Conflitto di interessi
Si verifica un conflitto di interessi quando viene affidata un'alta responsabilità decisionale ad un soggetto che abbia interessi personali o professionali in conflitto con l'imparzialità richiesta da tale responsabilità, che può venire meno visti i propri interessi in causa.
Il verificarsi di un conflitto non costituisce di per sé prova che siano state commesse scorrettezze, può tuttavia costituire un'agevolazione nel caso in cui si cerchi di influenzare il risultato di una decisione per trarne un beneficio. L'essere in conflitto di interessi ed abusare effettivamente della propria posizione restano però due aspetti distinti: un soggetto coinvolto, infatti, potrebbe non agire mai in modo improprio. Tuttavia un conflitto di interessi esiste a prescindere che ad esso segua una condotta impropria o meno.
Esempi di conflitto di interessi
Esempi di conflitto di interessi possono essere:
- un politico con una posizione di rilievo o d'influenza che utilizzi questi suoi poteri per spingere il legislatore ad approvare l'abrogazione o la modifica d'una legge che lo imputa di un qualche reato o che lo coinvolga in qualche modo;
- un giudice che giudica o un pubblico ministero che imputa un proprio familiare o conoscente in una causa o si attivi su una questione in cui lui o i suoi interessi sono coinvolti;
- la partecipazione ad un appalto o transazione essendo a conoscenza dei termini riservati di proposta;
- il presidente di un organo di garanzia che possiede o ha interessi di tipo economico e/o personale in (o contro) un'azienda oggetto dell'analisi di tale organo, o ricopre cariche pubbliche nell'istituzione che deve controllare;
La legge e i conflitti di interessi
Gli ordinamenti giuridici democratici internazionali sono solitamente garantisti e contrari allo sfruttamento della propria posizione per interessi personali a discapito di altre parti in causa, in particolare rispetto ad incarichi pubblici; dispongono perciò di specifiche leggi che non permettono - o tentano di scongiurare - il verificarsi di tali conflitti.
Ad imprenditori o magistrati sono di solito interdette funzioni pubblico-istituzionali; a studenti di determinati corsi universitari è interdetto l'insegnamento presso gli stessi; e così via.
La disciplina del conflitto di interesse può vietare l'accumulo "ad interim" di due cariche incompatibili, oppure essere più estesa, e vietare la copertura di una carica (pubblica o meno) per un periodo minimo di alcuni anni dalla fine della carica pubblica precedente.
Il divieto di cumulare incarichi in conflitto di interesse può riguardare non una singola persona, ma essere esteso a persone che sono coniugi, parenti o consanguinei.
Ad esempio, l'incarico di avvocato difensore che un magistrato neo-dimissionario può assumere, potrebbe condizionare lo svolgimento di alcune indagini o processi a favore dei propri futuri clienti (con depistaggi, minori acquisizioni di prove, etc.).
Analogamente, per il rilascio di permessi e licenze (comunali, da parte del sindaco, etc.), per il bando di gare d'appalto in cui un membro della commissione aggiudicatrice diventa poco tempo dopo dipendente o socio dell'impresa vincitrice, o riceve delle donazioni o costose consulenze, che potrebbero essere un modo di remunerare favori politici.
Il conflitto di interessi nella politica italiana
In Italia il problema si è presentato in forme di una certa rilevanza in particolare da quando Silvio Berlusconi prese parte alla campagna elettorale del 1994 per coprire la carica di Presidente del Consiglio dei ministri (carica ricoperta successivamente anche dal 2001 al 2006 e dal 2008). Il conflitto era in questo caso rappresentato dalla titolarità contemporanea di funzioni pubbliche, del gruppo televisivo Mediaset, e di altre proprietà sulle quali vi sarebbe stata possibilità di legiferazione (settore assicurativo, sportivo, edile, editoriale, ecc.). Per alcuni opinionisti, inoltre, tale conflitto sarebbe motivo d'ineleggibilità e di incompatibilità di cariche in base alle legge italiana sulle concessioni pubbliche.
