Le sommosse popolari nello Yemen del 2011 fanno parte delle coeve proteste nel mondo arabo scoppiate in diversi stati del Maghreb e del Vicino Oriente tra il dicembre 2010 e il gennaio 2011 in conseguenza dell'aumento vertiginoso dei prezzi dei generi di prima necessità.[1] Queste ultime si inseriscono in un contesto di forte instabilità dello stato yemenita, sconvolto da due conflitti in simultanea. Il primo che oppone il governo yemenita alle cellule di al-Qāʿida stanziate nelle province di Shabwa, Marif e Jouf, contro le quali lo Yemen combatte sostenuto dagli USA, mentre il secondo si svolge nelle province settentrionali e vede le milizie sciite zaidite Houti, tribù separatiste finanziate dalla Repubblica islamica dell'Iran, combattere contro il governo centrale di Sanaa per conquistare l'egemonia nel paese.[2][3]

Sommosse popolari nello Yemen del 2011
Voci di guerre presenti su Wikipedia

Gli zaiditi del nord dello Yemen si sono uniti nelle settimane scorse alle proteste in corso in tutto il paese contro il regime del presidente 'Ali 'Abd Allah Saleh, chiedendo la sua deposizione e profonde riforme politiche.[4]

L'UNHCR ha stimato che circa 200.000 persone siano state colpite dalla guerra civile in atto in Yemen dal 2004, in particolare il conflitto che contrappone gli sciiti separatisti e l'esercito, che ha provocato una crisi umanitaria di vaste proporzioni.[5]

Il moto di rivolta

Escalation a febbraio

Le manifestazioni contro il regime yemenita, sviluppatesi a partire dal 18 gennaio, si sono rapidamente allargate a tutto il Paese, segnato rispetto ad altri paesi del mondo arabo per una povertà più accentuata della popolazione.[6][7] I disordini più violenti si sono concentrati nella capitale Sanaa, a Ta'izz e ad Aden, centro dove predominante è l'egemonia dall'opposizione secessionista che da anni chiede la ricostituzione dello Yemen del Sud.

Le manifestazioni sono segnate da slogan contro la povertà dilagante (il 40% degli yemeniti vive con 2 dollari al giorno o anche meno e un terzo deve fare i conti con la fame cronica) e a favore di un cambio di governo, rappresentato dalla figura del presidente 'Ali 'Abd Allah Saleh, al potere da 33 anni e alleato degli Stati Uniti nella battaglia contro la branca yemenita di al-Qāʿida, il quale annuncia, dopo giorni di dimostrazioni, la sua intenzione di non ricandidarsi alle prossime elezioni.[6][8][9][10] A metà febbraio la rivolta si intensifica accompagnandosi a scenari di violenza, talvolta caratterizzate dalla contrapposizione tra manifestanti favorevoli al governo e attivisti per la democrazia che subiscono la repressione dei primi.[11][12]

 
Proteste a Sana'a il 3 febbraio 2011
 
Proteste a Sana'a il 3 febbraio

Il 18 febbraio contestazioni dell'opposizione sfociano in incidenti che provocano 2 vittime e almeno 27 feriti nella città di Ta'izz, seconda del paese, mentre ad Aden, città portuale del sud, quattro persone muoiono a causa di colpi di arma da fuoco delle forze di sicurezza.[13]

Il 20 febbraio muore l'undicesimo manifestante negli scontri in atto nel paese, mentre il giorno successivo nuovi affollamenti si registrano nella capitale con l'obbiettivo di protestare contro il governo del presidente Saleh, il quale dopo aver aperto a concessioni all'inizio del mese, afferma che lascerà il potere alle opposizioni solo se verrà battuto in regolari consultazioni.[14]

 
Il presidente 'Ali 'Abd Allah Saleh

Mentre nei giorni precedenti si sono registrati attacchi da parte dei filo-governativi, a più riprese, sui manifestanti, il 22 febbraio un migliaio di studenti dirigendosi verso una piazza dove in mattinata si erano radunati i manifestanti del Congresso popolare Generale, il partito al potere, ingaggiano con questi ultimi uno scontro violento che provoca 5 feriti.[15]

Il 25 febbraio decine di migliaia di persone scendono in strada nella capitale, divise in fazioni opposte tra sostenitori e avversari del presidente Saleh.[10] Il presidente tuttavia sostiene che non cederà "all'anarchia e alle uccisioni", propendendo per il tentativo di mantenere la stabilità del paese non calcando troppo la mano contro i manifestanti e nel contempo cercando di assecondarne le richieste.[10]

Due fra le più potenti unioni tribali yemenite, la Hashed e la Baqil, annunciano il loro sostegno ai manifestanti anti-governativi.[16] Shaykh Husayn bin 'Abd Allah al-Ahmar, capo della Hashid, che rappresenta la confederazione più influente in Yemen, lascia la coalizione di governo del "Congresso generale del popolo" per protestare "contro la repressione delle manifestazioni pacifiche a Sanaa, Aden e Taez".[16] Successivamente anche i leader della Baqil rendono noto che appoggeranno le proteste contro il presidente 'Ali 'Abd Allah Saleh.[16]

