Sciopero
Per sciopero si intende l'astensione collettiva dal lavoro di lavoratori dipendenti allo scopo di rivendicare diritti, per motivi salariali, per protesta o per solidarietà.

Il salario o stipendio che viene detratto è proporzionale alla sospensione lavorativa.
Diversa è la serrata che è la chiusura temporanea, simmetrica allo sciopero, da parte del datore di lavoro dell'unita produttiva o esercizio commerciale; a differenza dello sciopero, la serrata non è prevista dalla Costituzione della Repubblica Italiana.
Tipologie
Esistono diverse modalità di sciopero, non tutte legittime. La linea di discriminazione della legittimità di uno sciopero si rinveniva nel principio giurisprudenziale della proporzionalità tra l'astensione e il danno arrecato al datore di lavoro, per cui se il danno subito dal datore di lavoro era superiore rispetto al sacrificio sopportato dai lavoratori con lo sciopero, esso era ritenuto illegittimo. Questo orientamento giurisprudenziale è stato mutato dalla Cassazione italiana nel 1980 (sentenza Corte di Cassazione 30 gennaio 1980 n. 711), che ora ritiene legittime anche le cosiddette forme anomale di sciopero, anche nel caso in cui comportino un sacrificio maggiore per il datore di lavoro. Ciò deriva dal fatto che il legislatore italiano non ha ancora dato attuazione all'art. 40 della Costituzione e di conseguenza non ha previsto le modalità con cui lo sciopero può essere attuato (limiti interni); quindi qualsiasi modalità, che non costituisca reato, è ritenuta legittima. Gli unici limiti al diritto di sciopero riconosciuti dalla giurisprudenza, sono limiti esterni. Essi sono costituiti dagli altri diritti parimenti tutelati dalla Costituzione, come il diritto alla vita e all'integrità fisica ad esempio, ma anche altri come la libertà di iniziativa economica sancita dall'art. 41 della Costituzione. Conciliare il diritto di sciopero con questa libertà imprenditoriale è stato più complicato, ma il confine tra legittimità e illegittimità dell'azione sindacale è stato individuato dalla giurisprudenza nel c. d. danno alla produttività. Esso è costituito da un danno tale, alle persone o ai macchinari o ai locali aziendali, che non consenta di riprendere l'attività lavorativa una volta che sia cessato lo sciopero. La giurisprudenza, invece, ritiene che sia sempre insito nello sciopero e che sia legittimo il danno alla produzione, che è la perdita economica sopportata dal datore di lavoro durante lo sciopero (sentenza Corte di Cassazione 30 gennaio 1980 n. 711).
Nel gergo sindacale si sono date molte definizioni di sciopero a seconda delle diverse modalità o ampiezza della platea di lavoratori in rivendicazione o protesta ad esempio: si parla di sciopero generale quando l'astensione dal lavoro riguarda tutti i lavoratori di un paese, settoriale se interessa un solo settore economico o una categoria di lavoratori (metalmeccanici, chimici, ecc.), locale se sono interessati i lavoratori di una certa zona.
Si parla di sciopero bianco quando i lavoratori anziché astenersi dal lavoro applicano alla lettera i regolamenti, causando disagi, clamoroso fu il caso di sciopero bianco applicato dalle guardie di frontiera negli anni ottanta.
Lo sciopero a gatto selvaggio indica lo sciopero in cui in una catena di montaggio le varie sezioni scioperano in tempi diversi, in modo da arrestare la produzione per il massimo tempo possibile.
Vi sono poi i cosiddetti "scioperi articolati" di cui fanno parte:
- Lo sciopero a singhiozzo è caratterizzato da interruzioni brevi (10 minuti ogni ora ad esempio). Tale modalità di sciopero, prima ritenuta illegittima, è oggi considerata lecita anche sul piano civile (sentenza Corte di Cassazione 30 gennaio 1980 n. 711), ma è consentito al datore di lavoro rifiutare le prestazioni comunque offerte se ritiene che non siano proficuamente utilizzabili (sentenza Corte di Cassazione 28 ottobre 1991 n. 11477).
- Lo sciopero a scacchiera in cui vi è un'astensione dal lavoro effettuata in tempi diversi da diversi gruppi di lavoratori le cui attività siano interdipendenti nell'organizzazione del lavoro. Queste due forme di sciopero sono volte ad alterare i nessi funzionali che collegano i vari elementi dell'organizzazione in modo da produrre il massimo danno per la controparte con la minima perdita di retribuzione per gli scioperanti.
Lo sciopero con corteo interno indica invece uno sciopero in cui i manifestanti, anziché organizzare picchetti agli ingressi del luogo di lavoro, si muovono in formazione all'interno bloccando i vari reparti che attraversano.
Durante, i picchetti, la delegazione di scioperanti che rimane agli ingressi e alle uscite dei luoghi di lavoro, non può trattenere quanti manifestano l'intenzione di entrare nel luogo di lavoro, oppure di uscire, altrimenti si verificherebbe il c.d. picchettaggio violento o blocco dei cancelli, riconducibili alla violenza privata (art. 610 codice penale).[1]
Impedire l'uscita di una persona dal luogo di lavoro configura un reato di sequestro di persona; diverso, è porre degli ostacoli all'ingresso dei colleghi, che rimangono liberi di muoversi fuori dalla sede di lavoro, in uno spazio aperto.
