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Ubaldo Giacomo Tommaso[1] Arata (Ovada, 23 marzo 1895 – Roma, 7 dicembre 1947) è stato un direttore della fotografia ed operatore cinematografico italiano.
Dal periodo del cinema muto fino all'inizio del neorealismo ha collaborato alla realizzazione di più di cento film. E' ricordato soprattutto per aver curato le riprese e la fotografia di Roma città aperta, il celebre film di Roberto Rossellini.
Biografia
A Torino nella capitale del cinema muto
Ubaldo Arata nasce a Ovada, in provincia di Alessandria, il 23 marzo del 1895 da Marco e Concetta Maria Aprile[2], una coppia di domestici che lavora alle dipendenze del magistrato Giacomo Giuseppe Costa[3], ovadese d'adozione e Ministro Guardasigilli di Umberto I.
Non senza sacrifici la famiglia Arata decide di far proseguire gli studi al giovane Ubaldo a Torino, città che verrà, in seguito, riconosciuta come capitale del cinema, a testimonianza della secolare passione, nata proprio in quegli anni, che unisce ancora oggi il capoluogo piemontese al mondo della celluloide. Passione che ha certamente colpito anche il giovane studente ovadese, già appassionato dalla fotografia, tanto da aspirare a diventarne un protagonista.
Come ricorda lui stesso, in un articolo autobiografico pubblicato nel 1934[4], la possibilità gli viene data da Roberto Roberti, nome d'arte con cui lavora il regista Vincenzo Leone. E' quindi grazie al futuro padre di Sergio Leone che il giovane Arata inizia la carriera di apprendista operatore presso la Aquila Film, una delle tante piccole case cinematografiche nate in quegli anni a Torino.
Da apprendista collabora ad un numero imprecisato di pellicole nelle quali il suo nome non risulta. Nel 1915 diventa operatore effettivo[5] e nel 1918, con la Itala Film e sotto la direzione di Gero Zambuto, gira il suo primo film come operatore primario: Il matrimonio di Olimpia con una delle grandi dive italiane del cinema muto Italia Almirante Manzini, attrice che l'operatore piemontese inquadrerà anche in altri film.
Tra il 1919 e il 1925, con la Fert e l'Alba Film di Enrico Fiori, Arata gira una ventina di lungometraggi con i maggiori registi italiani del momento come Augusto Genina, Gennaro Righelli e Mario Almirante. Nel 1925 la Fert entra in crisi e viene rilevata dalla SASP, la casa di produzione dell'imprenditore genovese Stefano Pittaluga già socio di Enrico Fiori, alla quale l'operatore si lega contrattalmente.
Per uscire dalla crisi la SASP punta inizialmente su una produzione popolare e sull'unico filone ancora di successo, quello di Maciste[6] interpretato da Bartolomeo Pagano. Arata, con Massimo Terzano, cura la fotografia di Maciste all'inferno.
Per girare Transatlantico, regia di Gennaro Righelli, si trasferisce invece in Germania, dove la produzione cinematografica e l'innovazione tecnica è seconda solo a quella di Hollywood, arricchendo così la propria esperienza personale. Alla trasferta si unisce anche un giovanissimo Sergio Amidei[7], che vent'anni dopo sarà ancora al fianco di Arata in Roma città aperta.
Rientrato in Italia, l'operatore ovadese collabora alle altre produzioni di Pittaluga, opere anche ambiziose, come Beatrice Cenci o I martiri d'Italia. La SASP intanto, nell'ottobre del 1926, assorbe la concorrente UCI, l'Unione Cinematografica Italiana, il consorzio, in crisi da qualche anno, che riunisce le più importanti case di produzione italiane, come la Cines, la Caesar, l'Itala, l'Ambrosio. È l'ultima mossa dell'ascesa irresistibile di Stefano Pittaluga, unico imprenditore in possesso di una mentalità moderna e di una lucida consapevolezza dei problemi dell'industria e del mercato[8].
