte di Alessandro nei confronti del re nemico: il macedone colpì il cocchiere di Dario con una lancia uccidendolo. Il sovrano persiano, perso il carro, fuggì su di una giovane cavalla. Il conquistatore inseguì il nemico ma fu richiamato da alcuni messaggeri inviati da Parmenione che chiedeva aiuto per affrontare un gruppo nemico. Il re macedone, anche se terribilmente seccato da questa richiesta, fece finta di nulla e acconsentì permettendo all'avversario di salvarsi nuovamente.[190] L'episodio del messaggero è molto discusso fra gli storici in quanto non è certa la sua collocazione temporale e non è chiaro nemmeno come abbia fatto ad individuare e raggiungere il proprio re in quella nuvola di polvere; forse era un modo per evidenziare l'incapacità di Parmenione.[191] Altri discutono sull'atteggiamento di Dario: questa sarebbe la sua seconda fuga davanti al nemico e pare un'esagerazione se si pensa al coraggio che ha mostrato all'inizio del suo regno.[192]
Senza il comando reale le truppe rimanenti furono facile preda dei macedoni. Inizialmente i persiani pensavano che fosse il re ad essere stato trafitto dalla lancia. Successivamente, prima che si potessero riorganizzare, furono attaccati dalle truppe guidate da Arete. Se da un lato dello schieramento si inseguivano e uccidevano i nemici, dall'altro ancora si combatteva e Mazeo stava prevalendo sui macedoni,[193] a tal punto che solamente la tattica prefissata di Alessandro li salvò da morte certa. Ci fu un pesante scontro di cavalleria dove i persiani cercarono un varco per fuggire dal campo, combattendo ormai solo per salvarsi.[194] Lo scontro si spostò sul fiume Lico dove molti persiani furono inghiottiti per via dell'armamentario troppo pesante che possedevano[195] e quando si fece buio la lotta terminò. Mazeo si ritirò a Babilonia dove successivamente si arrese agli invasori.
I morti furono molti: se ne contavano circa sessanta fra le fila dei macedoni. Molti di più i feriti fra cui Parmenione, Perdicca ed in seguito anche Efestione. Per Arriano si contarono circa 300.000 morti fra i persiani e solo un centinaio circa fra gli alleati di Alessandro,[196] mentre Diodoro ne cita 90.000 fra i persiani e 500 fra la coalizione macedone.[197]
Dopo Gaugamela
Alessandro riprese l'inseguimento del re nemico appena le acque si furono calmate. Da poco superata la mezzanotte, partì alla volta di Arbela dove, giunto sul far del giorno, non trovò Dario (fuggito nei territori montuosi della Media) ma solo parte del suo tesoro. Non poté proseguire oltre poiché i cavalli erano esausti, tanto da doverne uccidere un migliaio.[198] Durante il tragitto di ritorno verso il campo, il conquistatore fu attaccato da alcuni cavalieri e dovette trafiggerne qualcuno con la propria lancia prima di venire aiutato dai suoi uomini. Durante questo scontro Alessandro si espose in prima persona.[199]
Caddero nelle mani del re macedone magazzini, preziosi e decine di migliaia di prigionieri. Decise di informare i Greci che le loro città non erano più soggette alla tirannia e da ora in poi si sarebbero governate con leggi proprie[200] (affermazione vera solo in parte considerando la Grecia del tempo). Divise quindi il bottino inviandone una parte ai Crotoniati, in Italia, per ricompensare il coraggio mostrato da Faullo durante la guerra persiana.[201]
Continuò la marcia, questa volta senza alcuno scontro. Degno di nota durante il tragitto, la sosta a Ectabana, dove incontrò una voragine da cui continuamente usciva fuoco e nella quale si poteva osservare una corrente di uno strano liquido (nafta).[202] Si trattava dei fuochi eterni di Baba Gurgan.
Alla fine di ottobre Alessandro entrò in Babilonia dove ottenne la sottomissione del satrapo Mazeo. Quest'ultimo fu lasciato al governo della provincia affiancato da un comandante militare e da un tesoriere greco. Qui riposò circa cinque settimane ed ebbe tempo per osservare i giardini pensili costruiti da Nabucodonosor, cercando di far inserire in quella meraviglia anche piante di origine greca; ad eccezione dell'edera quest'idea non ebbe fortuna.[203]
Si diresse quindi a Susa, raggiungendola in venti giorni, per impadronirsi dei tesori che vi si conservavano. La città era sprovvista di mura.[204] Qui Alessandro poté anche recuperare diverse opere d'arte sottratte da Serse in Grecia nel 480 a.C., tra cui il famoso gruppo statuario dei Tirannicidi Armodio e Aristogitone, che fece rispedire ad Atene; recuperò anche ingenti somme, come quarantamila talenti e forse altri cinquemila provenienti da altro luogo.[205] A Susa lasciò i familiari di Dario. Il macedone si volle sedere sul trono del re persiano, evento tanto atteso dai sudditi a tal punto che Demarto non riuscì a trattenere le lacrime pensando ai morti lungo il percorso che persero tale spettacolo.[206] Durante questo soggiorno diede molte ricompense ai suoi soldati: a Parmenione diede la casa di Bagoa (ufficiale che avvelenò e fu avvelenato)[207] in cui vi trovò molte ricche vesti. Scrisse a sua madre e ad Antipatro, rimasti lontano, e sapendo che il secondo odiava la prima scrisse all'amico che le lacrime di una madre cancellavano il contenuto di mille lettere.[208] Lasciò Susa verso la metà di dicembre.
Dopo aver superato il fiume che all'epoca si chiamava Pasitigris (in seguito Karun), entrò poi nel territorio degli Uxii, a circa 60 chilometri da Susa, che in parte non si arresero al nuovo re. Chiesero ad Alessandro un tributo da versare se avesse avuto intenzione di passare per le loro terre. La risposta del macedone fu quasi di sfida, chiedendo a loro di farsi trovare pronti al momento del suo passaggio; poi li attaccò di notte, forte degli 8.000 uomini della falange, radendo al suolo ogni loro possedimento.[209] Gli Uxii sopravvissuti attaccarono ancora ma furono sconfitti ogni volta. In una giornata il macedone risolse un problema che affliggeva il regno persiano da quasi due secoli.[210]
Restava ancora Ariobarzane, governatore della Perside, che voleva fuggire con il tesoro rimasto, sapendo che l'intero esercito macedone era più lento del suo. Alessandro divise in due parti i suoi uomini, avanzando con la metà più veloce e raggiungendolo in cinque giorni presso le porte persiane, nelle attuali montagne dello Zagros. Qui la lotta lo vide impegnato contro un congruo numero di nemici (40.000, a cui si aggiungevano 700 cavalieri, secondo Arriano,[211] 25.000 secondo Rufo[212] a cui Diodoro aggiunge 300 cavalieri). Per evitare di incappare in una sconfitta, Ariobarzane fece edificare un muro che ostruiva in parte l'unica strada percorribile dai macedoni. Alessandro tentò un primo assalto che non diede alcun risultato, anche per via della frana provocata dagli stessi persiani; si ritirò dunque qualche miglio più ad ovest, raggiungendo la radura denominata Mullah Susan. Qui vi era un'altra strada da prendere, a prima vista più ovvia, ma Alessandro la evitò non volendo lasciare i suoi morti «insepolti».[213]
La resa dei conti arrivò, grazie anche ad un pastore della zona, il quale rivelò ai macedoni un percorso che potevano intraprendere per aggirare i persiani. Le truppe di Alessandro iniziarono l'attacco e successivamente vennero in sostegno quelle di Cratero. Ariobarzane riuscì comunque ad arrivare con pochi uomini sino a Persepoli, ma i cittadini non gli aprirono le porte, costringendolo a tornare al combattimento trovando la morte.[214]
Persepoli
Nel mese di gennaio dell'anno 330 a.C. Alessandro entrò infine a Persepoli (che poi divenne Takht-i Jamshid), capitale dell'impero persiano, dove trovò circa centoventimila talenti di metallo prezioso non coniato.[215] Il re nemico aveva intanto trovato rifugio ad Hamadan (conosciuta all'epoca come Ecbàtana), dove fu raggiunto dai suoi uomini di fiducia (Besso, Barsaente, Satibarzane, Nabarzane, Artabazo) e da 2.000 mercenari greci. Alessandro rimase per un lungo periodo a Persepoli, inviando dei soldati a Pasargade e chiedendo a Susa l'invio di una grande quantità di animali da soma per il trasporto del denaro. Partì con una piccola parte dell'esercito, per circa 30 giorni, alla conquista delle tribù che si trovavano vicino alle colline della regione, sottomettendo i nomadi e il resto della provincia. Quando tornò, continuò a far dono, a chi lo aveva aiutato, di beni proporzionati all'aiuto offerto, come era nel suo stile.[216] Prima di lasciare la città restituì il potere locale al governatore della città e affidò 3.000 macedoni ad un suo uomo di fiducia.
