Ja'far al-'Askari

militare e politico iracheno

Jaʿfar al-ʿAskarī (18871936) è stato un militare e politico iracheno, per due volte Primo ministro iracheno, dal 22 novembre 1923 al 3 agosto 1924 e dal 21 novembre 1926 al 31 dicembre del 1927..

Jaʿfar al-ʿAskarī

Dalla vita militare a quella politica

Jaʿfar al-ʿAskarī (in arabo جعفر العسكري?) aveva servito nelle fila dell'esercito imperiale ottomano durante la Prima guerra mondiale, finché non fu fatto prigioniero dalle forze britanniche che avevano attaccato l'Impero ottomano, muovendo dalle sue basi in Egitto. Dopo essere stato rimesso in libertà, si convertì alla causa nazionale araba e raggiunse le forze arabe poste al comando dell'Emiro Faysal ibn al-Husayn, che fruiva del valido aiuto fornito da T. E. Lawrence (Lawrence d'Arabia), assieme a suo cognato Nuri al-Sa'id, anch'egli destinato a svolgere un ruolo di fondamentale importanza nella storia del Regno che sarà costituito nel 1921.

Al-ʿAskarī prese parte all'effimera conquista di Damasco nel 1918 e aiutò con convinzione l'Emiro Faysal nel suo intento di dar vita al Regno di Siria. Quando Faysal fu deposto dal trono dai francesi, dopo la battaglia di Maysalun, egli si impegnò a sostenere Faysal nella gestione del nuovo trono concessogli da Londra.

In riconoscimento della sua lealtà, Faysal affidò ad al-ʿAskarī diversi importanti incarichi ministeriali, incluso quello di ministro della Difesa nel primo governo iracheno. Servì in qualità di Primo ministro per due volte e fu anche ministro degli Esteri. Al-ʿAskarī era ministro della Difesa nel Gabinetto guidato da Yasin al-Hashimi quando esso fu rovesciato nel 1936 da un putsch del Capo di Stato Maggiore, il generale Bakr Sidqi, in quello che sarebbe stato il primo di una lunga serie di colpi di Stato militari nella storia irachena. Al-ʿAskarī fu assassinato dagli insorti nel corso del putsch.

 
Jaʿfar Pascià al-ʿAskarī

Gioventù e carriera nell'esercito imperiale ottomano

Jaʿfar Pascià al-ʿAskarī nacque il 15 settembre 1885 a Baghdad, quando la città e la regione irachena (più spesso chiamata all'epoca in Europa "Mesopotamia") faceva parte integrante dell'Impero ottomano. Quarto di cinque fratelli, cui s'aggiungeva una sorella, Jaʿfar era figlio di Muṣṭafā ʿAbd al-Raḥmān al-Mudarris, un colonnello dell'esercito imperiale ottomano. Jaʿfar seguì le orme paterne ed entrò presto nell'Accademia Militare di Baghdad prima di proseguire nel 1901 la propria preparazione nell'Accademia Militare Ottomana a Istanbul, dove conseguì il brevetto di sottotenente nel 1904. Fu inviato alla Sesta Armata imperiale, di stanza a Baghdad. Jaʿfar raggiunse poi Berlino (Germania), dove rimase tra il 1910-1912 per perfezionare la sua preparazione e per studiare le possibili riforme da apportare alle forze armate ottomane, da lungo tempo in crisi. Al-ʿAskarī ricevette l'ordine di rientrare in Iraq per prender parte ai combattimenti che, prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, portarono l'Impero a scontrarsi col nemico nei Balcani.[1] Dopo che si concluse nel 1913 la guerra nei Balcani, Jaʿfar divenne istruttore nell'Accademia di Addestramento per gli ufficiali di Aleppo, ma otto mesi più tardi superò le qualificazioni per accedere all'Accademia di Guerra di Istanbul.[2]

La Prima guerra mondiale e la Rivolta Araba

Quando scoppiò il primo conflitto mondiale, Jaʿfar combatté dapprima in Libia nei ranghi dell'Esercito ottomano, che faceva parte della Triplice Alleanza. La partecipazione per lui alla campagna militare avvenne però sui Dardanelli, dove si guadagnò la Croce di ferro germanica e dove fu rapidamente promosso Generale. Solo dopo questa promozione fu destinato al fronte libico per assumere il comando dell'esercito senusso. Nella battaglia di Agagiya Jaʿfar fu preso prigioniero dai britannici e imprigionato nella cittadella del Cairo col suo amico e futuro cognato Nūrī al-Saʿīd. Jaʿfar mise un atto un tentativo di evasione, legando insieme delle lenzuola per tentare di calarsi dalle mura della cittadella. Durante questo tentativo, un lenzuolo si ruppe (Jaʿfar non era di poco peso, infatti), provocando la sua caduta che gli provocò la frattura dell'anca, sì da consentire alle guardie di catturarlo nuovamente. In base al necrologio che di lui si fece al momento della morte, Jaʿfar si offrì di pagare il lenzuolo rotto, visto che era in buone relazioni con i suoi stessi carcerieri.[3]