Verso la fine degli anni Venti Pittaluga, forte anche degli accordi con le maggiori case cinematografiche americane per la distribuzione in Italia, è forse il primo ad intuire che il cinema è a un passo da una grande rivoluzione, che il film muto lascerà posto in brevissimo tempo al film cantato e parlante[9]. Agli inizi del 1929, stipulando un contratto con la Western Electric[10], inizia a dotare le sue sale cinematografiche di impianti per la riproduzione sonora. Il cantante di jazz, film sonoro della Warner Bros. uscito negli USA nel 1927, è presentato al Supercinema di Roma il 19 aprile 1929 con enorme successo sia di pubblico che di critica. Per Pittaluga è la conferma che le sue intuizioni erano giuste, che è giunta l’ora anche per l’Italia di iniziare la produzione di film sonori. Decide quindi di ristrutturare gli studi della Cines di via Vejo a Roma passati alla SASP con l'acquisizione dell’UCI.
Con la produzione Pittaluga momentaneamente ferma, Arata, i cui ultimi lavori risalgono all'anno prima (Gli ultimi zar e Giuditta e Oloferne) accetta un contratto di lavoro a Berlino come operatore al fianco del regista Vjaceslav Turzanskij[11]. Il film, prodotto dall'UFA, è Manolescu – Der König der Hochstapler (Manolescu in Italia, distribuito dall'ENaC), con Brigitte Helm, la protagonista di Metropolis.
Arata collabora alla fotografia al fianco di Carl Hoffman, uno dei protagonisti della stagione più entusiasmante dell'espressionismo tedesco[12], operatore di Lang (Il dottor Mabuse, I nibelunghi) e di Marnau (Faust). A questa esperienza, Arata si ispira, qualche mese dopo, per la fotografia di Rotaie di Camerini, film che risente, nella prima parte, dell'influenza del Kammerspiel. Il critico cinematografico Enrico Roma, dalle pagine di Cinema Illustrazione, giudica la fotografia di Arata: «[...] costituisce da sola un godimento squisito, tanto è ricca di toni caldi, di luminosità, di giochi di luci ed ombre, raggiungendo, spesso, effetti bellissimi[13]». Un giudizio più contemporaneo è che l'operatore sia riuscito a reinterpretare in chiave intimista il gusto tedesco per i contrasti fortemente drammatici[14].
Rotaie uscirà solo nel 1931 in una versione sonorizzata, ma è considerata un'opera di confine che, assieme a Sole di Blasetti, conclude il periodo del muto e già si può porre all'inizio di una nuova fase della storia del cinema italiano[15].
Il sonoro e lo "stile" Cines
La gestione Pittaluga
Nei primi mesi del 1930, mentre i lavori di riammodernamento degli studi Cines non sono ancora del tutto ultimati, Arata è già impegnato nei primi esperimenti sul sonoro, come ricorderà in seguito Leopoldo Rosi, tecnico del reparto sonoro: «[...] si fecero le prime esperienze: la prima fu una ninna nanna di Spadaro,[...] gli operatori furono Arata, Terzano e Montuori. Non venne bene: gli operatori inquadrarono anche noi, c'era troppa luce entro le cabine di ripresa [...]»[17]. Una delle prime mosse di Pittaluga è quindi di mettere sotto contratto esclusivo, per averne una collaborazione a tempo pieno, i migliori operatori presenti su piazza. Fanno parte della squadra Cines: Ubaldo Arata, Massimo Terzano, Anchise Brizzi e Carlo Montuori. Da soli o con la collaborazione di nomi meno celebri (Domenico Scala, Beniamino Fossati, Giulio De Luca), sono loro che firmano la fotografia di gran parte della produzione Cines-Pittaluga[18].
Gli studi Cines-Pittaluga di via Vejo vengono inaugurati il 23 maggio 1930 alla presenza del ministro Giuseppe Bottai.