Si dice che verso la fine della primavera Alessandro abbia dato l'ordine (o forse lui stesso fu direttamente l'artefice) di provocare un incendio, che devastò i palazzi, bruciando in parte anche il tesoro. In seguito furono analizzati i resti della sala delle cento colonne di Serse dove si comprese che le travi caddero e il fuoco si alimentò a dismisura.[217] Si dice, secondo il racconto di Tolomeo, che contraddicendo un consiglio di Parmenione vendicò in tal modo l'incendio di Atene[218] e la sorte di Babilonia.[214] Plutarco, citando l'episodio, aggiunge che di questo atto se ne pentì immediatamente, dando ordine di spegnere l'incendio.[219] Un'altra versione, tardiva rispetto alle precedenti, ritiene che l'incendio stesso possa essere nato per errore, sotto suggerimento di Taide, una donna greca che aveva viaggiato con Alessandro e i suoi uomini.[220] Anche se l'episodio di Taide non trova gli storici concordi, la donna è, come si racconta nei Deipnosofisti, la compagna di Tolomeo, da cui avrà tre figli.[221]
In Grecia intanto Antipatro aveva sconfitto nella battaglia di Megalopoli (autunno del 331 a.C.) il re spartano Agide, eliminando definitivamente l'ultima opposizione delle città greche al dominio macedone.
L'inseguimento di Dario
Nel maggio del 330 a.C. Alessandro marciò verso Ecbàtana, che si trovava a 450 miglia di distanza da Persepoli. Durante il tragitto ricevette alcuni rinforzi, arrivando ad un totale di 50.000 uomini.[222] Dario, sapendo della velocità con cui il suo nemico si stava muovendo, cambiò i suoi piani, non dirigendosi più verso Balkh (in Afghanistan) come aveva in precedenza previsto, ma verso le Porte Caspie, anche se fra i suoi uomini iniziarono a sentirsi i dissensi. Durante la marcia l'esercito macedone patì la sete e molti soldati morirono lungo la strada.
Il re macedone venne a conoscenza dei movimenti di Dario quando si trovava a Rei, vicino a Teheran. Raggiunse quindi il passo ma ad attenderlo c'erano due messaggeri che lo informarono di una rivolta iniziata da Besso, Barsaente e Nabarzane contro il loro re. Dario venne arrestato. Alessandro decise di raggiungere Besso, riuscendoci in un giorno e mezzo.[223] Continuò poi la sua corsa essendo a conoscenza del luogo dove Dario era tenuto prigioniero; scelse 500 opliti, che fece montare a cavallo al posto dei cavalieri,[224] e galoppò di notte percorrendo 80 chilometri, arrivando poi all'alba a Damghan, dove giunsero in 60.[225]
Spaventati, i due satrapi rimasti, Barsaente e Satibarzane (o Nabarzane), pugnalarono il prigioniero e fuggirono. Alessandro non fece in tempo a vedere in vita il suo rivale un'ultima volta. Di diversa opinione, Plutarco riferisce che il re persiano riuscì a parlare con il soldato Polistrato bevendo dell'acqua da lui offerta e ricordando la clemenza verso i familiari catturati ringraziò attraverso lui il suo nemico.[226]
In ogni modo il conquistatore macedone, dopo aver coperto il cadavere con il suo mantello, lo riportò indietro e lo fece seppellire con tutti gli onori nelle tombe reali. Ad Ecbàtana, Alessandro congedò i contingenti delle città greche, poiché il compito di vendicare l'invasione della Grecia da parte di Serse era ormai concluso. Reclutò il fratello di Dario (Essatre)[227] e strinse amicizia con Bagoa.
Il destino degli uccisori di Dario
Besso si proclamò re di tutta l'Asia,[228] e con il nome di Artaserse V fu inseguito attraverso le regioni dell'Ircania. Durante il tragitto Bucefalo, che veniva utilizzato da Alessandro solo per le grande occasioni e quindi normalmente veniva tenuto da alcuni soldati, venne catturato da alcuni barbari. Il re macedone saputo di ciò inviò un araldo con cui minacciò di morte ognuno di loro e le loro famiglie. Impauriti restituirono subito il cavallo arrendendosi e vennero trattati con onori, dando anche una ricompensa a chi gli portò il fidato compagno.[229]
Nel suo viaggio il re arrivò a Zadracarta, capitale del Gurgan, con Cratero (che aveva sostituito sul fronte, per anzianità, Parmenione), ed ebbe la sottomissione di Autofradate, di Frataferne e Nabarzane; Artabazo (il padre di Barsine) invece preferì trattare con il re macedone, che rimase qui per quindici giorni. In questo lasso di tempo, secondo un certo aneddoto, conobbe la regina delle amazzoni, che, in cerca di un erede, decise di giacere con lui per 13 giorni.[230] Da quei giorni in poi ogni udienza con il re era controllata da uscieri e mazzieri a cui capo vi era Carete di Lesbo, riprendendo un'usanza persiana; altre di queste seguirono, come quelle delle vesti, diadema compreso. Anche i toni che usava nella corrispondenza cambiarono: ad eccezione di alcune persone fidate e stimate come Focione o Antipatro, iniziò l'utilizzo del "noi" regale e le missive che raccontavano dell'Asia venivano sigillate come solevano fare i re persiani.[231]
Alessandro decise allora di concentrarsi su Satibarzane; giunto in Battriana, vicino a Mashhad incontrò il satrapo, che chiese di essere risparmiato. Il macedone acconsentì, restituendogli anche l'antico potere e affiancandogli un contingente comandato da un suo fidato, Anaxippo. Appena allontanatosi, Alessandro seppe della morte di tutti i soldati che aveva lasciato e del tradimento del satrapo, ma non fece in tempo ad attaccarlo a causa della fuga dell'avversario, che lasciò l'intera zona (l'Aria) ai macedoni, dirigendosi con 13.000 uomini verso Besso. Quasi tutti, con l'eccezione del satrapo e di pochi altri, si erano rifugiati in una collina che sembrava inespugnabile, ma grazie al vento favorevole si decise di appiccare un incendio: il risultato fu disastroso per i nemici. Molti dei soldati fedeli al satrapo bruciarono, altri si gettarono dal dirupo, pochi si arresero scampando per poco alla morte.[232] Onorando la vittoria venne fondata un'altra città, Alessandria degli Arii, la futura Herat, affidando la zona al satrapo Arsame. Egli appoggiò appena potette gli avversari di Alessandro: venne quindi affrontato e ucciso da un gruppo di soldati comandati da Erigio, e il nuovo governo fu affidato al cipriota Stasanore.[233]
Alessandro si diresse verso l'Aracosia, arrivando in Drangiana (l'attuale Afghanistan occidentale). Barsaente, sapendo del suo arrivo, preferì fuggire presso una popolazione indiana del Punjab, che lo tradì consegnandolo al conquistatore macedone; fu quindi condannato a morte per l'omicidio di Dario.[234]
In queste regioni il re macedone fondò una serie di città con il nome di Alessandria, tra cui quella nota con il nome di Alessandria del Caucaso, città che non ebbe un lungo futuro: scavi effettuati a Bor-i-Abdullah (a sud della futura Begram), trovarono resti di una città che successe a quella fondata dal re macedone e un'altra presso l'attuale Kandahar, in Afghanistan. Dopo aver indugiato per alcuni mesi (ripartì probabilmente a maggio o dopo), Alessandro arrivò sino all'Hindu Kush, celebrato da Aristotele, convinto che sopra tali vette si poteva osservare la fine del mondo orientale.[235]
Scendendo si trovò ad affrontare la fame: il cibo era venduto a prezzi esorbitanti e, non trovando foraggio per gli animali, molti di essi vennero uccisi per cibarsi delle loro carni. Se Besso avesse continuato con la sua tecnica di bruciare i campi, o se in quel momento di debolezza avesse attaccato, avrebbe avuto buone probabilità di vittoria; invece cambiò strategia, bruciando solo le barche dopo aver attraversato il fiume Osso (oggi Amudarja). Per tale condotta venne abbandonato da buona parte del suo esercito. Le sue motivazioni sono forse da ricercasi nelle azioni compiute da Artabazo, che aveva sconfitto e ucciso Satibarzane[236] in una battaglia non lontano da Herat.
