La Isetta è una microvettura che venne prodotta dalla casa automobilistica italiana Iso tra il 1953 ed il 1956 e, su licenza, dalla tedesca BMW tra il 1955 ed il 1962.[1]

Isetta
Descrizione generale
Costruttorebandiera  Iso Autoveicoli
Tipo principaleMonovolume
Altre versioniCabriolet
Van
Pick-up
Produzionedal 1953 al 1962
SerieIso Isetta (1953-1956)
BMW Isetta (1955-1962)
Altre caratteristiche
ProgettoErmenegildo Preti
StilePierluigi Raggi

La BMW Iso Isetta è stata, nel 1955, la prima automobile al mondo a basso consumo di carburante (3 / 100 km) prodotta in serie.[2] Inoltre è stata l'automobile con motore monocilindrico più venduta di tutti i tempi con ben 161 728 unità vendute.[3]

Le origini

Per capire le origini della più popolare tra le microvetture del dopoguerra, occorre fare un salto indietro nel tempo, esattamente fino al 1939, anno in cui Renzo Rivolta fondò la Iso, una ditta con sede a Bolzaneto (GE), specializzata in impianti di refrigerazione ad uso industriale o privato. Nel 1943, la Iso si trasferì a Bresso, in provincia di Milano, dove alla precedente attività si aggiunse anche quella di produzione di elettrodomestici. Terminata la Seconda guerra mondiale, però, Renzo Rivolta si accorse che una delle maggiori esigenze e priorità della popolazione italiana era quella di potersi spostare tramite un mezzo di locomozione che fosse economico, molto più di un'automobile a buon mercato come lo era la Topolino di quegli anni.[4] Decise quindi di convertire la produzione di elettrodomestici a quella di motociclette. Fu così che nacquero modelli di un certo successo.[5]

Ma dopo tali piccoli successi, Renzo Rivolta decise che era arrivato il momento di passare alla produzione automobilistica. La ragione sociale della ditta fu perciò mutata in Iso Autoveicoli SpA. Ciò che aveva in mente era un automezzo che stesse a metà tra una motocicletta ed una Topolino. Doveva, cioè, essere semplice come una moto, ma con carrozzeria chiusa come un'auto, in modo da colmare il divario tra la motocicletta ed i modelli automobilistici più economici allora in listino. In Italia, quest'ultimo ruolo era rivestito all'epoca praticamente solo dalla già citata 500C Topolino, che pur essendo indubbiamente alla portata di maggiori fette di potenziale clientela, rimaneva però all'inizio degli anni '50 ancora inaccessibile per gran parte della popolazione, ancora alle prese con i grossi disagi economici e non solo del periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale.[5]

La genesi

 

La filosofia costruttiva di Renzo Rivolta nel settore delle automobili era quella di privilegiare prima di tutto la comodità ed il comfort dei passeggeri, nonché un'oculata sistemazione della meccanica all'interno del corpo vettura: la carrozzeria sarebbe stata modellata solo a quel punto, sulla base delle specifiche precedenti. Per realizzare la nuova vetturetta, Renzo Rivolta si affidò a due vulcanici personaggi, giovani ma con un significativo passato alle spalle in campo aeronautico: Ermenegildo Preti e Pierluigi Raggi. L'ing. Preti aveva in mente un progetto simile già durante i bui anni della guerra, poiché prevedeva per l'avvenire l'enorme carenza di risorse che poi di fatto si verificò. Già durante gli anni del conflitto cominciò a prendere forma nella sua mente l'idea di una microvettura ed arrivò a parlarne anche con sua moglie Piarosa. Perciò, al momento di dover realizzare per Renzo Rivolta una piccola vetturetta, l'ing. Preti aveva già le idee piuttosto chiare e dopo aver partorito le linee generali del progetto, affidò il disegno della carrozzeria e del telaio all'ing. Raggi.

L'esigenza di dover privilegiare il comfort e l'abitabilità in un corpo vettura di dimensioni molto contenute fece in modo che il progetto partisse proprio dalla definizione della cella abitativa, attorno alla quale, poi, sarebbero stati inseriti gli organi meccanici e la carrozzeria. Quest'ultima venne disegnata privilegiando le forme aerodinamiche, forme scaturite anche dall'esigenza di avere un frontale inclinato per lasciare sul pavimento lo spazio necessario ad ospitare gli organi dello sterzo.

