UEFA Champions League

massima competizione calcistica UEFA per squadre di club
Disambiguazione – "Champions League" rimanda qui. Se stai cercando altre competizioni con questo nome, vedi Champions League (disambigua).
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L'UEFA Champions League (letteralmente Lega dei Campioni), già Coppa dei Campioni d'Europa e detta semplicemente Champions League, è il massimo torneo calcistico europeo per squadre di club maschili nonché considerato il primo al mondo.

UEFA Champions League
Sport
TipoClub
FederazioneUEFA
OrganizzatoreUEFA
TitoloCampione d'Europa
CadenzaAnnuale
Aperturaluglio (preliminari), settembre (fase a gironi)
Partecipanti32 squadre
Formula8 gironi A/R di quattro squadre ciascuno, poi eliminazione diretta con le prime due di ogni girone.
Sito Internetuefa.com
Storia
Fondazione1955
DetentoreInter
Edizione in corsoUEFA Champions League 2010-2011
File:Champions League trophy.jpg
Trofeo o riconoscimento

Si svolge da luglio (preliminari) al mese di maggio (finale in gara unica), ed assegna il titolo di campione d'Europa per club.

Per livello sportivo e dimensioni finanziarie è la più importante competizione al mondo per squadre di club.

I vincitori del torneo, acquisiscono il diritto di partecipare alla Supercoppa UEFA e al prestigioso Mondiale per club che assegna il titolo di campione del Mondo per club.

L'attuale detentrice del trofeo è l'Inter, che si è aggiudicata l'edizione 2009-2010 del torneo battendo in finale il Bayern Monaco a Madrid il 22 maggio 2010.

La competizione è stata vinta da 21 squadre, 12 delle quali sono diventate Campione d'Europa per più di una volta. La squadra più titolata è il Real Madrid con 9 successi, di cui 5 consecutivi dal 1955-1956 al 1959-1960. I madridisti sono seguiti dal Milan (7 trofei), dal [↓↑ fuori crono] (5), da Bayern Monaco ed Ajax a pari merito (4).

Prima di ogni gara, sulla musica dell'inno ufficiale, viene eseguita la classica coreografia nella quale alcuni addetti scuotono un enorme telo (rappresentante il logo della manifestazione) che ricopre il cerchio di centro campo.

Storia

In origine il concetto di calcio internazionale era indossolubilmente legato agli incontri fra le squadre nazionali, essendo le società di club confinate nell'ambito interno a ciascun paese. Col tempo talune nazioni organizzarono manifestazioni comuni quali la Coppa dell'Europa Centrale (1927) e la Coppa Latina (1949), ma tali esperimenti ebbero sempre un limitato raggio d'azione geografico. L'idea di una competizione paneuropea per formazioni di club nacque nel 1954. In quell'anno sui giornali sportivi francesi si aprì in un acceso dibattito su chi fosse la squadra più forte del continente tra gli spagnoli del Real Madrid, gli italiani del Milan, gli ungheresi della Honvéd e gli inglesi dell'[↓↑ fuori crono], formazioni all'epoca ai vertici dei rispettivi campionati nazionali. Fu così che il quotidiano transalpino L'Equipe, diretto da Gabriel Hanot, propose a FIFA e UEFA l'idea di un campionato fra i maggiori club d'Europa. In un primo tempo le due associazioni non si mostrarono entusiaste dell'idea, ma, una volta che L'Equipe si mosse privatamente coi dirigenti di numerose società, la FIFA impose alla UEFA l'organizzazione del nuovo torneo. Il timore della UEFA era, dall'inizio, quello che un campionato europeo per club potesse avere un successo tale da oscurare sia i campionati nazionali, sia il nascente Campionato Europeo per Nazioni. Quindi la confederazione continentale decise di limitare il progetto, strutturandolo sul meccanismo dell'eliminazione diretta ed ammettendo una sola società, indicata dalle federazioni nazionali, per ciascun paese.

Le origini (1955)

Fu così che venne alla luce la Coppa dei Campioni d'Europa (in francese Coupe des clubs champions européens, in inglese European Cup) tenuta sotto l'egida della UEFA. A quella storica prima edizione presero parte sedici formazioni provenienti dalle principali federazioni calcistiche. Unica assenza di spicco fu quella della Football Association inglese, che non riteneva la nuova coppa all'altezza del blasone dei fondatori del football. La partita inaugurale fu giocata domenica 4 settembre 1955 a Lisbona fra lo Sporting Lisbona e gli jugoslavi del Partizan Belgrado. Curiosamente, nessuna di queste due squadre vantava in quel momento il titolo nazionale nel proprio paese. Ogni singola federazione era infatti libera di designare la propria rappresentante in piena libertà, con una vaga condizione che la società prescelta avesse vinto almeno una volta il campionato nazionale in passato. Nei fatti, solo sette delle partecipanti erano campioni in carica, e ciò lasciò un curioso strascico linguistico negli anni a venire, dato che l'espressione Coppa dei Campioni d'Europa fu tendenzialmente ridotta a Coppa dei Campioni nei paesi che subito ebbero a rappresentarli la detentrice dello scudetto, e invece a Coppa d'Europa negli altri. La formula della coppa era la semplice eliminazione diretta con gare di andata e ritorno, tranne la finale da disputarsi in campo neutro a Parigi. I primi Campioni d'Europa furono gli spagnoli del Real Madrid che, battendo i francesi del Reims davanti a quarantamila spettatori, diede inizio ad uno storico quinquiennio di inarrestabili trionfi.

Il dominio del Real Madrid (1956-1960)

File:Trofeo original de la Copa de Europa.jpg
Il trofeo originale esposto nel museo del Real Madrid
File:Alfredo di stefano.jpg
Alfredo Di Stéfano

Il travolgente successo di pubblico della prima edizione convinse cinque nuove nazioni, tra cui l'Inghilterra, ad entrare nella manifestazione. L'UEFA riuscì ad imporre che ciascuna federazione presentasse il proprio campione in carica, con l'unica eccezione, che verrà peraltro abolita nel 1960, della possibile coincidenza fra i Campioni d'Europa e un campione nazionale, nel qual caso la seconda classificata in campionato sarebbe stata ugualmente ammessa alla coppa. Il torneo ebbe un rapidissimo sviluppo. Già alla finale della seconda edizione, disputata a Madrid fra il Real e la Fiorentina (prima squadra italiana a raggiungere la più importante finale continentale), presenziarono addirittura 125.000 spettatori. Nel volgere di pochi anni tutte le trentadue federazioni europee decisero di iscrivere i propri campioni, l'ultima a farlo fu quella dell'Unione Sovietica nel 1966. L'entusiasmo fu tale che nel 1960 fu creata una identica manifestazione per le vincitrici delle coppe nazionali, la Coppa delle Coppe, la cui prima edizione fu vinta dalla Fiorentina. Durante questo periodo, come si è già detto, la Coppa dei Campioni fu dominata dal Real Madrid. Alfredo Di Stéfano, Ferenc Puskás, Raymond Kopa, José Santamaría e Miguel Muñoz furono tra gli artefici delle cinque vittorie consecutive in Coppa dei Campioni tra il 1955-1956 e il 1959-1960. Tra le partite memorabili vi sono il 7-3 (3 gol di Di Stefano e 4 di Puskas) contro l'Eintracht Francoforte nella finale dell'Hampden Park del 1960, davanti alle telecamere della BBC e dell'Eurovisione e a un pubblico di oltre 135.000 spettatori, la più grande affluenza per una finale di Coppa dei Campioni. Le altre squadre finaliste furono il francese Stade de Reims, che raggiunse due finali (1955-1956 e 1958-1959) e due squadre italiane, la Fiorentina, finalista nel 1956-1957, e il Milan, finalista nel 1957-1958. Anche il [↓↑ fuori crono] ottenne buoni risultati, raggiungendo le semifinali nel 1957 e nel 1958. Il disastro aereo di Monaco durante la Coppa dei Campioni 1957-1958, però, mise una tragica fine a tutte le speranze del Manchester di superare il Real.

Le vittorie delle squadre latine (1961-1966)

Le vittorie del Benfica e del Milan (1961-1963)

Nell'edizione del 1961, al primo turno del torneo il Barcellona diventò la prima squadra capace di sconfiggere il Real Madrid in una partita di Coppa dei Campioni, mettendo così fine al monopolio madridista sulla competizione. Il Barça arrivò fino alla finale giocata allo Wankdorf Stadion di Berna, in Svizzera, dove fu battuto dal Benfica di Lisbona. Nella successiva edizione di Coppa dei Campioni si unì a questa squadra, capitanata dal forte mozambicano Mário Coluna, il leggendario Eusébio, che guidò il Benfica alla difesa del trofeo nella finale contro il Real Madrid, battuto per 5-3 all'Olympia Stadion di Amsterdam, Paesi Bassi. Le reti di Josè Altafini porteranno per la prima volta in Italia la Coppa dei Campioni, conquistata dal Milan nel mitico stadio di Wembley nell'edizione del 1962-1963, dopo la vittoria per 2-1 nella finale contro il Benfica, finalista per la terza volta consecutiva.

La Grande Inter (1964-1965)

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La rosa della Grande Inter 1965-66

Nell'edizione del 1963-1964 la Coppa fu vinta da un'altra squadra milanese, l'Inter, che prevalse per 3-1 con due gol di Mazzola e uno di Milani allo Stadio del Prater di Vienna contro il grande Real Madrid. L'anno seguente l'Inter tornò a dominare: vinse di nuovo la Coppa dei Campioni, questa volta proprio a San Siro. Sotto un vero e proprio diluvio superò, infatti, il Benfica per 1-0 con gol di Jair. Nacque il mito della Grande Inter, una squadra che fu subito paragonata al Real Madrid "pentacampione" del decennio precedente.

La sesta del Real Madrid (1966)

Quest'era si concluse nell'edizione del 1965-1966 con la sesta vittoria del Real Madrid, che prima sconfisse l'Inter in semifinale e poi sconfisse in finale il Partizan Belgrado per 2-1 con una squadra interamente composta da giocatori spagnoli, la prima nella storia della manifestazione. Da notare che solo Paco Gento giocò in tutte e sei le edizioni vinte dal Real Madrid.

Primi trionfi britannici (1967-1968)

Nell'edizione 1966-1967 il Celtic divenne il primo e finora unico club scozzese a vincere la Coppa dei campioni, i Bhoys sconfissero in finale l'Inter per 2-1 all'Estádio Nacional di Lisbona, in Portogallo, il 25 maggio 1967. Inter subito in vantaggio con Mazzola su rigore. Da quel momento e soprattutto per l'intero secondo tempo fu un assalto continuo contro la difesa "più forte del mondo". A far capitolare Giuliano Sarti ci pensò Gemmell con un tiro potentissimo dal limite. Il gol della vittoria lo siglò Chalmers all'80º con una deviazione sotto rete. I calciatori biancoverdi passarono alla storia come Lisbon Lions ("Leoni di Lisbona").