Quattro persone rimangono uccise e circa 40 ferite il 26 febbraio ad Aden, città nel sud dello Yemen, dopo che la polizia apre il fuoco per disperdere una manifestazione di protesta.[17] Il giorno dopo si svolgono ancora contestazioni contro il presidente, il quale però afferma che difenderà "il regime repubblicano fino all'ultima goccia di sangue".[18]

La rivolta prosegue a marzo

Il 1º marzo va in scena anche in Yemen, come accaduto per numerosi altri paesi mediorientali, la "giornata della rabbia" in memoria delle 24 persone uccise nelle manifestazioni. La maggior parte delle vittime registrate da gennaio sono avvenute nel porto meridionale di Aden dove i manifestanti e la polizia danno luogo a scontri frequenti.[9] Il paese, reso instabile dalle lotte intestine, con i ribelli sciiti del nord e le forze separatiste nel sud che chiedono una più equa partecipazione politica, è messo ancora maggiormente in squilibrio dalle rivolte in atto dall'inizio dell'anno, tanto che il presidente Saleh afferma che le opposizioni "non sarebbero in grado di governare nemmeno per una settimana" la nazione, palesemente in stato di disordine.[9]

Decine di migliaia di yemeniti sfilano nuovamente a inizio marzo per le strade della capitale, ad Aden, Hudayda, Taiz e in alcune località della remota provincia sud-orientale dell'Hadramawt, per chiedere la caduta del regime, dopo che nella notte, al termine di una giornata di proteste e di scontri tra militari e manifestanti sciiti nel nord, tre dimostranti erano stati feriti da colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia ad Aden.[19] Il giorno prima, il 4 marzo, i ribelli sciiti nel nord dello Yemen avevano accusato le forze governative di aver lanciato razzi contro una folla di dimostranti a Semla, nella regione settentrionale di ʿUmran, causando secondo alcune stime alcuni morti e diversi feriti.[20][21][4]

L'8 marzo 10.000 contestatori sfilano a Dhamar, 60 chilometri a sud di Sanaa e città natale del primo ministro yemenita. Le proteste raggiungono così anche l'area tribale considerata la roccaforte politica del presidente. Nella capitale intanto i presidi degli attivisti proseguono e il sistema di sicurezza del regime viene rafforzato.[22] Sempre nella capitale la rivolta in un carcere è repressa provocando la morte di un detenuto e il ferimento di 60 persone tra carcerati e poliziotti.[23]

Verso metà marzo il presidente dello Yemen parla alla nazione e promette una nuova costituzione e un regime parlamentare con una chiara separazione dei poteri. L’opposizione rende noto che tali promesse di riforma giungono tardive e che appaiono modeste. I manifestanti avevano già rifiutato il suo ritiro graduale proposto dalla presidenza entro il 2011.[24]

Manifestazioni in corso nella capitale il 18 marzo vengono represse nel sangue (anche ad opera di sostenitori del regime) provocando la morte di diverse decine di persone.[25] Il 20 marzo Saleh, in seguito alla strage di civili, silura l'esecutivo "incaricandolo comunque di sbrigare le questioni ordinarie fino alla creazione del nuovo esecutivo".[26] Il giorno dopo un nutrito gruppo di generali e di diplomatici, nonché il governatore di Aden, rendono noto pubblicamente il loro appoggio ai ribelli. [27][28]

Dopo un raid condotto dai ribelli separatisti legati ad al-Qāʿida a Jār, gli abitanti della stessa cittadina tentando di saccheggiarne una fabbrica di munizioni, rimangono coinvolti nell'esplosione della polveriera che provoca la morte di più di 80 persone, mentre altre fonti parlano di un bilancio ancora più grave.[29][30] Negli stessi giorni il paese continua ad essere scosso dalla proteste e il governo e il suo presidente vengono ancora messi sotto pressione per lasciare il potere.

La rivolta non si spegne ad aprile

 
Giorno di protesta presso l'università di Sanaa il 4 aprile.

Nei primi giorni di aprile, mentre sono in corso mediazioni per risolvere la crisi nel paese, gli scontri a fuoco e i combattimenti tra rivoltosi e esercito non si fermano e decine di persone muoiono a Sanaa e anche a Taez dove, dopo l'uccisione di numerosi manifestanti il 4 aprile, quattro giorni dopo si registrano altre decine di feriti.[31][32]

Mentre durante il mese di aprile la protesta prosegue e non si fermano gli episodi di violenza e repressione, a fine mese il Consiglio di Cooperazione del Golfo, incaricato di trovare la mediazione per la risoluzione della crisi nel paese, concorda con Saleh un piano che prevede l'uscita di scena di quest'ultimo in cambio del riconoscimento a suo favore dell'immunità.[33][34] Il piano prevede inoltre che al leader dell’opposizione venga assegnato l’incarico di formare un governo di unità nazionale, in vista di nuove presidenziali entro due mesi.

