I Lascaris di Ventimiglia sono una ramificazione dei conti di Ventimiglia, originata nel mese di luglio 1261 con il matrimonio tra Guglielmo Pietro, conte di Ventimiglia, e Eudossia Lascaris, figlia dell'imperatore bizantino Teodoro II Lascaris. In particolare, la famiglia si trasferisce a Ventimiglia, poi nel villaggio alpino di Tenda - sede della omonima contea - e nel XIV secolo anche a Nizza. Quivi è fondato il sontuoso Palazzo Lascaris, in Rue Droite nella Città Vecchia, attualmente un edificio barocco sede museale.

Lascaris Conti di Ventimiglia e di Tenda (secoli XIII-XIX).
Miniatura del XV secolo rappresentante Teodoro II Lascaris

Sempre a Nizza, dopo il 1258, sarà sepolto l'esule Teodoro II Lascaris presso il Dongione “ad pedem Sancti Hospitii”.[1] Questi fu sposo di Elena principessa di Bulgaria, da cui ebbe Maria, Teodora, Eudossia-Irene, Teodoro Giovanni e il postumo Emanuele. Maria sposa Niceforo Angelo, despota di Epiro, Etolia e Tessaglia, e successivamente Bela IV re d'Ungheria. Teodora sposa Costantino III re di Bulgaria. Eudossia-Irene sposa, come accennato, Guglielmo Pietro conte di Ventimiglia, dal quale nasce Giovanni, questi ha la figlia Renea moglie di Ludovico del Carretto, Emanuele e Guglielmo conte di Ventimiglia. Questa famiglia annovera molti militari, vescovi e cardinali, è decorata con l'Ordine dello Spirito Santo e l'Ordine di San Luigi, ebbe inoltre un Gran Maestro dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (nel ramo Lascaris di Castellar), fondatore, per il suo parentado, di una commenda ereditaria dell'Ordine di Malta (Santa Margherita di Lucéram).

Lo storico Stuyf afferma che la storia del contado di Tenda è tuttora molto mal conosciuta – benché, sia da aggiungere, negli ultimi quindici anni si sia compiuto un sostanziale passo innanzi -. La costatazione dell'illustre studioso francese può, nondimeno, esser estesa alla conoscenza tout-court dei conti di Ventimiglia.

Caterina Beatrice Lascaris di Ventimiglia dei conti di Tenda, contessa di Biandrate, signora di Novara, Alessandria Vercelli, Tortona e Lago Maggiore (1403-1412); duchessa di Milano (1412-1418).

La contea di Tenda dei Lascaris si origina infatti dallo smembramento del comitato di Ventimiglia. I conti di Ventimiglia, nei tre secoli intercorsi tra il X e il XIII secolo, disposero di ampi possedimenti territoriali, dalla valle del Varo – in Provenza – sino alla valle di Oneglia e la contea di Albenga in Liguria e al Basso Piemonte. Con la perdita, da parte dei conti, del diretto controllo della città di Ventimiglia, nel XIII secolo, e con il lor 'ritirarsi' nelle incantate montagne tendasche, certa storiografia propende nel considerar declinato l'alto profilo politico di questi signori ghibellini, stritolati tra l'incudine genovese e il martello angioino-provenzale, la padella savoiarda e la brace guelfa. Tuttavia - spesso in un'ottica strettamente municipalistica - non è adeguatamente considerata la posizione determinante e non secondaria che questi dinasti assunsero nello scacchiere mediterraneo, o almeno tirrenico, sia per il ruolo di fulcro economico dei commerci tra Provenza e Italia assunto dalla contea di Tenda, sia per la politica di espansione nel Regno di Sicilia dei medesimi dinasti ventimiglieschi.

Ad esempio, ancora nel 1277 il re d'Aragona, nel fornir le credenziali e il salvacondotto per il suo ambasciatore Ugo di Mataplana a papa Niccolò III, si rivolge ai capitani di Genova, al podestà e capitano di Pisa e al conte di Ventimiglia. Evidentemente, quest'ultimo, non paragonabile per potenza marinara alle repubbliche tirreniche, purtuttavia in grado di esprimere un'influente rappresentanza politico-militare nel medesimo ambito. Lo stesso dicasi per i conti di Ventimiglia, detentori in pieno Duecento della gabella di una porta d'accesso alle mura della medesima città di Genova “regina del Tirreno”, e, sempre a Genova, titolari di rendite sulle importantissime 'Compere del Sale', a riprova del loro ambientamento nella vita urbana e mercantile.[2].

Nondimeno, la storiografia più recente, spesso troppo condizionata da una visione culturale ottocentesca, ha presentato la famiglia comitale di Ventimiglia in maniera unilaterale: quasi dei rudi militari slegati dalla vita cittadina e 'borghese'. Posto che i Ventimiglia principalmente svolsero il loro mestiere delle armi - e che gli ideali della stessa borghesia dell'epoca furono la cavalleria e l'accedere alla nobiltà come ci hanno insegnato storici del livello di Huizinga o Elias - non è inopportuno sottolineare che i Ventimiglia seppero svolgere funzioni signorili pur in città episcopali, come Riez in Francia o Cefalù in Sicilia. Ovvero mantennero nei secoli - come fenomeno di lunga durata - il loro profilo sovrano di governanti. Come nel caso del Governo dei Quattro Vicari, nella Sicilia del Trecento. O ancora nel caso della reggenza del Despotato di Epiro, Romania/Acarnania, Cefalonia, Angelocastron, Vonitza, Varnatza e Durazzo - negli anni 1448/1460 - durante la minor età di Leonardo III Tocco, figlio di Raimondina e nipote di Giovanni Ventimiglia. Quest'ultimo personaggio viceré di Alfonso il Magnanimo d'Aragona - per il Regno di Sicilia e il Ducato di Atene - e condottiero di ventura per la Repubblica di Venezia, il Ducato di Milano, nonché Capitano Generale della Chiesa.

Lo stesso argomento in dettaglio: Ventimiglia del Maro.

Per non parlare di personaggi più recenti come Giuseppe Lascaris di Castellar, primo segretario di Stato per gli Esteri nel 1770 e viceré di Sardegna nel 1777, o Agostino, conte dell'Impero francese e, dopo la Restaurazione, presidente dell'Accademia delle Scienze e consigliere di Stato savoiardo. In tempi più vicini, si raccontano - tra l'altro - le vicende di Giulio Lascaris-Ventimiglia (1767-1833), un agente segreto inviato da Napoleone Bonaparte in missione dal 1799. Questo personaggio è molto poco conosciuto seppur molto interesante, con un ruolo da Lawrence d'Arabia ante litteram. Giulio ha lungamente vissuto e operato nel Vicino Oriente, tra Siria e Giordania, vivendo come un beduino locale e raccogliendo informazioni per Bonaparte. La missione del Lascaris fu quella di infiltrare le tribù locali, assicurarsene la fiducia e unirle contro l'Impero ottomano.

Il cortile interno del Palazzo Lascaris di Ventimiglia in Torino, attuale sede del Consiglio Regionale del Piemonte.

Successione sintetica dei Lascaris di Ventimiglia

 
Carlo Gaspare Gugliemo Ventimiglia di Luc, Arcivescovo di Parigi e Pari di Francia
  • Guglielmo Pietro di Ventimiglia (1230-1278), sposo di Eudossia-Irene
  • Lascaris (1254-1311), nel luglio 1261.
  • Giovanni I Lascaris di Ventimiglia (+ ante 1344)
  • Guillaumme Pietro II Lascaris Ventimiglia (+ ante luglio 1369), signore di Tenda e Briga
  • Guglielmo Pietro III, signore di Tenda
  • Luigi-Ludovico (1369-1399), Signore di Limone e Briga, Rocca Saint-*Martin nel 1383
  • Gudo (vivente 1431)
  • Louigi II (1400 + 1448)
  • Giovanni II (nato ~ 1430)
  • Luigi III (nato ~ 1460)
  • Onorato (circa 1490 + 1546)
  • Claudia (circa 1525 + circa 1590)
  • Antonio (1566 + 1598)
  • Marco (1594 + 1651)
  • Giovanni III (1633 + 1681)
  • Biagio (1664 + 1741)
  • Maria (1707 + 1782).

L'origine dei conti di Ventimiglia: una querelle secolare

Al tempo del matrimonio fra Anna Lascaris – figlia del conte Giovanni Antonio e erede di Tenda – e il 'Gran Bastardo' Renato di Savoia, ovvero agli inizi del XVI secolo, le origini della famiglia dei conti di Ventimiglia e Tenda eran già avvolte nelle brume della storia più remota. La contessa Anna terminava in quegli anni di redigere La Genealogia de' Conti di Ventimiglia, attribuita al conte Onorato I Lascaris 'Il Grande', suo nonno, avvelenato nel 1474 in una congiura ordita dai Savoia, Lascaris di Briga e Grimaldi.[3] Ma è possibile che il manoscritto di Onorato fosse ulteriormente rimaneggiato al tempo della nipote di Anna, Renata di Savoia marchesa di Baugé – a cui il codice appartenne – e che portò nel 1554 il cognome Lascaris nella casa del marito Jaques d'Urfé.