Ad oggi il Celtic rimane l'unico club scozzese ad aver raggiunto la prestigiosa finale di Coppa dei Campioni e l'unica squadra al mondo ad averlo fatto con giocatori tutti provenienti dal vivaio[1][2]. Tutti i giocatori erano scozzesi e nati intorno allo stadio.

 
Scudo dedicato alla vittoria del [↓↑ fuori crono] del 1967-1968

Dieci anni dopo il disastro aereo di Monaco, il Manchester United divenne la prima squadra inglese a vincere la competizione. Avvenne nell'edizione 1967-1968. Grazie al fenomenale trio d'attacco formato da Bobby Charlton, George Best e Denis Law lo United riuscì ad arrivare alla finale di Londra e quel giorno, con il giovane Brian Kidd al posto di Law, batté il Benfica per 4-1 dopo i tempi supplementari nel mitico stadio di Wembley. Fu una gara straordinaria, fra due squadre moderne, ancorché di scuole diverse: più basato sugli spunti individuali il Benfica; più collettivo, atletico e veloce il Manchester. I tempi regolamentari si chiusero sull'1-1 (gol di Charlton e Graça). Nel primo tempo supplementare i Red Devils segnarono in pochi minuti addirittura tre gol (Best - Kidd - Charlton). Al Benfica resta il rimpianto per la grande occasione sprecata da Eusebio quasi al 90º: solo e a pochi metri da Stepney, "la Perla del Mozambico" sferra un tiro potentissimo che il portiere inglese intercetta e riesce addirittura a trattenere.

Calcio totale alla ribalta (1969-1973)

Negli anni settanta la Coppa dei Campioni fu dominata da due sole squadre, AFC Ajax e Bayern Monaco, ognuna della quale ha vinto almeno tre finali.

La prima delle tre squadre fu l'Ajax, che, dopo aver perso la finale del 1968-1969 contro il Milan, vide vincere i rivali del Feyenoord di Rotterdam nell'edizione del 1969-1970 contro il Celtic, dopo i tempi supplementari.

L'Ajax egemonizzò poi il movimento calcistico europeo vincendo tre Coppe dei Campioni consecutive nel 1971, 1972 e 1973. La prima a Wembley contro un sorprendente Panathinaikos, squadra greca arrivata alla finale dopo aver eliminato la Stella Rossa di Belgrado (1-4 in Jugoslavia e miracolosa rimonta 3-0 ad Atene). VanDijk portò in vantaggio gli olandesi dopo un veemente assalto iniziale; poi i greci si ripresero e sfiorarono il pareggio con Antoniadis. L'Ajax sprecò svariate occasioni per il raddoppio, ma il risultato restò in bilico fin quasi a fine gara, poi uno sfortunato autogol di Vlahos diede ai lancieri la certezza della vittoria. Anche nelle altre due finali l'Ajax si impose con autorità: 2-0 all'Inter e 1-0 alla Juventus. Le ragioni del successo degli olandesi sono sostanzialmente due: la disciplina tattica introdotta dall'allenatore Rinus Michels e il contributo del genio calcistico di Johan Cruijff. Già nelle edizioni degli anni sessanta l'Ajax era stata la culla del cosiddetto "calcio totale", una nuova concezione tattica che superava la tradizionale divisione del lavoro in campo tra difensori, centrocampisti ed attaccanti. Secondo questa filosofia tutti i calciatori dovevano partecipare al gioco in ogni suo aspetto. Questa impostazione valse all'Ajax un'organizzazione tattica straordinaria, secondo cui ognuno poteva ricoprire, senza difficoltà, una diversa zona del campo a seconda delle esigenze della squadra.

Il calcio totale dell'Ajax sembrava destinato a non tramontare fino a quando Cruijff scelse di seguire l'ex allenatore Michels al Barcellona, nel tardo 1973. Con la partenza di Cruijff e quella successiva di Johan Neeskens più avanti, l'Ajax avrebbe faticato a imporsi in Coppa dei Campioni per oltre 20 anni.

L'ascesa del Bayern Monaco (1974-1976)

 
Beckenbauer, che guidò il Bayern Monaco alla vittoria di tre Coppe dei Campioni consecutive

Dopo l'Ajax fu il Bayern a dominare la competizione. Guidato da Franz Beckenbauer e con altri giocatori come Sepp Maier, Gerd Müller, Uli Hoeness e Paul Breitner, il Bayern vinse la Coppa dei Campioni per tre volte consecutive nella metà degli anni settanta.

La prima Coppa fu conquistata nel 1974 ai danni di un volitivo Atletico Madrid, guidato in panchina da Juan Carlos Lorenzo. La svolta arrivò nel secondo tempo supplementare quando la punizione-gol di Luis Aragones illuse gli spagnoli. Fu il difensore Schwarzenbeck, a un minuto dalla fine, a salvare la partita e i futuri destini dei bavaresi con un tiro disperato quanto fortunato da lunga distanza. L'1-1 costrinse le due squadre alla ripetizione della gara e stavolta non ci fu partita: 4-0 con doppiette di Höness e Müller. Nell'edizione del 1975 il Bayern ebbe la meglio su un Leeds United che dominò per larghi tratti la finale, ma che fu battuto per 2-0 al Parco dei Principi di Parigi (gol di Roth e Muller). I bavaresi completarono l'opera sconfiggendo il St. Étienne all'Hampden Park di Glasgow nell'edizione del 1975-1976. Anche qui la vittoria arrivò al termine di una gara difficile: Saint Etienne, rivelazione del calcio francese, capace di colpire due pali e impegnare severamente il portiere Maier. A decidere la gara una punizione dal limite di Roth nel primo tempo.

Quindi la squadra subì un lento declino, come i precedenti club dominanti: il Bayern non vinse nessun'altra Coppa dei Campioni per 25 anni.

Dominio inglese e la prima della Juventus (1977-1985)

Nella fine degli anni settanta iniziò un periodo di dominio delle squadre inglesi, che raccolsero sei vittorie consecutive ed un totale di sette vittorie in otto anni.

La squadra che iniziò questo ciclo fu il [↓↑ fuori crono] guidato da Bob Paisley, ricordato come uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio. Paisley poteva disporre di una squadra formata da elementi di sicuro valore come il portiere Ray Clemence, i difensori Phil Neal e Alan Kennedy, i centrocampisti Jimmy Case, Emlyn Hughes e Terry McDermott, gli attaccanti Ray Kennedy, Toshack e, su tutti, il talentuoso King Kevin Keegan, uno dei migliori talenti espressi dal calcio inglese, eletto Pallone d'oro in due occasioni. Erano tutti giocatori di livello internazionale, regolarmente convocati dalle loro rappresentative nazionali.

Il Liverpool giunse alla finale dello Stadio Olimpico di Roma del 1976-1977 contro il Borussia Mönchengladbach, già battuta nella finale di Coppa UEFA del 1972-1973. I Reds vinsero per 3-1 e si laurearono campioni d'Europa per la prima volta, successo che replicarono l'anno successivo nella finale di Wembley contro i belgi del Bruges.

Nell'edizione 1978-1979 il Liverpool campione uscente fu sconfitto al primo turno da una connazionale, il Nottingham Forest. Il Forest, guidato da Brian Clough, ottenne poi il titolo europeo sconfiggendo gli svedesi del Malmö per 1-0 a Monaco. Gli uomini di Clough parteciparono all'edizione 1979-1980 come detentori del titolo, arrivando alla finale del 28 maggio 1980 allo Stadio Santiago Bernabéu, dove furono opposti ai campioni tedeschi dell'Amburgo. Gli inglesi passarono in vantaggio al 19º minuto con John Neilson Robertson e si chiusero in un impenetrabile catenaccio che riuscì a neutralizzare le punte tedesche. Il Nottingham Forest conquistò così anche la Coppa del 1980.

Il Liverpool ritornò in finale nell'edizione del 1981. Mise in bacheca il suo terzo trofeo battendo il Real Madrid a Parigi per 1-0.

Alla sua prima partecipazione in Coppa dei Campioni nel 1981-1982, l'[↓↑ fuori crono] vinse la competizione superando in finale il Bayern Monaco di Karl-Heinz Rummenigge, sconfitto per 1-0 al Feijenoord Stadion di Rotterdam, nonostante il portiere titolare, infortunato, fosse stato costretto ad abbandonare il terreno di gioco dopo appena dieci minuti dal fischio di inizio. I Villans continuarono così il dominio europeo degli inglesi di quegli anni.

La finale della Coppa dei Campioni 1982-1983, giocata il 25 maggio 1983 allo Stadio Spiridon Louis di Atene, fu la prima senza squadre inglesi dopo sette anni. A contendersi la Coppa c'erano la Juventus allenata da Trapattoni e condotta in campo da Michel Platini e Roberto Bettega, nettamente favorita e sospinta dall'urlo di 40.000 italiani, e i campioni tedeschi dell'Amburgo. Per nulla intimorito, l'Amburgo affonda subito il colpo: dopo appena otto minuti Felix Magath sorprese Dino Zoff fuori dai pali e lo beffò con un pallonetto dal limite dell'area. La Juventus, ingabbiata dalla difesa tedesca e con le punte in serata storta, non riuscì a pareggiare. L'Amburgo diventò la seconda squadra tedesca (dopo il tris del Bayern Monaco negli anni settanta) a vincere la Coppa dei Campioni.

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1984, Roma: Phil Neal segna il gol del vantaggio nella finale di Coppa dei Campioni Liverpool-Roma

Nel 1983-1984 arrivò la quarta Coppa dei Campioni del Liverpool, vinta ancora una volta allo Stadio Olimpico di Roma, questa volta contro la squadra che in quello stadio era normalmente di casa, la Roma. Dopo l'addio di Ray Clemence, il Liverpool s'era affidato a un portiere africano spericolato e guascone, lo zimbabwese Bruce Grobbelaar, ex combattente e giramondo (aveva giocato al calcio in Sudafrica e in Canada). Per la prima volta nella storia la finale di Coppa dei Campioni fu decisa ai calci di rigore (dopo un sofferto pareggio per 1-1 siglato da Phil Neal e Roberto Pruzzo). Nei tiri dagli undici metri risultò determinante l'atteggiamento clownesco di Bruce Grobbelaar, che indusse Conti e Graziani a sbagliare i loro tiri. Per l'ennesima volta la Coppa dei Campioni prese la strada dell'Inghilterra. Il Liverpool divenne così la prima squadra capace di vincere il trofeo per quattro volte dopo il Real Madrid negli anni cinquanta, mentre Grobbelaar divenne il primo calciatore africano a vincere la competizione.

