Ciriaco d'Ancona
Ciriaco Pizzecolli detto anche Ciriaco d'Ancona (Ancona, 1391 – Cremona, 1452) è stato un archeologo, umanista , epigrafista e viaggiatore italiano.

Per la sua attività di ricerca di testimonianze storiche, effettuata in numerosi paesi del Mediterraneo, Ciriaco di Ancona è chiamato il fondatore o il "padre dell'archeologia", dato che viaggiò il lungo ed in largo per il Mediterraneo nel tentativo di salvare dall'oblio e dalla distruzione i documenti del passato. Furono i suoi stessi contemporanei a chiamarlo "pater antiquitas", cioè padre delle antichità.
Originario di una famiglia di naviganti e commercianti anconetani, la passione che Ciriaco ebbe per l'antichità si inserisce nell'atmosfera della cultura umanistica. Fu nella sua città natale, osservando l'Arco di Traiano, che scoccò la scintilla che fece nascere in lui la vocazione per la ricerca delle testimonianze del passato: questo antico monumento gli parlava di un mondo meraviglioso e lontano nel tempo. L'iscrizione dell'Arco di Traiano di Ancona fu in effetti la prima iscrizione di una lunga serie che Ciriaco riportò nei suoi libri facendole conoscere in Europa. Quando aveva diciannove anni gli si presentò poi l'occasione di poter vedere da vicino i marmi dell'arco, dato che erano state montate delle impalcature per poterlo restaurare. Le sue proporzioni perfette, le sue iscrizioni, costituirono per Ciriaco un'attrattiva irresistibile, e forse alla base di tutti i suoi viaggi c'era il desiderio di riprovare l'emozione vissuta da ragazzo nell'osservare il principale monumento antico della sua città. Studiando il passato di Ancona in Ciriaco riemergevano i ricordi della civiltà greca e di quella romana. La sua attività di navigatore e mercante ben presto si affiancò alla ricerca archeologica. Fu un umanista particolare perché autodidatta: non si perfezionò nelle splendide corti o nelle accademie, ma con le ricerche effettuate durante i suoi viaggi e grazie alla corrispondenza con amici umanisti. Studiò latino a Roma dove disegnò la maggior parte dei monumenti di Roma antica. A Costantinopoli invece studiò il greco. Perfezionò la conoscenza delle lingue e delle civiltà classiche comprando e studiando rari codici dell'Odissea, dell'Iliade, delle tragedie.
Biografia
Ciriaco de' Pizzecolli nacque ad Ancona quando la città viveva uno dei suoi momenti più splendidi: era l'epoca in cui dal suo porto ogni giorno partivano e arrivavano navi dai paesi del Mediterraneo orientale, tutti i nobili della città erano anche navigatori o imprenditori navali e gran parte della popolazione era legata con le sue attività al porto. La repubblica marinara, oligarchica e così resistente che mai si trasformò in signoria, senz'altro fu il terreno ideale per uno spirito avventuroso e indipendente come Ciriaco. Egli rimase orfano da bambino; all'età di nove anni suo nonno materno allora lo portò con sé in un viaggio commerciale che aveva come meta Venezia. Le emozioni provate in quel viaggio fecero sorgere in lui fin da bambino il desiderio vedere il mondo. Tre anni più tardi, nel 1435, Ciriaco tornò a viaggiare e da quel momento non si fermò più. Si possono dividere i suoi viaggi in due periodi: il primo comprende il primo ventennio del XV secolo; poi si fermò a lungo in Ancona per approfondire i suoi studi, e successivamente riprese ancora a viaggiare, fino alla fine della sua vita. Ancona restò però sempre il porto nel quale tornare e nel quale ogni volta rinasceva il desiderio di viaggiare ancora. Nel primo viaggio che compì da solo si imbarcò come scrivanello su una nave diretta ad Alessandria, terra dei Mammalucchi, dove esisteva una colonia anconitana. Durante gli innumerevoli viaggi seguenti esplorò la Dalmazia, l'Epiro, la Morea (come veniva chiamato allora il Peloponneso), l'isola di Chio, le isole Cicladi, Rodi, Creta, Cipro, il monte Athos, la Tracia, Costantinopoli, l'Egitto, la Siria, il Libano. Ascoltiamo direttamente dalle sue parole ciò che lo spinse a viaggiare così tanto: «Io, spinto da un forte desiderio di vedere il mondo, ho consacrato e votato tutto me stesso sia per completare l'investigazione di ciò che ormai da tempo è l'oggetto principale del mio interesse, cioè le vestigia dell'antichità sparse su tutta la terra, e sia per poter affidare alla scrittura quelle che di giorno in giorno cadono in rovina per la lunga opera di devastazione del tempo e a causa dell'umana indifferenza…».
Nonostante le numerose terre raggiunte durante le sue esplorazioni egli sognava sempre di raggiungere nuove terre ricche di testimonianze delle antiche civiltà. Tra le imprese che avrebbe desiderato compiere, c'era ad esempio la risalita del corso del Nilo. È vero, era già stato in Egitto, ed aveva vissuto una vera avventura risalendo il corso del Nilo durante la piena dopo avere chiesto il permesso di esplorare il paese al terribile sultano del Cairo.