Sta di fatto che in tal manoscritto fu inserito un'improbabile - per datazione - donazione al monastero di Lérins del fantomatico Guido, conte di Ventimiglia, risalente all'anno 954, e in cui la moglie del conte risulterebbe un'inesistente Eleonora di Savoia[4]...Beninteso, la donazione risulta effettivamente avvenuta da successivi atti autentici di conferma del XII sec...Tuttavia – come meglio osserveremo – l'atto originale risalirebbe al 1147, essendovi citati personaggi e situazioni di quel periodo, in occasione della partenza per la crociata di Almeria e Tortosa dell'autentico conte Guido Guerra di Ventimiglia – probabilmente marito della marchesa aleramica Ferraria di Savona, erede della signoria di Albisola, Celle e Varazze.

 
Sarcofago nella Cattedrale di Coimbra della contessa Vatatza Lascaris di Ventimiglia, Infanta di Grecia, signora della commenda di Santiago do Carcem e Sines in Portogallo (Ordine Militare di S. Giacomo della Spada), Villalar in Catiglia, Castellòn de Burriana in Aragona, grande diplomatica e donna di potere defunta nel 1336.

In verità, eliminato nella congiura il conte di Tenda, Onorato – Ciambellano di re Renato d'Angiò – faceva comodo presentare tutta la schiatta ventimigliesca originata dai Savoia...e le feroci guerre che seguirono, condotte dalla vedova del conte, Margherita del Carretto – detta l'Amazzone – giustificherebbero pur la contraffazione di documenti autentici. Falso in 'originale' pergamenaceo - quel documento dell'anno 954 - che fu insinuato nel Regio Archivio di Aix in Provenza ancora il 4 febbraio 1532, quando Claudio di Savoia, conte di Tenda figlio di Anna Lascaris e Renato, è Gran Siniscalco di Provenza.

La tradizione provenzale sulle origini

Nel successivo XVII secolo, gli eruditi di storia e genealogia, compirono ulteriori tentativi di sistemare la questione delle origini, così il Papon:

«Il Poggetto/Puget appartenne, dall'anno 1070, a dei signori che ne assunsero il nome. Essi furono della casa dei Balbi/Balbs, che occupò, all'inizio del X secolo, la baronia di Boglio/Beuil, una gran parte della diocesi di Glandevés, le contee di Tenda e Ventimiglia. Questo è un fatto che risulta dalla storia manoscritta che andiamo citando, e di cui l'unico esemplare è conservato alla Biblioteca Universitaria di Torino. Risulta verosimile che questi Balbi abbiano la medesima origine di quelli di Chieri in Piemonte, i quali dal XII sec. tennero un distinto rango in quella repubblica, e dei quali una branca si è stabilita in Francia...La casa del Poggetto possedette una parte della Signoria di Puget-Théniers, diocesi di Glandéves, da dove assunse il nome. Ella fu una branca dell'antica Casa dei Balbi, che pare fosse stata lo stipite comune della Casa di Boglio – fusa con quella dei Grimaldi alla fine del XIV secolo - della Casa dei Balbi, stabilita in Provenza, dove si formarono diversi rami, tutti estinti nel XV secolo, e di quella dei Conti di Ventimiglia.[ trad. d. r. ][5]»

La sovrapposizione tra Balbo di Glandevés e i Ventimiglia può esser spiegata in parte dalla consistente presenza di quest'ultimi in Provenza. Nella seconda metà del Duecento i conti di Ventimiglia, sotto la pressione genovese, e contrattando scambi di domini feudali con Carlo I d'Angiò – conte-marchese di Provenza e futuro re di Sicilia -, guidano la 'ritirata strategica' dalla parte sud del comitato ligure, rafforzando o creando robusti aggregati di castellanie e signorie fondiarie adiacenti rispetto al dominio ventimigliese di Val Lantosque (torrenti Vesubie e Tinée), la cui alta signoria è però ceduta al conte di Provenza:

  • Il 19 gennaio 1258, Guglielmo/Guglielmino VI conte di Ventimiglia – figlio di Guglielmo IV - in Aix, stipula un accordo con Carlo d'Angiò, rinunciando ai propri diritti sovrani sulla contea di Ventimiglia e Lantosque, in cambio della signoria del defunto Giovanni di Pietro Balbo di Glandevés, ossia la Val Chanan, con le castellanie di Roquette-sur-Var, Coalongue, Puget-le-Figére, Penne, Chaudol, Cadenede, Toudon, Gilette e il condominio di Sainte Marguerite/Dosfraires.[6]
  • Raimondo Rostagno, figlio di Guglielmo/Guillelminus VI è “Signore della parte nord delle Alpi Marittine”, consignore di Valdeblore, Saint-Dalmas-le-Selvage, Chteauneuf, Aspremont, Rimplas, Saint-Saveur, Clans,[7]). Dall'atto di procura del padre e dei fratelli, per trattare con la Repubblica di Genova, nel 1249, risulta chiaramente un membro della famiglia comitale di Ventimiglia, nondimeno alcuni storici francofoni lo continuano a considerare un Balbo di Glandevés.[8]
  • Pietro Balbo, conte di Ventimiglia, zio del precedente, da alcuni storici è chiamato ambiguamente “Pietro Balbo di Tenda della famiglia de Blore, prossimo parente di Raimomdo Rostagno” [trad. d. r..][9]
 
I resti del castello di Sort, capitale di Lucrezia Lascaris di Ventimiglia (1265-1314), figlia di Guglielmo Pietro e contessa di Pallars Sobirà, signora di Berga, deceduta con l'abito delle canonichesse dell'Ordine Militare di S. Giacomo della Spada.

I conti di Ventimiglia, dunque, sono pressoché sovrapposti ai cosiddetti Balbo di Thorame-Glandevés, forse per il matrimonio di Guglielmo IV con una figlia di Pietro Balbo di Glandevés, tanto da vantare condominio sul centro stesso dei domini dei loro cugini, ovvero su Thorame.[11]

 
Blasone dei Ventimiglia visconti di Marsiglia.

I conti di Glandevés – secondo il Poly[12] e i maggiori medievisti – discendono o sono prossimi affini del conte Grifo di Apt, nel X sec., parente di una potente dinastia, di origini gallo-romane, rappresentata dai fratelli Fulcher – antenato di s. Maiolo abate di Cluny – e Rinaldo/Rainardo di Saignon. Possessore quest'ultimo degli allodi di Glandevés, Thorame, Valdeblore, Puget-Théniers ecc., da cui sembrano derivati pur i visconti di Vienne.

Al di là delle tradizioni degli araldisti d'Ancien-Régime, un tenue legame originario tra Ventimiglia e Glandevés – da verificare con specifiche ricerche – potrebbe esser costituito dalla dama di Saignon, Poncia di Rambaldo, che intorno al 1100 avrebbe portato al marito e cugino Guglielmo – figlio di Pietro Balbo – diritti sul castello di Drap e la contea di Ventimiglia.[13]

Dalla donazione - risalente al 1039 - di Corrado II, conte di Ventimiglia, al vescovo di Genova, concernente diritti signorili sugli allodi vescovili posti in Sanremo, apprendiamo che il conte si dice figlio di un altro conte Corrado. Questi è identificato da alcuni studiosi con Corrado/Cono, terzogenito del re d'Italia Berengario II - di schiatta anscarica proveniente dalla Borgogna - conte e marchese d'Ivrea.

L'ipotesi di Cono/Corrado di Vienne

Seguendo la tradizione provenzale, al contrario, Corrado I è forse identificabile con l'omonimo conte palatino di Borgogna, con sede nel palazzo reale di Vienne. Questo Corrado - figlio e fratello dei duchi di Svevia - è presente in Basilea, con il re Rodolfo III di Borgogna e l'imperatore Otto III, nell'anno 1000. Dallo stesso sovrano borgognone - tra gli anni 993 e 1009 - Cono riceve la corte di Münsingen in Argovia, ed è considerato dai medievisti un membro della famiglia dei Konradiner - discesa da Gebardo di Lahngovia, strettamente imparentato con Carolingi e Guglielmidi.