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Bruce Grobbelaar con la Coppa dei Campioni
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Il tiro di Francesco Graziani scheggia la traversa

Sfortunatamente per il Liverpool, ai successi in campo internazionale corrispondeva anche un elevato tasso delinquenziale di molti dei suoi tifosi (i famigerati hooligans), autori di autentici raid teppistici di inaudita violenza sia in Inghilterra sia in altre zone dell'Europa (e già i tifosi di un'altra squadra inglese, il [↓↑ fuori crono], si erano distinti per violenze varie nella finale di ritorno della Coppa UEFA 1983/84 contro l'Anderlecht, a Bruxelles). Proprio l'esperienza di Bruxelles avrebbe dovuto suggerire all'UEFA di non far giocare una finale europea in uno stadio vecchio e insicuro come l'Heysel della capitale belga. Eppure, nonostante molte opposizioni, la finale della Coppa dei Campioni 1984-1985 fu assegnata a Bruxelles. Anche in quella edizione fu il Liverpool a qualificarsi per la finale, dove trovò per il secondo anno di fila la squadra Campione d'Italia, la Juventus. Gli incidenti che precedettero la partita - cui fece da contraltare l'assoluta inefficienza della polizia belga, impreparata a gestire la situazione venutasi a creare - costarono, tra tifosi italiani, francesi, belgi e irlandesi, 39 morti, il bando quinquennale di tutte le squadre inglesi dalle competizioni europee (eccettuato lo stesso Liverpool, per il quale il bando fu di sei stagioni), e la fine del ciclo continentale dei Reds. Per la cronaca, la squadra inglese fu sconfitta per 1-0 (gol di Platini su rigore).

Il giorno seguente l'UEFA escluse le squadre inglesi - i cui tifosi si erano già in passato macchiati di simili efferatezze - a tempo indeterminato dalle Coppe europee. Il provvedimento di esclusione fu applicato fino al 1990, un anno dopo la Strage di Hillsborough, che vide sempre protagonisti (anche se stavolta senza alcuna colpa) i tifosi del Liverpool.

  Lo stesso argomento in dettaglio: [[Strage dell'Heysel]].

Trionfi inattesi (1986-1988)

Con l'esclusione delle squadre inglesi dal calcio europeo, si concluse il loro periodo di egemonia. Negli anni immediatamente successivi alla Strage dell'Heysel, ci furono vittorie inattese di squadre come la Steaua Bucarest (Romania), il Porto (Portogallo) e il PSV Eindhoven (Paesi Bassi).

Nell'edizione del 1985-1986 il trofeo fu sollevato dai rumeni della Steaua Bucarest. Nessuno immaginava la Steaua come possibile favorita per il titolo finale nella Coppa dei Campioni, ma gli uomini di Emeric Jenei sorpresero tutti, con un gioco forse non bello da vedere ma profondamente efficace, attendista e ostruzionistico, che cercava di impedire agli avversari di giocare per poi infilarli in contropiede. Campioni quali il capitano Balint, i goleador László Bölöni (di professione dentista) e Victor Piţurcă, il "regista" Belodedici e, soprattutto, il portiere Duckadam guidarono la Steaua sino alla finale del 7 maggio 1986 allo Stadio Ramon Sanchez Pizjuan di Siviglia, in Spagna. I rumeni si trovarono di fronte proprio una compagine spagnola, il Barcellona, allenato da Terry Venables. In una finale dai poveri contenuti tecnici, la Steaua raggiunse il suo principale obiettivo: portare la sfida ai calci di rigore. Dopo aver mantenuto inviolata la sua porta nel corso della partita, Duckadam parò tutti e quattro i rigori battuti dal Barcellona, regalando la Coppa alla Steaua.

Nel 1986-1987 il Porto guidato da Artur Jorge (nome assunto da Pedroto) vinse il suo primo alloro continentale, la Coppa dei Campioni, battendo per 2-1 il Bayern Monaco. La finale è reputata una tra le più belle della Coppa dei Campioni, con il famoso gol del pareggio dei portoghesi, di tacco, da parte di Rabah Madjer.

Nell'edizione del 1987-1988 il PSV Eindhoven, allenato da Guus Hiddink e composto da giocatori di rilievo come Ronald Koeman, Eric Gerets, Søren Lerby e Wim Kieft, vinse la Coppa dei Campioni per la prima ed unica volta nella sua storia. In finale batté il Benfica ai calci di rigore dopo che la partita si era conclusa a reti inviolate. Curiosamente il PSV si aggiudicò il trofeo senza più vincere alcuna partita dopo gli ottavi di finale: i biancorossi estromisero dalla competizione il Bordeaux ai quarti e il Real Madrid in semifinale grazie ai gol in trasferta pareggiando quattro volte.

Il Ciclone Milan (1989-1990)

 
Arrigo Sacchi ha rivoluzionato il calcio italiano grazie alle sue idee su un calcio d'ispirazione olandese

Sul finire degli anni '80 sbarca sulla scena del panorama calcistico europeo il Milan di Silvio Berlusconi. Nell'edizione 1988-89 il nuovo Milan guidato da Arrigo Sacchi e con in campo il trio olandese formato da Marco Van Basten, Ruud Gullit e Frank Rijkaard tornò sorprendentemente sul tetto d'Europa; all'allenatore romagnolo va riconosciuto il merito di avere imposto ad una squadra italiana un modulo di gioco ispirato al già famoso calcio totale degli olandesi. Il cammino di coppa del nuovo Milan di Sacchi iniziò con un doppio successo sui bulgari del Vitosha Sofia: 2-0 all'andata e 5-2 nel match di ritorno a San Siro[3] con 4 reti di Van Basten. Nel secondo turno i rossoneri affrontarono i forti jugoslavi della Stella Rossa Belgrado: dopo aver pareggiato a Milano per 1-1, il match di ritorno venne sospeso per nebbia con gli slavi in vantaggio per 1-0 e la replica, avvenuta il giorno successivo alle ore 12, si concluse con l'identico 1-1 dell'andata, ma il Milan riuscì a vincere ai rigori[3]. Eliminati i tedeschi del Werder Brema, i rossoneri si presentarono in semifinale contro il Real Madrid: il match d'andata al Santiago Bernabeu si concluse in parità per 1-1, ma a Milano la squadra di Sacchi travolse i madrileni con un clamoroso 5-0[3].

La finale venne disputata al Camp Nou di Barcellona contro lo Steaua Bucarest e con una doppietta a testa di Gullit e Van Basten i rossoneri si imposero largamente per 4-0 tornando così, dopo anni di crisi, al vertice della massima competizione europea. Da ricordare anche che con la sconfitta dello Steaua si concluse anche la breve, ma comunque significativa, epopea delle squadre romene nelle coppe europee.

Il Milan si confermò campione d'Europa anche nell'edizione successiva, dopo aver sconfitto il Benfica per 1-0 con gol di Rijkaard nella finale di Vienna. Il trio olandese formato da Van Basten, Gullit e Rijkaard divenne l'emblema di una delle squadre più forti di ogni epoca, votata Migliore squadra di club di sempre dalla rivista inglese World Soccer nel luglio 2007[4].

Con questo duplice successo continentale il Milan rimane tuttora l'ultimo club ad essersi aggiudicato il trofeo per 2 volte consecutive.

La prima della Stella Rossa (1991)

Nell'edizione del 1990-1991 il Milan campione in carica fu eliminato ai quarti di finale, dopo un vibrante doppio confronto con l'Olympique Marsiglia. I francesi furono poi sconfitti nella finale dello Stadio San Nicola di Bari dai campioni iugoslavi della Stella Rossa di Belgrado, che conquistarono il trofeo ai rigori, dopo un pareggio a reti inviolate. La finale del 1991 fu la sola tra il periodo 1989-1998 a non vedere una squadra italiana come finalista. L'esclusione delle squadre inglesi, come si è già detto, finì nel 1990, ma i campioni inglesi del Liverpool non poterono partecipare alla Coppa dei Campioni del 1991 poiché dovevano scontare un ulteriore anno di squalifica dalle Coppe europee.

La nascita della Champions League e la solidità italiana (1992-1996)

Le squadre inglesi fecero ritorno nella massima competizione nei primi anni novanta, ma nessuna riuscì a superare gli ottavi di finale perché ostacolate dalla regola dei "tre stranieri": la UEFA prevedeva che alle squadre non fosse permesso, nelle partite giocate nell'ambito delle sue competizioni (quindi nella Coppa dei Campioni, nella Coppa delle Coppe e nella Coppa UEFA) di convocare più di tre giocatori stranieri. La limitazione ebbe effetti particolarmente negativi sulle squadre del Regno Unito, in quanto sia la UEFA che la FIFA considerano l'Inghilterra, l'Irlanda del Nord, la Scozia e il Galles delle nazioni separate.

Il periodo vide le squadre italiane sugli scudi. Furono tre le squadre della Serie A (Sampdoria, Milan e Juventus) che raggiunsero la finale in sette stagioni consecutive, vincendone due.

La prima del Barcellona (1992)

 
Ronald Koeman, grazie ad un suo gol il Barça conquistò la sua prima Coppa dei Campioni

La finale della Coppa dei Campioni 1991-1992, giocata allo stadio di Wembley, fu vinta dal Barcellona contro la Sampdoria. Il Barcellona, allenato da Johan Cruyff, era soprannominato Dream Team ("Squadra dei Sogni") e traeva il nome dalla squadra di pallacanestro statunitense che avrebbe giocato alle Olimpiadi di Barcellona 1992. Il club catalano poteva annoverare giocatori come Josep Guardiola, José Mari Bakero, Aitor Begiristain, Jon Andoni Goikoetxea, Ronald Koeman, Michael Laudrup e Hristo Stoichkov, votato Pallone d'Oro nel 1994.

In questi anni la formula della Coppa dei Campioni iniziò una rivoluzione. Il torneo fu rinominato UEFA Champions League, furono creati due gruppi di qualificazione all'italiana di quattro squadre ciascuna le cui vincenti avrebbero disputato la finale (nell'edizione 1993-1994 si disputarono anche delle semifinali in gara unica).

La prima dell'Olympique Marsiglia (1993)

Nella prima edizione della cosiddetta UEFA Champions League (trentottesima edizione della Coppa dei Campioni), nel 1992-1993, a vincere il trofeo fu l'Olympique Marsiglia, che sconfisse in finale il Milan di Fabio Capello per 1-0. L'Olympique Marsiglia fu poi esclusa dalla Coppa Intercontinentale 1993, dalla Supercoppa europea e dall'edizione successiva del trofeo in seguito ad uno scandalo di corruzione denominato Affaire VA-OM, che coinvolse il presidente del club francese, Bernard Tapie. Sempre nella stagione 1992-1993 l'Olympique Marsiglia si vide revocare il titolo nazionale che aveva conquistato nel mese di maggio. Il Milan, finalista perdente, avrebbe giocato la Supercoppa Europea e la Coppa Intercontinentale al posto dei marsigliesi. L'OM rimane l'unica squadra francese ad aver vinto una Coppa dei Campioni.