Note

  1. ^ http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-01-06/scoppiano-algeria-proteste-couscous-225722.shtml#continue
  2. ^ MAURIZIO MOLINARI, Venti di guerra nel Golfo, in La Stampa, 04 gennaio 2010. URL consultato il 05-03-2011.
  3. ^ L'ESCALATION DEL CONFLITTO YEMENITA, in Aginews, 18 luglio 2009. URL consultato il 05-03-2011.
  4. ^ a b Yemen: bombe su protesta, morti e feriti, in ansa, 04 marzo 2011. URL consultato il 05-03-2011.
  5. ^ L'ESCALATION DEL CONFLITTO YEMENITA, in UNHCR, 12 gennaio 2010. URL consultato il 05-03-2011.
  6. ^ a b Il vento del Maghreb, in RSI.ch, 18 febbraio 2011. URL consultato il 20-02-2011.
  7. ^ Yemen: manifestazione a Sana'a contro presidente Saleh, in Aki, 27 gennaio 2011. URL consultato il 20-02-2011.
  8. ^ Yemen, anche Saleh si arrende: Non mi ricandido, in Adnkronos/Ign, 02 febbraio 2011. URL consultato il 20-02-2011.
  9. ^ a b c Yemen, in migliaia chiedono le dimissioni del presidente Saleh, in Reuters, 1º marzo 2011. URL consultato il 01-03-2011.
  10. ^ a b c Yemen, decine di migliaia in piazza in fazioni opposte, in Reuters, 25 febbraio 2011. URL consultato il 25-02-2011.
  11. ^ Yemen, proseguono gli scontri: tre feriti. Rivolta guidata da una donna, in Adnkronos/Aki, 15 febbraio 2011. URL consultato il 20-02-2011.
  12. ^ Yemen, battaglia tra contro e filo governativi, in Euronews, 16 febbraio 2011. URL consultato il 23-02-2011.
  13. ^ Yemen: giornata di scontri e violenze, in Euronews, 28 febbraio 2011. URL consultato il 23-02-2011.
  14. ^ Yemen. Undicesimo morto. L’opposizione in piazza con i giovani, in Euronews, 21 febbraio 2011. URL consultato il 23-02-2011.
  15. ^ Yemen: 5 feriti in scontri, attesa per la manifestazione di domani, in Euronews, 22 febbraio 2011. URL consultato il 22-02-2011.
  16. ^ a b c YEMEN: 2 PIU' POTENTI CONFEDERAZIONI TRIBALI CON PROTESTA, in Agi, 26 febbraio 2011. URL consultato il 26-02-2011.
  17. ^ Proteste nello Yemen, quattro morti, in Tg1online, 26 febbraio 2011. URL consultato il 27-02-2011.
  18. ^ Yemen, presidente: "Resisterò fino a ultima goccia di sangue", in Tg1online, 27 febbraio 2011. URL consultato il 28-02-2011.
  19. ^ Yemen: migliaia in piazza contro Saleh, in ansa, 05 marzo 2011. URL consultato il 05-03-2011.
  20. ^ Yemen, morti fra i ribelli sciiti, in RSI.ch, 04 marzo 2011. URL consultato il 05-03-2011.
  21. ^ Yemen, l'esercito spara sui manifestanti, in tg1, 04 marzo 2011. URL consultato il 05-03-2011.
  22. ^ Yemen, proteste raggiungono roccaforte Saleh, esercito a Sanaa, in Reuters, 08 marzo 2011. URL consultato l'08-03-2011.
  23. ^ YEMEN: RIVOLTA DETENUTI IN CARCERE, UN MORTO E 60 FERITI, in asca, 08 marzo 2011. URL consultato l'08-03-2011.
  24. ^ Yemen: il presidente promette la costituzione, l’opposizione “troppo tardi”, in euronews, 10 marzo 2011. URL consultato il 10-03-2011.
  25. ^ Yemen/ Polizia spara su manifestanti, oltre 30 morti, in tmnews, 18 marzo 2011. URL consultato il 22-03-2011.
  26. ^ http://www.swissinfo.ch/ita/rubriche/notizie_d_agenzia/mondo_brevi/Yemen:_presidente_silura_governo.html?cid=29785418
  27. ^ http://www.repubblica.it/esteri/2011/03/21/news/yemen_scontri_morti-13897115/?ref=HREC1-9
  28. ^ http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Yemen-raffica-di-defezioni-tra-militari-e-diplomatici-Monito-della-Ue-a-Saleh_311813318010.html
  29. ^ http://www.adnkronos.com/IGN/Aki/English/Security/Yemen-Explosion-in-weapons-factory-kills-at-least-80_311838863088.html
  30. ^ http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/03/28/visualizza_new.html_1530316189.html
  31. ^ http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo1005220.shtml
  32. ^ http://it.euronews.net/2011/04/08/yemen-saleh-respinge-mediazione-paesi-golfo/
  33. ^ http://www.adnkronos.com/IGN/Aki/Italiano/Sicurezza/Yemen-polizia-spara-su-manifestanti-a-Taiz-un-morto-e-diversi-feriti_311920598731.html
  34. ^ http://it.euronews.net/2011/04/24/yemen-manifestanti-non-possiamo-fidarci-di-saleh/

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