In quell'occasione aveva potuto ammirare una delle sette meraviglie dell'antichità: le piramidi. Avrebbe però desiderato tornare nella terra dei faraoni e spingersi più all'interno risalendo il fiume, per vedere Tebe, i mitici elefanti bianchi ed infine per trovare nel deserto il celebre santuario di Ammon, posto al centro di un'oasi, che da secoli attendeva di essere riscoperto. A proposito dell'Egitto l'umanista Leonardo Aretino così dice parlando di Ciriaco: «Sopporterai mari e venti, e la furia delle tempeste, per accumulare le più grandi ricchezze, ma non cercherai gemme, né l'oro dal colore del sole. Come un assetato tu cercherai le antichità perdute, e pensieroso contemplerai le meraviglie delle piramidi e leggerai ignoti scritti simili a figure di belve…»
Si dedicò agli studi sull'antichità classica della quale studiò storia e lingue. Nei suoi numerosi viaggi in Italia, in Dalmazia nell'Egeo, in Egitto e a Costantinopoli redasse dettagliate descrizioni dei monumenti corredandole con disegni di sua mano. Fu il primo europeo moderno che descrisse l'acropoli e Atene ed il Partenone, e che portò in Europa notizie sulle piramidi e sui geroglifici egiziani.
Incerta è la data di morte. Una volta si pensava al 1452 ma la sua presenza nella capitale bizantina appena conquistata da Maometto II, attestata da Jacopo de' Languschi, fa pensare a una data più tarda, probabilmente il 1455. (cfr. F. Babinger, Maometto il Conquistatore, Torino, 1967, p. 543).
Le opere di Ciriaco
L'Itinerarium è una lunga lettera indirizzata a papa Eugenio IV tra 1441 e 1442 (l'opera è conservata integralmente). Nell'Itinerarium presenta il proprio modo di essere, descrivendo i propri interessi, e le sue esplorazioni. In quest'opera Ciriaco dichiara la propria volontà di salvare dall'oblio le testimonianze di un passato lontano ed amato, pronto a lottare senza tregua contro l'opera distruttrice del tempo e degli uomini. L'opera continua descrivendo la propria partecipazione al certamen coronarium, un concorso poetico che si svolgeva a Firenze, durante il quale vari poeti declamavano i loro sonetti per aggiudicarsi una corona argentea di alloro. Inizia quindi la descrizione di un itinerario ideale tra le città italiane da lui visitate, descrivendone i monumenti antichi. In questa opera si scaglia contro l'usanza che avevano i Romani del suo tempo di ottenere calcina utilizzando i marmi degli antichi monumenti: «Essi, giorno dopo giorno, trasformano in bianca e minutissima polvere edifici di marmo maestosi ed elegantissimi, straordinarie statue e colonne in modo vile, vergognoso e osceno, tanto che in breve non ne sarà più visibile alcuna traccia agli occhi dei posteri. Che delitto!»
I Commentarii sono un'opera in sei volumi nella quale raccolse molto del materiale che aveva raccolto nei suoi viaggi: testi di antiche lapidi, descrizioni e disegni di monumenti classici dei vari paesi del Mediterraneo. Per molto tempo si pensò che i Commentarii andarono distrutti nell'incendio che nel 1514 coinvolse la biblioteca di Alessandro e Costanza Sforza a Pesaro; ora sono previste ricerche nelle varie biblioteche d'Europa nella speranza di trovare altre copie dei Commentarii[1]. Ampi brani si sono comunque conservati, perché citati da altri autori.
Nel 1532 si persero anche una serie di manoscritti donati alla città di Ancona durante l'incendio dell'archivio cittadino che seguì alla perdita dell'indipendenza della città. Altri testi, che si sono conservati, trattano di testimonianze archeologiche, o sono di carattere poetico; partecipò infatti ad alcuni competizioni poetiche con altri umanisti.
Ciriaco politico
Ciriaco sosteneva la necessità dell'unione tra i Greci (cioè i Bizantini) e i Latini (cioè gli europei occidentali) per arginare l'espansione turca. Si rattristava quando pensava alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente e temeva perché vedeva in pericolo anche l'ultimo baluardo della classicità: Costantinopoli. Andò a parlare con il papa e tutti i sovrani del tempo per convincerli ad aiutare l'Impero d'Oriente contro l'avanzata turca. Era necessario riunire cattolici ed ortodossi, ma quando ciò si verificò (concilio di Firenze) il successo fu effimero: i turchi erano davvero inarrestabili, e Costantinopoli cadde nel 1453. Con essa spariva l'ultima scheggia dell'Impero Romano. I profughi di Costantinopoli però contribuirono a diffondere in Europa le testimonianze del mondo antico, dando linfa alla cultura umanistica della quale Ciriaco d'Ancona è uno dei protagonisti.
Ciriaco nella letteratura e nell'arte
Ciriaco Pizzecolli è il protagonista di un romanzo del 1958 dell'austriaco Fritz von Herzmanovsky-Orlando, pubblicato postumo, di argomento fantastico: Maskenspiel der Genien (La maschera del Genio).
Recentemente (6 gennaio 2011) è stato riconosciuto[2] come un ritratto di Ciriaco un personaggio del dipinto di Benozzo Gozzoli "Il viaggio dei Magi", nella cappella dei Magi a Palazzo Medici Riccardi a Firenze. In questo dipinto Ciriaco è affiancato da altri famosi umanisti con i quali era in rapporti di amicizia, ad esempio Gemisto Pletone. Si aggiunge così un secondo ritratto oltre alla scultura conservata ad Ancona nel Museo della Città.
Note
Bibliografia
- Giuseppe A. Possedoni (a cura di). Ciriaco d'Ancona e il suo tempo. Ancona, edizioni Canonici, 2002. (Atti del convegno internazionale organizzato nel marzo 2000 dal centro studi oriente-occidente)