Il trionfo del Milan di Capello (1994)

Nell'edizione del 1993-1994 il Milan,riusci a vendicare la sconfitta contro l'Olympique Marsiglia patita nella finale dell'anno precedente, conquistando così il suo quinto titolo europeo nella finale di Atene (18 maggio 1994). L'avversario era il Barcellona, il cui allenatore, Johann Cruyff, alla vigilia si era detto sicuro che i suoi uomini avrebbero inflitto al Milan una lezione di calcio.Il Milan, contro ogni pronostico e senza la coppia centrale di difesa titolare (Baresi-Costacurta)si impose con uno straripante 4-0 con doppietta di Massaro, pallonetto di Savicevic e poker di Desally. [5]. Quel punteggio rappresenta il maggiore scarto mai registrato in una finale di Coppa dei Campioni/Champions League, insieme con quello della ripetizione della finale del 1974 e della finale del 1989, ma rimanendo inferiore, in termini di gol segnati, al roboante 7-3 della finale del 1960 tra Real Madrid ed Eintracht Francoforte. Marcel Desailly, il quale aveva vinto la Champions League l'anno prima con il Marsiglia, diventò nel 1994 il primo giocatore a vincere la Coppa in due stagioni consecutive con squadre differenti e il primo giocatore a vincere la Coppa dei Campioni con l'avversaria (il Milan) della sua ex squadra (l'Olympique Marsiglia) che aveva vinto l'edizione precedente (1992-1993).

Il ritorno dell'Ajax (1995)

Il Milan di Fabio Capello raggiunse la finale per il terzo anno consecutivo nell'edizione del 1994-1995, ma perse per 1-0 contro l'Ajax. Il club olandese presentava una squadra formata in gran parte da giocatori provenienti dalle sue formazioni giovanili, tra cui spiccava il 19enne attaccante Patrick Kluivert, autore del gol della vittoria. Quella formazione olandese, allenata da Louis van Gaal, si inseriva nel solco della grande tradizione del vivaio dell'Ajax, il cui prodotto più insigne è senza dubbio Johan Cruyff. Questo fu il primo trionfo dell'Ajax dal 1973, quando aveva vinto la sua terza Coppa dei Campioni consecutiva. In quel periodo numerosi giocatori dell'Ajax divennero titolari nella Nazionale olandese.

La Juventus di Lippi (1996)

 
Francobollo commemorativo della vittoria juventina in Champions League (1996).

Il 22 maggio 1996, a undici anni dalla vittoria contro il Liverpool nella partita tristemente ricordata per la Strage dell'Heysel, tornò a trionfare la Juventus, rivoluzionata con l'arrivo ai vertici della triade Bettega-Giraudo-Moggi e dell'allenatore Marcello Lippi,e trascinati da un giovane Alessandro Del Piero. La Juve giocò molto bene e fece sua la finale contro i detentori dell'Ajax, battendoli per 4-2 ai tiri di rigore dopo che i tempi supplementari si erano conclusi sul punteggio di 1-1. Jari Litmanen rispose sul finire del primo tempo regolamentare al gol del bianconero Ravanelli. Ai rigori, dopo gli errori di Sonny Silooy e di Edgar Davids per gli olandesi, fu decisivo il tiro trasformato in gol da Vladimir Jugović.

Da allora il mondo del calcio cominciò ad adattarsi ai cambiamenti radicali dovuti alla sentenza Bosman. Essa permetteva a tutti i calciatori dell'Unione Europea di trasferirsi gratuitamente alla fine del loro contratto, ma l'impatto più importante fu subito dalla Champions League. Infatti la sentenza Bosman ha anche proibito alle leghe calcistiche nazionali degli stati UE, e anche alla UEFA, di porre un tetto al numero di calciatori stranieri qualora ciò discriminasse cittadini dell'Unione Europea. Dopo la sentenza, la regola poteva ancora essere imposta, ma solo con riguardo ai calciatori non aventi cittadinanza di paesi facenti parte dell'Unione Europea.

Dominio spagnolo e tedesco (1997-2002)

La prima del Borussia Dortmund (1997)

Il Borussia Dortmund entrò nel novero delle squadre vincitrici della Coppa dei Campioni nell'edizione del 1996-1997, quando i tedeschi sconfissero, a dispetto dei pronostici, i detentori della Juventus nella finale, dopo aver sconfitto i campioni inglesi del Manchester United in semifinale in seguito alla vittoria contro i francesi dell'Auxerre

Il ritorno del Real Madrid (1998)

Nell'edizione del 1997-1998 la UEFA aprì le porte della Champions League alle seconde classificate degli otto migliori campionati continentali (vedi anche Formato del torneo). Nonostante i cambiamenti, fu una vecchia gloria a conquistare il titolo europeo: il Real Madrid. Guidata da Jupp Heynckes, la squadra che comprendeva campioni come Raúl, Predrag Mijatović, Fernando Redondo, Fernando Hierro, Davor Šuker, Clarence Seedorf e Roberto Carlos pose fine all'astinenza del Real Madrid nel massimo torneo continentale, astinenza che durava dal 1966. La squadra della capitale iberica batté infatti la Juventus per 1-0 nella finale della Champions League 1997-1998 con una rete di Predrag Mijatović. Per i bianconeri di Marcello Lippi si trattò della seconda sconfitta consecutiva in finale.

Il Manchester del treble (1999)

 
I trofei del treble dello United nel 1999: da sinistra: Premier League, Champions League e FA Cup

L'edizione 1998-1999 incoronò il Manchester United, capace di centrare, in quella stagione, il cosiddetto treble, che consiste nella vittoria in un'unica stagione di campionato, coppa nazionale e Champions League. Il Manchester impressionò per la capacità di uscire imbattuto da un girone difficile, comprendente anche Barcellona e Bayern Monaco, e per essersi sbarazzato di due grandi italiane, Inter e Juventus, nei quarti[6] e in semifinale. Gli inglesi trionfarono anche in patria, dove vinsero sia la Premier League sia la FA Cup.

La finale passò alla storia come una delle partite più emozionanti di ogni epoca e venne giocata al Camp Nou di Barcellona. Anche l'altra squadra finalista, il Bayern Monaco, era in procinto di raggiungere il treble, conducendo il risultato per 1-0 dopo un gol su calcio di punizione di Mario Basler. Il Bayern dominò per tutta la durata dell'incontro, anche se non riuscì a segnare nessun altro gol, anche per merito del portiere del Manchester Peter Schmeichel, galvanizzato in quella che sarebbe stata la sua ultima partita di sempre con la maglia dei Red Devils. Dopo che l'arbitro Pierluigi Collina segnalò tre minuti di recupero, tutti i giocatori del Manchester si portarono nell'area avversaria alla ricerca del pareggio. Su un calcio d'angolo battuto poco dopo il 90' da David Beckham i loro sforzi furono premiati: il subentrato Teddy Sheringham segnò dopo un quasi-gol di Ryan Giggs. Giusto un minuto dopo, un altro calcio d'angolo di Beckham fu trasformato in gol, stavolta da Ole Gunnar Solskjær su assist di Sheringham. Il repentino quanto clamoroso cambiamento del risultato valse la vittoria agli inglesi.

Fu il primo successo della squadra di Manchester dal 1968 e la prima vittoria di un'inglese da quella del Liverpool nel 1984.

Una finale tutta spagnola (2000)

 
Zinédine Zidane guidò il Real alla conquista della Champions League 2001-02

L'edizione 1999-2000 coincise con un nuovo mutamento del formato della Champions League, aperta da allora anche alle terze classificate delle sei principali federazioni e alle quarte classificate delle migliori tre (vedi anche Formato del Torneo).

Questa stagione vide il ritorno delle squadre spagnole al dominio europeo. Dopo aver vinto due Coppe dei Campioni nel 1992 col Barcellona e nel 1998 col Real Madrid, la Spagna ebbe tre semifinaliste nella Champions League 1999-2000 (Real Madrid, Valencia e Barcellona). In quest'ultima edizione si giocò la prima finale fra due squadre di uno stesso paese (Real Madrid e Valencia). La prima finale del nuovo millennio, tutta spagnola, disputata nello Stade de France di Parigi, dove si era svolta la finale della prima edizione della Coppa dei Campioni, fu vinta dal Real Madrid, che sconfisse il Valencia per 3-0. Prima della finale il Real aveva avuto la meglio sul Bayern Monaco in semifinale e sul Manchester United nei quarti. La partita dei quarti di finale contro il Manchester all'Old Trafford, terminata con la vittoria per 2-3 in trasferta da parte dei madrileni, è ricordata per uno dei gol più belli nella storia del calcio. La marcatura fu realizzata da Raúl a conclusione di una notevole azione personale di Fernando Redondo, capace di superare un avversario con un colpo di tacco, soprannominato el taconazo de Old Trafford.[senza fonte]

La quarta del Bayern Monaco (2001)

Nella UEFA Champions League 2000-2001 la Liga spagnola ebbe due semifinaliste, Real Madrid e Valencia. Stavolta fu il Valencia ad arrivare in finale, allo stadio Meazza di Milano, dove fu sconfitto dal Bayern Monaco per 5-4 dopo i calci di rigore (1-1 alla fine dei tempi regolamentari). L'allenatore tedesco Ottmar Hitzfeld vinse così la sua seconda Coppa dei Campioni con due squadre diverse, a quattro anni di distanza dal trionfo con il Borussia Dortmund nel 1997. Per il Valencia si trattò della seconda sconfitta consecutiva in finale, come successe alla Juventus nel 1997 e nel 1998.

I Galácticos (2002)

Dalla finale della UEFA Champions League 2001-2002 uscì vincitore il Real Madrid. Furono almeno due le analogie con la vittoria del Real nel 1960: la nazionalità dell'avversaria (il Bayer Leverkusen, squadra tedesca come l'Eintracht Francoforte battuto nel 1960) e lo stadio (l'Hampden Park di Glasgow, dove si era disputata la finale del 1960). Mentre la squadra del 1960 era formata da campioni come Di Stéfano e Puskás, quello del 2002 era il Real dei cosiddetti Galácticos ("Galattici"), cioè dei grandi acquisti che avvenivano annualmente. Nell'estate 2001 il Real Madrid aveva acquistato dalla Juventus un plurivincitore del FIFA World Player of the Year, Zinédine Zidane, per la cifra record di 71 milioni di euro. Zidane e il Real Madrid furono all'altezza delle attese: il francese mostrò grandi abilità calcistiche, conducendo il Real alla sua nona vittoria in Coppa dei Campioni insieme a molte altre stelle, tra cui Luís Figo, Raúl e Roberto Carlos. Zizou segnò un gol memorabile in finale, quando colpì violentemente al volo il pallone da distanza ragguardevole, indirizzandolo all'incrocio dei pali. In semifinale i madridisti prevalsero sui connazionali del Barcelona, mentre nell'atto conclusivo il sorprendente Bayer Leverkusen di Lúcio, Michael Ballack e Zé Roberto (che in semifinale aveva eliminato il Manchester United) fu sconfitto per 2-1 il 15 maggio 2002.