Nel corso della visita al rinnovato stabilimento vengono proiettate le prime pellicole sonore già editate dalla Cines tra cui la già citata ninna nanna dal titolo definito Ninna nanna delle dodici mamme[19]. Inoltre è distribuito il programma di produzione, che verrà poi più volte riveduto e corretto. Molti dei soggetti annunciati non verranno mai realizzati ( ne citiamo alcuni: Figlia di Re, Monte Grappa, Falchi armati, Navi, Ave Maria, La cantante dell'opera). È invece Napoli che canta la prima produzione della nuova Cines: è però solo la sonorizzazione di Addio, mia bella Napoli, un film Fert del 1927 girato muto da Mario Almirante, fotografato da Arata e Terzano e mai uscito nelle sale. Viene trasformato in diverse scene e sincronizzato con le migliori musiche napoletane dirette da Ernesto Tagliaferri[19].
Correzioni al programma di produzione Cines, attraverso il capo ufficio stampa Umberto Paradisi, tra giugno e settembre del 1930 coinvolgono anche Resurrectio di Blasetti che, annunciato come il «primo film sonoro, parlato e cantato della Cines»[20], scompare improvvisamente dalla pubblicità e dai listini (uscirà addirittura il 30 maggio 1931), mentre La canzone dell'amore (che fino all'agosto del 1930 porta ancora il titolo provvisorio de Il silenzio) diventa nel giro di un mese il primo film sonoro italiano. È ancora la coppia formata da Ubaldo Arata e Massimo Terzano a fotografare il primo film della nuova Cines, diretto da Gennaro Righelli, subito seguito da Corte d'Assise per la regia di Guido Brignone, e dalle produzioni Cortile e Il medico per forza interpretate da Ettore Petrolini per la regia di Carlo Campogalliani proiettate abbinate nelle sale nel 1931.
La produzione italiana di questo periodo, tutta targata Cines, sotto la direzione di Pittaluga è soprattutto popolare: commedie, film musicali e operistici, melodrammi, quasi sempre di derivazione letteraria o teatrale. Arata firma la fotografia del dramma Il solitario della montagna per la regia di Wladimiro De Liguoro; due commedie del "re del teatro di varietà" Armando Falconi: Rubacuori e L'ultima avventura; il grottesco Paradiso diretto da Guido Brignone; i melodrammi Pergolesi e La Wally. Di quest'ultima opera, girata sulle Alpi svizzere, un'incidente durante le riprese è ricordato dall'Arata: «Le emozioni alpine è stato invece il film "La Wally" a darmele, a causa di quella valanga che si staccò dalla Jungfrau quasi a protestare contro il nostro tentativo di violazione dei vergini silenzi, delle vette e delle distese delle Alpi»[4]. All'episodio viene anche dedicata la copertina dell' Illustrazione del Popolo, il supplemento della Gazzetta del Popolo dove figura il disegno di Aldo Molinari con la seguente didascalia: «Una drammatica disavventura cinematografica hanno corso Guido Brignone e l'operatore Arata della Cines a causa di una valanga artificiale troppo violenta che li ha travolti per alcune centinaia di metri».[21]
"L'era Cecchi"
Con la prematura scomparsa di Pittaluga (5 aprile 1931) e un breve periodo di transizione, la direzione della produzione, dall'aprile 1932, passa a Emilio Cecchi, scrittore e critico cinematografico (e padre di Suso Cecchi D'Amico). Nei diciotto mesi di gestione, Cecchi riesce ad accostare alla produzione di genere il film d'arte, coinvolgendo scrittori, intellettuali, pittori e musicisti. Viene incentivato anche il settore documentaristico. Il progetto fa parte della ricerca di nuovo stile (lo stile Cines) che porti ad un possibile rinnovamento del cinema italiano (chiamato in quel periodo rinascita). Cecchi pensa che la sceneggiatura e il documentario siano i settori cruciali per la creazione