Discorso interno
Il discorso interno è il linguaggio della mente, un linguaggio non verbale che usiamo per comunicare con noi stessi. È uno dei pochi aspetti del trattamento delle informazioni e di altre attività mentali di cui gli esseri umani possono essere consapevoli.
Gli studi di Vygotskij sul linguaggio interno
Lev Semënovič Vygotskij (Orša, 17 novembre 1896 – Mosca, 11 giugno 1934) è uno dei primi studiosi ad analizzare gli aspetti psicologici della formazione del discorso interno, concentrandosi in particolar modo sul comportamento del bambino, per il quale ha una funzione molto importante.
Un altro aspetto indagato da Vygotskij è il monologo collettivo dei bambini. Si tratta di una fase intermedia tra il discorso come mezzo di comunicazione con altri e il discorso interno.
La comparsa dell’uso attivo della parola non comporta la scomparsa del discorso interno, che anzi è fondamentale per il ragionamento.
Caratteristiche del discorso interno
Il discorso interno è sostanzialmente diverso da quello esterno.
Innanzitutto si tratta di un discorso in cui i due interlocutori coincidono e per questo motivo:
- Ci sono poche possibilità di equivoco comunicativo;
- Non si subisce l’influenza (negativa o positiva che sia) di un ascoltatore altro da sé stessi;
- Non è necessario esplicitare i concetti.
Nel discorso interno si omettono soggetti e complementi oggetti, perché non indispensabili alla comprensione, dato che fanno parte della memoria individuale.
In questo senso il discorso interno è caratterizzato da una forte predicatività e da collegamenti multidirezionali.
Inoltre possono essere omessi gli aggettivi, perché vengono sostituiti da immagini visive. Queste ultime, insieme alle sensazioni, sono fondamentali nel discorso interno. L’io invece di formulare intere frasi, richiama immagini immagazzinate nella memoria.
La sintassi del discorso interno, diversamente da quella del discorso esterno, non è lineare.
Traduzione interlinguistica
Nella scienza della traduzione il concetto di discorso interno è fondamentale e rivoluziona il modo più tradizionale di considerare il processo traduttivo. La lettura e l’ascolto sono processi che trasformano il linguaggio verbale in discorso interno. La lettura, per esempio, ha come prototesto un testo scritto e come metatesto una serie di ipotesi sullo scopo dell’autore nello scrivere il testo. Il metatesto è quindi verbale e non mentale. Dato che il codice interno non è verbale, la lettura è una traduzione intersemiotica.
Anche la scrittura è una traduzione intersemiotica, il cui prototesto è il materiale mentale e il cui metatesto è materiale verbale.
Considerando lettura e scrittura in quest’ottica, la traduzione interlinguistica si configura come un processo traduttivo intersemiotico doppio.
Linguaggi discreti e continui
Quelli discreti sono linguaggi nei quali si possono distinguere i segni di cui sono composti. Nei linguaggi non discreti o continui il testo non è divisibile in segni.
Il discorso interno è continuo, perché pensiamo in termini di senso e non di parole, mentre il linguaggio verbale è discreto e limitato (per esempio il numero di parole non è infinito). Il discorso interno è più ricco del discorso esterno, quindi nella traduzione dal primo al secondo avviene una sintesi, che comporta un residuo traduttivo.