La Costituzione italiana, secondo gli artt. 65 e 66, obbliga il Parlamento a valutare l’eleggibilità dei suoi membri in base alla legge ordinaria. L’art. 10 del DPR 361/1957 recita: «Non sono eleggibili [...] coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta». La Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, nel 1994, confermò l’elezione di Silvio Berlusconi (fondatore e azionista di maggioranza di Mediaset, società che controlla RTI, titolare delle concessioni televisive di Canale Cinque, Rete Quattro e Italia Uno) poiché la norma citata andrebbe riferita «alla concessione ad personam e quindi, se non c’è titolarità della persona fisica, non si pone alcun problema di eleggibilità, pur in presenza di eventuali partecipazioni azionarie». Nelle successive legislature fu ribadita l’eleggibilità di Berlusconi. Tuttavia, secondo alcuni, l’interpretazione di cui sopra sarebbe in contrasto con lo spirito e la lettera della legge. Se infatti Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, ne è il rappresentante legale, a chi si riferisce il sintagma «in proprio»? L’azionista di maggioranza è colui che gode del diritto di proprietà e trae i profitti dalle attività dell’azienda. Inoltre la Giunta, nella sua motivazione, introduce il concetto di titolarità del contratto, che non figura nella legge: l’essere «vincolati con lo Stato» non dipende solo dalla rappresentanza legale, ma anche dai vincoli conseguenti alla proprietà. Si noti che le concessioni televisive sono date all’azienda, non alla persona fisica: dunque il vincolo con lo Stato consiste nella proprietà o nella direzione dell’azienda concessionaria. Infine, che in proprio valga ‘in proprio nome’, con curiosa ellissi del sostantivo, è interpretazione chiaramente confutata dai primi due significati della locuzione: «non essendo alle dipendenze di nessuno» e «di proprietà personale»; la terza accezione, di basso uso, «personalmente, di persona», è limitata all’espressione «rispondere in proprio di qualcosa», in cui è sottintesa l’idea del mettere a rischio le proprie sostanze nell’assumersi una responsabilità. Con l'opinione che il possesso di alcuni mass media potesse costituire un possibile vantaggio elettorale, fu sostenuta altresì una sostanziale incostituzionalità, in quanto l'articolo 51 della Costituzione Italiana stabilisce che "tutti i cittadini (...) possono accedere agli uffici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza" e che la possibilità di orientare la comunicazione avrebbe potuto minare tale effettiva eguaglianza.
Nel 1996 il senatore Stefano Passigli propose un disegno di legge che, tra le altre cose, prevedeva che il funzionario pubblico con un patrimonio eccedente una certa somma dovesse affidarlo in gestione ad un'apposita società indipendente (blind trust o fondo cieco). Il d.d.l. non venne approvato. La questione fu però ripresa dallo stesso Governo Berlusconi II con la Legge n. 215 del 2004 (Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi)[1]. Si è eccepito che la legge sarebbe risultata di ben poca rilevanza per la risoluzione del conflitto, poiché si limitava a prescrivere che l'imprenditore individuale provvedesse a nominare uno o più institori, cioè una o più persone di fiducia (figli, parenti, amici, e perciò soggetti non realmente indipendenti) cui affidare l'effettiva gestione aziendale; l'unico vero effetto di tale legge è di impedire il varo di provvedimenti che possano favorire una data persona. Il Parlamento europeo prese già nel 2002 posizione sulla questione: al paragrafo 38 della risoluzione del 20 novembre 2002 deplorava che, "in particolare in Italia, permanga una situazione di concentrazione del potere mediatico nelle mani del presidente del Consiglio, senza che sia stata adottata una normativa sul conflitto d’interessi".
Il 13 luglio 2004 il Parlamento Italiano varava la Legge n. 215, recante "Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi" (la c.d. legge Frattini).
Tra gli altri casi italiani di conflitto d'interessi, vi è quello presunto di cui è stato accusato il governatore della Sardegna (in carica dal 2004 fino al dicembre 2008) Renato Soru, fondatore della società di telecomunicazioni Tiscali. Questi però, dopo la sua elezione, ha ufficialmente lasciato, similarmente a Silvio berlusconi, il controllo della società, pur continuando a mantenerne il 27,5% del capitale (in seguito è gradualmente sceso fino al 18%).
Bibliografia
- Anna D’Angelis, Dizionario del diritto - Conflitto d'interessi, Giuffré
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Osservatorio sui conflitti di interesse - Ares2000 Onlus
- Testo della legge Frattini, n. 215 del 2004, "Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi"
- Codice Civile Art. 2391 Conflitto di interessi (Norma che disciplina il conflitto di interessi nel diritto societario per gli amministratori)
- Codice Civile Art. 2373 Conflitto di interessi (Norma che disciplina il conflitto di interessi nel diritto societario per i singoli soci)
Note
- ^ LEGGE 20 luglio 2004, n. 215, su normattiva.it, normattiva.it - Presidenza del Consiglio dei Ministri. URL consultato il 26-02-2011.