Il danno per l'azienda associato a uno sciopero è quantificabile in prima approssimazione con la perdita di produttività di una giornata di lavoro. La produttività può a sua volta essere misurata come fatturato o margine operativo netto per addetto, riportata su scala giornaliera.
Aspetti legali
Il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione italiana (art. 40) e, con riferimento ai servizi di pubblica utilità (come trasporti e sanità), è regolamentato dalla legge che stabilisce le modalità e i tempi dello sciopero sanzionando eventuali violazioni (legge 12 giugno 1990 n 146 [1] ). In alcuni servizi di interesse pubblico lo sciopero può essere annullato di fatto tramite la precettazione da parte delle autorità di pubblica sicurezza, dei Trasporti o della Sanità.
Per lo Statuto dei Lavoratori, assumere personale per sostituire gli scioperanti, decurtare la paga degli scioperanti più del salario giornaliero oppure aumentarla ai non aderenti, per ridurre le adesioni allo sciopero, o comunque qualsiasi forma di impedimento o limitazione dell'esercizio del diritto di sciopero o dell'attività sindacale sono forme di condotta antisindacale. La condotta antisindacale è repressa tramite un'apposita procedura prevista dall'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori.
Le pratiche dette in precedenza sono illecite anche quando lo sciopero è stato vietato dalla precettazione del Ministero competente. Il mancato rispetto della precettazione è un reato di interruzione di pubblico servizio, ma non è "giusta causa" di licenziamento.
La legislazione negli USA prevede invece la sostituzione e il licenziamento degli scioperanti che siano stati precettati.
Sotto il Governo di Reagan lo sciopero dei controllori del traffico aereo contro la deregolamentazione del trasporto aereo cessò a seguito del licenziamento in massa e sostituzione di tutto il personale che disattese l'equivalente americano della precettazione governativa.
In Europa
Diverse Costituzioni europee non fanno menzione del diritto di sciopero, riconosciuto in altro modo da sentenze o da leggi ordinarie. In Italia, lo sciopero è riconosciuto come diritto personale di esercizio collettivo.
In Europa, lo sciopero non è monopolio sindacale, può quindi essere proclamato dal più piccolo gruppo di lavoratori esistente in azienda, ed esercitato dai singoli non iscritti ad alcun sindacato o anche se iscritti a sindacati diversi da quelli che proclamano lo sciopero. È inteso come atto della libertà di associazione, oltreché come diritto particolare dei lavoratori. Lo sciopero non può essere proclamato da un singolo lavoratore.
È escluso il licenziamento di chi proclama o partecipa a scioperi. Lo sciopero sospende temporaneamente il contratto di lavoro, ha come conseguenza l'assenza di obbligo della prestazione lavorativa, e per il datore di corrispondere la retribuzione.
Non è esplicitamente disciplinata la questione dei danni recati al datore o ai destinatari dello sciopero, rispetto alla regola generale per la quale chiunque cagiona un danno è tenuto a risarcirlo. Soltanto la Gran Bretagna prevede esplicitamente l'istituto dell'immunità per gli scioperanti, che esclude la possibilità di azioni di responsabilità individuali.
Apposite norme limitano il diritto di sciopero:
- quando questo reca disagi a tutti i cittadini, oltreché i soggetti destinatari dello sciopero (datori, Governo, ecc.);
- quando l'interruzione di determinate attività mette a rischio la continuità produttiva delle aziende: a seconda degli ordinamenti, i lavoratori da comandare a tali attività sono decisi di concerto fra sindacati e datori, dal datore o dall'autorità;
- in base alle finalità dello sciopero: in alcuni ordinamenti è illegittimo lo sciopero di solidarietà o politico, al di là delle conseguenze presso soggetti terzi alle controversie industriali, cui dovrebbero essere garantiti servizi essenziali (come sanità e polizia) o diritti costituzionali alla mobilità e libera circolazione.
Le sanzioni per la partecipazione a uno sciopero illegittimo possono essere pecuniarie (trattenute in busta paga), la sospensione o il licenziamento, azioni di responsabilità individuali per i danni recati al datore di lavoro.
Il principio di proporzionalità non è dovunque il criterio guida sia rispetto alla limitazione del diritto di sciopero per la tutela di altri diritti garantiti dalla Costituzione, ovvero per l'erogazione delle sanzioni disciplinari e pecuniarie.
Origini storiche
Disciplina dello sciopero in Italia nel periodo antecedente il Fascismo
Per lungo tempo è stato considerato in termini più restrittivi. Nel periodo della legislazione del codice penale sardo: nel suddetto codice lo sciopero veniva punito quale reato, la penalizzazione dello sciopero continua fino al 1889. Durante il codice Zanardelli viene riconosciuta una libertà di sciopero, i lavoratori scioperano ma non incorrono in sanzioni penali, l'astensione lavorativa viene considerata come un inadempimento dei termini contrattuali, laddove la pena è il licenziamento. Dai dati dell'epoca risulta che col codice Zanardelli gli scioperi siano aumentati: lo sciopero dunque viene considerato quale reato solo se messo in atto con violenza o minaccia. La giurisprudenza interpreta in termine penalizzante il concetto di violenza o minaccia. Il codice Zanardelli prevede che lo sciopero comporti il rischio di licenziamento dovuto ad inadempimento contrattuale, i giudici del periodo del codice Zanardelli seguono un tipo di interpretazione sulla scia del codice Sardo.
