Giuseppe La Loggia

politico, avvocato e docente italiano (1911-1994)

Template:Membro delle istituzioni italiane Giuseppe La Loggia (Agrigento, 1 maggio 1911Roma, 2 marzo 1994[1]) è stato un politico, avvocato e docente italiano, ex presidente della Regione Siciliana.

Biografia

Avvocato e docente universitario di Diritto del lavoro all'Università di Palermo. Figlio di Enrico, Sottosegretario alle Finanze nel 1921, uno dei fautori dello Statuto siciliano e padre dell'ex ministro del governo Berlusconi Enrico La Loggia.

Convinto autonomista, prima di entrare in politica ebbe modo di maturare una robusta qualificazione professionale come avvocato nello studio del padre Enrico e come docente di diritto del lavoro presso l'Università di Palermo. Durante l'apprendistato, sui libri e nelle aule giudiziarie e universitarie, maturò una sua personale visione tecnocratica della politica che, tuttavia, coniugava con una grande attenzione ai bisogni della gente, al tema della solidarietà, a quello della giustizia sociale. Proprio questa visione lo condusse su una sponda non certo collimante con quella del padre, lo condusse cioè verso la nuova formazione politica democristiana nella quale individuava il soggetto politico necessario a riaggregare, nel difficile periodo del dopoguerra, una realtà nazionale profondamente lacerata nel suo tessuto organico. Il suo riferimento iniziale fu, dunque, Luigi Sturzo[2] con il quale avviò una cordiale frequentazione e del quale comprese, meglio di molti altri, la modernità del linguaggio.

Attività Politica

Giuseppe La Loggia si avvia alla politica giovanissimo, alla scuola del padre Enrico, antifascista, demolaburista, autore di un fortunato libretto, “Ricostruire”, dove si teorizza il “riparazionismo”, e che diventa “il manifesto degli autonomisti unitari”. Subito dopo l'armistizio firma la dichiarazione antiseparatista del 24 ottobre 1943 del Fronte unico siciliano redatta da Enrico La Loggia, dove si riafferma, “nel sicuro auspicio della più rapida e totale liberazione della Patria”, la volontà della Sicilia “che sia mantenuta intatta l’unità d’Italia”.[3]

Fu eletto deputato all' Assemblea Regionale Siciliana nel 1947, e lo resta fino al 1967 per la Democrazia Cristiana. Divenne subito Assessore all’agricoltura e foreste sotto il primo e secondo governo Giuseppe Alessi (dal 30 maggio 1947 all’8 marzo 1948 e dal 9 marzo 1948 all’11 gennaio 1949) e in seguito Assessore alle finanze sotto il primo e il secondo governo Restivo (dal 12 gennaio 1949 fino alla fine della legislatura e dal 20 luglio 1951 fino alla fine della legislatura). Dal 1955 al 1956 ricoprì il ruolo di Presidente dell'Ars.

Presidente della Regione

Nel 1956 venne eletto Presidente della Regione Siciliana. Fin dall'avvio della sua attività di governo Giuseppe La loggia manifestò uno stile anomalo rispetto a quello praticato dai governanti isolani: niente verbosità spagnolesca, puntuale riferimento ai dati concreti, ripudio dell'improvvisazione. La sua idea-guida era infatti che ogni progetto di sviluppo dovesse avere dei forti e stabili ancoraggi, cioè delle certezze per non creare false illusioni. La sua presidenza della Regione Siciliana segna un passaggio decisivo nella storia dell'Autonomia, cioè il tentativo di creare le condizioni per fare compiere alla Sicilia quel salto di qualità che avrebbe potuto avviare un meccanismo di sviluppo, fondato su una rapida industrializzazione, in grado di colmare il gap storico che la divideva dalle regioni più sviluppate del Paese. La Loggia tentò, infatti, di creare l'habitat necessario ad attirare i capitali necessari per avviare il meccanismo di sviluppo e di spingere il tessuto economico siciliano a misurarsi con le sfide che il nuovo modello avrebbe comportato. Purtroppo per la Sicilia, il suo progetto non fu compreso e contro di esso si levarono le tradizionali forze della conservazione, rappresentate anche dall'Associazione industriali siciliani, che si sono sempre mimetizzate all'interno del sempre presente ribellismo siciliano. La Vandea dei tradizionalisti, sul cui carro presero posto le opposizioni di sinistra e di destra, diede corso all'operazione Milazzo. Nell'ottobre del 1958, Giuseppe La Loggia, attaccato con veemenza anche da molti suoi compagni di partito, dovette gettare la spugna dimettendosi da presidente della Regione mentre trionfava il pressappochismo, il populismo e la tanto deprecata superficialità. La sconfitta di La Loggia, col senno del poi, deve essere considerata l'ennesima sconfitta della Sicilia [2]. Quella crisi politica diede il via al cosiddetto milazzismo. Così uscì di scena dalla politica siciliana Giuseppe La Loggia, l’ultimo della “triade” dei padri dell’autonomia: dopo di Lui all’Assemblea regionale – scrisse Montanelli – “c’era il vuoto, e poi il vuoto e quindi gli altri 87 deputati”.[3][4]

Fu poi assessore regionale al Turismo dal 1963 al 1964 e anche sindaco di Cattolica Eraclea dal 1962 al 1965.