Questa sconfitta pose fine ad una strana stagione per il Bayer Leverkusen allenato da Klaus Toppmöller. I tedeschi sfiorarono il treble, classificandosi secondi in tutte e tre le competizioni più importanti. Nella Bundesliga tedesca persero cinque punti nelle ultime tre giornate a favore del Borussia Dortmund, che si aggiudicò poi il campionato; in Coppa di Germania furono sconfitti per 4-2 dallo Schalke 04; in Champions League furono battuti dal Real Madrid. Inoltre, fatto singolare, molti tedeschi del Bayer che facevano parte della Nazionale tedesca arrivarono secondi al campionato del mondo 2002.

Una finale tutta italiana (2003)

 
Carlo Ancelotti ha vinto due Champions League con il Milan, nel 2003 e nel 2007

La stagione seguente segnò il ritorno delle squadre italiane al vertice del calcio europeo. Dopo aver dominato la competizione durante gli anni novanta, Milan e Juventus avevano vissuto una crisi, culminata nell'edizione 2000-2001, quando nessuna squadra italiana raggiunse i quarti di finale[7]. La tendenza fu invertita nella Champions League 2002-2003, in cui, delle quattro semifinaliste, tre erano italiane (Milan, Juventus e Inter)[8]. In semifinale ci fu il primo storico derby europeo tra le milanesi, in cui prevalse il Milan in virtù di due pareggi ma con più goal segnati fuori casa (il ritorno del derby terminò 1-1 in casa dell'Inter dopo lo 0-0 dell'andata). La Juventus affrontò il Real Madrid e lo sconfisse per 3-1 dopo aver perso all'andata per 2-1.

Ad aggiudicarsi il trofeo fu il Milan, di nuovo campione dopo nove anni. I rossoneri giocarono un calcio a tratti spettacolare, basato sul possesso palla e sulla tecnica ed espresso nel miglior modo da un modulo innovativo, il cosiddetto rombo (il 4-3-1-2), messo in campo dall'allenatore Carlo Ancelotti per schierare nella stessa formazione giocatori di alto spessore tecnico quali Pirlo, Seedorf e Rui Costa. In finale, il 28 maggio all'Old Trafford di Manchester, i rossoneri sconfissero ai calci di rigore la Juventus, rivale storica, nella prima finale della Coppa dei Campioni-Champions League con entrambe le contendenti italiane. La partita, molto combattuta, terminò a reti bianche dopo i tempi supplementari e si decise dal dischetto. Ai tiri dal dischetto Dida parò tre conclusioni avversarie, mentre Andriy Shevchenko trasformò il rigore decisivo che consegnò al Milan la coppa. Il capitano Paolo Maldini la sollevò a quarant'anni esatti dal padre Cesare, campione d'Europa 1962-1963 con i rossoneri a Londra. Clarence Seedorf conquistò la sua terza Champions League, diventando il primo calciatore ad aggiudicarsi tre Coppe con tre squadre diverse: infatti aveva già vinto la Coppa con l'Ajax nel 1995 e col Real Madrid nel 1998.

Nella fase a gironi si verificarono alcuni curiosi risultati. Tre squadre chiusero con il medesimo punteggio tutti i loro incontri. Il Barcellona vinse tutte e sei le partite del suo girone, mentre lo Spartak Mosca le perse tutte. L'AEK Atene, invece, pareggiò sei volte, diventando la prima squadra imbattuta nel girone a non qualificarsi, finendo terza. Infine il [↓↑ fuori crono] perse le sue prime tre partite del girone, per poi vincere le altre tre contro Juventus, Dinamo Kiev e Feyenoord. Gli inglesi si piazzarono secondi con 9 punti e si qualificarono, pertanto, al secondo turno. Inoltre dopo il primo turno furono promosse, per la prima volta dall'introduzione della nuova formula, tutte e quattro le italiane in gara: Inter, Juventus, Milan e Roma.

Il Porto di Mourinho (2004)

 
José Mourinho, grazie ai successi con Porto e Inter, è il terzo allenatore, dopo Ernst Happel e Ottmar Hitzfeld, a vincere due Champions League con due club diversi

Le edizioni 2003-2004 e 2004-2005 della Champions League si rivelarono estremamente avvincenti per l'imprevedibilità dei risultati e per il livello di gioco su cui si espressero le squadre. Uno degli eventi più eclatanti fu il ribaltone di La Coruña: il Deportivo, sconfitto per 4-1 a San Siro dal Milan campione d'Europa uscente, fu in grado di infliggere agli italiani un clamoroso 4-0 nella gara di ritorno, nei quarti di finale dell'edizione 2004. Sempre nel corso di quella edizione e sempre nei quarti di finale, oltre all'inattesa eliminazione del Milan vi fu quella, pure clamorosa, di una compagine blasonata come il Real Madrid, sconfitto dal Monaco. L'altro quarto di finale vide scontrarsi le inglesi Arsenal e Chelsea, formazione che prevalse nel doppio confronto. La finale di quella edizione fu tra due outsider come il Monaco allenato da Didier Deschamps e il Porto di José Mourinho, che prevalse con un netto 3-0.

Le ultime edizioni (2005-2010)

Il ritorno del Liverpool (2005)

Dell'edizione 2004-2005 resta memorabile l'emozionante finale di Istanbul, vinta ai calci di rigore dal [↓↑ fuori crono] contro il Milan. Questa edizione fu caratterizzata da un notevole susseguirsi di vittorie del Milan. Inizialmente i rossoneri conclusero al primo posto il proprio raggruppamento. Di seguito eliminarono il Manchester United negli ottavi di finale (doppio 1-0), l'Inter nei quarti (successi per 2-0 in casa e 3-0 a tavolino nel ritorno) e il PSV Eindhoven in semifinale (vittoria per 2-0 a Milano e sconfitta per 3-1 al Philips Stadion). Il 25 maggio, nella finale di Istanbul, la decima nella storia rossonera, il Milan dominò il gioco e chiuse il primo tempo in vantaggio per 3-0 contro il Liverpool, grazie ad un gol di Maldini e alla doppietta di Crespo. Nel secondo tempo, tuttavia, i rossoneri furono raggiunti sul 3-3 in soli 6 minuti, durante i quali un rigore parato dal portiere rossonero Dida fu poi ribadito in gol da Xabi Alonso, il che riaccese l'entusiasmo su una partita che sembrava ormai decisa e poco spettacolare. La gara procedette ai tempi supplementari, dove il portiere polacco Jerzy Dudek fu autore di un prodigioso salvataggio su un tiro ravvicinato di Shevchenko, e quindi ai calci di rigore. Qui il Milan,con la complicità di Dudek, che attuò un atteggiamento simile a quello di Grobbelaar, fallì tre tiri dal dischetto di cui l'ultimo, decisivo, proprio con l'attaccante ucraino. Fu quindi la squadra inglese a sollevare la coppa, la quinta nella storia dei Reds di Liverpool.

La seconda del Barcellona (2006)

L'edizione 2005-2006 si chiuse con il trionfo del Barcellona delle tante stelle, da Ronaldinho a Deco da Lionel Messi (che non giocò la finale) a Samuel Eto'o. I catalani, allenati dall'ex campione del Milan Frank Rijkaard, impressionarono per la capacità di abbinare un gioco a tratti spettacolare e la concretezza delle squadre esperte. Ronaldinho viene eletto miglior giocatore del torneo. Nella finale di Parigi superarono, per 2-1 in rimonta, gli inglesi dell'[↓↑ fuori crono], guidati da Thierry Henry.

 
Barcellona e Arsenal in campo allo Stade de France il 17 maggio 2006 nella finale

La rivincita del Milan (2007)

Nel 2006-2007 si è assistito alla rivincita del Milan ai danni del Liverpool, primo caso nella storia della Champions League in cui due squadre si sono incontrate due volte in pochi anni in finale e in cui la perdente della prima è riuscita ad ottenere ciò che aveva perso precedentemente.

Dopo un'estate travagliata e caratterizzata dallo scandalo del calcio italiano del 2006, il Milan, che pur avendo rischiato di mancare alla più importante competizione continentale perché coinvolto in minima parte in Calciopoli, riuscì a iscriversi al torneo partendo dal terzo turno preliminare di agosto contro la Stella Rossa e ottenendo il diritto di partecipare alla fase a gironi della competizione per l'ottava volta negli ultimi dieci anni.

 
Il Milan durante i festeggiamenti nella finale di Atene del 2007 vinta contro il Liverpool

Dopo aver vinto il proprio girone come prima classificata e aver superato nella fase ad eliminazione diretta gli scozzesi del Celtic Glasgow e i tedeschi del Bayern Monaco il Milan approdò alle semifinali. Tra le squadre qualificate alle semifinali figuravano tre inglesi: Liverpool, Chelsea e Manchester United e il Milan.

Proprio il Milan, che pareva aver esaurito le energie già dopo la gara di ritorno degli ottavi di finale contro il Celtic Glasgow, risultò la squadra più solida e più forte di tutte le rivali capace di compiere imprese contro ogni pronostico. Dopo aver pareggiato in casa una gara che già sembrava acquisita contro il Bayern Monaco fu capace di infliggere un 2-0 in trasferta ai bavaresi (favoriti) all'Allianz Arena, campo che era inviolato da molte stagioni; di surclassare il fortissimo e favoritissimo Manchester United (che nei quarti di finale aveva eliminato la Roma con un ridondante 7 a 1 nella gara di ritorno all'Old Trafford, impressionando tutti e soprattutto dimostrando di essere la seria candidata alla vittoria finale, dopo che la gara di andata si era conclusa per 2 a 1 a favore della Roma) grazie ad un grande Kaká, autore di una doppietta all'Old Trafford (vittoria inglese per 3-2) e di un gol nel 3-0 rossonero di San Siro; e di raggiungere in finale i Reds, che in semifinale avevano battuto, come due anni prima, il Chelsea. Allo Stadio Olimpico di Atene, proprio come nel 1994 contro il Barcellona, il Milan sollevò la coppa più ambita, portandosi per la settima volta della sua storia sul tetto dell'Europa (quinta volta negli ultimi vent'anni).

Curioso l'episodio della festa di premiazione in quanto il nuovo presidente dell'Uefa Michel Platini volle ripristinare la vecchia cerimonia di premiazione che come in passato avveniva nella tribuna dello stadio e non sul terreno di gioco come si era presa l'abitudine negli ultimi anni. L'ultima squadra che alzò al cielo il trofeo dalla tribuna fu il Milan ad Atene nel 1994 e fu proprio il Milan la prima squadra ad alzarlo nuovamente con il ripristino della vecchia cerimonia di premiazione proprio nella capitale greca 13 anni dopo.