Il conte palatino Cono - nipote per parte materna di Adelaide di Borgogna e Ottone I imperatore - è il cognato del re Rodolfo, per il matrimonio (986/988) del fratello Ermanno con Gerberga, sorella del sovrano borgognone. Cono, inoltre, è cugino di papa Gregorio V e di suo fratello Ottone, duca di Carinzia, che riceve (15 gennaio 998) ampi possedimenti in Lombardia da Liutfredo vescovo di Tortona – dei visconti di Vienne per parte materna –.Infine, è utile tener presente che la nipote di Cono, Gisella di Svevia, fu la madre di Ermanno IV duca di Svevia e marchese di Torino (1035-1038), circoscrizione da cui dipendeva la contea di Ventimiglia. Mentre Liutaldo, altro fratello di Cono, fu antenato di Federico di Lussemburgo-Montbéliard, la cui famiglia - Konradiner - resse la Marca di Torino fra il 1079 e il 1092.[14] Sulle mire di re Rodolfo III sulla Marca d'Ivrea e quindi sul comitato di Ventimiglia – allora ricompreso in questa giurisdizione - ci informa una missiva dell'anno 1016 del vescovo di Vercelli all'imperatore, che potrebbe risultar utile a ricostruire l'insediamento della famiglia comitale in Ventimiglia.[15]

Nel 983 il medesimo Cono "filius Cononis" guida una compagnia di 110 cavalieri corazzati, tra alsaziani e svevi, sui 2090 coscritti da Ottone II imperatore. I contingenti militari sono elencati nell'Indiculus loricatorum Ottoni II in Italiam mittendorum, a rinforzo dell'esercito imperiale - disfatto da Berberi e Greci nella campagna di Puglia e Calabria del 982.[16] - Non sappiamo se un contingente di questo esercito fu impiegato nella guerra provenzale contro i Saraceni di Frassineto che ebbero a sequestrare san Maiolo di Cluny – fra il luglio e l'agosto del 983[17]. Tuttavia è possibile che Cono – se non partecipò alla campagna di riconquista di Provenza e Liguria occidentale - abbia potuto incontrare personalmente l'influente abate provenzale alla dieta imperiale di Verona, di poco precedente al rapimento del prelato, e in cui si decise di riprendere la campagna contro i Saraceni del sud Italia. Cono dal 987 al 1004 circa risulta nei documenti come conte di Ufgau e Mortenau, nei vescovadi di Strasburgo e Spira. Ciò a seguito dell'abdicazione del padre Corrado, nominato duca di Svevia.[18]

Lascaris di Tenda

Guglielmo Pietro

Guglielmo Pietro I, conte di Ventimiglia, nasce verso il 1230 da Guglielmo IV, signore della città di Ventimiglia e contea sino all'accordo con Genova del 30 luglio 1249, che vide riconosciuto l'alto dominio della repubblica marinara sulla città, ma la restituzione ai conti del palazzo-fortezza cittadino, mentre gli zii Emanuele – Capitano della Pars ghibellina di Ventimiglia – e Oberto, cedono i propri diritti sulla città soltanto nel 1251 e 1255. Guglielmo Pietro – alla morte del padre nel 1256 - mantiene in ogni caso, come vassallo di Genova, i distretti e castelli di Roccabruna, Sainte-Agnes, Codolis, Gorbio, Castellar, Tenda, Briga, Castiglione, La Menour, Quous e Val Lantosque. Oberto Ventimiglia – e poi suo figlio Bonifacio - mantengono il controllo del comitato di Bussana; i cugini discendenti di Enrico, zio di Guglielmo IV, il comitato del Maro – ossia gran parte della contea episcopale di Albenga.

 
La città e rocca di Tenda in una stampa del XVII sec.

Guglielmo Pietro, il fratello Pietro Balbo e i cugini Giorgio e Bonifacio, stipulano un'alleanza con Genova nel 1254. Il 30 settembre 1259 interviene una transazione con il fratello Pietro Balbo e il Comune di Tenda. Nel luglio del 1261, Guglielmo Pietro è inviato fra i comandanti di una flotta genovese che pone fine all'Impero Latino di Costantinopoli e impone sul trono Michele VIII Paleologo, a seguito del Trattato di Ninfeo. Michele ha elimanato dalla successione legittima Giovanni IV Dukas Laskaris, imperatore di Nicea, che è accecato e estromesso dall'eredità paterna. Lo stesso giorno dell'ingresso in Costantinopoli di Bizantini e Genovesi – il 25 luglio – Guglielmo Pietro celebra il matrimonio con l'infanta Eudossia Dukaina Laskarina – sorella di Giovanni IV – la quale all'epoca non ha più di tredici anni.

Guglielmo Pietro, probabilmente nel marzo 1261, era stato liberato dalle prigioni dell'imperatore Michele VIII Paleologo, a seguito della trattativa con Genova – richiamata in una epistola imperiale alla Repubblica - e al punto 14. del Trattato di Ninfeo, che prevedeva esplicitamente la liberazione dei prigionieri genovesi detenuti nelle carceri greche. La prigionia del conte di Ventimiglia – risalente “al tempo della guerra” nella epistola di Michele - è stato ipotizzato[19] che fosse iniziata a fine autunno del 1259, quando l'esercito di Guglielmo di Villehardouin, principe d'Acaia, era stato sbaragliato dagli imperiali a Pelagonia, in Macedonia. Nell'esercito latino era infatti presente il contingente di 400 'lance' inviato da re Manfredi di Svevia, interessato ad ampliare i suoi possedimenti di Cefalonia e Epiro. L'ipotesi è plausibile, poiché il regno di Manfredi, come meglio osserveremo con il ramo dei Ventimiglia del Maro, fu rinforzato da una presenza 'corale' dei conti di Ventimiglia, consanguinei del sovrano siciliano. Il Trattato di Ninfeo metteva a disposizione dell'imperatore bizantino il servizio armato di cinquanta galere genovesi per un mese l'anno – a spese dei Greci – in cambio di ampi privilegi commerciali e giurisdizionali, la città e porto di Smirne, il castello veneziano in Costantinopoli e il pagamento di un tributo annuo di 560 iperperi. La cantieristica navale genevose necessitava delle foreste ponentine controllate dai conti di Ventimiglia e del Maro, così come degli ingenti rifornimenti di grano che questi procuravano dalla Sicilia. Più in generale l'appoggio dei governanti genovesi al conte Guglielmo Pietro – e il suo matrimonio con la porfirogenita Eudossia - rientrava nella politica di avvicinamento alle posizioni ghibelline rappresentate da Manfredi di Svevia, da contrapporre alla pressione angioina ai confini del Ponente. Politica che si svilupperà sino alla Guerra del Vespro, dove i Ventimiglia continueranno a recitare un ruolo rilevante. Di fatto il conte fu liberato dalle prigioni greche, e fu combinato il matrimonio con Eudossia Lascaris, includente ricchi doni e la dote di ventimila iperperi per Guglielmo Pietro. Ancora nel 1271, Guglielmo Pietro svolgeva la funzione di mediatore tra Bisanzio e il Regno di Castiglia, dove presto erediterà tali uffici la figlia Vatatza.[20]

 
Il castello di Roccabruna, secondo la tradizione fondato da Corrado I conte di Ventimiglia nel X secolo

Il 30 settembre 1274 – nel castello di San Giorgio di Saorgio - i fratelli Pietro Balbo e Guglielmo Pietro definiscono l'amministrazione giudiziaria con il Comune di Briga. Il Comune di Mondovì – il 23 febbraio 1276 – stringe alleanza coi signori di Bovice, obbligandosi di difendere il loro castello, anche a nome dei Conti di Ventimiglia, Marchesi di Monferrato, Saluzzo e Ceva, dei Pavesi, Astigiani e Genovesi. Nel 1276 Pietro Balbo di Ventimiglia, conte di Limone, autorizza agli uomini dì detto luogo la pubblicazione degli statuti. Il 15 giugno 1276, Giacomo Spinola, inviato in qualità di vicario nella Riviera di Ponente per continuare la guerra contro Carlo I d'Angiò, ordina a Pietro Balbo e Oberto, conti di Ventimiglia, e al podestà e ai signori di Ormea, sotto pena di libbre 500 di genovini, di non impedire alle persone e bestiami, spettanti alle monache di S. Maria de Pogliola nel territorio di Morozzo, il libero uso dei pascoli nelle alpi di detto luogo.[21] I podestà di Andora e Oneglia, Inghetto di Negro e Nicolò Spinola, pubblicano il bando del Podestà e Capitani di Genova secondo cui - persistendo i Conti di Ventimiglia a non adempiere le clausole della pace, e in particolar non restituendo i castelli di Briga e Castiglione – i conti medesimi incorreranno nel bando, pertanto gli uomini di Andora e Oneglia non dovranno sostenerli in alcun modo.[22]) Pietro Balbo, anche a nome del fratello e del nipote Guglielmo VIII Ventimiglia, il 17 marzo 1278, stipula una pace con il siniscalco di Provenza rappresentante del re Carlo I d'Angiò. Otto giorni dopo, il 25 marzo Carlo d'Angiò scrive al siniscalco di Provenza Guglielmo de Alneto, dandogli facoltà di affrontare ogni spesa e porre qualsiasi taglia per avere, vivo o morto, Pietro Balbo conte di Ventimiglia.[23]