Il primo prototipo fu realizzato nell'estate del 1952 e già prefigurava molte delle soluzioni tecnico-stilistiche presenti sulla vettura definitiva, come il corpo vettura "ad uovo", la meccanica di derivazione motociclistica e la presenza di un unico portellone frontale, che costituiva praticamente l'intero muso della vetturetta. Quest'ultimo riprendeva una soluzione particolare proposta dall'ing. Preti nella sua tesi di laurea, quando propose l' AL12, un aereoplano con la parte anteriore, quella destinata alla cabina di pilotaggio, incernierata su un lato e completamente apribile. Pressoché definitiva era anche l'architettura della vettura, con scocca in lamiera d'acciaio dotata di un'ampia vetratura fissata a un telaio di tubi d'acciaio. Tale prototipo era inoltre provvisto di tre sole ruote: due davanti ed una dietro, soluzione presto abbandonata quando ci si accorse, durante le prove su strada, della pericolosità di tale soluzione in caso di foratura. Si scelse perciò una soluzione intermedia, ossia quattro ruote, delle quali le due posteriori erano molto ravvicinate tra loro per evitare la necessità di installare un differenziale, che avrebbe dovuto essere costruito ad hoc ed avrebbe quindi comportato un aggravio dei costi di produzione.

Dopo la prova del primo prototipo, si procedette all'affinamento della carrozzeria, mediante l'integrazione del normale profilo ad uovo con due elementi longitudinali, uno per lato, aventi funzione di parafango e che integravano l'intera parte bassa delle fiancate fino ad arrivare alla coda. Tali parafanghi avevano la funzione di snellire la fiancata e renderla meno goffa alla vista.

Quanto al motore, esso era inizialmente un monocilindrico a due tempi derivato da quello del motociclo Iso 200, della cilindrata di 198 cm³ ed in grado di erogare circa 8 cavalli. L'adattamento di tale motore alla nuova microvettura fu curato dall'ingegner Genoni, un altro validissimo collaboratore di Ermenegildo Preti.[6]

La Iso Isetta (1953-1956)

Iso Isetta
 
Descrizione generale
VersioniMonovolume - Furgonetta - Pick-Up
Anni di produzionedal 1953 al 1956
Dimensioni e pesi
Lunghezza2.250 mm
Larghezza1.340 mm
Altezza1.320 mm
Passo1.500 mm
Massa330 kg
Altro
Auto similiMI-VAL Mivalino
Siata Mitzi
Volugrafo
Esemplari prodotticirca 1.500
NoteProdotta a Bresso, Milano

Il modello definitivo fu presentato in anteprima alla stampa all'inizio del mese di aprile del 1953, mentre la presentazione ufficiale avvenne il 22 aprile dello stesso anno al Salone di Torino. Come già accennato, erano pochi gli aggiornamenti rispetto all'ultimo prototipo. Tra i più significativi vi erano l'accensione a spinterogeno ed il piantone dello sterzo solidale con la portiera anteriore per facilitare l'ingresso e l'uscita degli occupanti. La reazione del pubblico fu di grande stupore, di fronte a questa vettura dalla forma simile ad una cabina di elicottero o di aliante. Pur rimanendo nell'ambito delle microvetture e condividendone la naturale semplicità, la Isetta sembrava quasi futuristica e distava anni luce dalle microvetture dell'epoca, troppo fumettistiche rispetto ad essa. Rispetto alle principali concorrenti, la Isetta vantava anche prestazioni di tutto rispetto, riuscendo ad arrivare ad una velocità massima di 85 km/h. L'unica situazione in cui la Isetta, per forza di cose, tendeva a peccare era la marcia in salita.

Struttura d'avanguardia

All'epoca del suo debutto, la Isetta fece scalpore per la conformazione davvero inusuale del suo corpo vettura. In effetti, all'epoca, l'Isetta era da considerarsi veramente all'avanguardia, sia per quanto riguarda il tipo di corpo vettura, ma soprattutto per la razionale ed intelligente scelta nella disposizione di tutto ciò che serviva a rendere questo piccolo mezzo di trasporto una vera e propria automobile a tutti gli effetti, vivibile e maneggevole. In molti oggigiorno l'hanno definita semplicemente geniale.