Prima di essere eletto alla Camera dei Deputati, fu nominato presidente dell' Espi, l'ente siciliano per la promozione industriale, carica che ricoprì dal 1967 al 1968.

Deputato alla Camera

Da allora l'attività politica di La Loggia, che ebbe sempre un occhio di riguardo verso i problemi del Mezzogiorno e della Regione Siciliana, si svolse nell'aula di Montecitorio, dove fu eletto Deputato nel 1968, e per quattro legislature, fino al 1983. A Roma, ragioni di equilibrio, spesso dettate dal tanto deprecato manuale Cencelli, gli impedirono di far parte, come ne avrebbe avuto diritto, del governo[2]. Fu Presidente, autorevole e stimato, dapprima della VI^ Commissione Finanze dal 1972 al 1976 e, dal 1976 al 1983, della V^ Commissione Bilancio. Fu padre della prima legge finanziaria che, purtroppo, fu stravolta rispetto ai contenuti che lo stesso La Loggia aveva indicato. In quegli anni nei quali il sistema sembrava impazzito, si distinse come uno di coloro che più si batterono per dare un'energica sterzata per rimettere a posto i conti pubblici[2]. In questa veste, inoltre, egli partecipò da par suo al dibattito sul divorzio alla luce del disposto costituzionale. Ma non furono meno importanti i suoi interventi sulla riforma tributaria, sull’ordinamento universitario, sulla questione radio-televisiva.[3]

Gli ultimi anni

Nel 1983 non fu rieletto. Fu nominato giudice al Consiglio di Stato e, in seguito, Presidente dell'istituto poligrafico dello Stato. Morì a Roma il 2 Marzo 1994.

Critiche ed aspetti controversi

Giuseppe La Loggia dopo la sua morte è stato chiamato in causa per presunte connessioni ad ambienti mafiosi. L'ex boss della mafia italo-americana, Nicola "Nick" Gentile, dichiarò nell'autobiografia pubblicata nel 1963 di aver sostenuto Giuseppe La Loggia nel 1951 in campagna elettorale[5], pur senza conoscerlo, come risulta dagli atti della Commissione Parlamentare Antimafia del 1963, e per distinguersi dalla cosca avversaria che sosteneva l'on. Gaetano Di Leo.

Il capocosca di Villabate Antonino Mandalà in una telefonata intercettata dagli inquirenti che indagavano sul suo conto raccontava di aver detto ad Enrico La Loggia, figlio di Giuseppe ed esponente di spicco di Forza Italia[6]:

«Enrico tu sai da dove vengo e che cosa ero con tuo padre… Io sono mafioso come tuo padre, perché con tuo padre me ne andavo a cercare i voti vicino a Villalba da Turiddu Malta che era il capomafia di Vallelunga… Ora (lui) non c’è (più), ma lo posso sempre dire io che tuo padre era mafioso….»

Al processo però Mandalà dichiarò ai giudici che millantava. Interrogato in aula ammetterà di aver detto a La Loggia quelle frasi, ma sosterrà di aver millantato con lui la propria mafiosità[7][8].:

«Chiaramente quando dico a La Loggia “Io sono mafioso” lo dico in maniera ironica e lo dico perché lui mi aveva rinnegato per la paura che io fossi mafioso. E sulla questione dei voti volevo ferirlo ... perché suo padre era un galantuomo e non aveva assolutamente rapporti con ambienti mafiosi. Quelle frasi, che erano solo mirate a ferirlo, non corrispondevano a verità. Temeva che potevano danneggiarlo. Ma io gliele ho sparate in faccia per ferirlo.»

Note

  1. ^ Dal sito dell'Assemblea Regionale Siciliana
  2. ^ a b c d http://www.enricolaloggia.com/Biografia_Giuseppe_LaLoggia.html
  3. ^ a b c http://www.ars.sicilia.it/DocumentiEsterni/Pubblicazioni/00000006/Documento.pdf
  4. ^ http://issuu.com/iriscommunication/docs/opuscolo7
  5. ^ Nick Gentile e Felice Chilanti, Vita di capomafia, Roma, Editori Riuniti,(1963)
  6. ^ Una vita da Schifani, di Francesco Giustolisi e Marco Lillo, l'Espresso 13-8-2002
  7. ^ http://lapillolarossa.ilcannocchiale.it/2008/05/26/enrico_la_loggia.html
  8. ^ Da Lirio Abbate e Peter Gomez, “I complici. Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento”, Fazi editore, 2007, pagg. 69-84 [1]

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