Il 21 agosto 1278, Pietro Balbo conte di Ventimiglia e Filippo dei Gastaldi, agente per il Comune di Cuneo, firmano la pace con i seguenti patti: che dovesse d'ora in poi esser pace e fratellanza fra detto Pietro Balbo - e per gli uomini del contado di Ventimiglia, abitanti nei luoghi di Tenda, Briga, Saorgio, Breglio, Pigna, Rocchetta, Castellaro, Bussana, Limone e Vernante - ed il Comune di Cuneo, in modo che una parte fosse tenuta a dare aiuto all'altra, eccetto contro gli Astigiani, il re di Sicilia, il di lui figlio principe di Salerno, loro successori nel contado di Provenza, e Genovesi. Che occorrendo di far guerra, detto conte fosse in obbligo di fornire ottanta balestrieri per ciascun anno in servizio dei Cuneesi, il simile facessero i Cuneesi in riguardo di detti conti e contado di Ventimiglia, mandando 80 uomini di armi, pagati per 15 giorni, con obbligo di accrescerne il numero ogni qualvolta necessitasse. Presta garanzia il Comune di Mondovì. In Cuneo. ()[24]. Il 5 ottobre 1281 trovasi cenno di una pace, seguita tra i conti di Ventimiglia e i Grimaldi ([25]). Il 20 agosto 1282 Guglielmo Pietro e Pietro Balbo definiscono alcune zone d'influenza territoriale all'interno della contea. Guglielmo Pietro il 9 giugno 1283 si accorda con il Comune di Briga sullo sfruttamento dei boschi. Guglielmo Pietro, conte di Ventimiglia, risulta deceduto avanti il novembre del 1283.

  • L'infanta di Grecia, Eudossia moglie di Guglielmo Pietro, segue in esilio Costanza di Hoenstaufen – figlia di Federico II e vedova dell'imperatore Giovanni Dukas Vatatzes – in Aragona, presso la nipote Costanza figlia di Manfredi Hoenstaufen – che si era accasata con il re Pietro II d'Aragona -. Eudossia è accompagnata dal figlio Giacomo e dalle figlie Vatatza, Lucrezia/Lascara e Beatrice. Nel 1280 il re Pietro concede a Eudossia il diritto di porre in enfiteusi porzioni della signoria di Mexen, sequestrata ai saraceni. L'anno seguente la contessa di Ventimiglia ottiene esenzione da ogni pedaggio, erbaggio e passaggio riguardante i suoi allevamenti bovini.
 
L'imponente castello gotico di Jativa, città sede di importanti fiere bovine, infeudata a Eudossia contessa di Ventimiglia.

Negli anni 1286-1304 Eudossia ottiene dai successori Alfonso III e Giacomo II le signorie di Jativa e Berbegal e due pensioni annue di 27 mila soldi sulle rendite dei Giudei di Barcellona e sulla signoria di Castellòn de Burriana, oltre a 1750 soldi sulle rendite di Huesca. Nella città di Montblanc la principessa bizantina fonda - nel 1298 - il convento della Mare de Deu de la Serra, officiato dalle Clarisse. Quivi depone una meravigliosa e miracolosa statua della Madonna con Bambino di scuola italiana, proveniente da Ventimiglia, che diverrà il centro d'interesse di affollati pellegrinaggi che porteranno questo convento, nel Medioevo, a essere un santuario iberico secondo solo a Montserrat.

  • Beatrice si maritò con Guglielmo di Moncada, figlio di Raimondo signore di Fraga. I Moncada riconoscono alla infanta Beatrice di Ventimiglia – alla presenza di Eudossia e del re Pietro - l'enorme dote di millecinquecento marche d'argento, con contratti stipulati il 13 aprile 1282 e il 1º giugno 1282, garantendone il valore con la città, castello e porto di Tortosa, da loro posseduti.[26]
  • L'altra figlia Vatatza si portò in Portogallo al seguito di donna Isabella d'Aragona andata sposa a Dionigi, il locale sovrano, e si maritò con il cavaliere lusitano Martino Gil de Sousa. Si trasferì ancora, come dama di compagnia della giovanissima Costanza d'Aragona, andata dodicenne in sposa a Ferdinando IV re di Castiglia. La fitta corrispondenza diplomatica con i re aragonesi dimostra la sua adesione alla lor causa – e il suo ruolo di punto di riferimento per la diplomazia aragonese in Castiglia - ma nondimeno riesce a esser nominata nella corte castigliana curatrice del neonato erede al trono, il futuro Alfonso XI.[27]

I delicatissimi incarichi diplomatici in cui si disimpegna Vatatza, relativi alla contestata successione nel Regno di Castiglia e nella revisione dei trattati intercorsi con l'Aragona, fruttano alla contessa Lascaris di Ventimiglia riconoscimenti da ogni lato.[28] Il re di Castiglia nel 1310 la investe della signoria di Villalar, quello del Portogallo della vasta commenda di Santiago do Cacem con la città di Sines e del castello di Ponoias. Vatatza acquista nel 1310 la città e giurisdizione di Huelva – con il castello di San Pedro - per 200.000 maravedì e la rivende alcuni anni dopo per 300.000, mantenendone però il possesso, poiché non le corrisposero l'intero prezzo.[29] Presso il castello moresco di Santiago do Cacem, nella chiesa di San Giacomo riedificata da Vatazta di Ventimiglia, è conservata la preziosissima reliquia della Vera Croce di Cristo, proveniente da Costantinopoli con la madre Eudossia. Inizialmente la reliquia bizantina fu conservata nella chiesa della Madonna delle Stanze, nella città di Sines, fatta edificare da Vatatza a seguito di un voto. Nel Tesoro della Basilica Reale di Castro Verde si conserva un'altra reliquia portata da Vatatza dalla Liguria, ovvero il preziosissimo gioiello-reliquiario argenteo della testa di san Fabiano (forse l'omonimo vescovo di Ventimiglia del III sec.).

 
Scorcio del Castello di Santiago do Cacem, posseduto insieme alla sua ampia signoria da Vatatza Lascaris di Ventimiglia.
  • La sorella Lucrezia Lascara (1264-1314) sposò il conte Arnaldo Ruggero di Comminges-Pallars nel 1281, dal quale ebbe le figlie Sibilla – sposa nel 1297 con Ugo di Mataplana – Violante e Beatrice. Defunti i conti di Pallars, i cugini di Comminges – spalleggiati dai conti Foix e dal re di Francia invasero la contea rivendicandone la successione, tentando di toglierla alle figlie della contessa Lascara di Ventimiglia. Alle quali il re d'Aragona confermò i feudi di Berga e Berguedà, e inviò un contingente militare di soccorso. Si giunse a una tregua per intervento dei Moncada, ma la guerra riprese per lunghissimi anni, restando Ugo di Mataplana e la contessa Lascara di Ventimiglia e Pallars padroni di buona parte del territorio conteso.

Il conte Arnaldo Ruggero nel 1289 nomina nel suo testamento Raimondo d'Urtx, barone di Mataplana (1290), tutore delle sue figlie Sibilla, Violante e Beatrice. Il barone di Mataplana, trattando alle spalle del re Giacomo e a detrimento degli interessi della Corona, si accorda con Lucrezia Lascara di Ventimiglia per sposare la figlia Sibilla (1282-1327) con suo figlio Ugo, che così erediterà la contea di Pallars e le signorie del Berguedà e Gélida. Nel 1296 il re inviava a Raimondo il consigliere Guglielmo di Anglesola con l'ordine di rinunciare alla tutela delle figlie della contessa di Ventimiglia e Pallars. Ma questa “dona altiva y batallera”, che spesso “plantava cara” ai regi ufficiali e al medesimo sovrano, nel 1297 manteneva ancora il suo alleato Raimondo come tutore almeno della figlia Beatrice – viscontessa di Villamur -, ponendosi sotto la protezione dell'abito di diaconessa dell'Ordine Militare di San Giacomo della Spada, nel lussuoso monastero di Jonqueres, nonché facendo sposare Beatrice con il medesimo Guglielmo di Anglesola, signore di Bellpuig. Nello stesso anno re Giacomo acquista la proprietà di Pallars e Berga – eccetto il castello di Puigarbessos – per cinquecentomila soldi, reinvestendo in feudo onorevole le stesse signorie a Sibilla e Ugo, con il consenso di Lucrezia Lascara e della sorella Beatrice di Ventimiglia. Nel 1309 il re riacquista per 180.000 soldi il feudo di Berga/Berguadà, comprendente le castellanie di Monclar, Casserres, Merola, Puigarbessos, Fraumir, Bonner, Blancafort, Peguera, Terol, Terca e Malanyeu. Da Sibilla di Pallars e Ventimiglia e Ugo VII di Mataplana nasceranno sette figli, tra i quali Beatrice sposa di Arnaldo II d'Erill e madre di Berengario d'Erill, vescovo di Barcellona e Urgell nonché principe di Andorra (1371-1388).