di questo stile, dove entrano in gioco quelli che egli considera i punti deboli del cinema italiano: l'osservazione della realtà e la capacità di racconto[22]. Un progetto definito e mirato, destinato anche ad offrire ai giovani registi il banco di prova per sperimentarsi con la macchina da presa prima di passare al lungometraggio[23]. Nella stagione 1932-33 nasce così una serie numerata di diciotto cortometraggi[24]. Arata collabora a sei di essi: Assisi di Blasetti, Fori imperiali di Vergano, Cantieri dell'Adriatico di Barbaro, Zara di Perilli, Miniere di Cogne - Val d'Aosta di Elter e Il ventre della città di Di Cocco. Quest'ultimo è ritenuto dal critico Umberto Barbaro: «Uno dei migliori documentari italiani, se non il migliore [...]. La bella fotografia e il paesaggio da un quadro all'altro determinato da felici analogie formali e di tono fotografico, la scelta sapiente del materiale visivo fanno di questo film un piccolo gioiello[25]». È un racconto visivo, privo di commento sonoro, sulla produzione e la distribuzione dei prodotti alimentari a Roma, girato usando anche il metodo "candid" dell'allora nascente fotogiornalismo: le immagini del mattatoio e alcune sequenze del mercato sono girate di nascosto con una cinepresa portatile di costruzione tedesca[26]. Questa esperienza tornerà utile all'Arata per le riprese di Roma città aperta dove Rossellini utilizza gli effetti derivanti dall'impiego della macchina a mano (una piccola cinepresa da reporter di guerra)[27].
I lungometraggi fotografati da Arata durante "l'era Cecchi" sono quattro[28]: La maestrina, T'amerò sempre, Cento di questi giorni e Al buio insieme.
La crisi e l'incendio
La Cines entra in crisi nel 1934, il bilancio è in passivo e i nuovi dirigenti cercano vie d'uscita (il successore di Cecchi è l'avvocato Paolo Giordani, un noto impresario teatrale). Una prima soluzione è quella di produrre cercando in «compartecipazione, guidata dal principio giustissimo di dividere con altri il rischio di buona parte della produzione futura e quindi delle spese di conduzione degli stabilimenti[29]». Tra il settembre 1933 e il maggio 1934 nascono così coproduzioni con la SAPF di Angelo Besozzi e Liborio Capitani o con la SIC di Pio Vanzi (tutte due le società non supereranno i due anni di vita). Su otto film coprodotti, Arata collabora a tre di essi: Il presidente della Ba. Ce. Cre. Mi. una commedia diretta da Gennaro Righelli, Oggi sposi girato però negli studi della Caesar per la regia di Guido Brignone, e Melodramma interpretato da Elsa Merlini e Renato Cialente per la regia di Giorgio Simonelli e Robert Land.
La crisi della Cines è anche documentata dalla risposta di Arata in una corrispondenza privata con un suo concittadino in cerca di lavoro come scenografo: «[...] attualmente Roma in tema di cinematografia sta passando una crisi che non si sa ancora quale sarà la soluzione. Alla Cines siamo tutti tra coloro che son sospesi, da qualche tempo, tutti i giorni stanno licenziando personale, di tutte le categorie, il lavoro è sospeso per tutti da qualche tempo anche per noi vecchi tecnici dello stabilimento non siamo ancora in grado di sapere quale sarà la nostra sorte[30]».
Nel biennio 1934-35 l'amministrazione decide di sospendere la produzione e di affittare agli indipendenti studi, macchinari e personale. Film come Aldebaran, Passaporto rosso e La signora di tutti verranno girati negli studi di via Vejo con personale Cines.
L'atto finale della Cines è l'incendio scoppiato nella notte tra il 25 e il 26 settembre 1935. Gli stabilimenti di via Vejo vengono parzialmente distrutti: non verranno più riaperti e saranno demoliti poco dopo.