Attraversando Kundz Alessandro arrivò sino a Balkh. Per continuare l'inseguimento si doveva evitare il giorno per il troppo caldo; arrivati vicino a Kilif, decise di congedare feriti, anziani e quei pochi tessali che avevano preso congedo tempo addietro, pagandoli lautamente.
Rimaneva il problema di come attraversare quel fiume, troppo profondo per un guado, dove non era affatto facile costruirvi un ponte; si decise quindi di riempire delle pelli di paglia secca e cucirle tutte insieme, costruendo in tal modo delle zattere che riuscirono a galleggiare sul fiume, permettendo di far passare l'intero esercito in cinque giorni.[237]
Besso, che si trovava in compagnia di un altro generale, Spitamene, fu infine abbandonato dai suoi compagni, tradito e fatto prigioniero, consegnato nudo a Tolomeo, e arrestato nell'anno 329 a.C. Fu poi mutilato, e una corte di giustizia persiana lo dichiarò colpevole di alto tradimento, venendo infine giustiziato ad Ecbàtana.[238]
L'agire di Spitamene non fu inizialmente chiaro ad Alessandro che pensava volesse arrendersi, mentre voleva invece solo disfarsi di un alleato poco affidabile.
La sorte di Parmenione e dei suoi figli
«Cosa mi piace in Alessandro il grande non è la sua campagna militare ma la sua politica. Fece bene a far uccidere Parmenione che era uno stupido che considerava sbagliato abbandonare le usanze greche»
Quando le truppe di Alessandro trovarono riposo a Farah, si notò lo strano comportamento di Parmenione, che intanto non ubbidiva più agli ordini; l'ultimo datogli, quello di raggiungere il re con i suoi 25.000 uomini, venne ignorato, mentre a quel tempo il re contava su una forza di poco maggiore,[240] I suoi figli avevano una grande importanza nell'esercito macedone, ma Nicanore morì di malattia nel mese di ottobre del 330 a.C. mentre l'altro figlio, Filota, comandante della cavalleria, fu testimone di un complotto contro il re: si racconta del macedone Dimno, che saputo dell'attentato che si stava preparando contro Alessandro raccontò il tutto al suo amante Nicomaco[241] che rivelò a sua volta del complotto al fratello Cebalino, e lui raccontò il tutto, tre giorni prima dell'attentato, a Filota. Passarono i primi due giorni senza che l'ufficiale avesse raccontato nulla al suo re, anche se più volte al giorno ne avesse avuto la possibilità. Cebalino preoccupato raccontò ad un'altra persona dell'attentato, che subito corse dal proprio re per raccontargli tutto.
Alessandro fece convocare Dimno che preferì uccidersi; l'unico dato certo allora era che Filota sapeva dell'intrigo e non ne aveva parlato con lui. Seguendo il consiglio di Cratero nella notte il colpevole fu sorpreso nella sua tenda, catturato e messo in catene. Differisce da questo solo inizialmente il racconto di Plutarco: secondo l'autore era Limno di Calestra colui che disse al suo amato Nicomaco (e fratello di Cebalino) del complotto, ma solo perché sperava che anche lui ne facesse parte come Limno stesso;[242] inoltre Filota era da tempo controllato da una donna, Antigone.[243] Dimno (o Dymno) è citato da Curzio Rufo e Diodoro Siculo.[244]
Alessandro, in Egitto, non aveva dato retto alle insinuazioni di un coinvolgimento dello stesso Filota in un complotto ordito contro di lui,[245] che questo volta fu condannato per alto tradimento dal tribunale dell'esercito,[246] e ucciso con i complici a colpi di lancia;[247] secondo altri venne prima torturato e solo al momento della confessione venne ucciso.[248] Si dice anche che avesse fatto il nome del vero cospiratore, un certo Egeloco, morto poco prima.
Alessandro non si riteneva soddisfatto, e cercò ancora possibili traditori fra gli amici di Filota: uno di essi fuggì rapidamente e i suoi fratelli vennero arrestati, ma seppero difendersi a parole fino a scagionarsi, mentre il prigioniero Alessandro di Lincestide venne condannato a morte. Alla morte scampò invece Demetrio, una sua guardia del corpo.
Saputo forse di una lettera scritta da Parmenione ai suoi figli dove ricordava di oscuri piani[249], lo fece uccidere da alcuni suoi stessi ufficiali,[250] e con lui il suo terzo figlio, per prevenirne una possibile ribellione, preoccupato del fatto che unendosi ai soldati di Clito il loro esercito superava quello del re. Vi erano ancora dei simpatizzanti del generale: questi vennero radunati in una piccola unità che combattevano con coraggio,[251] mentre gli Eteri comandati da Filota in precedenza vennero affidati metà ad Efestione e l'altra parte a Clito. Prima di lasciare la città di Farah Alessandro decise di cambiarle nome, chiamandola Proftasia (anticipo in lingua greca).[252]
Guerriglie in Afghanistan
Alessandro era intento a combattere il suo ultimo avversario persiano degno di nota, Spitamene, ma non fu facile, in quanto questi riuscì a far rivoltare buona parte della nobiltà della Sogdiana. Il re macedone intanto, all'altezza del Syr Daria, aveva lasciato truppe nelle varie fortezze (sette in tutto) che dovevano proteggere i confini al nord, ma dopo poco tutte le truppe furono massacrate e gli avamposti conquistati.[253]
In pochi giorni Alessandro riuscì a riconquistare tutte le fortezze (le prime in 48 ore)[253], rendendo schiavi i sopravvissuti agli attacchi; solo contro Ciropoli, la più imponente, ebbe difficoltà: inizialmente venne soltanto isolata e messa sotto assedio da Cratero[254] per non permettere eventuali rinforzi, ma quando tornò all'attacco di questa fortezza che si opponeva notò un passaggio fortuito (un corso d'acqua prosciugato che passava sotto le mure della fortezza) riuscendo a penetrarvi (si racconta che fra gli altri ci fu Alessandro stesso, colpito in testa e al collo da un lancio di una pietra) e ad aprire le porte agli assalitori.