Importantissimo fu il contributo di Kaká, capocannoniere del torneo con 10 gol, Filippo Inzaghi, autore di due gol in finale, Andrea Pirlo, Clarence Seedorf, Paolo Maldini, Gennaro Gattuso, Dida, Massimo Ambrosini, Alessandro Nesta e tanti altri giocatori già componenti della squadra vincitrice della Champions League nel 2003. In particolare Inzaghi, malgrado le poche partite disputate nel corso della stagione, seppe segnare i gol decisivi nelle partite di maggiore importanza. La partità finì 2-1 (doppietta di Inzaghi e rete di Kuyt per i Reds). A titolo di curiosità va citata la particolarità relativa allo sponsor: se l'anno prima le squadre finaliste vestivano Nike, questa volta entrambe erano sponsorizzate da Adidas (in questa stagione il Liverpool aveva cambiato fornitore tecnico).

Una finale tutta inglese (2008)

Nel 2007-2008 la Champions League è stata vinta dal [↓↑ fuori crono], che ha battuto in finale il [↓↑ fuori crono] nella prima finale tutta inglese della competizione ed è diventato Campione d'Europa per la terza volta.

 
Chelsea-Olympiakos, ottavi di finale della UEFA Champions League 2007-2008

Molte le favorite, oltre alle due finaliste, all'inizio della competizione. Tra le italiane spiccava l'Inter di Zlatan Ibrahimović, e delle tante stelle messe a disposizione dell'allenatore Mancini dal presidente Massimo Moratti, assieme al Milan, campione in carica, che fatica in campionato, ma che continua a dare il meglio di sé in Europa (sempre ai quarti di Champions dal 2002). Oltre alle finaliste anche altre due inglesi si candidano alla vittoria: il Liverpool, squadra solida che punta su un gruppo in grado di conquistare sempre le fasi finali della competizione negli utimi quattro anni, e un Arsenal che Arsène Wenger ha rivoluzionato dall'anno precedente. I Gunners sostituiscono infatti la loro bandiera e giocatore di punta Thierry Henry (trasferitosi al Barcelona andando a formare il quartetto di campioni con Eto'o, Messi e Ronaldinho,) con innesti giovani ma di grande classe, come il togolese Adebayor. E proprio il Barcelona dei quattro fuoriclasse è una delle due formazioni spagnole favorite insieme al Real Madrid.

Dopo la fase a gironi tutte le favorite sono ancora in gioco per la vittoria finale. Le varie fasi a eliminazione diretta riservano un'edizione ricca di emozioni grazie a scontri diretti tra le grandi fin dagli ottavi di finale (come Milan-Arsenal), alla presenza tra le accesse alle fasi finali di altre squadre di un certo calibro come Roma, Lione, e di squadre-rivelazione come lo Schalke 04, in grado di mettere in difficoltà il Barça, e il Fenerbahçe, che prima elimina il Siviglia e poi crea problemi al Chelsea.

Alle semifinali si è prospettata una situazione simile a quella dell'edizione 2002-2003 e anche a quella dell'anno prima. Infatti 3 squadre su 4 erano di un'unica nazionalità. Sicuramente una squadra inglese sarebbe volata a Mosca. Da una parte si sono affrontate per la terza volta in quattro anni in semifinale Liverpool e Chelsea. I Reds erano reduci da scontri diretti estenuanti contro Inter e Arsenal (che a sua volta avevano eliminato il Milan Campione uscente), mentre i Blues hanno avuto vita facile contro Olympiakos e sofferto contro il Fenerbahçe. Dalla parte opposta del tabellone il Manchester United ha eliminato Lione e Roma (che a sua volta aveva eliminato il Real) e il Barça, che ha affrontato Schalke e Celtic. Il Liverpool, sebbene esprima un buon gioco, ha pregiudicato la qualificazione nella partita di andata con un autogol negli ultimi minuti di John Arne Riise, che ha vanificato la possibilità di una vittoria interna importantissima. L'altra semifinale di andata tra Barcellona e Manchester United è stata spettacolare, ma è terminata 0-0. La gara di ritorno, più tattica, si è conclusa con la qualificazione degli inglesi, vittoriosi grazie a un gol di Scholes.

In finale i Red Devils hanno sfidato il Chelsea (per la prima volta alla finale della massima competizione europea), nella prima finale tutta inglese della storia del torneo, la terza tra squadre di uno stesso paese dopo 2000 e 2003. Il primo tempo è finito con il parziale di 1-1, con Cristiano Ronaldo a segno di testa per il Manchester United e Frank Lampard, a termine di un'azione molto confusa, per il Chelsea. Il risultato è rimasto immutato fino alla fine dei tempi regolamentari e dei tempi supplementari, nonostante la sfida sia stata molto accesa e piena di emozioni. Ai tiri di rigore hanno fallito Ronaldo per il Manchester United e per il Chelsea il capitano John Terry, scivolato al momento del tiro su un campo non impeccabile proprio sull'ultimo rigore, quando la vittoria sembrava già raggiunta. L'errore decisivo è stato quello di Anelka, il cui tiro è stato parato da van der Sar.

Il Barcellona del triplete (2009)

La massima competizione europea dell'annata 2008-2009 viene vinta dal Barcellona, che sconfigge in finale i detentori del [↓↑ fuori crono] aggiudicandosi il trofeo per la terza volta nella finale disputata a Roma allo Stadio Olimpico.

L'edizione vede il ritorno in Champions League della Juventus dopo tre anni. Torna nel palcoscenico europeo anche il Bayern Monaco, assente da una stagione, mentre manca, dopo sei anni di soddisfazioni, il Milan. Dopo la fase a gironi sono presenti il Barcellona, i campioni in carica del Manchester United, le altre inglesi Liverpool e Arsenal, l'Inter, la Juventus e la Roma, il Real Madrid e il [↓↑ fuori crono], oltre a Sporting Lisbona, Porto, Villarreal e Atlético Madrid.

 
Lionel Messi sfida Michael Carrick nella finale di Roma

Il sorteggio per gli ottavi di finale riserva una tripla sfida tra inglesi (Manchester, Arsenal e Chelsea) e italiane (rispettivamente Inter, Roma e Juventus). In un tutti e tre i casi è il club inglese a passare il turno. Il Bayern Monaco è autore di una grande prestazione contro lo Sporting Lisbona (vittoria complessiva con il punteggio di 12-1, record per la competizione), mentre il Real Madrid è nuovamente eliminato agli ottavi di finale contro il Liverpool.

Nei quarti di finale avanzano le inglesi: l'Arsenal, che ha la meglio sul Villarreal, il Chelsea, che prevale sul Liverpool nell'ennesima doppia sfida europea tra le due compagini (le due squadre si sfidano in Europa per la quinta stagione consecutiva, con due qualificazioni a testa nelle gare ad eliminazione diretta), il Manchester United, che elimina il Porto, e il Barcellona, che batte il Bayern Monaco. Nelle semifinali, quindi, figurano ancora tre inglesi e il Barcellona, come l'anno precedente, con la differenza dell'Arsenal al posto del Liverpool. Il Barcellona batte il Chelsea grazie al gol in trasferta in pieno recupero di Andrés Iniesta, sul risultato però pesa l'arbitraggio negativo di Tom Henning Øvrebø e dei suoi assistenti, mentre il Manchester si impone sull'Arsenal.

In finale, il risultato si sblocca al decimo minuto, quando Samuel Eto'o porta in vantaggio il Barcellona. Il secondo tempo vede una netta supremazia del Barcellona, e a dodici minuti dal fischio finale Xavi, in azione sulla fascia destra, crossa per Lionel Messi, che realizza di testa la rete del 2-0. Il Barcellona dell'allenatore Josep Guardiola, già vincitore nel 1991-1992 da giocatore, diventa la prima squadra spagnola a mettere a segno il triplete (treble): oltre alla Champions, aveva vinto anche Liga e Coppa del Re.

L'Inter della "tripletta" (2010)

 
La coreografia della curva interista durante la finale di Madrid

L'edizione 2009-2010 fa registrare il trionfo dell'Inter di Josè Mourinho che torna a vincere il trofeo dopo 45 anni[9]. Per i nerazzurri è la terza Coppa dei Campioni della propria storia[9], la prima da quando ha cambiato denominazione in UEFA Champions League.

Nella prima fase spiccano l'eliminazione della Juventus e del Liverpool, terze nei rispettivi gironi e "retrocesse" in Europa League, e il passaggio del turno di Fiorentina e Bordeaux, prime proprio a discapito di Liverpool e Juventus. Il Gruppo F, composto da quattro club campioni nazionali, ovvero Barcellona, vincitrice della passata competizione e lauretasi a dicembre anche campione del mondo, Inter, Dinamo Kiev e Rubin Kazan, è quello più equilibrato. A spuntarla, non senza qualche difficoltà iniziale, sono, come previsto, i catalani e i milanesi.

Si qualificano agli ottavi di finale tre italiane, Inter, Milan e Fiorentina, tre inglesi, Chelsea, Arsenal e Manchester United, il Real Madrid e il Barcellona, le francesi del Bordeaux e del Lione, il Siviglia, assente nella scorsa edizione, il Bayern Monaco, l'Olympiakos, il CSKA Mosca, il Porto e lo Stoccarda.

I sorteggi decretano le sfide tra Milan e Manchester United, Inter e Chelsea, Real Madrid e Lione. Il Manchester United batte il Milan e si qualifica ai quarti, affrontando il Bayern Monaco che batte la Fiorentina, sfida che però viene ancora una volta condizionata dal recidivo Tom Henning Øvrebø e dalla sua terna arbitrale. Il Real Madrid cade ancora agli ottavi, nonostante i grandi investimenti di Florentino Pérez, contro il Lione, mentre l'Inter inizia a far vedere di cosa è capace sconfiggendo il Chelsea per 2-1 all'andata e 0-1 al ritorno. Nelle altre partite hanno la meglio il Bordeaux, che torna a disputare i quarti eliminando l'Olympiakos, i campioni del Barcellona, che superano agilmente lo Stoccarda, l'Arsenal, che non soffre contro il Porto, e l'outsider CSKA Mosca, che prevale sul Siviglia. Nel primo dei quattro quarti di finale il Manchester United viene eliminato dal Bayern Monaco, che passa il turno grazie ai gol segnati in trasferta. Nel secondo il derby francese tra Lione e Bordeaux si risolve in favore dei primi, che accedono alla semifinale per la prima volta nella loro storia. Dall'altra parte del tabellone la sfida Inter-CSKA si risolve con una doppia vittoria dei nerazzurri dimostrando di non avere più quei timori di anni passati, mentre il Barcellona supera l'Arsenal con un pareggio in trasferta ed un 4-1 casalingo (quattro gol di Lionel Messi). Le semifinali sono Bayern Monaco-Lione e Inter-Barcellona. I bavaresi hanno la meglio sui francesi, sconfiggendoli con il punteggio complessivo di 4-0 (1-0 e 0-3), mentre l'Inter, dopo l'incredibile vittoria casalinga per 3-1 sul Barcellona, nel ritorno resiste al Camp Nou in 10 uomini e pur perdendo per 1-0 si qualifica per la finale dopo trentotto anni di attesa. Nella finale del 22 maggio allo Stadio Santiago Bernabéu di Madrid si sfidano l'Inter e il Bayern Monaco[9].