  • La sorella Violante Pallars e Ventimiglia – signora di Foradada, Campo, Navarri e Pallaruelo - fu sposa di Ximeno Cornell e in seconde nozze di Guglielmo conte di Ribagorza, dando vita alla dinastia dei Lascaris/Lascorz di Ribagorza.[30]

Onorato I Lascaris: la restaurazione del comitato di Ventimiglia

Sino al trattato del 1369 con la regina siciliana Giovanna d'Angiò, contessa di Provenza, i conti di Ventimiglia si considerarono sovrani - e tali furono considerati nelle convenzioni con i re di Sicilia e Gerusalemme - genericamente 'dipendenti' soltanto dall'Impero. Esclusivamente a titolo personale Pietro Balbo I di Ventimiglia nel 1285 rese omaggio a Carlo II d'Angiò – tra l'altro per lunghi anni loro prigioniero nella rocca di Cefalù - ma nessun omaggio o fedeltà i Ventimiglia prestarono mai per la contea di Ventimiglia e di Tenda. I trattati con la Genova – che prevedevano il vassallaggio dei conti - peraltro, erano decaduti, in quanto i Ventimiglia erano stati banditi e privati della città capoluogo della contea. Non solo, nella stessa contea provenzale di Glandevés-Thorame - ottenuta nel 1258 da Guglielmo VI di Ventimiglia in cambio della cessione dei suoi diritti su Ventimiglia – i conti di Provenza mantenevano soltanto una teorica giurisdizione, ristretta ai delitti contro la Chiesa e alle rapine a danno dei mercanti: nessun diritto d'appello contro le sentenze dei conti di Ventimiglia fu ammesso, al di fuori di tale circoscritta casistica. Nel 1354 la regina Giovanna riconosceva, tra l'altro, il diritto dei conti di Ventimiglia al possesso dell'ampia baronia di Beuil e Massoins, occupata dai Grimaldi a seguito di matrimonio con una Balbo di Ventimiglia. I rapporti di forza e i patti politici mutarono contenuto nel 1369, con il trattato - seguito a una feroce guerra – che vide per la prima i conti di Ventimiglia e Tenda dichiararsi vassalli della contessa-marchesa di Provenza. Dopo l'acquisto di Cuneo e Nizza da parte dei Savoia (1381-1388) i rapporti tra Ventimiglia e Angiò si trasformarono radicalmente. Di fronte alla comune minaccia, i conti di Ventimiglia – divisi dal 1368 nei rami di Tenda e Briga – si allearono con la Casa d'Angiò, che li ricompensò con rilevanti incarichi di corte e laute prebende ecclesiastiche. Contemporaneamente, i Ventimiglia aderirono ai marchesi di Monferrato, ai del Carretto, ai Visconti e Sforza di Milano per garantire la propria indipendenza dalla potente Repubblica di Genova e dai Savoia. Fautori della politica filo-angioina furono dunque il nonno e il padre di Onorato I Lascaris, Pietro Balbo II e Gian Antonio I, quest'ultimo sposo di Francesca Bolleris/Bouliers di Centallo e quindi genero del governatore angioino degli ultimi possessi provenzali al di qua delle Alpi.

  • Onorato, signore di temperie umanistica d'alto profilo, interpreta il canto del cigno della sua dinastia: con lui è ricostituita la potenza dei Ventimiglia nel Ponente ligure, ma l'autunno della grandigia cavalleresca è alle porte.

Onorato fu conte di Tenda (titolo assunto da lui per la prima volta), località dove nacque intorno al 1420. Il giovane Ventimiglia studiò all'Università di Montpellier e visse successivamente alla corte angiona di Aix-en-Provence, dove si accasò con Margherita Cossa, figlia di Giovanni, Gran Siniscalco di re Renato d'Angiò, originario dell'isola d'Ischia. Entrato nelle grazie del sovrano, Onorato – succeduto al padre nel 1440 - fu nominato Gran Ciambellano, vicario di Marsiglia e Arles, nonché signore di Châteauneuf-de-Grasse e La-Garde-lès-Grasse, feudi acquistati tra il 1453 e il 1465. Mentre suo fratello maggiore Pietro Lascaris, regio governatore di Grasse e Saint-Paul de Vence, ereditò dalla moglie Caterina Grimaldi le consignorie di Antibes, Cagnes e Mentone. Eredità che a Pietro costò la vita, essendo assassinato nel 1443 da Nicolò Grimaldi. Nondimeno, Onorato riuscì a recuperare Antibes e Cagnes – sempre osteggiato dai Grimaldi –, ma non l'antico retaggio familiare di Mentone. Il 30 novembre 1445 il conte Onorato stipula una convenzione con Luigi I duca di Savoia, concernente la gabella del sale e i pingui traffici commerciali tra Nizza e Cuneo. Intorno al 1447, il Lascaris, marito in seconde nozze della marchesa di Finale, Margherita del Carretto (1427-1491), aderisce alla pars degli Adorno e partecipa alle lotte dei congiunti contro i dogi Fregoso di Genova. Lo scopo del Ventimiglia è quello di recuperare i possedimenti aviti in Liguria, riunificando sotto il suo comando il territorio soggetto ai cugini Ventimiglia del Maro nell'entroterra di Oneglia e Porto Maurizio. Le stesse mire lo opposero in una feroce guerre féodale ai Doria di Oneglia, che alla fine del Duecento avevano occupato Dolceacqua e parte della contea del Maro. Nel 1453 il conte Onorato è in Ventimiglia dove presta omaggio a Renato d'Angiò e nel 1455 respinge la richiesta di omaggio del duca Luigi I di Savoia Questi aveva acquistato dai cugini Lascaris di Briga una quota della signoria tendasca di Limone. Continua così la frizione con i Savoia, che vedono osteggiato e condizionato da Tenda il vitale commercio tra Cuneo e Nizza. Il 18 febbraio 1454 le comunità di Sospello, Breil e Saorgio ratificano la sentenza del duca di Savoia nella causa da loro sostenuta contro il conte Onorato. Il 21 dicembre 1454, segue altro arbitraggio del duca fra le medesime comunità e quella di Tenda – unita al conte – riguardante i pedaggi che impone Onorato sui mercanti della “Via del Sale”.

Onorato prosegue nella sua politica di espansione nel Ponente ligure, in rotta di collisione con gli interessi savoiardi. Nel 1445 rileva da Gaspare Ventimiglia, barone di Buscemi in Sicilia, alcune quote sulle signorie liguri di Cosio d'Arroscia, Borghetto e Montegrosso. Dieci anni appresso, il 9 maggio 1455 il conte di Tenda acquista dallo stesso cugino Gaspare la contea del Maro, comprendente i castelli e ville di Maro, Pornassio, Prelà Superiore e Inferiore, Carpasio, Montegrosso, Borghetto, Mendatica, Valloria, Aurigo, Lavina e Cenova, il tutto al prezzo di 8.600 libbre genovesi. Il conte di Tenda investe di Prelà Superiore il cugino Tebaldo Lascaris di Briga.[31] Due anni dopo, il Lascaris appoggia lo zio Luigi Bolleris di Reillane in guerra con i Savoia. Il conte di Tenda occupa i castelli di Demonte e Roccasparviera, ma a Centallo è catturato dai mercenari savoiardi, per tradimento, e condotto a Torino: è liberato soltanto nel 1458, su richiesta del duca Francesco Sforza. Nondimeno, il 2 marzo 1462, Rinaldo Ventimiglia del Maro testava in favore del conte di Tenda, nominandolo erede universale delle consignorie di Lucinasco, Caravonica, Carpasio, Larzeno, San Bartolomeo, Montegrosso e altri luoghi, diseredando al contempo il figlio Antonio, ritenuto indegno dal padre. Antonio si oppone, ma un migliaio di armigeri tendaschi occupa i castelli della contea del Maro e induce i vassalli a prestar omaggio e fedeltà a Onorato. Antonio finì i suoi giorni nelle segrete di Tenda, mentre queste furon assaggiate per dieci mesi pur da Girolamo di Ventimiglia, signore di 1/6 del castello di Pornassio, per aver rifiutato di prestar omaggio al Gran Ciambellano. Nel 1460 Onorato possiede 1/6 di Pornassio e il 17 ottobre 1460 vi aggiunge 5/48, dando in cambio a Giorgio di Ventimiglia alcuni possedimenti a Beinette, pervenuti al conte di Tenda dal Monastero di La Paix. Nel 1462 Pornassio, Mendatica et Montegrosso sono annessi alla Contea di Tenda.