Successivamente la tattica di Spitamene apparve chiara: attaccare la parte dell'impero rimasta scoperta dall'assenza del re. Attaccò così Samarcanda, dove il re inviò circa 2.300 mercenari con a capo Farnuce, restando con circa 25.000 uomini.[255] Affrontò gli Sciti che si trovavano sul lato opposto del fiume, dapprima con l'uso di catapulte, armi mai viste da quel popolo; impauriti dalla morte di un loro generale, gli Sciti accennano ad una ritirata, al che i soldati macedoni attraversano il fiume. Parte dei soldati nemici, cavalieri senza armatura o quasi, li stavano per accerchiare, colpendoli ripetutamente con le frecce, ma furono vittime di un inganno di Alessandro che gli aveva inviato contro un'avanguardia debole, e quando essi furono circondati li assalì con una più forte. I nemici fuggirono, ma i macedoni, forse per avere ingerito dell'acqua malsana, non riuscirono ad inseguirli.[256]
Intanto tutti gli uomini inviati in precedenza da Alessandro vennero attaccati su un'isola del fiume Zeravshan, e uccisi sino all'ultimo da un attacco guidato da Spitamene stesso.[257] Alessandro, appena saputo della notizia, in tre giorni con settemila uomini al seguito cercò di raggiungerlo senza riuscirci; ormai il numero dei soldati era sceso a circa 25.000.[257] Gli vennero in aiuto altri 21.600 uomini provenienti dalla Grecia, guidati da Asandro e Nearco.[257]
Alessandro lasciò una parte dei soldati a Cratero, ma le incursioni di Spitamene continuarono, fino a quando non ebbe una prima sconfitta a Ceno. Tradito subito dopo, dai suoi alleati, fu offerta al re macedone la sua testa; Alessandro gli rese gli onori facendo in modo che il generale Seleuco sposasse sua figlia.
La sorte di Clito
Il proposito di Alessandro di unificare in un solo popolo Greci e Persiani, e soprattutto la sua idea del carattere divino della monarchia, cominciarono ad alienargli le simpatie del suo seguito. L'opposizione si manifestò soprattutto quando decise di imporre il cerimoniale della proskýnesis, proprio della corte persiana, anche ai suoi sudditi occidentali: la cerimonia prevedeva che chiunque comparisse davanti al re si prosternasse davanti a lui per poi rialzarsi e riceverne il bacio, e ciò andava contro l'idea greca di omaggio accettabile da parte di un uomo libero ad un altro uomo. Alessandro dovette comunque abbandonare il tentativo di introdurre tale pratica (che comunque non aveva reso obbligatoria), dato che quasi tutti i Greci e i Macedoni si rifiutavano di eseguirla.
A Samarcanda, nel 328 a.C., Alessandro durante una serata di festeggiamento con i suoi generali e ufficiali vari; accolse alcuni uomini giunti dalla costa, venuti per offrire della frutta al loro signore, e chiamò Clito il Nero per mostrarglieli, che per accettare l'invito sospese un sacrificio, cosa mal vista dagli indovini. In seguito,durante il banchetto si ascoltavano i versi di un poeta di corte, un certo Pranico, che schernivano i generali.[258] Clito, in stato di ebbrezza, si offese più degli altri, ricordando al re di avergli salvato la vita tempo addietro (nella battaglia del Granico). Seguirono parole dure da entrambe le parti: il generale criticava aspramente la politica di integrazione fra Macedoni e Persiani perseguita da Alessandro, e paragonò Filippo, il vero Macedone, ad Alessandro, definendolo non all'altezza di suo padre. Il re dopo aver parlato con Artemio di Colofone e Senodo di Cardia gli lanciò contro una mela cercando subito dopo una lama,[259] arma subito sottratta da Aristofane, e prese a pugni colui che aveva rifiutato di suonare la tromba mentre gli amici di Clito cercavano di allontanarlo. Peggio fu quando Clito ritornò citando dei versi di Euripide,[260] dove ricordava che il merito delle vittorie in battaglia era dei soldati, come i capi dimenticavano.[261] Al sentire quelle parole Alessandro prese una lancia e lo trafisse, uccidendolo.
Nel 327 a.C. fu scoperta una congiura tra i paggi del re, che furono tutti condannati a morte e giustiziati. Ne fece le spese anche Callistene, nipote di Aristotele e storiografo di corte, strenuo oppositore della cerimonia della proskýnesis e maestro dei paggi, che venne tenuto per qualche tempo prigioniero e poi giustiziato, alienando ad Alessandro molte simpatie del mondo intellettuale e filosofico greco.
Spedizione in India
Alessandro, dopo aver assoggettato la regione della Sogdiana, giunse ai confini dell'odierno Turkestan cinese, dove fondò un'altra Alessandria, che chiamò Eschate, o "Ultima" (odierna Chodjend). Soggiornò ancora a Samarcanda e nella Bactriana, e sposò Rossane, figlia di un comandante della regione, per rafforzarvi il suo potere.
Invasione dell'India
Come continuatore dell'impero achemenide, Alessandro vagheggiava un impero universale e si proponeva forse di arrivare con le sue conquiste fino al limite orientale delle terre emerse. Gran parte dell'India nord-occidentale era stata sottomessa ai persiani al tempo di Dario I, che aveva fatto esplorare l'intera valle dell'Indo, ma in questo periodo la regione era suddivisa in vari regni in lotta tra loro.
Dopo aver preparato un nuovo esercito con truppe in gran parte asiatiche (solo gli ufficiali e i comandanti erano tutti greci o macedoni), nella primavera del 326 a.C. Alessandro marciò verso l'odierna Kabul, dove venne accolto come alleato dal re di Taxila e, attraversata l'Uḍḍiyana da Ora a Bazira (attuali Udegram e Barikot), giunse all'Indo nell'estate del 326 a.C. Sconfisse quindi nella battaglia dell'Idaspe il re Poro (Purushotthama o Paurava), che cadde prigioniero. Il re macedone fondò quindi le colonie di Nicea e di Bucefala.
Alessandro aveva forse intenzione di arrivare fino alla vallata del Gange, ma l'armata, giunta sul fiume Ifasi (oggi Beas) e stanca sia delle lunghe piogge tropicali sia dell'idea di proseguire una lunga campagna contro i potenti indiani, fra giungle ed elefanti da guerra, si rifiutò di seguirlo oltre verso est.
Ritorno
Alessandro seguì quindi la valle dell'Indo fino alla sua foce, dove sorgeva la città di Pattala. Da qui spedì una parte dell'esercito, al comando di Cratero, verso l'Afghanistan meridionale, mentre egli seguì la costa attraversando la regione desertica della Gedrosia (attuale Makran nel Pakistan e nell'Iran meridionale). La campagna svolta nella discesa del corso dell'Indo fu combattuta con inaudita ferocia, per eliminare la guerriglia che ostacolava la marcia all'esercito macedone. Nell'assalto alla rocca di Aorno (odierna Pir Sar, Pakistan) una freccia trapassò la corazza di Alessandro e - con essa - la pleura ed il polmone, e per poco il condottiero non morì.
Inviò inoltre una flotta al comando del cretese Nearco per esplorare le coste del Golfo Persico sino alle foci del Tigri. La descrizione dei luoghi e dei popoli incontrati (tra cui gli Ittiofagi) fatta da Nearco ci è nota grazie soprattutto all'inserimento del suo diario nella Indica di Arriano.
Ultimo periodo di regno e morte
Nel 324 a.C. il re, con l'esercito riunito, fece ritorno a Susa. Qui scoprì la cattiva amministrazione dei molti satrapi da lui un tempo "graziati", e procedette energicamente contro i colpevoli, sostituendone molti con governatori macedoni.
Per perseguire l'unione tra Greci e Persiani spinse ottanta alti ufficiali macedoni alle nozze con nobili persiane, e altri diecimila veterani si sposarono con donne della regione. Egli stesso sposò Statira, figlia di Dario, mentre un'altra figlia del gran re persiano, Dripeti, andava in sposa al suo amico Efestione.
Passò per la prima volta in rassegna il nuovo corpo militare di 30.000 giovani persiani, accuratamente scelti ed addestrati a formare una falange macedone. Diecimila veterani furono congedati e rimandati in Macedonia con Cratero, destinato a sostituire Antipatro che era venuto in contrasto con la madre di Alessandro, Olimpiade. Questi doveva ora recarsi in Asia con nuove reclute.