I due club si affrontano dopo essere diventati entrambi campioni del proprio campionato e della propria coppa nazionale, arrivando tutte e due a conseguire la doppietta. In finale l'Inter vince una partita dominata dai nerazzurri i quali, con Milito autore di una doppietta, tornano a vincere la Champions League dopo 45 anni. La partita finisce 2-0[9]. I nerazzurri diventano così la prima squadra italiana a centrare la "tripletta".

Formato del torneo

 
Il logo della UEFA Champions League sventola al centro del campo prima di ogni partita

La formula iniziale del torneo era, come si è già detto, quella dell'eliminazione diretta: le trentadue squadre si incontravano a doppio turno di andata e ritorno (per i primi anni era prevista anche una terza partita di spareggio) nei turni di sedicesimi, ottavi, quarti di finale, semifinali e poi finale unica. In caso vi fossero più di trentadue squadre ai nastri di partenza, quelle con il coefficiente UEFA più basso dovevano spareggiare per entrare a far parte del tabellone principale. La vincitrice della Coppa dei Campioni era ammessa di diritto all'edizione dell'anno successivo (unico caso in cui era possibile vedere più di una squadra per federazione).

La formula della Coppa dei Campioni rimase praticamente immutata per oltre trent'anni. Fu solo sul finire degli anni 1980 che si cominciarono a mettere in cantiere progetti di riforma. La struttura delle Coppe europee era da sempre considerata provvisoria, riecheggiando ciclicamente quell'idea di un campionato europeo per club che era stata proposta da Gabriel Hanot decenni prima.

Il primo cambiamento alla ormai classica formula della coppa fu apportato nella stagione 1991-1992, quando furono previsti, in luogo dei quarti di finale e delle semifinali, due gruppi di qualificazione all'italiana di quattro squadre ciascuna. Il pubblico dimostrò di gradire la novità, tanto che nella successiva stagione 1992-1993 l'UEFA diede a questi nuovi raggruppamenti il nome UEFA Champions League, registrandone un logo e un inno ufficiale.

Nel 1993-1994 fu introdotta una piccola variazione al regolamento: dopo i gruppi eliminatori fu introdotta una semifinale di sola andata (in casa delle prime classificate) tra prime e seconde, le vincenti vanno in finale.

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Un momento della cerimonia di apertura della finale di Atene del 2006-2007 tra Milan e Liverpool

Un altro grande cambiamento avvenne nella stagione 1994-1995. Con l'edizione precedente, infatti, si era concluso il contratto che legava l'UEFA all'Unione Europea di Radiodiffusione e che dava diritto a quest'ultima di trasmettere in esclusiva la finale della Coppa dei Campioni. Ciò diede campo libero alla UEFA per rivedere integralmente il format della competizione secondo canoni più appetibili alle televisioni private. L'accesso alla coppa fu dunque riservato ai soli 24 migliori campioni del continente, relegando gli altri nella meno prestigiosa Coppa UEFA. Il termine UEFA Champions League prese ad indicare l'intera manifestazione e non solo la fase a gruppi, e la Coppa si strutturò su una fase a gruppi autunnale e una ad eliminazione diretta primaverile.

Ma la grande svolta avvenne con la stagione 1997-1998, quando fu abrogata quella clausola che era divenuta l'essenza stessa della Coppa dei Campioni, e cioè la partecipazione dei soli campioni in carica. In quell'anno infatti il meccanismo dei preliminari estivi se da un lato ricomprese quelle nazioni che ne erano state escluse tre anni prima, dall'altro aprì le porte alle seconde classificate degli otto migliori campionati continentali.

La minaccia di una Superlega fra le migliori società europee spinse nel 1999 la UEFA a ridisegnare in fretta e furia l'intero impianto delle sue tre coppe. La porta della Champions League venne aperta anche alle terze classificate delle sei principali federazioni e alle quarte classificate delle migliori tre. Il format fu ampliato con ben due fasi a gironi seguite da due turni ad eliminazione più la finale. Per laurearsi campione era dunque necessario disputare ben 17 gare, se non 19, 21 o addirittura 23 nel caso di partenza dai preliminari. La Champions League assunse quindi un ruolo di assoluto predominio nell'immaginario sportivo collettivo, relegando in una posizione marginale la Coppa UEFA e determinando l'abrogazione della Coppa delle Coppe. La crescente visibilità e importanza della Champions League ha portato con sé un calo di interesse per le altre competizioni continentali che ha determinato la fine della Coppa UEFA, ridotta al rango di serie B continentale fino all'edizione 2008-2009[10], quando venne rinominata UEFA Europa League.

Regolamento

L'attuale formato della competizione è in vigore dalla stagione 2003-2004.

Il torneo si compone di diverse fasi, composte tra eliminazione diretta e gironi all'italiana. I primi tre turni sono ad eliminazione diretta e le squadre iniziano a prendere parte a una delle tre fasi in base alla posizione ottenuta nel proprio campionato nazionale ed al coefficiente UEFA (vedi anche la sezione Squadre ammesse). Sedici squadre, quelle meglio classificate nei campionati nazionali più importanti del continente, prendono direttamente parte alla fase a gironi senza passare quindi dai turni preliminari. In questi preliminari, giocati con partite in casa e in trasferta da metà luglio a fine agosto, la squadra vincente passa al turno successivo. Le squadre sconfitte al terzo turno vengono ammesse alla Coppa UEFA mentre le 16 squadre uscite vincenti dai turni preliminari possono prendere parte alla fase a gironi, assieme alle altre 16 già ammesse direttamente.

Questi gironi si compongono di 8 gruppi di 4 squadre ed ogni squadra gioca con le altre tre due volte, una in casa e una in trasferta. Questa fase dura da metà settembre ai primi di dicembre. Le terze classificate verranno ammesse in Europa League, mentre l'ultima verrà eliminata dal torneo. Le prime due passano al turno successivo, ad eliminazione diretta (da fine febbraio fino alla finale di maggio): le prime classificate giocheranno con le seconde e avranno il fattore campo a favore. In questa fase non sono previsti derby nazionali, che potranno essere giocati a partire dai quarti di finale.

Gli scontri diretti che terminano in parità prevedono la regola del gol fuori casa, dei tempi supplementari ed eventualmente dei calci di rigore. Fa eccezione la finale, giocata a turno unico (in uno stadio determinato un paio di anni prima) con tempi supplementari e rigori per i pareggi.

La riforma dei preliminari

Dal 2009 è stabilita la riforma dei turni preliminari. Rispetto alla formula precedente, sei squadre in più saranno ammesse direttamente ai gironi: le terze classificate dei tre migliori campionati nazionali e i campioni delle federazioni fra il 10º e il 12º posto del ranking. I dieci posti residui saranno attribuiti attraverso due distinti percorsi. Il primo comprenderà i campioni delle nazioni minori classificate dal 13º al 53º posto del ranking, si svolgerà in quattro turni e avrà l'effetto di favorire a tali squadre la qualificazione alla fase a gironi, rispetto al regolamento precedente che prevedeva lo scontro con squadre non campioni nazionali delle maggiori federazioni. Il secondo percorso preliminare, costituito da due turni, comprenderà invece le squadre residue delle federazioni maggiori fino al 15º posto. Anche le squadre perdenti il penultimo turno preliminare, e non solo l'ultimo, avranno accesso alla UEFA Europa League.

Nessun cambiamento è invece previsto per il format della competizione vera e propria, confermato sino al 2012. Sono stabiliti solo piccoli ritocchi di calendario: gli ottavi si svolgeranno nell'arco di un mese (4 partite a settimana), mentre dal 2010 la finale si svolgerà di sabato per agevolare l'afflusso delle famiglie nell'impianto sede dell'atto conclusivo della manifestazione.

Trofeo

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Il trofeo della UEFA Champions League

La forma del trofeo così com'è conosciuto ora fu commissionata nel 1966 per 10.000 franchi svizzeri e la prima squadra a vincere la nuova coppa fu il Celtic FC (vincente nella finale del 25 maggio 1967 a Lisbona contro l'Inter). La forma, con i particolari manici denominati "grandi orecchie", venne approvata dall'allora segretario generale della UEFA, Hans Bangerter, sulla base di varie proposte presentate da uno specialista di Berna, Hans Stadelmann. I ritocchi finali furono opera dell'incisore Fred Bänninger dopo 340 ore di lavoro del figlio di Stadelmann, Jürg. La coppa misura 62 cm di altezza e pesa 7,5 kg. Se le versioni del 1973 e del 1976 furono sostanzialmente conformi all'originale del 1966, quella del 1994 variò nel particolare della scritta Coupe des clubs champions européens che da minuscola divenne maiuscola, e del retro su cui si incominciarono ad incidere i risultati delle finali, mentre il trofeo attuale, datato 2005, porta oggi incisi sul retro i nomi di tutte le squadre che l'hanno vinto in precedenza, ed ha le orecchie più aggraziate.

Dal 1997 il trofeo originale viene consegnato al sindaco della città ospitante la finale, così da poter essere visitato dal pubblico per uno o due mesi prima dell'incontro decisivo. Così fu anche per Milano nel 2001, che ospitò la coppa al centro dell'ottagono della Galleria Vittorio Emanuele a due passi dal Duomo, liberamente visibile da chiunque fino al 23 maggio, giorno della finale tra Bayern Monaco e Valencia. Attualmente sono tre le città italiane ad avere ospitato il trofeo: Bari (1991), Milano (1965, 1970, 2001) e Roma (1977, 1984, 1996, 2009).

Multiple-winner badge, logo dei detentori e trofeo originale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Multiple-winner badge.

La squadra vincitrice della Champions League ritira la coppa al termine della cerimonia di premiazione, e riconsegna il trofeo al quartier generale della UEFA due mesi prima della finale della stagione successiva. La UEFA consegna comunque una replica in scala ridotta della coppa che viene mantenuta dalla società vincitrice. Le uniche squadre a poter trattenere il trofeo originale sono quelle capaci di aggiudicarsi tre tornei consecutivi o cinque in tutto, ovvero quelle insignite del multiple-winner badge[11], introdotto nella stagione 2000-2001.