Le produzioni indipendenti a via Vejo
Cinecittà e il cinema di regime
La Scalera
Roma citta aperta
Il 28 settembre 1944 Arata è assunto, come operatore cinematografico, dalla CIS Nettunia per due diversi progetti di cui non si precisa il titolo. Uno riguarda un cortometraggio sotto la regia di Roberto Rossellini, 10 giorni di lavoro a lire 1.000 giornaliere; l'altro un film, sempre sotto la direzione di Rossellini, 60 giorni di lavoro a lire 1.000 giornaliere. Il contratto viene però schedato con l'apposizione di due note scritte a matita: «Ieri 10.000, Domani 60.000»[35].
Ieri-Domani è il primo titolo provvisorio di Roma città aperta. Rossellini, che dalla liberazione di Roma progetta di girare un film, ha trovato un produttore nella persona della contessa Chiara Politi, ex amante del re egiziano Fuad e amministratrice delegata della CIS Nettunia[36]. Il regista italiano ha però per le mani solo un soggetto di Alberto Consiglio, La vendetta di Satana, la storia di don Pietro, il parroco di una chiesetta del Prenestino[37], che prende spunto dalle vicende realmente accadute a don Pietro Pappagallo e a don Giuseppe Morosini. L'intenzione è di realizzare un film in due episodi, un Ieri arricchendo e rielaborando, con l'aiuto di Sergio Amidei, il soggetto di Consiglio, e un Domani un nuovo soggetto che Rossellini si impegna, con la CIS Nettunia, di preparare. La storia produttiva di Roma Citta aperta prenderà però altre vie: il soggetto Domani non verrà più preso in considerazione: si sceglierà di ampliare il primo soggetto passando così a un nuovo titolo, Storie di Ieri, con la creazione da parte di Amidei del personaggio della Pina, prendendo spunto dalla storia vera di Maria Teresa Gullace. Il titolo definito arriverà solo quando, con tutti i personaggi definiti, ci si accorgerà che essi fanno parte di un luogo ben preciso, Roma, in un periodo ben preciso, lo status di città aperta, e che Storie di Ieri risulta troppo generico[38].
Le ultime collaborazioni
Riconoscimenti
Premi cinematografici
- 1939: Premio per la miglior fotografia di Dernière jeunesse (Ultima giovinezza), regia di Jeff Musso, una coproduzione italo-francese.
Filmografia
Lungometraggi
- Il matrimonio di Olimpia, regia di Gero Zambuto (1918)
- Il principe dell'impossibile, regia di Augusto Genina (1918)
- Lo scaldino, regia di Augusto Genina, da una novella di Luigi Pirandello (1919)
- L'innamorata (titolo originale Orizzontale), regia di Gennaro Righelli, sceneggiatura di Augusto Genina (1920)
- Zingari, regia di Mario Almirante (1920)
- I tre amanti, regia di Guglielmo Zorzi (1921)
- Il romanzo nero e rosa, regia di Mario Almirante (1921)
- Il fango e le stelle, regia di Pier Angelo Mazzolotti (1921)
- La statua di carne, regia di Mario Almirante (1921)
- Marthú che ha visto il diavolo, regia di Mario Almirante (1921)
- La maschera del male, regia di Mario Almirante (1922)
- La grande passione, regia di Mario Almirante (1922)
- Sogno d'amore, regia di Gennaro Righelli (1922)
- Il controllore dei vagoni letto, regia di Mario Almirante (1922)