Durante l'inverno la corte si ritirò ad Ecbàtana secondo il costume della corte persiana; qui morì Efestione, per il quale Alessandro soffrì terribilmente. Rase al suolo un villaggio vicino passando alla spada tutti i suoi abitanti come "sacrificio nei suoi confronti" e rimase a lutto per sei mesi; inoltre progettò un grandioso monumento funerario mai finito.
Nella primavera del 323 a.C. Alessandro condusse una spedizione contro il popolo montanaro dei Cossei ed inviò una spedizione per esplorare le coste del Mar Caspio.
Una misteriosa malattia lo colse durante i preparativi per avviare l'occupazione dell'Arabia e la costruzione di una flotta con cui intendeva attaccare i domini cartaginesi, portandolo alla morte il 10 giugno del 323 a.C., al tramonto.
Nel testamento commissionava la costruzione di templi magnificenti in diverse città, la costruzione di un mausoleo intitolato a Filippo che avrebbe dovuto rivaleggiare con le piramidi in imponenza, la prosecuzione dell'unione fra persiani e greci, la conquista dei territori cartaginesi (Libia, Nordafrica, Sicilia e Spagna), l'espansione verso occidente e la costruzione di una lunga strada in Africa che passasse lungo tutto la costa; ma i suoi successori ignorarono molto del testamento ritenendolo eccessivamente megalomane ed infattibile.
Sulle cause della sua morte sono state proposte varie teorie, che includono l'avvelenamento da parte dei figli di Antipatro o da parte della moglie Rossane, o più probabilmente una ricaduta della malaria che aveva contratto nel 336 a.C. Secondo un'altra ipotesi la morte fu causata da eccessiva ingestione di alcool durante una cena.
Ebbe due figli: Eracle di Macedonia, nato nel 327 a.C. da Barsine, figlia del satrapo Artabazus di Frigia, e Alessandro IV di Macedonia, figlio della moglie Rossane, nato nel 323 a.C. Gli storici successivi gli attribuirono anche numerosi amanti, tra i quali l'amico Efestione e Bagoas.
Successione
Al morente Alessandro fu chiesto il nome di colui che aveva scelto come successore. Egli diede un'indistinta risposta nella quale certuni compresero Eracle, il figlio di Barsine, e altri Kratisto, ossia "il migliore".
Subito dopo il suo decesso l'esercito proclamò re il figlio avuto dalla moglie Rossane, Alessandro, ed il fratellastro Filippo Arrideo. Tuttavia, poiché il primo era ancora in fasce e il secondo era infermo di mente, i comandanti del suo esercito - i Diadochi - elessero tra loro un reggente, Perdicca, che fu formalmente accettato dall'assemblea dei soldati.
Nel 322 a.C. tuttavia Perdicca si scontrò con Tolomeo, uno dei diadochi e satrapo d'Egitto, contro il quale mosse guerra, ma durante la spedizione rimase ucciso.
Successivamente i diadochi elessero come reggente Antipatro che tuttavia non fu accettato da tutti. Ne nacque una guerra civile nel corso della quale trovarono via via la morte i famigliari ancora in vita di Alessandro, tra cui i due figli, la moglie Rossane, la madre Olimpiade, la sorella Cleopatra, la sorellastra Euridice e il fratellastro Filippo.
Fonti storiche e leggenda
Le fonti storiche su Alessandro sono piuttosto numerose. Conosciamo l'esistenza di resoconti del suo storico di corte Callistene, del suo generale Tolomeo e del suo architetto militare Aristobulo, oltre che, poco dopo, di Clitarco di Alessandria, i quali sono andati perduti.
I principali storici che successivamente trattarono delle sue vicende sono:
- Flavio Arriano, storico di Nicomedia (Anabasis Alexandri, ovvero Le campagne di Alessandro, scritto in greco e di carattere prevalentemente militare);
- Quinto Curzio Rufo, storico romano (Historiae Alexandri Magni Macedonis, biografia di Alessandro in dieci libri, mutila dei primi due, in cui l'autore traccia un ritratto non privo di ombre del re macedone assieme alla successiva vicenda dei Diadochi);
- Plutarco di Cheronea, storico greco (Vita Alexandri e due orazioni De Alexandri fortuna e De Alexandri virtute);
- Diodoro Siculo, storico greco (i libri dal XVII al XXI della sua Bibliothekè Historikè coprono le conquiste di Alessandro e la successiva storia dei Diadochi); per lui il passaggio di Alessandro in Asia costituiva un evento di fondamentale importanza storica[262]
- Giustino, storico romano, ci ha invece lasciato un'epitome (o "riassunto") della storia universale di Pompeo Trogo (Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi Libri XLIV).
- Paolo Orosio, storico latino cristiano (Historiarum adversos paganos Libri VII, nelle quali tratta ampiamente di Alessandro nel libro III, tracciandone un ritratto complessivamente negativo).
Ciascuno ci offre una differente immagine del re macedone e, come dice Strabone, "tutti coloro che scrissero di Alessandro preferirono il meraviglioso al vero".
Alessandro divenne una leggenda mentre era ancora in vita, ed episodi meravigliosi furono narrati già dai contemporanei che avevano assistito alle sue imprese.
Nel secolo successivo alla sua morte, i racconti leggendari sulla sua vita furono raccolti ad Alessandria d'Egitto nel Romanzo di Alessandro, falsamente attribuito a Callistene (l'autore è a volte citato come pseudo Callistene). Questo testo ebbe grande diffusione per tutta l'antichità ed il Medioevo, con numerose versioni e revisioni. In epoca tardo-antica venne tradotto in latino e in siriaco e da qui tradotto in moltissime lingue, compreso l'arabo, il persiano e le lingue slave, e costituisce forse la fonte della citazione di Alessandro nel Corano.
Alessandro nella cultura popolare
Alessandro nel cinema
Sono state prodotte numerose serie televisive e diversi film che hanno come argomento la vita di Alessandro.
- Alessandro il Grande, 1956 di Robert Rossen (titolo originale Alexander the Great), dove Alessandro era interpretato da Richard Burton[263], Fredric March e Claire Bloom.
- Alexander (2004), diretto dal regista Oliver Stone ed interpretato dall'attore Colin Farrell, girato con la consulenza storica di Robin Lane Fox.[264]
- Dal 1969 al 1981, Mary Renault scrisse una sceneggiatura su basi storiche per una trilogia, avente come argomento la vita di Alessandro: Fuoco dal cielo (riguardante la sua adolescenza), Il ragazzo persiano (la conquista della Persia, la spedizione in India e la morte, osservata dal punto di vista di un persiano eunuco di nome Bagoa), e Giochi funerari (sugli eventi che seguirono alla suo trapasso).
- Baz Luhrmann aveva pianificato un film inconsueto su Alessandro Magno, con Leonardo DiCaprio, ma la realizzazione di Oliver Stone lo ha costretto a posticipare l'evento a data da destinarsi (il suo film si sarebbe basato sulla trilogia di romanzi di Valerio Massimo Manfredi Aléxandros).[265]
- Nel fumetto Watchmen, così come nel film omonimo da esso tratto, il personaggio Ozymandias parla di Alessandro come "l'unica persona con cui sente qualche affinità".
Alessandro nell'animazione
- Nel 1999 la giapponese Madhouse ha prodotto la serie anime Alexander Senki (Cronache di Alessandro), intitolata in Italia semplicemente Alexander, con il character design di Peter Chung (autore di Æon Flux).
- Nel 2003, il noto mangaka giapponese Yoshikazu Yasuhiko ha dedicato al personaggio di Alessandro il volume Alexandros.
- Alessandro appare come personaggio nell'anime Yu-Gi-Oh! Capsule Monsters dove il faraone Atem e i suoi amici cercano di sconfiggere il suo lato oscuro.
