Stanotte e per sempre
Stanotte e per sempre è un racconto di genere grottesco scritto da Daniele Luttazzi.
L'opera
Il racconto è stato presentato in anteprima al Teatro Modena di Genova il 24 novembre 2003, all'interno dello spettacolo Dialoghi platonici e altre storie scritto da Luttazzi, diretto da Giorgio Gallione e messo in scena dal Gruppo dell'Archivolto. L'unica rappresentazione scenica era costituita dall'attore Aldo Ottobrino, seduto in proscenio in un'atmosfera onirica, che leggeva il racconto.
Il genere del racconto è satira grottesca, che lavora per accumulazione (a differenza dell'ironia che lavora per sottrazione)[senza fonte] con l'obiettivo di far percepire allo spettatore il dolore e l'orrore di una vicenda. La trama del racconto è un incubo di Andreotti in cui sogna di penetrare sessualmente i fori di proiettile che uccisero Moro.
Il racconto è molto forte, poiché coinvolge in un colpo solo tutti i cardini satirici: politica, religione, sesso e morte, e accentua l'interazione tra questi quattro elementi. Il contrasto tra forma e contenuto tipico del grottesco viene ottenuto narrando la vicenda turpe con i toni del romanzetto rosa.
Tra i vari rimandi letterari, il racconto è anche un omaggio a Paul Krassner, autore satirico statunitense, che nel 1967 scrisse un articolo molto forte in cui il presidente Johnson penetrava il foro di proiettile nella gola del corpo di Kennedy.[1] Il titolo Stanotte e per sempre riprende un verso della commedia verista Pagliacci (1892), di Ruggero Leoncavallo, in cui la bella Colombina dice: A stanotte e per sempre tua sarò.
Le polemiche
Nella rivista "Pulp"
In un'intervista a Radio Città Futura del 2 novembre 2003, Luttazzi ha raccontato: «È un racconto che io scrissi per il primo numero della rivista “Pulp”, una rivista che si occupa di letteratura pulp appunto. E dissero: ok, Daniele, vogliamo fare questo numero, vogliamo che tu ci faccia un pezzo. Io lo scrivo e un altro po’ il numero non esce, perché la redazione si spacca. Perché il direttore non voleva pubblicarlo e la redazione diceva: certo, noi pubblichiamo Elroy perché è americano, allora quando abbiamo un italiano che fa dei pezzi un po’ hard non lo pubblichiamo? Quindi stava per non uscire il numero.»
Sullo spettacolo a Genova
Poco dopo lo spettacolo un lancio di agenzia riportò una notizia falsa che stravolse sia il contenuto del racconto che la sua rappresentazione nello spettacolo: affermò che c'era una scena di sodomia, e che questa fosse stata visivamente rappresentata.[2] Il giornalista che scrisse per primo la notizia d’agenzia, raccontando il falso, confessò il giorno dopo in tv di non aver visto lo spettacolo.[3]
La vedova Moro, basandosi sui resoconti non veri dei giornali, minacciò di querelare Luttazzi.[4]
La Procura di Genova aprì un'inchiesta per oscenità e così l'Ordine dei Giornalisti. Tutte le accuse caddero dopo la visione della registrazione video dello spettacolo.[senza fonte]
Note
- ^ The Parts That Were Left Out of the Kennedy Book - The Realist, Issue No. 74 - May 1967, cover page and page 18
- ^ (ANSA) - GENOVA, 25 NOV - Nuove polemiche in arrivo per Luttazzi. Nei 'Dialoghi platonici' c'è una scena in cui Andreotti denuda e sodomizza il cadavere di Moro. Uno spettacolo choc quello di Luttazzi a Genova, a dispetto del titolo. Doveva essere una serie di botta e risposta fra quattro personaggi 'platonici', Fedone, Menone, Gorgia e Timeo, in realtà sono state soltanto botte pesanti, a Fini e Berlusconi, con qualche scappellotto anche a Rutelli. Applausi alla fine, ma anche molto imbarazzo fra il pubblico. 2003-11-25 - 15:05:00
- ^ La vedova Moro contro Luttazzi "Spettacolo osceno e offensivo", la Repubblica.it, 3 dicembre 2003 [1]
- ^ Luttazzi e l'orrore artistico: "Niente scandalo per Moro" di Donatella Alfonso e Margherita Rubino, tratto da “la Repubblica”, ed. Genova, 26 novembre 2003 [2]
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Testo sul sito ufficiale
- Un sito che riporta il testo del racconto: [3]
- Daniele Luttazzi: io, il più querelato d’Italia, articolo di Luciano Giannini, tratto da "Il Mattino", 7 dicembre 2003 [4]