- La storia di Clo-Clo, regia di Luciano Doria (1923)
- La piccola parrocchia, regia di Mario Almirante (1923)
- La locanda delle ombre, regia di Ivo Illuminati e Baldassarre Negroni (1923)
- Il fornaretto di Venezia, regia di Mario Almirante (1923)
- I due Foscari, regia di Mario Almirante (1923)
- Le sorprese del divorzio, regia di Guido Brignone (1923)
- L'ombra, regia di Mario Almirante (1923)
- L'arzigogolo, regia di Mario Almirante (1924)
- Largo alle donne!, regia di Guido Brignone (1924)
- Maciste all'inferno, regia di Guido Brignone (1925)
- Transatlantico, produzione italo-tedesca, regia di Gennaro Righelli (1925)
- Beatrice Cenci, regia di Baldassarre Negroni (1926)
- I martiri d'Italia, regia di Domenico Gaido (1927)
- Addio, mia bella Napoli, regia di Mario Almirante (1927), sonorizzato nel 1930 con il titolo Napoli che canta
- Il vetturale del Moncenisio, regia di Baldassarre Negroni (1927)
- Il carnevale di Venezia, regia di Mario Almirante (1928)
- Gli ultimi zar, regia di Baldassarre Negroni (1928)
- Giuditta e Oloferne, regia di Baldassarre Negroni (1929)
- Manolescu. Der König der Hochstapler, film tedesco, regia di Vjaceslav Turzanskij (1929) (non accreditato)
- Rotaie, regia di Mario Camerini (1929)
- La canzone dell'amore, regia di Gennaro Righelli, primo film sonoro italiano (1930)
- Corte d'Assise, regia di Guido Brignone (1930)
- Napoli che canta, regia di Mario Almirante (1930), sonorizzazione di Addio, mia bella Napoli (1927)
- Cortile, sceneggiato ed interpretato da Ettore Petrolini, regia di Carlo Campogalliani (1930)
- Il medico per forza, fotografia con Carlo Montuori e Massimo Terzano, regia di Carlo Campogalliani, interprete principale Ettore Petrolini (1931)
- Il solitario della montagna, regia di Wladimiro De Liguoro (1931)
- Rubacuori, regia di Guido Brignone (1931)
- Pergolesi, regia di Guido Brignone (1932)
- Paradiso, regia di Guido Brignone (1932)
- L'ultima avventura, regia di Mario Camerini (1932)
- La Wally, regia di Guido Brignone (1932)
- La maestrina, regia di Guido Brignone (1933)
- T'amerò sempre, regia di Mario Camerini (1933)
- Cento di questi giorni, regia di Augusto e Mario Camerini (1933)
- Al buio insieme, regia di Gennaro Righelli (1933)
- Il presidente della Ba. Ce. Cre. Mi., regia di Gennaro Righelli (1933)
- Oggi sposi, regia di Guido Brignone (1934)
- Melodramma, regia di Giorgio Simonelli (1934)
- Villafranca, regia di Giovacchino Forzano (1934)
- Luci sommerse, regia di Adelqui Millar (1934)
- La signora Paradiso, regia di Enrico Guazzoni (1934)
- Frutto acerbo, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1934)
- La signora di tutti, regia di Max Ophüls (1934)
- La marcia nuziale, regia di Mario Bonnard (1934)
- L'albergo della felicità, regia di Giuseppe Vittorio Sampieri (1935)
- Lorenzino de' Medici, regia di Guido Brignone (1935)
- Campo di maggio, regia di Giovacchino Forzano (1935), per le sequenze della battaglia di Waterloo
- Passaporto rosso, regia di Guido Brignone (1935)
- Aldebaran, regia di Alessandro Blasetti (1935)