Alessandro nella musica
- Il gruppo metal britannico Iron Maiden ha inserito una canzone intitolata Alexander The Great nel loro album Somewhere in Time del 1986. La canzone descrive la vita di Alessandro, che sembrerebbe contenere un'incongruenza: nel testo è scritto che l'esercito non lo seguì in India, e la cosa è vera, se si considera che Alessandro non varcò mai i confini pachistani. Quindi probabilmente la canzone voleva intendere il fatto che il suo esercitò si rifiutò di proseguire ai confini del Pakistan.
- Il musicista brasiliano Caetano Veloso ha incluso nel 1998 nel suo album Livro una canzone epica su Alessandro Magno intitolata Alexandre.
- Nell'album Samarcanda del 1977 il cantautore italiano Roberto Vecchioni, nella canzone L'ultimo spettacolo, fa riferimento ad Alessandro con la frase "Con l'occhio azzurro io ti salutavo con quello blu io già ti rimpiangevo e l'albero tremava e vidi terra, i Greci, i fuochi e l'infinita guerra..."; Vecchioni ha anche inciso una canzone intitolata Alessandro e il Mare nell'album Milady.
- Nell'album Kokler (Roots) del gruppo turco dei Baba Zula, è presente una canzone dal titolo Iskender, dedicata ad Alessandro. Oltre alla versione lunga, è stata inserita anche una versione dub, più corta.
Note
- ^ Il nome Alexandros deriva da Template:Polytonic [aléx] e Template:Polytonic [anḕr, andrós] e significa "protettore dell'uomo".
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno pag.34, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Peter Green, Alexander the Great and the Hellenistic Age, pp. 15-16, Phoenix edizioni, 2008, ISBN 978-0-7538-2413-9.
- ^ Ashrafian, H (2004). "The death of Alexander the Great—a spinal twist of fate". J Hist Neurosci 13 (2): 138–142
- ^ Fred S. Kleiner, Gardner's Art Through the Ages: The Western Perspective, pag. 126, Cengage Learning, 13^ edizione, 2009, ISBN 978-0-495-57360-9.
- ^ Entrambi i racconti della sua descrizione vengono riportati da Plutarco nella Vita di Alessandro, 4, 1-8
- ^ Ateneo di Naucrati, I Deipnosofisti, o Sofisti a banchetto, 10.45 434F e 435A, si veda anche: William W. Fortenbaugh, Lyco of Troas and Hieronymus of Rhodes, pag. 155, Transaction Publishers, 2004, ISBN 978-0-7658-0253-8.
- ^ Pietro Citati, Alessandro Magno, pag 15, Milano, Adelphi edizioni, terza edizione, 2004, ISBN 88-459-1913-7.
- ^ Tale racconto fu poi oggetto di emulazione da parte di Scipione l'Africano Da Braccesi Lorenzo, L'Alessandro occidentale: il Macedone e Roma pag 102, L'Erma di bretschneider, 2006, ISBN 978-88-8265-376-7.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno pag 35, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Marta Sordi, Responsabilità, perdono e vendetta nel mondo antico pag 145, Vita e Pensiero, 1998, ISBN 978-88-343-0081-7.
- ^ Una volta Alessandro regalò a Leonida incenso e mirra pregandolo in tal modo di smettere con la sua avarizia. Plutarco, vita di Alessandro, 25-5
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno pag 37, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Domenico Musti, Storia Greca pag. 621, Laterza, terza edizione, 2006, ISBN 80-222-6475937-3.
- ^ Aristotele era imparentato con Ermia di Atarne, con cui poco prima Filippo aveva instaurato una pace strategica; infatti dal suo territorio si doveva partire per l'attacco alla Persia e i genitori di entrambi (Nicomaco e Aminta II) si conoscevano. Si veda Plutarco, Vite parallele - Alessandro e Cesare, pag 46-47, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
- ^ Denominata «della cassetta»; alcuni, come Strabone (XIII, 1,27) affermano che fosse stata scritta dai compagni di Alessandro, Callistene e Anassarco. Altri sostengono che il conquistatore stesso avesse contribuito alla sua stesura
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 8, 4-5
- ^ Isocrate, Epistole V
- ^ Nella primavera del 346 a.C. racconta Eschine che Alessandro suonava la lira e dialogava amabilmente, da Eschine, contro Timarco, 168
- ^ Quando Alessandro Magno aveva dodici anni, colui che aveva donato il cavallo al padre era partito per una spedizione in Sicilia; ciò fa presupporre che fosse ancora più giovane, da Robin Lane Fox, Alessandro Magno pag 39, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno pag. 57, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Diodoro Siculo, Libro XVI, 84, 4
- ^ Omicidio compiuto, a detta dell'artefice, per vendicare l'onore di Attalo, si veda Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno pag.61, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Umiliato sessualmente non venne vendicato, si veda Peter John Rhodes, A history of the classical Greek world: 478-323 BC, quarta edizione pag.321, Wiley-Blackwell, 2006, ISBN 978-0-631-22564-5.
- ^ Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, pag 11, Laterza editore, seconda edizione, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, Laterza editore, seconda edizione pag12, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Per il loro dialogo si veda fra gli altri: H. A. Guerber, The Story of the Greeks pag 30-306, Yesterday's Classics, 2006, ISBN 978-1-59915-011-6.
- ^ Probabilmente fu un seguace di Diogene ad aggiungere dei particolari alla storia dell'incontro tra il filosofo cinico e Alessandro. Confronta il testo con Plutarco, Vita di Alessandro, 14, 2-3
- ^ Tutta la battaglia viene descritta con particolari e mappe in Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno pp 63-64, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Tutta la battaglia viene descritta con particolari e mappe in Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno pp 64-65, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Arriano, I, 4,1
- ^ Ruth Sheppard, Alexander the Great at War: His Army - His Battles - His Enemies pp 64-65, Osprey Publishing, 2008, ISBN 978-1-84603-328-5.
- ^ Longaros, re degli Agriani. Per la sua collaborazione e la disfatta di Glaucia si veda Ian Worthington, Alexander the Great: man and god pp 56-58, Pearson Education, 2004, ISBN 978-1-4058-0162-1.
- ^ Arriano, i, 6,3-18
- ^ Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, Laterza editore, seconda edizione, pag 13, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, Einaudi, quarta edizione, pag 82, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Entrambe le versioni vengono narrate in Robin Lane Fox, Alessandro Magno pag 85, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Domenico Musti, Storia Greca, pag 636, Laterza, terza edizione, 2006, ISBN 80-222-6475937-3.
- ^ George Grote, History of Greece, Volume 12, pag 108, Editore Harper, 1872.
- ^ Il tutto viene raccontato da Plutarco, Vita di Alessandro, 14,6-8, da cui si evince che un tempo la Pizia dava prima responsi una volta all'anno e successivamente una volta al mese
- ^ Curzio Rufo VII 1,3; 2,33
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 107, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Protesilao, narrano le leggende, fu il primo eroe greco che poggiò piede sulla terra asiatica durante la guerra di Troia, morendo subito; si veda Arriano I, 11 e Keyne Cheshire, Alexander the Great, pag 29, Cambridge University Press, 2009, ISBN 978-0-521-70709-1.
- ^ Maggiori dettagli sul rituale si leggono in Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 108-109, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ I dati raccolti secondo quanto riportano Plutarco, Sulla fortuna di Alessandro, Polibio XII 19, 1 e scheda raccolta in La popolazione del mondo greco-romano di Beloch pag 227
- ^ Michael Thompson, Richard Hook, Osprey Publishing, 2007, Granicus 334 BC: Alexander's First Persian Victory, pag 23, ISBN 978-1-84603-099-4.