Qualche tempo dopo la sua fallita evasione (o mentre era ricoverato sulla sua parola d'onore), Jaʿfar venne a sapere della Rivolta Araba con cui i nazionalisti intendevano scrollarsi dal dominio ottomano e che alla guida aveva il leader della famiglia Hascemita in Hijaz, al-Ḥusayn ibn ʿAlī, Sceriffo della Mecca. La Rivolta era sponsorizzata dal Regno Unito e dall'Entente Cordiale, per creare ulteriori difficoltà all'Impero ottomano, distogliendo parte delle sue forze da altri teatri operativi. In cambio i britannici promisero (Corrispondenza Husayn-McMahon) di creare una nazione araba indipendente, guidata dallo Sharīf, mentre segretamente tradivano tale impegno concordando con la Francia la suddivisione a loro vantaggio dell'Impero ottomano una volta che questo fosse stato sconfitto (Accordi Sykes-Picot). Dopo aver letto della Rivolta Araba e della crescente intromissione ottomana negli affari arabi (il suo amico Sālim al-Jazāʾirī fu giustiziato con altri importanti arabi per le loro attività nazionalistiche dal gen. ottomano Jamāl Pascià), Jaʿfar decise che era rispondente ai suoi ideali schierarsi con la Rivolta, unitamente al cognato Nūrī al-Saʿīd. Da principio lo Sharīf al-Husayn fu titubante ad accogliere Jaʿfar, già generale delle forze armate ottomane, ma infine si convinse e Jaʿfar fu invitato da suo figlio, l'Emiro Faysal a unirsi allo schieramento arabo impegnato a combattere l'Impero ottomano. Jaʿfar combatté sotto il comando di Faysal per tutto il periodo che si concluse con la sconfitta dell'Impero ottomano, incluso il riuscito attacco contro Damasco del 1918.[4]

Governatore di Aleppo

Dopo la prima guerra mondiale e il collasso dell'Impero ottomano, l'[[Emiro][] Zayd - un altro dei figli dello Sharif di Mecca, al-Husayn b. 'Ali - a nome dell'Emiro Faysal, chiese a Jaʿfar di diventare Ispettore Generale del suo esercito del recentemente istituito Regno di Siria, ed egli accettò. Poco dopo, Jaʿfar fu nominato Governatore militare del vilayet di Aleppo, in Siria. Durante il suo mandato, Jaʿfar interrogò numerosi iracheni circa lo stato della loro comune patria e il ruolo svolto dal Regno Unito. Jaʿfar cominciò a pensare che gli Iracheni dovessero far conto solo sulle loro forze e che lo avrebbero senz'altro fatto meglio dei britannici che al momento controllavano il terreno. Al-'Askari era favorevole a una guida hascemita, con gli inevitabili legami con la Gran Bretagna. Si unì al cognato e amico Nuri al-Sa'id per entrare a far parte della società segreta al-ʿAhd al-ʿIrāqī, che era favorevole mantenere buone relazioni con Londra.[5]

Istituzione del Regno d'Iraq e carriera politica

Nel 1921 il Regno Unito decise che sarebbe stato maggiormente rispondente ai suoi interessi economici e strategici creare una monarchia in Iraq e insediarvi l'amica famiglia hascemita che era stata determinante per staccare i nazionalisti arabi dall'Impero ottomano. Scelsero Faysa ibn al-Husayn, figlio dello Sharif di Mecca, al-Husayn ibn 'Ali. Questo risolveva due problemi: il primo quello di compensare il responsabile della Rivolta Araba per i suoi sforzi in favore degli Alleati; il secondo quello di indennizzare in qualche modo il mondo nazionalista arabo e lo stesso Emiro hascemita, costretto ad abbandonare dopo un'impari battaglia il trono siriano dall'esercito francese, a ciò autorizzato dagli Accordi Sykes-Picot con cui Francia e Regno Unito si erano divise anzitempo le spoglie dell'Impero ottomano: accordo tenuto accuratamente segreto per non rischiare la fine prematura dell'alleanza da parte degli Arabi, e rivelato solo dai bolscevichi una volta giunti al potere.