All'interno del piccolo abitacolo si accedeva mediante il grosso portellone anteriore, che inglobava praticamente l'intera sezione frontale della vettura. Per facilitare ulteriormente l'ingresso, il piantone dello sterzo era solidale con il portellone stesso, vale a dire che aprendo quest'ultimo, il piantone si inclinava in avanti per lasciare ancor più spazio in modo da agevolare ulteriormente l'ingresso. Quest'ultima idea, assai originale, fu suggerita a Pierluigi Raggi dall'ing. Pretinelle ultime fasi del progetto, quando la vettura era quasi allo stadio definitivo. I posti a sedere erano costituiti da una semplice panchetta che offriva spazio solo a due persone. Dietro tale panchetta vi era uno spazio occupato per metà dal piccolo monocilindrico a due tempi e per metà da un piccolo vano atto a sistemare piccoli bagagli.

La vetratura era molto ampia ed offriva una visibilità in grado di reggere addirittura il confronto con una berlina di lusso. Il particolare disegno della vetratura della Isetta italiana fu il frutto della consulenza di Giovanni Michelotti, a cui la Iso si affidò per ottimizzarne il disegno rispetto alle vetrature del primo prototipo. Il tetto era in tela, srotolabile, in maniera tale da trasformare la Isetta anche in una piccolissima vettura aperta.

Sulla BMW 250, la Isetta tedesca, ritroviamo tutte le geniali intuizioni della Iso, con in più un piccolo ma efficace impianto di riscaldamento e con i vetri laterali scorrevoli. Il successo ottenuto dalla BMW 250 di duplice natura: da una parte la 250 divenne la vettura ideale per chi poteva già permettersi una seconda auto, mentre dall'altra diveniva il veicolo ideale per le masse in procinto di motorizzarsi. Va detto che in Germania per le vetture sotto i 250 cm³ esisteva una particolare patente di guida.

Meccanica

La semplicità progettuale dell'Isetta la si ritrova anche nella meccanica: la vetturetta proponeva soluzioni semplici ma anche inconsuete, come per esempio il piccolo motore a due tempi mutuato dalla Iso 200, una delle motociclette di maggior successo per la Iso, subito prima dell'arrivo dell'Isetta. Tale motore aveva inizialmente una cilindrata di 198 cm³ ed erogava circa 9 cavalli. Questa piccola unità motrice fu utilizzata solo fino a poco prima della presentazione al pubblico, in vista della quale il piccolo monocilindrico fu rialesato e portato a 236 cm³, con potenza massima di 9,5 cavalli a 4.750 giri/min. Questo motore aveva una particolare struttura sdoppiata, come se avesse due pistoni all'interno di un unico cilindro, mossi da due bielle, una principale ed una secondaria, ma con accensione affidata ad una sola candela. La lubrificazione era separata ed era affidata ad una pompa meccanica, mentre il raffreddamento era ad aria. L'alimentazione era invece affidata ad un carburatore Dell'Orto. La trasmissione prevedeva una frizione a dischi multipli in bagno d'olio ed un cambio a 4 marce. La trazione era posteriore, ma non vi era bisogno del differenziale, reso superfluo dalla ridottissima carreggiata posteriore. Il cambio era a 4 marce, con frizione a dischi multipli in bagno d'olio.[7]

Il telaio dell'Isetta era di tipo tubolare e comprendeva sospensioni anteriori a ruote indipendenti con tamponi in gomma ed ammortizzatori a frizione. Il retrotreno comprendeva invece molle a balestra ed ammortizzatori idraulici. L'impianto frenante era di tipo idraulico ed agiva sulle ruote anteriori e sulla ruota posteriore destra. Su entrambe le ruote posteriori agiva invece il freno a mano.

Esito commerciale

La commercializzazione cominciò nell'autunno del 1953, ma le cose, fin dall'inizio non andarono bene dal punto di vista commerciale: la piccola vettura non riusciva a vendere, erano ben pochi gli esemplari che trovavano un acquirente. Si pensa che tale scarso esito commerciale in Italia era dovuto al prezzo, di poco inferiore a quello della Topolino. Allo scopo di dimostrare le doti dinamiche dell'Isetta, la vettura fu fatta partecipare ad alcune edizioni della Mille Miglia, dove ottenne anche alcuni risultati di rilievo. Ma nonostante ciò, l'Isetta stentò notevolmente dal punto di vista commerciale: oltre a poco più di un migliaio di vetturette in configurazione base, furono realizzati anche un certo numero di versioni commerciali, con carrozzeria furgonata o pick-up. Neppure i lusinghieri risultati sportivi della Isetta alla Mille Miglia del 1954, dovuti tra l'altro all'esemplare tenuta di strada della vetturetta, poterono risollevare le sorti della sua carriera italiana. Ma Renzo Rivolta si era già messo alla ricerca di un acquirente del progetto e da un paio di mesi aveva già stretto rapporti con un nome assai prestigioso.[8]