- ^ Si veda Arriano 1.14.1
- ^ La loro valuta era molto diffusa a quei tempi, considerando che i satrapi persiani non coniavano moneta propria e usavano quella di Cizico che non apparteneva all'impero. Per la questione delle monete si veda Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 114, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Arriano 1,14,5
- ^ Plutarco ne ricordava l'estremo candore; Plutarco, Vita di Alessandro 16, 7
- ^ Tutti i vari duelli della battaglia, raccontati originalmente da Plutarco, Arriano e altri, vengono descritti con cura in Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, 107-110, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Peter Green, Alexander of Macedon, 356-323 B.C.: a historical biography, pag 114, University of California Press, 1992, ISBN 978-0-520-07166-7.
- ^ Diodoro Siculo, 17,21,3
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, 113, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Arriano I, 13, 6
- ^ Umiltà in quanto si riferiva semplicemente come figlio di Filippo e rispetto verso il popolo da cui proviene, non definendosi macedone ma greco. La frase (originale in Arriano I, 13, 6) viene tradotta nel testo di Robin Lane Fox e analizzata, si veda: Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 120-121, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Arriano 1, 16, 3
- ^ Quelle che provenivano dall'Egitto terminato il vecchio incarico. Si veda John Maxwell O'Brien, Alexander the Great: the invisible enemy : a biography , pag 65, Milano, Routledge, 1994, ISBN 978-0-415-10617-7.
- ^ Arriano, 1, 18, 6-9, evento probabilmente inventato
- ^ Quinto Curzio Rufo, 3.12.6-5.1.44
- ^ Diodoro Siculo, XVII,24,1, aggiunge anche che furono tolti i contributi che pagavano in precedenza, ma in realtà al posto dei tributi chiese una «contribuzione» al suo dire momentanea.
- ^ Domenico Musti, Storia Greca, pag 639, Laterza, terza edizione, 2006, ISBN 80-222-6475937-3.
- ^ Ariano 1, 23, 8
- ^ Lo farà arrestare con l'accusa di tradimento, si veda: Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 115, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 133, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ James R. Ashley, The Macedonian Empire: The Era of Warfare Under Philip II and Alexander the Great, 359-323 B.C., pag 207, McFarland, 2004, ISBN 978-0-7864-1918-0.
- ^ William Mitford, The history of Greece Volume 5, pag 153, Cadell and Davies, 1818.
- ^ L'episodio ritrova conferma in un racconto successivo fra Clito il Nero e Alessandro, dove il primo ricordò al secondo che senza l'intervento di Atarrias i greci forse sarebbero ancora all'assedio di Alicarnasso. Curzio Rufo VIII 1,36
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno pag 136, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Pietro Citati, Alessandro Magno, pag 23, Milano, Adelphi edizioni, terza edizione, 2004, ISBN 88-459-1913-7.
- ^ Le fonti qui concordano ma si hanno notizie di resti successivi, quindi appare come un'esagerazione. Arriano, 1,22,6
- ^ Arriano, 1,24,1
- ^ Arriano 1,26,4
- ^ Arriano 1,25,10
- ^ La donna riferì che di Alessandro l'uomo portava solo il nome, da Aristobulo, fr, 2 b Jacoby
- ^ Quinto Curzio Rufo, III, 7.11
- ^ Il racconto non figura nelle descrizioni del tempo di Diodoro, si veda Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, pag 17, Laterza editore, seconda edizione, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 18, 4
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 109, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Quinto Curzio Rufo,III, 1,20
- ^ Diodoro Siculo, 17.29.1-2, 31.3
- ^ Invocando la pace di Antalcida, stipulata molti anni prima con Artaserse II (che in realtà non dava adito ai persiani di nessun vincolo), da Arriano II,1.4
- ^ Senofonte, Anabasi 1,21,22
- ^ Diodoro Siculo, XVII, 30.4
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 18, 6
- ^ Luisa Prandi, Callistene: uno storico tra Aristotele e i re macedoni, pag. 101, Editoriale Jaca Book, 1985, ISBN 978-88-16-95017-7.
- ^ Plutarco, 19, 2-9
- ^ Donald W. Engels, Alexander the Great and the logistics of the Macedonian army, pag 46, University of California Press, 1980, ISBN 978-0-520-04272-8.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 165, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 20, 5-7
- ^ a b Le cifre sono presenti in Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 134-135, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Quinto Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, III,9,2
- ^ Ogni ordine sarebbe stato impartito ed eseguito in metà tempo, così in Senofonte, Anabasi, 1,8,21
- ^ Arriano, II,7,3-6
- ^ All'alba la tromba suonò, come riportato in Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 167-168, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Per non farsi accerchiare, così in Arriano, II,7,4
- ^ Arriano, II,6
- ^ a b Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 173, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 20,10
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 144, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 3,11,27
- ^ Domenico Musti, Storia Greca, pag 641, Laterza, terza edizione, 2006, ISBN 80-222-6475937-3.
- ^ Plutarco, vita di Alessandro, 21, 1-3, per maggiori dettagli sulla vicenda: Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 3.12.6-12
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 3,12,7
- ^ Fra gli altri si veda anche Diodoro Siculo, 17.37.6
- ^ Arriano, II,12,1
- ^ Pietro Citati, Alessandro Magno, pag 99, Milano, Adelphi edizioni, terza edizione, 2004, ISBN 88-459-1913-7.
- ^ M. A. Dandamaev, A political history of the Achaemenid empire, Ancient Near East, pag 323, BRILL, 1989, ISBN 978-90-04-09172-6.
- ^ Ateneo, Dipnosofisti, XIII 607 f 608 a
- ^ Plutarco Vita di Alessandro, 21,7-9
- ^ Arriano,Anabasi di Alessandro, II,14,4-9
- ^ Non voleva accettare la «Signoria di Alessandro», Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4,2,2
- ^ Giustino, XI,10.11
- ^ Diodoro diceva che non era lecito uccidere un araldo, perché non si infierisce con chi si arrende. Diodoro Siculo, XXX,18
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.3.9
- ^ Rufus J. E. Atkinson, Virginio Antelami, Tristano Gargiulo, Quintus Curtius, Lorenzo Valla, 1998, Storie di Alessandro Magno, Scrittori greci e latini. Volume 1, pag 101, ISBN 978-88-04-43468-9.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 187-188, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Diodoro Siculo, XVII,41,3
- ^ Arriano, Anabasi di Alessandro, II,25,13; con tale data non concorda Plutarco, che indica la ricezione della missiva nella primavera del 331 a.C.
- ^ Diodoro Siculo, XXX,18, la traduzione di Guido Paduano è contenuta in Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 188, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Pietro Citati, Alessandro Magno, pp. 101-102, Milano, Adelphi edizioni, terza edizione, 2004, ISBN 88-459-1913-7.
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.3.24-26
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.4.2
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 25, 1-3
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 162, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ W. W. Tarn, Alexander the Great: Volume 2, Sources and Studies, Volume 2, pag 120, Cambridge University Press, 2003, ISBN 978-0-521-53137-5.
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.4.12
- ^ Si veda Arriano, II,24
- ^ Edward Farr, History of the Persians, pag 252, Robert Carter, 1850.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 190, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Il vero nome era Nicerato, cambiato per festeggiare la vittoria di Alessandro, si veda anche Arriano II,24,6
- ^ Arriano II, 26,2
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.6.8
- ^ Due mesi secondo Diodoro Siculo, XVII, 48
- ^ Arriano II, 26,26-27
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4,6,19
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 170, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 192, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ N. G. L. Hammond, The Genius of Alexander the Great, pag 96, UNC Press, 1998, ISBN 978-0-8078-4744-2.
- ^ Combatteva con armi rese ormai viscide da tanto sangue vi era sopra, in Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4,6,25
- ^ Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, XI, 337 [viii, 5]
- ^ Domenico Musti, Storia Greca, pag 643, Laterza, terza edizione, 2006, ISBN 80-222-6475937-3.
- ^ Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, pag 19, Laterza editore, seconda edizione, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Arriano III,1-4
- ^ Pietro Citati, Alessandro Magno, pag 24, Milano, Adelphi edizioni, terza edizione, 2004, ISBN 88-459-1913-7.