- Ginevra degli Almieri, regia di Guido Brignone (1935)
- Una donna tra due mondi, regia di Goffredo Alessandrini (1936)
- Re di denari, regia di Enrico Guazzoni (1936)
- Lo smemorato, regia di regia di Gennaro Righelli (1936)
- Scipione l'Africano, regia di Carmine Gallone (1937)
- Luciano Serra pilota, regia di Goffredo Alessandrini (1938)
- Jeanne Doré, regia di Mario Bonnard (1938)
- La vedova, regia di Goffredo Alessandrini (1939)
- Papà Lebonnard, regia di Jean de Limur (1939)
- Ultima giovinezza, regia di Jeff Musso (1939)
- Processo e morte di Socrate, regia di Corrado D'Errico (1939)
- Rosa di sangue, regia di Jean Choux (1939)
- Il ponte di vetro, regia di Goffredo Alessandrini (1940)
- Ritorno, regia di Géza von Bolváry (1940)
- Arriviamo noi!, regia di Amleto Palermi (1940)
- La donna perduta, regia di Domenico Maria Gambino (1940)
- Tosca, regia di Carl Koch (1941)
- Il re si diverte, regia di Mario Bonnard (1941)
- È caduta una donna, regia di Alfredo Guarini (1941)
- Una signora dell'Ovest, regia di Carl Koch (1942)
- Perdizione, regia di Carlo Campogalliani (1942)
- I due Foscari, regia di Enrico Fulchignoni (1942)
- Il matrimonio segreto, regia di Camillo Mastrocinque (causa eventi bellici film probabilmente mai ultimato[40]), una produzione italo-spagnola (1943)
- Dora o le spie (Dora, la espia), regia di Raffaello Matarazzo, una produzione italo-spagnola (1943), versione italiana mai distribuita[41]
- Quartetto pazzo, regia di Guido Salvini (1945), girato a Roma durante l'occupazione tedesca[42]
- Carmen, regia di Christian-Jaque (1945)
- Roma città aperta, regia di Roberto Rossellini (1945)
- La vita ricomincia, regia di Mario Mattoli (1945)
- L'innocente Casimiro, regia di Carlo Campogalliani (1945)
- Il canto della vita, regia di Carmine Gallone (1945)
- L'adultera, regia di Duilio Coletti (1946)
- Teheran, regia di Giacomo Gentilomo (1946)
- Sinfonia fatale, regia di Victor Stoloff (1946)
- Il richiamo del sangue, regia di Ladislao Vajda (1948)
- Cagliostro / Gli spadaccini della serenissima, regia di Gregory Ratoff (1949) (non accreditato)
Cortometraggi
- Ninna nanna delle dodici mamme, regia di Mario Almirante (1930)
- Giardini che vivono, regia di Giuseppe Forti (1930)
- Il Natale del bebè, regia di Carlo Campogalliani (1931)
- Assisi, regia di Alessandro Blasetti (1932)
- Il ventre della città, regia di Francesco Di Cocco (1933)
- Miniere di Cogne, Val d'Aosta, regia di Marco Elter (1933)
- Zara, regia di Ivo Perilli (1933)
- Cantieri dell'Adriatico, regia di Umberto Barbaro (1933)
- Fori imperiali, regia di Aldo Vergano (1933)
Note
- ^ Archivio Parrocchiale di Ovada, Libro dei battesimi anno 1893/4/6 - 1896/31/12, pag. 265, atto n. 78
- ^ Ufficio di stato civile del Comune di Ovada, anno 1895, atto di nascita n. 90
- ^ P. Bavazzano, gennaio 1987, pag. 12
- ^ a b Ubaldo Arata, Quelli di cui il pubblico si accorge di meno, "Cinema Illustrazione", Anno IX n.22, 30 maggio 1934
- ^ Mario Quargnolo, Filmlexicon delle opere e degli autori, a cura della rivista Bianco e Nero, Roma, 1958
- ^ G. P. Brunetta, 2008, pag. 298
