La sentenza Lautsi v. Italia della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) del 3 novembre 2009 stabilì che l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è "una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione". Non avendo il potere di imporre la rimozione dei crocifissi dalle scuole italiane ed europee, la Corte ha condannato l'Italia a risarcire 5.000 euro alla ricorrente per danni morali.[1][2]

La sentenza di secondo grado del 18 marzo 2011 ha invece ribaltato la sentenza di primo grado. I giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocifisso nella aule scolastiche. La decisione è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. [3] La sentenza costituisce un precedente giuridico a cui tutti gli stati europei dovranno attenersi.

Precedenti gradi di ricorso

Nel 2002 la signora Soile Tuulikki Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi, richiese al consiglio d'istituto della scuola media "Vittorino da Feltre" di Abano Terme (Provincia di Padova), frequentata dai figli, di rimuovere il crocifisso dalle aule. La richiesta fu rifiutata e la signora si rivolse al tribunale competente, cioè il TAR del Veneto. Questo nel 2004[4], notando come la questione "non appare manifestamente infondata e va sollevata questione di legittimità costituzionale", sospese il giudizio e interpellò la Corte costituzionale.

La Corte Costituzionale, con un parere del 2004 si disse non idonea a discutere il caso[5]: la corte "dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale", dato che "l'impugnazione delle indicate disposizioni del testo unico si appalesa dunque il frutto di un improprio trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una questione di legittimità concernente le norme regolamentari richiamate: norme prive di forza di legge, sulle quali non può essere invocato un sindacato di legittimità costituzionale, né, conseguentemente, un intervento interpretativo di questa Corte". In altre parole, la Corte non accoglie né rifiuta la croce, dice solo che il Tar ha sbagliato a chiedere un pronunciamento di legittimità, perché non c'è una legge che imponga il crocifisso, ma una disposizione amministrativa che riprende un regio decreto.

Il TAR del Veneto si è dunque pronunciato nel 2005[6] rigettando il ricorso della signora Lautsi, sostenendo tra l'altro che "nell'attuale realtà sociale, il crocifisso debba essere considerato non solo come simbolo di un'evoluzione storica e culturale, e quindi dell'identità del nostro popolo, ma quale simbolo altresì di un sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa e quindi anche della laicità dello Stato, principi questi che innervano la nostra Carta costituzionale".

In seguito, il 13 aprile del 2006, anche il Consiglio di Stato risolse in favore dell'esposizione del crocifisso[7].

La sentenza di 1º grado della CEDU

La sentenza fu pronunciata all'unanimità e stabilì le motivazioni di essa per la violazione dell'articolo 2 del Protocollo n°1 e l'articolo 9 della Convenzione. Nel comunicato stampa della CEDU successivo alla sentenza si legge[2]:

«La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione.

Tutto questo, potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose, o che sono atei. La Corte non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana.

L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni e il diritto dei bambini di credere o non credere.»

Reazioni alla sentenza di 1º grado

Gli schieramenti politici

Il governo italiano guidato da Silvio Berlusconi ha espresso unitariamente contrarietà alla sentenza della Corte, e diversi ministri della coalizione PdL-Lega Nord hanno manifestato e promosso iniziative e petizioni per il mantenimento del simbolo nelle aule scolastiche. Il presidente del Consiglio ha tenuto a precisare la sua perplessità nei riguardi della sentenza, e che in vista di ciò presenterà un futuro ricorso e qualunque sia il suo esito non sussisterà capacità coercitiva[8]:

«[La sentenza] Non è rispettosa della realtà: l'Europa tutta e in particolare l'Italia non può non dirsi cristiana. Quando sono stato presidente del Consiglio Europeo, condussi una battaglia per introdurre nella Costituzione le radici giudaico-cristiane, ma Paesi laici e laicisti come la Francia di Chirac si opposero e, siccome serviva l’unanimità, non riuscimmo a introdurle. Se c'è una cosa su cui anche un ateo può convenire è che questa è la nostra storia. Ci sono 8 paesi d’Europa che hanno la croce nella loro bandiera... Cosa dovrebbero fare, cambiare la loro bandiera?»

L'idea di presentare ricorso alla CEDU è stata formulata dal ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, e ha ricevuto conferme da tutta la coalizione governante, venendo successivamente confermata ufficialmente da Silvio Berlusconi.[2]

Umberto Bossi ha dichiarato che «la sentenza sul crocifisso è una stronzata», giudicando l'Unione Europea un motore efficiente solo per l'economia e fuorviante da altri campi perché distante dalla gente[2]. Bossi, così come molti altri politici italiani, non ha notato la differenza tra la CEDU, che fa capo al Consiglio d'Europa, e l'Unione Europea, che sono due istituzioni completamente separate e indipendenti.

