Hipster (subcultura contemporanea)
Hipster è un termine nato negli anni quaranta negli Stati Uniti per descrivere gli appassionati di jazz e in particolare di bebop. Si trattava in genere di ragazzi bianchi della classe media, che emulavano lo stile di vita dei jazzisti afroamericani. Questo tipo di sottocultura si ampliò rapidamente, assumendo nuove forme dopo la seconda guerra mondiale, quando al movimento si associò una fiorente scena letteraria. Jack Kerouac descrisse gli hipster degli anni quaranta come anime erranti portatrici di una speciale spiritualità[1]. Fu però Norman Mailer a dare una definizione precisa del movimento. In un saggio intitolato Il bianco negro (1967), Mailer descrisse gli hipster come esistenzialisti americani, che vivevano la loro vita circondati dalla morte — annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale — e che decidevano di "divorziare dalla società, vivere senza radici, a intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell’ego[2]]”.
Il termine è stato riattualizzato negli anni novanta e duemila e ora designa giovani sulla ventina, di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessano alla cultura alternativa, “non mainstream”, come l’indie rock, l'hip hop alternativo, i film d’autore e le tendenze culturali emergenti. Si professano ottimi conoscitori della lingua inglese e amano appropriarsi dei codici delle generazioni precedenti, ammantandosi di un caratteristico – e piuttosto snob – stile rétro. Si servono in negozi di abiti usati, mangiano preferibilmente cibo biologico, meglio se coltivato localmente, sono vegetariani o vegani, preferiscono bere birra locale (o prodotta in proprio) e amano girare in biciletta[2].
Il termine è utilizzato in maniera contradditoria, rendendo difficile l’identificazione di una cultura precisa, perché essa è un mix di stili ed è in costante mutazione. La peculiarità degli hipster, infatti, è la volontà di essere “inclassificabili”. I loro valori sono il pensiero indipendente, la controcultura, la politica progressista, la creatività, l’intelligenza e il sarcasmo, che spesso si traducono nella scelta dell’abbigliamento: essi infatti rigettano l’attitudine “ignorante e incolta” del consumatore medio.
Origine del termine
L'etimologia del termine è discussa. Si fa risalire a hop, un termine gergale per oppio, oppure alla parola wolof hip, che significa vedere o hipi, che significa aprire gli occhi. [4]
Note
- ^ [1]
- ^ [http://www.time.com/time/arts/article/0,8599,1913220,00.html
- ^ Dan Fletcher, Hipsters, su time.com, 29 luglio 2009. URL consultato il 1º novembre 2009.
- ^ Urban Dictionary