L'egemonia nel Ponente ligure

Il duca Sforza, nel 1463 in qualità di signore di Genova, riconosce – per cinque anni - il possesso della città di Ventimiglia a Lamberto Grimaldi di Monaco, tradendo l'amicizia con il Lascaris. Per ritorsione Onorato rifiuta al duca di Milano l'omaggio per i suoi possedimenti liguri e occupa il castello di Prelà, antico possedimento ventimigliesco pervenutogli dal barone 'siciliano' di Buscemi. Castello che sarà ceduto dal Ventimiglia, il 17 giugno 1464, a Giovanni del Carretto. Il 10 ottobre successivo il conte di Tenda prosegue nel radicamento in Liguria acquistando da Brocardo Scarelli un molino in Montegrosso. Il 26 febbraio 1467 Onorato stipula un trattato con il duca Galeazzo Maria Sforza, che gli riconosce tutti i diritti sull'antico comitato di Ventimiglia e lo nomina unico referente politico. Nel 1468 il conte di Tenda, andando contro Lamberto Grimaldi, occupa Mentone e pone l'assedio a Roccabruna – alleato ai cugini Grimaldi di Beuil che ambiscono alla signoria di Monaco – ma il duca di Milano pretende il diretto controllo su Mentone e il Lascaris, ferito all'assedio di Roccabruna, deve ritirarsi. Finalmente, nel 1469, Onorato, affiancato all'esercito sforzesco, regola i conti con Lamberto Grimaldi che viene scacciato dalla città di Ventimiglia. La vittoria definisce l'egemonia del Lascaris su tutto il Ponente ligure e Onorato occupa il Marchesato di Finale, in qualità di tutore del giovane cugino Galeotto II del Carretto. La signoria diretta del Lascaris di Ventimiglia si estende ora nel comitato del Maro e - per conto dei del Carretto - in Rezzo, da dove Onorato estromette i marchesi di Clavesana. Agli 8 ottobre 1470 il conte è in causa con alcuni sudditi di Tenda, circa l'applicazione di un privilegio concesso da Oberto, conte di Ventimiglia, il 26 maggio 1207. Il Lascaris, divenuto 'troppo' potente, preoccupa i grandi: il duca di Milano e signore di Genova prende le parti dei Ventimiglia di Pornassio e induce Onorato a restituire ai cugini, fra il 23 giugno e il 10 ottobre 1472, 1/8 di Pornassio.

Tuttavia, la potenza egemonica di Onorato fu di breve durata. Il suo acerrimo nemico Lamberto Grimaldi di Monaco organizzò una congiura, insieme ai Lascaris di Briga e a Giovanni Ludovico di Savoia, vescovo di Ginevra e tutore del duca Filiberto di Savoia. Bartolomeo Lascaris di Briga e Pietro di Montchenu, collaboratori del vescovo di Ginevra, corruppero Pietro Parpaglia di Rovigliasco, cortigiano del conte di Tenda. Questi organizzò l'avvelenamento del conte di Tenda, che fu assassinato il 6 febbraio 1474. Nel testamento del4 febbraio 1474, il conte di Tenda si riconosceva ancor debitore di 900 fiorini d'oro verso il cugino Gaspare barone di Buscemi, per l'acquisto del Maro, nonché creditore di ben 7000 fiorini dal cugino Galeotto del Carretto, causa la guerra sostenuta a suo favore contro i Genovesi. Erede universale fu nominato Gian Antonio II Lascaris, figlio di Margherita del Carretto. I legati del testatore furono rivolti a favore della vedova Margherita del Carretto, tutrice dei suoi figli, del fratello Tommaso, di Onorato del fu Pietro Lascaris, suo nipote, di Caterina, Leonetta, Ameriga et Margherita, sue sorelle, poi delle figlie di Marietta e Onorato Grimaldi di Beuil (Margherita e Giannetta). Son beneficiate le sue figlie: Brigitta, sposa di Aleramo di Monbasiglio; Francesca, moglie di Otto Rostagno; Maddalena, sposa di Francesco Valperga; Giannetta, accasata con Agostino Adorno. Tra i figli del conte, nel testamento è citato il canonico regolare Rodolfo, fondatore della canonica agostiniana di San Dalmazzo di Tenda. Il testamento del conte Onorato fu ratificato con patenti di re Renato d'Angiò dell'undici giugno successivo. Onorato I Lascaris di Ventimiglia, Gran Ciambellano del Re di Sicilia e Gerusalemme, Vicario reale di Marsiglia e Arles, fu conte di Ventimiglia, di Tenda e del Maro, consignore di Limone, Vernante, Villeneuve, Gardie, Châteauneuf-de-Grasse (1/2), Antibes (1/3), Cagnes (1/3),Loubet, Villetagne, Pugeton-les-Treize-Dames, La Gaude, Gorbio, Conio, Cosio, Aurigo, Pornassio, Lucinasco, Valloria, Cenova, San Bartolomeo, Torria, Chiusanico, Locio Ripario, Carpasio, Goraino e Caravonica, Montegrosso, Borghetto, Larzeno, Prelà (Pietralata) e Perlamoro.

Lascaris di Castellar

 
La Torre del Castello di Gorbio, risalente alla fondazione di Ottone II conte di Ventimiglia, patrono della locale commanderia dell'Ordine del Tempio, nel XII sec

Antonio/Anthoron Lascaris di Castellar, conte di Ventimiglia, nasce intorno al 1436 da Guglielmo Lascaris, signore di Castellar e Gorbio – figlio di Guido - e Ilaria Lascaris di Briga (matrimonio dei genitori 1º febbraio 1435). Dopo Antonio nascono i fratelli Bartolomeo/Berthouma, Guglielmina e Violante.

 
Giuseppe Vincenzo Francesco Maria Lascaris di Ventimiglia (7-8-1729/28-1-1793), marchese di Rocchetta del Varo, conte di Ventimiglia, Castellar e Valdandona, Viceré di Sardegna, Gran Ciambellano, Ministro e Primo Segretario per gli Affari Esteri del Regno di Sardegna, Grande di Corona, Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata e dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Dottore in Diritto Civile e Canonico (Torino, Dresda, Lipsia), Gentiluomo di Camera onorario e Legato del Re di Sardegna in Sassonia, Hannover, Paesi Bassi e Regno delle Due Sicilie, Direttore della Reale Accademia di Pittura e Scultura di Torino, Protettore della Compagnia di S. Luca (Accademia albertina) , Accademico dell'Arcadia in Roma, mecenate e cultore di musica e letteratura. Il marchese Lascaris ebbe tra i suoi protetti il quindicenne Wolfgang Amadeus Mozart in Torino.

Antonio resta orfano del padre nel 1443 e il 30 agosto di quell'anno è stipulata, in Mentone, una convenzione divisoria dei beni tra Antonio e il fratello, rappresentati dalla madre, da una parte, e gli zii paterni Luigi e Enrico Lascaris di Gorbio dall'altra, con la mediazione del cugino Onorato I Lascaris conte di Tenda e Ventimiglia. Agli zii Luigi e Enrico è assegnato l'asse ereditario della madre Margherita di Grasse – moglie di Guido – consistente nelle signorie di Châteauneuf-de-Grasse e Gardia. Due anni appresso, il 24 novembre 1445, interviene una nuova transazione fra le stesse parti, dove Luigi ritiene la medesima dote materna e Enrico acquisisce Gorbio, mentre ai nipoti Antonio e Bartolomeo è confermato il possesso di Castellar.

 
La Torre maltese fatta erigere da Giovanni Paolo Lascaris di Ventimiglia, Gran Maestro dell'Ordine di Malta dal 1636 al 1657. Il 29 dicembre 1360, con privilegio regio, Guido Ventimiglia di Geraci - Gonfaloniere del Regno di Sicilia e Capitano della città di Trapani, fu investiro della contea di Malta e Gozo, con piena giurisdizione civile e criminale.[32]

Il 20 febbraio 1453 i giovani Antonio e Bartolomeo riconoscono, in Ginevra, il vassallaggio da Luigi duca di Savoia, per il feudi di Castellar e Sainte-Agnès, versando la somma di milleduecento fiorini d'oro. Nel successivo 23 marzo il duca di Savoia si riserva il diritto perpetuo di riscatto, sulla signoria di Antonio e Bartolomeo, versando la somma di milleduecento fiorini. Il 19 dicembre 1454, in Rumilly, il duca di Savoia revoca l'investitura di Sainte-Agnès ai fratelli Lascaris. Mentre il successore, Amedeo IX di Savoia – il 12 aprile 1460 – riconosce i diritti di Antonio Lascaris di Castellar sull'antica baronia di Beuil/Boglio e Massoins, ricevuta dagli antenati, con investitura del Re di Gerusalemme e Sicilia, sin dall'anno 1354. Nel 1465 il Re di Francia conferma l'investitura della baronia di Beuil e Massoins a Antonio e Bartolomeo Lascaris. Il 9 maggio 1468, in Carignano, il duca Amedeo IX di Savoia conferma l'investitura di Castellar ai fratelli Antonio e Bartolomeo Lascaris, riconoscendogli inoltre una pensione annua di cinquanta fiorini sulle rendite di Sainte-Agnès, ma l'anno successivo cede nuovamente questa signoria ai due Lascaris. Il 24 agosto 1482 sono determinati i confini tra la signoria di Castellar e la comunità di Sospello. Il 14 aprile 1488 il giudice vicario di Boglio rende pubblici i diritti dei Lascaris su questa baronia, per regio privilegio. Antonio Lascaris di Ventimiglia, barone di Boglio e Massoins, signore di Castellar e Sainte-Agnès, risulta già sposato il 30 maggio 1474 con Philippine – figlia di Jean Badat/Bald – dalla quale ebbe i figli Stefano e Onorato. Antonio è già deceduto l'11 maggio 1490, come si evince in atto di procura della vedova Philippine Badat (originale conservato negli archivi del castello di Santena).[33]