Il primo sciopero generale in Italia
Nel settembre del 1904 i lavoratori italiani, guidati dai socialisti rivoluzionari, sperimentano per la prima volta il sistema di lotta sociale propugnato in Francia da Georges Eugène Sorel: lo sciopero generale. In solidarietà per l'uccisione di 4 minatori sardi, durante una rivolta operaia, scoppiata per reclamare migliori condizioni lavorative e salari più alti, avvenuta il 4 settembre 1904, nelle miniere di Buggerru, da parte delle truppe inviate da Giolitti, per quattro giorni consecutivi ogni attività del paese rimane paralizzata: i giornali non escono, le fabbriche si fermano, i servizi pubblici non funzionano e a Venezia perfino i gondolieri incrociano le braccia. Giovanni Giolitti, capo del governo sin dal novembre 1903, ignorando le esortazioni dei conservatori ad usare le maniere forti, si astiene dall'intervenire, lasciando che siano le forze sociali in lotta (i padroni da una parte ed i lavoratori dall'altra) a risolvere i loro contrasti, secondo una linea di equilibrio che sarà determinata dai rapporti di forza esistenti fra le due parti. In tal modo egli attira su di sé le accuse di debolezza e, peggio, di vigliaccheria da parte dei proprietari (di quelli terrieri non meno che degli industriali), ma ottiene di riflesso un risultato di estrema importanza. Enrico Ferri, Enrico Leone e soprattutto Arturo Labriola e gli altri rivoluzionari sostenitori dello sciopero avevano fatto conto sulla reazione del potere costituito come pretesto per scatenare la violenza di piazza. Ora, di fronte all'atteggiamento neutrale della forza pubblica, sono sconcertati, incapaci di ricavare, in termini politici, un qualche vantaggio da un'iniziativa che pure ha avuto un grosso successo di partecipazione. L'arma dello sciopero generale, tanto paventata dalla borghesia e, in fondo, sgradita agli stessi socialisti moderati come Filippo Turati, si dimostra per quel che è: un'arma spuntata e sostanzialmente innocua, quando lo Stato sa stare al gioco. Non solo, ma tutto questo, mentre crea difficoltà per gli estremisti, dà vigore all'ala riformista del partito socialista. Grazie all'equilibrio e all'intelligenza politica di uomini come Giolitti, si viene dunque radicando anche in Italia un sistema di più eque contrattazioni nelle controversie di lavoro, e l'epidemia di scioperi che si verificano in questo periodo è non solo indizio di maggiore libertà, ma chiaro sintomo del generale miglioramento nelle condizioni economiche del paese. I salari aumentano nelle campagne, il vitto è più abbondante, migliorano le condizioni igienico-sanitarie e quasi ovunque diminuisce sensibilmente l'indice di mortalità. Ma le cause vere della nuova prosperità sono altre: tra le tante, si possono citare la fine della guerra doganale con la Francia, l'espansione del movimento cooperativistico, l'emigrazione vera valvola di scarico della sovrappopolazione e delle tensioni sociali che ne scaturiscono, l'accresciuta utilizzazione dell'energia elettrica.
Il primo sciopero virtuale
Il 27 settembre 2007 si è svolto il primo sciopero virtuale al mondo, organizzato da una task force internazionale coordinata da UNI Global Union e dalla Rappresentanza Sindacale Unitaria IBM di Vimercate. Lo sciopero ha avuto un enorme ed inaspettato effetto mediatico in tutto il mondo ed ha visto la partecipazione di circa 2000 persone da 30 diversi paesi che hanno presidiato le isole IBM su Second Life per 12 ore. Dopo 20 giorni dallo sciopero virtuale IBM l'Amministratore Delegato di IBM Italia si è dimesso e il Coordinamento Nazionale RSU IBM Italia ha sottoscritto un importante accordo sindacale che restituiva ai 5000 lavoratori italiani il premio di risultato che era stato unilateralmente cancellato da parte della direzione aziendale.[2] I risultati di questa innovativa forma di protesta hanno dato avvio al progetto denominato Sindacato 2.0, un movimento internazionale e trasversale che propone un rinnovamento democratico dal basso del sindacato attraverso un utilizzo partecipato delle nuove tecnologie di comunicazione Web 2.0/3D per fini sindacali.
Letteratura
Il romanzo Germinale dello scrittore francese Émile Zola racconta essenzialmente lo sviluppo del movimento sindacale in una miniera di carbone e l'organizzazione di un primo sciopero. Il romanzo Metello di Vasco Pratolini racconta uno sciopero di lavoratori edili.
Note
Voci correlate
Altri progetti
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