Espressioni di dissenso verso la sentenza sono state anche espresse dal Partito Democratico attraverso il suo segretario Pierluigi Bersani, secondo cui «un'antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno».[2]

Massimo Donadi (Italia dei Valori) ha affermato che «la sentenza di Strasburgo non è una buona risposta alla domanda di laicità dello Stato, che pure è legittima e condivisibile».

Un sostegno alla sentenza di 1º grado è venuto anche dai Radicali Italiani, da Sinistra e Libertà, dalla Federazione della sinistra di alternativa e dai Verdi.

Vaticano e Conferenza episcopale italiana

Tarcisio Bertone, segretario dello Stato del Vaticano, ha esemplificato la situazione spiegando che se da un lato vengono inserite feste quali Halloween per la vigilia del 1º novembre, dall'altro vengono tolti i simboli che hanno segnato l'Europa, dicendo che questa «è una perdita che deploro» perché «dobbiamo cercare con tutte le forze di conservare i segni della nostra fede per chi crede e chi non crede».[2]

Anche la Conferenza Episcopale Italiana manifestò contrarietà, ribadendo che la sentenza di 1º grado di Strasburgo non ha tenuto conto della realtà culturale italiana, e a prova di ciò andrebbero prese in considerazione tutte le organizzazioni, persone e partiti politici schieratisi a favore del mantenimento del crocifisso.[8]

L'opinione delle Chiese protestanti italiane

Le reazioni del mondo cristiano protestante in Italia (evangelici, valdesi, luterani e battisti) alla sentenza Lautsi v. Italia è stata sostanzialmente positiva. I protestanti hanno infatti una posizione tradizionale di difesa della laicità dello Stato, in nome del principio di una netta separazione tra Chiesa e Stato.[9]

Il sinodo 2010 della Tavola Valdese ha ribadito la necessità che l'Italia si conformi alla sentenza CEDU, rimuovendo i crocifissi da tutte le aule scolastiche pubbliche[10]

L'opinione delle comunità musulmane italiane

Le maggiori organizzazioni di credenti musulmani in Italia non hanno preso una prosizione esplicita, mantenendo un basso profilo sulla questione.

Solo Adel Smith, presidente della piccola Unione musulmani d'Italia e già protagonista di ricorsi interni contro la presenza del crocifisso nei luoghi pubblici in passato, ha dichiarato che il governo italiano avrebbe dovuto aspettarsi la sentenza in quanto «in uno Stato che si definisce laico non si possono opprimere tutte le altre confessioni esibendo un simbolo di una determinata confessione».[2]

L'opinione delle comunità ebraiche italiane

L'Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI) ha apprezzato la sentenza di 1º grado, come "Una chiara lezione dalla Corte europea"[11].

L'opinione delle associazioni di atei e agnostici

Le associazioni di atei e agnostici, tra cui l'UAAR, hanno salutato la sentenza di 1º grado come un grande successo per la laicità[12].

Voci correlate

Note

  1. ^ Press release issued by the Registrar, Chamber judgment, Lautsi v. Italy (application no. 30814/06). CRUCIFIX IN CLASSROOMS: CONTRARY TO PARENTS’ RIGHT TO EDUCATE THEIR CHILDREN IN LINE WITH THEIR CONVICTIONS AND TO CHILDREN’S RIGHT TO FREEDOM OF RELIGION (online inglese e francese)
  2. ^ a b c d e f g La Corte Ue boccia il crocifisso in aula, Libero.it, 04-11-2009. URL consultato l'08-11-2009.
  3. ^ Crocefisso in aula, Italia assolta - Corriere della Sera
  4. ^ TAR Veneto, Sezione I, Ordinanza 14 gennaio 2004, n. 56 (online).
  5. ^ Corte costituzionale, 15 dicembre 2004, n. 389 (online)
  6. ^ Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto Sezione III, Sentenza 17-22 marzo 2005, n. 1110 (online).
  7. ^ Crocifisso: Strasburgo assolve Italia, si chiude caso Lautsi
  8. ^ a b Il crocifisso resterà nelle aule, Corriere della Sera, 06-11-2009. URL consultato l'08-11-2009.
  9. ^ Di seguito alcuni commenti espressi all'indomani della sentenza da diverse espressioni del mondo protestante:
  10. ^ I Valdesi: via i crocifissi dalle aule scolastiche, La Repubblica, 28 agosto 2010
  11. ^ Stato e laicità - L’analisi “Una chiara lezione dalla Corte europea”
  12. ^ Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti - Grande successo per la laicità: l’Europa dice «no» ai crocifissi in classe

Collegamenti esterni