- ^ «C'è un'isola nel mare ondoso, dinnanzi all'Egitto, la chiamano Faro» Omero, Odissea, 4,354-355, traduzione di Domenico Magnino da Plutarco, Alessandro Cesare, pag 97, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
- ^ Arriano, III, 1-5
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 26,8
- ^ Alan K. Bowman, L'Egitto dopo i faraoni, pag 228, Giunti, 1997, ISBN 978-88-09-21082-0.
- ^ Arriano, III, 2,2
- ^ Plutarco, Alessandro Cesare, pag.99, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 206-207, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Callistene, fr. 14 Jacoby
- ^ Si confronti Polibio XII,23
- ^ Diodoro Siculo, XVII, 51.3
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 27, 5-7
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 27, 9
- ^ Arriano, III, 4-5
- ^ Arriano, VI,19.4
- ^ Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, pag 22, Laterza editore, seconda edizione, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 229, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Arriano, III,7,3
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 178, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4,9,13
- ^ L'attenta descrizione del guado è in Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4,9,17-21
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 233, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Arriano, III,8,2
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 31,11-12
- ^ Si tratta di un rito misterioso che non sarà mai più eseguito da Alessandro, si veda Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 234, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 32,3-4
- ^ Domenico Musti, Storia Greca, pag 645, Laterza, terza edizione, 2006, ISBN 80-222-6475937-3.
- ^ Si veda Plutarco, Alessandro Cesare, pag 113, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
- ^ Plutarco Vita di Alessandro, 31,6-7
- ^ Le stesse indicazioni si hanno da Tolomeo e Aristobulo, si veda Plutarco, Alessandro Cesare, pag 111, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
- ^ Non potevano superare i 12.000 uomini secondo Hans Delbrück, History of the Art of War: Warfare in antiquity, pag 212, U of Nebraska Press, 1990, ISBN 978-0-8032-9199-7., mentre Robin Lane Fox cita 30.000 uomini, Robin Lane Fox, Alessandro Magno pag 236, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Marco Giuniano Giustino,11,6,11
- ^ Diodoro Siculo, 17.39.4
- ^ Arriano, III,8
- ^ Secondo la fonte il problema più grande dell'esercito persiano era costituito dall'inettitudine del comandante in campo. Si veda William W. Tarn. Storia del mondo antico, volume V, p 311
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4,9,10
- ^ Arriano, III, 8,3-5
- ^ Tutti i dati riportati si ritrovano in Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 237, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Carichi solo di armi, Arriano III, 9,1
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 32, 9.11
- ^ J.F.C. Fuller, The Generalship of Alexander the Great, 1958, pag 178
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 191, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Diodoro Siculo, XVII,58.5
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.15.14-17
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.15.11
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 33,9-11
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 245, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 193, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, pag 23, Laterza editore, seconda edizione, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Arriano III,15,2
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.16.16
- ^ Arriano, III,15,6
- ^ William Napoleon Hendricks, A comparison of Diodorus' and Curtius' accounts of Alexander the Great, pag 94, Duke University, 1974.
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag 197, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ Fu grazie al suo valore e non alla fortuna la vittoria di questa battaglia, si veda per il commento completo, Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, 4.16.29
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 34,1-2
- ^ Dell'aiuto fornito da Faullo nella guerra persiana si veda anche Erodoto, 8,47
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 35,1-4
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag. 255-256, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Da una descrizione di un soldato tessalo, Strabone XV,3.3
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 36,2
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 36,7
- ^ Plutarco, Alessandro Cesare, pag 133, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 39,12-13
- ^ Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno, pag, Newton Compton, 2004, ISBN 978-88-541-1845-4.
- ^ J.F.C. Fuller, The Generalship of Alexander the Great, 1958, pag 228
- ^ Arriano, III, 18.2
- ^ Rufus Quintus Curtius, Quintus Curtius [History of Alexander], Volume 1, pag. 357, Harvard Univ. Press,, 1962.
- ^ Diodoro Siculo XVII 68.4
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- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 264, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, V,7,20
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 266, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Arriano, III, 18,11-12
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 38, 7-8
- ^ J. Dryden, Alexander's Feast, vv 49-69
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 268-269, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
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- ^ Si veda Arriano, II,14,6-8
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- ^ Limno in questo racconto viene ucciso e non si uccide. Da Plutarco, Vita di Alessandro, 49, 3-7
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- ^ Domenico Musti, Storia Greca, pag 649, Laterza, terza edizione, 2006, ISBN 80-222-6475937-3.
- ^ Quinto Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni Macedonis, VII,3,8
- ^ Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 298, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
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- ^ a b c Robin Lane Fox, Alessandro Magno, pag 313, Einaudi, quarta edizione, 2004, ISBN 978-88-06-19696-7.
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 50,3-9
- ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 51,1-6
- ^ I versi esatti recitati da Clito secondo quanto riportato sono quelli dell'Andromaca, 693
- ^ Claude Mossè, Alessandro Magno La realtà e il mito, pag 105, Laterza editore, seconda edizione, 2008, ISBN 978-88-420-7671-1.
- ^ Lo considerava come «termine di riferimento per calcolare la durata dei regni degli dei egiziani». Si veda Diodoro Siculo, Biblioteca storica, volume primo, note alle pag 172-173, Milano, BUR, 2004, ISBN 88-17-10021-8.
- ^ Scheda su IMDb
- ^ Scheda del film su IMDb
- ^ Info del film su IMDb
Bibliografia
Fonti storiche
- Flavio Arriano, Anabasi di Alessandro
- Quinto Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno
- Diodoro Siculo, Biblioteca storica
- Plutarco, Vite parallele: Alessandro - Cesare
- Paolo Orosio, Storie contro i pagani
Saggi e biografie
- N. G. L. Hammond, Alessandro il Grande. L'uomo che si è spinto ai confini del mondo, [Sperling paperback], 2004.
- A. B. Bosworth, Alessandro Magno. L'uomo e il suo impero, Rizzoli, 2004.
- Pietro Citati, Alessandro Magno, Adelphi, 2004.
- Robin Lane Fox, Alessandro Magno, Einaudi, 2004.
- Johann Gustav Droysen, Alessandro il Grande, TEA.
- Paul Faure, La vie quotidienne des armées d'Alexandre, Hachette, Paris, 1982.
- Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno. L'inarrestabile marcia del condottiero che non conobbe sconfitte, Newton Compton, 2004.
- Chiara Frugoni, La fortuna di Alessandro Magno dall'Antichità al Medioevo, La Nuova Italia, Firenze, 1978.
- Hans-Joachim Gehrke, Alessandro Magno, Il Mulino, 2002.
- Giulio Giannelli, "Alessandro Magno" in AA.VV., Enciclopedia Biografica Universale, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani., 2006, pp. 305 – 323.
- Claude Mossé, Alessandro Magno. La realtà e il mito, Laterza, 2005.
- Antonino Pagliaro, Alessandro Magno, Rai Eri, 1960
- Alessandro Magno tra storia e mito, a cura di Marta Sordi, Milano, Edizioni Universitarie Jaca, 1984.
- Todisco L., Alessandro il macedone e gli ebrei
Narrativa
- Doherty, P., trilogia edita da Newton Compton: Alessandro Magno e la vittoria impossibile (2002), Alessandro Magno e l'uomo senza Dio (2003), Alessandro Magno e le porte degli Inferi (2004).
- Valerio Massimo Manfredi: Il figlio del sogno, Le sabbie di Amon, Il confine del mondo, Il Romanzo di Alessandro.
- Gisbert Haefs: Alessandro, Alessandro in Asia.
- Giovanni Pascoli, "Aléxandros", Poemi Conviviali, 1904
- David Gemmell, Il Leone di Macedonia (1990), Il Principe Nero (1991)
- Steve Berry, L'ombra del leone (2008)
- Valerio Massimo Manfredi: La Tomba di Alessandro (2009).
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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