Lascaris di Briga

  • Luchino II Lascaris di Briga nasce intorno al 1405, da Ranieri II signore di Briga e da Maddalena Grimaldi. Il 18 marzo 1413, rimasto orfano, è sottoposto alla tutela dello zio Giovanni/Gioanino Lascaris di Briga, insieme ai fratelli Carlo/Carlone II e Nicolò III – monaco di Lérins – e ai cugini Marco/Marchetto e Luigi del fu Pietro. Luchino, insieme al fratello Carlo, nel 1426 vende 1/6 di Limone a Giovanni-Antonio I e Giovanni Lascaris di Tenda, che il 26 agosto 1426 acquistano un altro sesto della signoria di Limone da Giovanni, zio di Luchino, al prezzo di duemila fiorini. Il 28 luglio 1427 interviene una convenzione, con rettifica dei confini, fra Giovanni Lascaris di Briga e i suoi nipoti, da una parte, e i cugini conti di Tenda dall'altra. L'anno successivo, il 28 luglio, Luchino fornisce al duca Amedeo di Savoia quietanza per cessione di una quota signorile su Briga, e, l'8 ottobre 1428, lo stesso duca investe Luchino, i fratelli e i cugini Tibaldo e Galeazzo – figli dello zio Giovanni – del medesimo castello e territorio di Briga.

Il 7 agosto 1436 Luchino e i fratelli addivengono a una transazione con la madre, vedova di Ranieri II, circa la vendita di una proprietà al notaio e prevosto Giacomo Fenoglio. Fra il 10 e il 12 agosto 1440, Luchino acquista dai cugini Antonio Lascaris del Maro e Antonio Lascaris di Conio – al prezzo di 6.500 fiorini - una serie di signorie feudali e castellanie ventimigliesche nei comitati di Ventimiglia, Albenga e Oneglia, ossia: 1/2 delle carature di Conio, Prelà, Canetto, Borghetto e altre proprietà in Val d'Arroscia, ovvero Cosio, Mendatica, Pornassio e Montegrosso, oltre a frazioni feudali e allodiali in Villatalla, Stonzo e Borghetto di Mendatica. Negli anni 1457, 1475, 1482 e 1483 si succedono delle convenzioni e accordi tra la Comunità di Briga e Luchino Lascaris.

Altri accordi sono sottoscritti – il 31 maggio 1460 - dai fratelli Luchino e Carlo e dal cugino Tebaldo, sposi rispettivamente di Caterina, Giannetta/Gioanetta e Tommasina Litti – figlie di Pietrolino Litti consignore di Saint-Auban – circa le doti consistenti nei feudi di Bouyon, Bonson, Rocchetta del Varo e Dosfraires, nonché sulle annesse gabelle e pedaggi. Finalmente, l'11 ottobre 1461, interviene la divisione delle doti Litti: Luchino acquisisce Dosfraires, mentre a Carlo sono assegnati Bouyon, Bonson e Rocchetta del Varo.

Il 17 luglio 1461 le Comunità di Briga e Limone presentano una querela al Vicario della Contea di Ventimiglia e Val Lantosca, contro il duca di Savoia, già acquirente di alcune terre da Antonio I Lascaris, il 22 marzo 1419. Il successivo 18 ottobre 1463 è la volta di Luchino e Carlo Lascaris di presentare una protesta contro la Comunità di Briga. Mentre, il 20 settembre 1466, Luchino, Carlo e il cugino Tebaldo ricevono reinvestitura di Briga e si dividono la medesima signoria. Il 17 febbraio 1470 i signori di Briga intervengono a favore della Comunità ottenendo diversi privilegi presso il Governatore di Nizza. Gli anziani fratelli Luchino e Carlo Lascaris sono nominati arbitri e dettano sentenza il 28 gennaio 1476, nella divisione della signoria di Gorbio, in vertenza tra Otto e Garniero, figli di Enrico Lascaris di Gorbio. Interviene al giudizio anche Bartolomeo di Guglielmo Lascaris di Castellar. Il 12 agosto 1494 la Comunità di Briga presta omaggio ai signori Luchino fu Ranieri, Pietro fu Tebaldo, Pietro fu Carlo Lascaris e al duca Carlo-Giovanni di Savoia.

Luchino II Lascaris di Briga - conte di Ventimiglia, signore di Dosfraires, consignore di Briga, Limone, Conio, Prelà, Canetto, Cosio, Mendatica, Borghetto di Mendatica, Pornassio, Montegrosso, Villatalla, e Stonzo – dalla moglie Caterina Litti ebbe i figli Celestino I, Nicolò V, Ranieri III, Onorato VI e Maria III. Luchino ebbe per fratelli, Tommaso III e Giovanni-Antonio III e per sorella Ilaria II. Nel 1496, in occasione dell'omaggio reso al duca Filippo II di Savoia, i fratelli Carlo e Luchino risultano già defunti e prestano omaggio i rispettivi eredi: Pietro e la madre Giannetta Litti per Briga, Bouyon, Bonson e Rocchetta sul Varo, i cugini Nicolò V e Celestino I – figli di Luchino - per i restanti carati di Briga.

  • Tebaldo Lascaris di Briga, conte di Ventimiglia cugino di Luchino II, è nominato vicario di Mondovì il 14-15 settembre 1447, e di Cuneo il 7 gennaio 1461, il 3 aprile 1459 e il 3 gennaio 1460 Tebaldo riceve lettere ducali credenziali per ambasceria al Governatore di Genova. Il 18 luglio 1457 la Comunità di Briga si obbliga a versare a Tebaldo Lascaris ducati 105 e fiorini 80 anticipati al Duca di Savoia per il donativo dovutogli dalla medesima Comunità.[34]
  • Celestino I Lascaris è figlio di Luchino II consignore di Briga, e risulta in atto del 19 ottobre 1494 come fratello di Onorato VI, Nicolò V e Ranieri III, monaco di Lérins. Nel 1496 Celestino presta giuramento come sindaco di Nizza e nel medesimo anno presta omaggio – come sopra accennato – quale signore di Briga, atto ripetuto il 4 febbraio 1501 in favore del duca Filiberto di Savoia e ancora il 15 ottobre 1505, insieme a Nicolò, per l'investitura di 1/3 della signoria di Briga. L'11 aprile 1524 Celestino stipula in Nizza una transazione con le figlie di Pietro Lascaris, Tommasina e Caterina, la prima, moglie di Renato Grimaldi di Boglio – figlio di Marietta Lascaris - la seconda, sposa di Giacomo figlio di Celestino. Il 1º luglio 1527 Celestino redige nel suo castello di Dosfraires un codicillo testamentario, seguito da testamento in Nizza, in cui sono nominati suoi eredi, oltre al figlio Giacomo, il fratello Onorato e il nipote Pietro. Il 26 novembre 1532, Celestino, e il figlio Giacomo, sono investiti della signoria di Briga, compresa la quota della nuora Caterina erede di Pietro Lascaris. In atto del successivo 11 dicembre, concernente il figlio Giacomo, Celestino risulta deceduto. Celestino I Lascaris di Briga - conte di Ventimiglia, signore di Dosfraires, consignore di Briga, Limone, Conio, Prelà, Canetto, Cosio, Mendatica, Borghetto di Mendatica, Pornassio, Montegrosso, Villatalla, e Stonzo – fu sposo di Caterina Passana dalla quale ebbe la figlia Brigitta – sposata il 22 settembre 1503 – e i figli Bartolomeo V, Raimondo V e Giacomo VII.[35]