Al momento, solo cinque società detengono il trofeo originale e, di conseguenza, il citato stemma:

  • Real Madrid (Spagna): 9 titoli (dal 1955-1956 al 1959-1960, 1965-66 , 1997-1998, 1999-2000 e 2001-2002), 5 dei quali consecutivi.
  • Milan (Italia): 7 titoli (1962-63, 1968-69, 1988-89, 1989-90, 1993-94, 2002-03, 2006-07), 2 dei quali consecutivi.
  • Liverpool (Inghilterra): 5 titoli (1976-1977, 1977-1978, 1980-1981, 1983-1984 e 2004-2005), 2 dei quali consecutivi.
  • Bayern Monaco (Germania): 4 titoli (dal 1973-1974 al 1975-1976 e 2000-2001), 3 dei quali consecutivi.
  • Ajax (Olanda): 4 titoli (dal 1970-1971 al 1972-1973 e 1994-1995), 3 dei quali consecutivi.

Queste squadre vengono contraddistinte da un particolare stemma di colore blu raffigurante la coppa con impresso il logo della competizione (le stelle che formano un pallone) sotto il numero di Champions League (e Coppe Campioni) vinte, posto sulla manica sinistra della divisa ufficiale.

Nell'edizione 2004-2005 l'UEFA ha introdotto il logo dei detentori (in inglese title-holder badge), da apporre sulla manica destra della maglia della detentrice del trofeo nella stagione successiva alla vittoria. La prima squadra a indossare il logo dei detentori è stato il Porto[12].

Squadre ammesse

Alla UEFA Champions League, cui è ammessa di diritto la squadra detentrice, possono partecipare solo le squadre che militano nei campionati associati alla UEFA (eccetto Liechtenstein), in base alla posizione in classifica ottenuta durante la precedente stagione.

Ogni nazione quindi, apporta un numero di partecipanti differente a seconda della difficoltà del proprio campionato, calcolato in base al coefficiente UEFA. Secondo questa classifica, viene deciso il numero di squadre partecipanti:

  • dalla prima alla terza nazione: si qualificano le squadre classificate dal 1º al 4º posto,
  • dalla quarta alla sesta nazione: si qualificano le squadre classificate dal 1º al 3º posto,
  • dalla settima alla quindicesima nazione: si qualificano le squadre classificate dal 1º al 2º posto,
  • oltre la sedicesima nazione: si qualifica la squadra classificata al 1º posto,

Il coefficiente UEFA determina automaticamente a che livello una squadra dovrà iniziare a competere: i primi tre campionati, che apportano 4 squadre, vedono le prime tre classificate iniziare dai gironi all'italiana, mentre la quarta dovrà iniziare dai cosiddetti preliminari di Champions League, ovvero dal quarto turno di qualificazione. Attualmente, questo è il caso previsto per i campionati di Liga Spagnola, Serie A e Premier League.

Le successive tre nazioni iscrivono ugualmente due squadre direttamente alla fase a gironi, e una sola ai preliminari, come peraltro le seguenti sei federazioni, che però di posti assicurati nei gironi ne hanno uno solo a testa.

Le altre nazioni devono necessariamente passare integralmente dai preliminari, con due formazioni le prime due, e una sola tutte le altre.

Oltre ai già citati meriti sportivi, ogni club deve ricevere una particolare licenza dalla propria associazione calcistica per partecipare alla Champions League, utile a comprovare l'adeguatezza dello stadio, delle infrastrutture e della stabilità finanziaria.

Informazioni finanziarie

La Champions League è una competizione dalle grandi possibilità economiche per i club che vi partecipano e che riescono a giocare il maggior numero di partite. La UEFA, infatti, distribuisce parte dei ricavi ottenuti dalle vendite dei diritti televisivi in tutta Europa tra le squadre partecipanti in base ai livelli raggiunti (gironi, quarti di finale, semifinali e finale). Per esempio i guadagni ottenuti dai club che hanno preso parte all'edizione 2004-2005 sono compresi tra i 3,8 milioni di euro dello Sparta Praga ai 30,6 milioni di euro del vincente Liverpool. Per le italiane: 10,6 milioni alla Roma, 14,9 all'Inter, 15 alla Juve e 26 milioni di euro al Milan.

Nel torneo 2005-2006 sono stati distribuiti 430 milioni di euro tra le 32 formazioni partecipanti.

Edizioni vinte per squadra

  Lo stesso argomento in dettaglio: Albo d'oro della UEFA Champions League.
Squadra Vittorie Finali perse Anni vittorie Anni finali perse
  Real Madrid 9 3 1956, 1957, 1958, 1959, 1960, 1966, 1998, 2000, 2002 1962, 1964, 1981
  Milan 7 4 1963, 1969, 1989, 1990, 1994, 2003, 2007 1958, 1993, 1995, 2005
  Liverpool 5 2 1977, 1978, 1981, 1984, 2005 1985, 2007
  Bayern Monaco 4 4 1974, 1975, 1976, 2001 1982, 1987, 1999, 2010
  Ajax 4 2 1971, 1972, 1973, 1995 1969, 1996
  Barcellona 3 3 1992, 2006, 2009 1961, 1986, 1994
  Inter 3 2 1964, 1965, 2010 1967, 1972
  Manchester United 3 1 1968, 1999, 2008 2009
  Juventus 2 5 1985, 1996 1973, 1983, 1997, 1998, 2003
  Benfica 2 5 1961, 1962 1963, 1965, 1968, 1988, 1990
  Nottingham Forest 2 0 1979, 1980
  Porto 2 0 1987, 2004
  Celtic 1 1 1967 1970
  Amburgo 1 1 1983 1980
  Steaua Bucarest 1 1 1986 1989
  Olympique Marsiglia 1 1 1993 1991
  Feyenoord 1 0 1970
  Aston Villa 1 0 1982
  PSV Eindhoven 1 0 1988
  Stella Rossa 1 0 1991
  Borussia Dortmund 1 0 1997
  Stade de Reims 0 2 1956, 1959
  Valencia 0 2 2000, 2001
  Fiorentina 0 1 1957
  Eintracht Francoforte 0 1 1960
  Partizan Belgrado 0 1 1966
  Panathinaikos 0 1 1971
  Atlético Madrid 0 1 1974[13]
  Leeds United 0 1 1975
  Saint-Étienne 0 1 1976
  Borussia M'gladbach 0 1 1977
  Bruges 0 1 1978
  Malmö 0 1 1979
  Roma 0 1 1984
  Sampdoria 0 1 1992
  Bayer Leverkusen 0 1 2002
  Monaco 0 1 2004
  Arsenal 0 1 2006
  Chelsea 0 1 2008

Edizioni vinte per nazione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Albo d'oro della Champions League.
Nazione Vittorie Finali perse Squadre vincitrici Finaliste perdenti
  Italia 12 14 Milan (7), Inter (3), Juventus (2) Juventus (5), Milan (4), Inter (2), Fiorentina (1), Roma (1), Sampdoria (1)
  Spagna 12 9 Real Madrid (9), Barcellona (3) Real Madrid (3), Barcellona (3), Valencia (2), Atlético Madrid (1)
  Inghilterra 11 6 Liverpool (5), Manchester United (3), Nottingham Forest (2), Aston Villa (1) Liverpool (2), Manchester United (1), Leeds United (1), Arsenal (1), Chelsea (1)
  Germania 6 8 Bayern Monaco (4), Borussia Dortmund (1), Amburgo (1) Bayern Monaco (4), Bayer Leverkusen (1), Borussia Mönchengladbach (1), Eintracht Francoforte (1), Amburgo (1)
  Paesi Bassi 6 2 Ajax (4), PSV (1), Feyenoord (1) Ajax (2)
  Portogallo 4 5 Benfica (2), Porto (2) Benfica (5)
  Francia 1 5 Olympique Marsiglia (1) Stade Reims (2), Saint-Étienne (1), Olympique Marsiglia (1), Monaco (1),
  Romania 1 1 Steaua Bucarest (1) Steaua Bucarest (1)
  Scozia 1 1 Celtic (1) Celtic (1)
  Serbia 1 1 Stella Rossa Belgrado (1) Partizan Belgrado (1)
  Belgio 0 1 Bruges (1)
  Grecia 0 1 Panathinaikos (1)
  Svezia 0 1 Malmö FF (1)

Note

  1. ^ (EN) Celtic win European Cup 1967, su bbc.co.uk, BBC - A Sporting Nation. URL consultato il 23-5-2010.
  2. ^ (EN) Celtic immersed in history before final, su sportsillustrated.cnn.com, SI.com, 20-5-2003. URL consultato il 23-5-2010.
  3. ^ a b c DUE ANNI FANTASTICI, in Sito ufficiale A.C. Milan. URL consultato il 17-10-2010.
  4. ^ Max Di Sante, LA CURIOSITÀ Classifica dell’inglese World Soccer. La partita più bella è Italia-Germania 4-3 Il Milan di Sacchi migliore squadra del mondo, in l'Unità, 11 luglio 2007, p. 18. URL consultato il 17-10-2010.
  5. ^ Alberto Costa, Cesare Fiumi, il trionfo di Capello: " è la perfezione", in Corriere della Sera, 19 maggio 1994, p. 40. URL consultato il 27-10-2010.
  6. ^ Gianni Mura, Juve in semifinale, Inter fuori, in la Repubblica, 18 marzo 1999, p. 1. URL consultato il 17-10-2010.
  7. ^ Mattia Chiusano, Niccolò Zancan, Triste Europa senza l'Italia Ma non è colpa degli arbitri, in la Repubblica, 15 marzo 2001, p. 52. URL consultato il 17-10-2010.
  8. ^ Graham Wood, C' è il derby d' Europa Le quote dicono Milan, in La Gazzetta dello Sport, 03 maggio 2003, p. 18. URL consultato il 17-10-2010.
  9. ^ a b c d L'Inter ha vinto la Champions League Milito è decisivo, il Bayern finisce ko, in La Stampa, 22 maggio 2010. URL consultato il 18-10-2010.
  10. ^ La Coppa dei cambiamenti, su eurochampionsleague.net, LeChampions.it, 23-7-2009. URL consultato il 23-5-2010.
  11. ^ (EN) Capitolo XI, articolo 19º, paragrafo 14º: multiple-winner badge (PDF), su uefa.com, Regolamento dell'UEFA Champions League 2009-2010, 24-3-2009. URL consultato il 23-5-2010. (PDF)
  12. ^ Foto del multiple-winner badge e del title-holder badge, su flickr.com, Flickr. URL consultato il 23-5-2010.
  13. ^ L'Atlético Madrid vinse la Coppa Intercontinentale nel 1975 per rinuncia del Bayern Monaco.

Bibliografia

  • (EN) Mike Mike, Champions League Yearbook 2007/2008, Know the Score Books, 2007, ISBN 1-905449-93-3.

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