- ^ Dalla testimonianza della stesso Amidei. F. Faldini, G. Fofi, 2009, pag. 28
- ^ G. P. Brunetta, 2008, pag. 297
- ^ R. Redi, 2009, pag. 93
- ^ La Rivista Cinematografica, anno X n.5, 15 marzo 1929, p. 28
- ^ La Rivista Cinematografica, anno X n.4, 28 febbraio 1929, p. 27
- ^ S. Masi, 2007, pag. 408
- ^ Cinema Illustrazione, anno VI n. 12, 25 marzo 1931
- ^ S. Masi, 2007, pag. 52
- ^ G. P. Brunetta, 2008, pag. 359
- ^ F. Faldini, G. Fofi, 2009, pag. 32
- ^ R. Redi, 2009, pag. 95
- ^ V. Buccheri, 2004, pag. 17
- ^ a b R. Redi, 2009, pag. 97
- ^ R. Redi, 2009, pag. 100
- ^ Illustrazione del Popolo, anno XI n. 37, 13 settembre 1931
- ^ A. Faccioli, 2010, pag. 65
- ^ O. Caldiron, 2006, pp.8-10
- ^ Alfredo Baldi, I documentari della Cines in Immagine - Note di storia del cinema, anno II, n. 3 fasc. V, marzo-giugno 1983
- ^ Angela Madesani, Le icone fluttuanti. Storia del cinema d'artista e della videoarte in Italia, Bruno Mondadori Editore, 2005, pp. 48-49
- ^ A. Faccioli, 2010, pag. 66
- ^ D. Bruni, 2006, pag. 158
- ^ Dall'elenco dei bollettini di produzione nell'Archivio storico di Banca Intesa, Patrimonio Banca Commerciale Italiana, in V. Buccheri, 2004, pp. 34-36
- ^ Dalla relazione al consiglio di amministrazione dell'avv. Giordani in V. Buccheri, 2004, pag. 30
- ^ Dalla lettera di Ubaldo Arata al pittore Natale Proto, 10 novembre 1933, Archivio Accademia Urbense di Ovada
- ^ F. Faldini, G. Fofi, 2009, pag. 38
- ^ Tonino Delli Colli, So’ sparite le lucciole, in Silvio Danese, Anni fuggenti. Il romanzo del Cinema Italiano, Bompiani, Milano 2003, pp. 333-344
- ^ F. Savio, 1979, pp. 181-182
- ^ Dall'intervista televisiva I segreti di un mito: Roberto Rossellini di Ugo Gregoretti, RAI 1969
- ^ S. Roncoroni, 2006, pag. 355
- ^ D. Bruni, 2006, pag. 29
- ^ S. Roncoroni, 2006, pag. 25
- ^ S. Roncoroni, 2006, pag. 26
- ^ F. Savio, 1979, pag. 700
- ^ R. Chiti, E. Lancia, 2005, pag. 219
- ^ Adriano Aprà, Claudio Carabba, Neorealismo d'appendice per un dibattito sul cinema popolare: il caso Matarazzo, Guaraldi Editore, 1976, pag. 20
- ^ Dalla testimonianza di Jone Tuzzi, segretaria di produzione. F. Faldini, G. Fofi, 2009, pag. 158
Bibliografia
- Paolo Bavazzano, Da "Cabiria" a "Roma Città aperta", un ovadese nel mondo del cinema (PDF), in URBS Silva et flumen, gennaio 1987, pp. 12-13. URL consultato il 12-09-2010.
- Paolo Bavazzano, Dai fasti di Cinecittà alla nascita del neorealismo; un ovadese nel mondo del cinema (PDF), in URBS Silva et flumen, aprile 1987, pp. 22-24. URL consultato il 12-09-2010.
- Paolo Bavazzano, Quell'estate a Cremolino con Orson Welles (PDF), in URBS Silva et flumen, Anno XVIII n.2-3 giugno-settembre 2005, pp. 119-122. URL consultato il 12-09-2010.
- Nuccio Lodato, Ubaldo Arata: due centenari e due cinquantenari (PDF), in URBS Silva et flumen, Anno XI n.2 giugno 1996, pp. 91-99. URL consultato il 12-09-2010.
- Nuccio Lodato, Ubaldo Arata: Un ovadese alla corte di Rossellini, in Rassegna Economica, trimestrale della Camera di Commercio di Alessandria, n.3, luglio 1996, pp. 27-36.