Faysal non conosceva peraltro l'Iraq (nel quale non era mai stato) e pertanto prescelse per il suo compito di governo una serie di persone di origine irachena, che gli garantivano fedeltà e competenza. Tra costoro vi era, per l'appunto, Jaʿfar Pascià al-ʿAskarī, che fu nominato ministro della Difesa irachena. Durante quel periodo una delle principali realizzazioni del nuovo ministro fu quella di organizzare il rientro di 600 militari ottomani oriundi dell'Iraq, per formare in tal modo un corpo adeguato di ufficiali per le nuove forze armate irachene. Suo cognato Nūrī al-Saʿīd divenne Capo di Stato Maggiore dell'esercito nel febbraio 1921.[6]

Nel novembre del 1923, re Faysal nominò al-ʿAskarī Primo ministro d'Iraq. Faysal cercava un forte e convinto sostegno per il suo Primo ministro, in un momento-chiave in cui l'Assemblea Costituente irachena avesse aperto i suoi previsti lavori nel marzo del 1924. Il tema dominante durante i lavori dell'Assemblea fu il Trattato anglo-iracheno che i britannici volevano a tutti i costi per legittimare il loro Mandato, assegnato loro dalla Società delle Nazioni. Numerosi iracheni si opponevano a un trattato che considerava l'Iraq come "non preparato" a un'ordinata vita "democratica" e intendevano opporsi a quel testo con ogni forza. Quando però l'Alto Commissario britannico, Sir Percy Cox, minacciò di realizzare comunque il Mandato, a condizioni anche peggiori di quelle su cui si discuteva, il re e l'opposizione dovettero rassegnarsi a questa moderna forma di neo-colonialismo da parte di una Potenza vincitrice nel primo conflitto mondiale.

Dopo che fu approvato quell'umiliante Trattato da parte dell'Assemblea Costituente, Jaʿfar al-ʿAskarī rassegnò immediatamente le proprie dimissioni.[7]

Nel novembre del 1926, Faysal nominò ancora una volta Primo ministro Jaʿfar al-ʿAskarī (che all'epoca era ambasciatore a Londra). Due fondamentali compiti dominavano la sua scaletta politica: la coscrizione militare e lo scontento della maggioranza sciita nel Paese. La coscrizione obbligatoria era un argomento complesso: da un lato la volontà di gettare solide fondamenta alla costruzione dello Stato moderno dell'Iraq, considerato un sacro dovere per chi fosse stato chiamato sotto le armi, ma un intollerabile violazione delle proprie libertà individuali e dell'autonomia delle tribù per gli sciiti, riottosi ad assoggettarsi a quello che si prefigurava come uno Stato a decisa maggioranza sciita, assoggettato però a un'élite sunnita spesso prepotente. Inoltre sembrava abbastanza chiaro che l'esercito era supervisionato con decisa iattanza dalle autorità mandatarie, viste con crescente insofferenza dagli spiriti liberi iracheni, irritati tra l'altro dal procrastinarsi delle ingerenze britanniche, denunciate dal mancato ingresso dell'Iraq nella Società delle Nazioni, inizialmente previsto nel 1928 e rinviato da Londra al 1932.

Jaʿfar al-ʿAskarī si dimise ancora una volta nel dicembre del 1927, come conseguenza della freddezza con cui era stato accolta dall'opinione pubblica la bozza del nuovo Trattato con il Regno Unito.[8]

Oltre ai suoi importanti incarichi di Primo ministro, al-ʿAskarī era stato anche ministro degli Esteri, ambasciatore iracheno a Londra più volte e ministro della Difesa per quattro volte.[9]

Assassinio e conseguenze

Note

  1. ^ Jaʿfar Al-Askari, A Soldier’s Story: The Memoirs of Jafar Pasha Al-Askari, (William Facey e Najdat Fathi Safwat ed.s), trans. Mustafa Tariq Al-Askaripage, London, Arabian Publishing, 2003, pp. 1-3
  2. ^ Ibiddem, p. 4
  3. ^ Ibidem, pp. 100-103, 216-217, 273
  4. ^ Ibidem, pp. 5-6, 103-112, 217
  5. ^ Ibidem, pp. 161-162, 173-175 e Charles Tripp, A History of Iraq Cambridge, Cambridge University Press, 2000, p. 36
  6. ^ Charles Tripp, A History of Iraq Cambridge, Cambridge University Press, 2000, p. 47 e Stephen H. Longrigg, Iraq, 1900-1950: A Political, Social, and Economic History, New York, Oxford University Press, 1953, pp. 128-129
  7. ^ Charles Tripp, A History of Iraq, Cambridge, Cambridge University Press, 2000, p. 57 e Stephen H. Longrigg, Iraq, 1900-1950: A Political, Social, and Economic History, New York, Oxford University Press, 1953, pp. 148-151
  8. ^ Charles Tripp, op. cit., pp. 61-63 e Stephen H. Longrigg, op. cit., pp. 177-178
  9. ^ Claudio Lo Jacono, Partiti politici e governi in ʿIrāq (1920-1975, Torino-Roma, Fondazione Giovanni Agnelli, 1975, pp. 47-48.