Note

  1. ^ Giulio Dal Pozzo, p. 17.
  2. ^ Ferretto, p. 198
  3. ^ Rossi, La morte di Onorato, p. 265-275.
  4. ^ Cais di Pierlas, I conti di Ventimiglia, p. 99-101, che fa risalire la falsificazione al XIV sec.
  5. ^ Jean-Pierre Papon, Jules Frédéric Paul Fauris de Saint-Vincent, Histoire générale de Provence, Parigi: Imprimérie de Philippe-Denys Pierres, 1777, 1., p. 448; 3., p. 454; si veda similmente Louis Durante, Histoire de Nice depuis sa fondation jusqu'a l'année 1792, Torino: Stamperia G. Favale, 1823, 1., p. 152
  6. ^ Robert Dominique, L'etat de la Provence dans sa noblesse, Parigi: P. Auboin, P. Emery e C. Clousier, 1693, 2., p. 167; Pavoni, La frammentazione politica, p. 120; Papon, 1., p. 449
  7. ^ Miscellanea di storia italiana, 29 (1892), p. 411
  8. ^ Romeo Pavoni, La frammentazione politica del Comitato di Ventimiglia, in Le Comté de Vintimille et la famille comtale, 'Colloque des 11 et 12 octobre 1997, Menton', Mentone: Société d'art et d'histoire du Mentonnais, 1998, p. 115; contra Gérard Colletta, Saint-Sauveur-sur-Tinée: des Ectini aux Blavets sur Tinée, SERRE Editeur, Nizza 2006, p. 15
  9. ^ Louis Bueil, Les seigneurs du Val de Blore, “Nice Historique”, (1953), pp. 6-15.
  10. ^ Thierry Pécout, Noblesse provençale et pouvoir comtal: l'exemple du pays de Riez (Alpes-de-Haute-Provence), XIIe-XIVe siècles, in Aspects du pouvoir seigneurial de la Catalogne à l'Italie (IXe – XIVe siècles), "Rives méditerranéennes", 7 (2001), note 28-32.
  11. ^ Pavoni, La frammentazione politica, p. 120.
  12. ^ Jean-Pierre Poly, La Provence et la société féodale (879-1166): contribution à l’étude des structures dites féodales dans le Midi, Paris: Bordas 1976.
  13. ^ Dominique, 1. p. 362.
  14. ^ Giuseppe Sergi, Movimento signorile e affermazione ecclesisatica nel contesto distrettuale di Pombia e Novara, “Studi medievali”, 16 (1975), 1., p. 158-160; Giancarlo Andenna, Grandi patrimoni, funzioni pubbliche e famiglie sul territorio: il "Comitatus Plubiensis" e i suoi conti dal IX all'XI secolo, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo:marchesi, conti e visconti nel Regno Italico (secc. IX-XII), Roma, 1988, p. 206; Virginio Longoni, Imbersago: Il fiume, le torri, le chiese, le ville nella storia di Imbersago, Missaglia: Bellavite Editore, 2002, p. 59-61.
  15. ^ René Poupardin, Histoire de le Royaume de Bourgogne (888-1038). Etude sur les origines du Royaume d'Arles, Parigi: Librairie H. Champion, 1907, p. 119: “Cuonone comite Palacii” presente a Basilea; p. 122 lettera del vescovo di Vercelli nel marzo 1016.
  16. ^ Monumenta Germaniae Historica, Legum Sectio IV. Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, 1., a cura di Ludewicus Weiland, Hnnover: Impensis Bibliopolii Hahniani, 1893, p. 633; John France ,Victory in the East: A Military History of the First Crusade, New York: Cambridge University Press, 1996, p. 63.
  17. ^ Jean-Pierre Arrignon, Jean Heuclin, Pouvoirs, Église et société dans les royaumes de France, Bourgogne et Germanie: aux Xe et XIe siècles (888-vers 1110), Nantes: Éditions du Temps, 2008 , p. 66-67.
  18. ^ Donald C. Jackman, Comparative Accuracy, Pennsylvania: Editions Enlaplage, 2008, p. 11.
  19. ^ Caro, 1., p. 129; Origone, Oriente e Occidente, p. 427-439.
  20. ^ Geanakoplos, p. 253.
  21. ^ Gioffredo, Storia delle Alpi Marittime, col. 630.
  22. ^ Archivio di Stato di Genova, Materie Politiche, Mazzo 6.
  23. ^ Minieri-Riccio, Il regno di Carlo I d'Angìò, "Archivio Storico italiano", (1877), p. 28; E. Cais de Pierlas, Statids et Priviléges accordés au Comté de Vintimille
  24. ^ Gioffredo, Storia delle Alpi Marittime, col. 635;Archivio di Stato di Genova, Paesi, Mazzo 24., (Ventimiglia)
  25. ^ Arcivio di Stato di Genova, Notaio Giorgio de Ponte, Reg. II, Parte I, p. 12.
  26. ^ Masià i de Ros, p. 147-151.
  27. ^ Masià i de Ros, p. 151-154.
  28. ^ Péquignot, p. 114, 225, 230, 312.
  29. ^ Ladero Quesada, p. 36-37.
  30. ^ Luis Yilar y Pascual, 3., p. 188-194; Puig i Ferreté, 1., p. 119-136; Miret i Sans, p. 455-470; Baucellls i Reig, 4., p. 63-80; Masià i de Ros, p. 145-151.
  31. ^ Pira, p. 269-270.
  32. ^ d'Alessandro, Politica e società, p. 97.
  33. ^ Ghersi, p. 77.
  34. ^ Archivio di Stato di Torino, Archivio di Corte , Materie politiche, Real Casa, Protocolli dei notai della Corona, Registro 52, f. 108 - Reg 91, f. 67, 90v - Reg. 98, f. 252, 556. - Paesi, Città e Contado di Nizza, Nizza e Contado, Mazzo 31, fasc. 15.
  35. ^ Archivio di Stato di Torino, Archivio di Corte, Paesi, Città e Contado di Nizza, Nizza e Contado,, Mazzo 6, fasc. 5, f. 64 r – 66 v.

Bibliografia

  • Josep Baucellls i Reig, La infanta griega Lascara y sus hijas Beatriz y Violante, aragonesas de elección, in '10. Congeso de historia de la Corona de Aragòn, Jayme I y su época', Saragozza 1976
  • Eugenio Cais di Pierlas, I conti di Ventimiglia, il Priorato di San Michele ed il Principato di Seborga, in Miscellanea di storia italiana, 23., Torino: Regia Deputazione sovra gli studi di storia patria, 1884, p. 1 - 150.
  • Georg Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo (1257-1311), Genova: Società ligure di storia patria, 1974-1975, 1.-2.
  • Vincenzo D'Alessandro, Politica e società nella Sicilia aragonese, Palermo: U. Manfredi, 1963.
  • Giulio Dal Pozzo, Imperialis gentis Lascaris genealogia...eminentissimi fratri Iohanne Paulo Lascari, Magno Melitae Praeceptori dedicavit, Verona: Ex Off. Merislana, 1656.
  • Arturo Ferretto, Codice diplomatico delle relazioni fra la Liguria, la Toscana e la Lunigiana all'epoca di Dante (1263-1321), Roma: Società ligure di storia patria, 1903, 2.
  • Deno John Geanakoplos, Emperor Michael Palaeologus on the West, 1258-1282. A study in byzantine-latin relation, Cambridge Mass.:Harvard University Press, 1959.
  • Nicolas Ghersi, Les archives, peu connues, des Lascaris-Vintimille du château de Santena, in Actes du colloque 'Des chapelles de Sospel au château de Santena', Mentone: Société d‟art et d‟histoire du Mentonnais, 2003.
  • Miguel Á. Ladero Quesada, Niebla, de reino a condado. Noticias sobre el Algarbe andaluz en la baja Edad Media, Madrid: Real Academia de la Historia, 1992
  • Angels Masià i de Ros, La emperatriz a Nicaea Constanza o las princesas Lascara y Vataza. Nuevas noticias acerca de sus relaciones con la Cortes de Aragon, Castilla y Portugal, “Boletín de la real Academia de buenas letras de Barcelona”, 20 (1947), p. 145-149.
  • Joaquim Miret i Sans, La princesa griega Lascaris, condesa de Pallars en Cataluña, “Revue Hispanique”, 10 ( 1903 ), p. 455-470.
  • Sandra Origone, Oriente e Occidente: Bisanzio e i Lascaris di Ventimiglia, in La storia dei Genovesi, 'Atti del convegno di studi sui ceti dirigenti nelle istituzioni nella Repubblica di Genova', Genova, 10-12 giugno 1987, Genova: Centro internazionale di studi sui ceti dirigenti, 1988, 8., p. 427-439.
  • Stéphane Péquignot, Au nom du roi: pratique diplomatique et pouvoir durant le règne de Jacques II d'Aragon (1291-1327), Madrid: Casa de Velàzquez, 2009.
  • Ignasi M. Puig i Ferreté, La casa comtal de Pallars, senyora de Berga i de la baronia de Mataplana, in 'Assemblea Intercomarcal d'estudiosos celebrada a Berga l'any 1979', Berga: Estudis Berguedam,1982, 1., p. 119-136.
  • Girolamo Rossi, La morte di Onorato Lascaris conte di Tenda, "Archivio storico italiano", 15 (1895), s. 5., 2., p. 265-275.
  • Luis Yilar y Pascual, Diccionario historico, genealogico y heraldico de las familias ilustres de la monarquia espanola, Madrid: A. Espinosa, 1860

Collegamenti esterni