Dopo circa un anno dal debutto della piccola Isetta, Renzo Rivolta riuscì infatti a stringere contatti con la BMW, un'azienda che in quegli anni stava attraversando una profonda crisi commerciale dovuta ai postumi della guerra e all'insuccesso di praticamente tutti i modelli proposti dopo la fine del conflitto. La Casa tedesca era infatti intenzionata alla produzione su licenza di una vettura come l'Isetta. Quanto a Renzo Rivolta, il fatto di poter avere la BMW come licenziataria del progetto Isetta lo ripempì di ottimisimo, complice anche il prestigio del marchio bavarese. L'operazione di vendita del progetto alla Casa dell'Elica fu perfezionata alla fine del 1954, quando i progetti ed il materiale furono trasferiti a Monaco di Baviera.[8]

La BMW Isetta (1955-1962)

BMW Isetta
 
Una BMW Isetta 250 Standard
Descrizione generale
VersioniMonovolume - Cabrio - Pick-Up
Anni di produzionedal 1955 al 1962
Dimensioni e pesi
Lunghezza2.285 mm
Larghezza1.380 mm
Altezza1.340 mm
Passo1.473 mm
Massa350 kg
Altro
Stessa famigliaBMW 600
Auto similiGlas Goggomobil
Messerschmitt KR
Zündapp Janus
Fuldamobil
Heinkel Kabine
Esemplari prodotti161.360[9]
NoteProdotta a Monaco di Baviera
 
Una BMW 300 Isetta Export

Nel 1954, al Salone di Ginevra, la Iso di Renzo Rivolta espose la sua Isetta; alla stessa kermesse automobilistica, la BMW espose invece un modello completamente diverso, la 502 V8. I due modelli avevano un solo punto in comune, vale a dire lo scarso successo commerciale. Già da tempo, al quartier generale di Monaco si stava pensando di integrare il listino autovetture con una piccolissima vetturetta da città, possibilmente da produrre su licenza per evitare i costi di progetto e che fosse commercializzabile quindi ad un prezzo molto basso. A Ginevra, la Isetta fu notata da C.A. Drenowatz, importatore BMW in Svizzera, che ne parlò ai vertici BMW in Baviera. Fu così che al successivo Salone di Torino tenutosi un mese dopo, ad aprile, venne inviato Eberhard Wolff, responsabile del reparto collaudi, sapendo che si doveva agire in fretta per evitare ulteriori "buchi" economici alla Casa bavarese. Qui vennero stretti i primi accordi con Renzo Rivolta, ed i negoziati vennero ultimati poco tempo dopo a Milano, dove Kurt Donath e Fritz Fiedler, rispettivamente direttore tecnico e responsabile sviluppi BMW, vennero inviati per perfezionare l'affare. In base all'accordo stipulato, BMW aveva il diritto di rilevare sia i progetti che le attrezzature per produrre la scocca, mentre non appariva interessato al monocilindrico sdoppiato da 9.5 CV, ritenuto poco potente. Nell'autunno del 1954, la BMW annunciò ufficialmente che la nuova vetturetta sarebbe stata lanciata entro breve.

La presentazione alla stampa della nuova Isetta marchiata BMW avvenne il 5 marzo 1955, ma non ufficialmente con il nome Isetta: la denominazione ufficiale della nuova vetturetta BMW fu infatti BMW 250, mentre il nome Isetta continuò ad essere utilizzato molto frequentemente anche in Germania, ma solo come soprannome.[10]

Differenze con l'Isetta italiana

Rispetto alla sorella italiana, la BMW 250 mantenne quasi per intero il corpo vettura, tranne alcuni particolari, come il nuovo disegno della griglia di raffreddamento ed il nuovo cofano motore posteriore. Altre modifiche stavano nella posizione più rialzata dei fari anteriori ed internamente nell'installazione di un piccolo impianto di riscaldamento. Dal punto di vista della meccanica, la modifica più evidente stava nel nuovo motore monocilindrico, non più a due, ma a quattro tempi, e della cilindrata di 245 cm³. Tale motore, derivato da quello della moto R25/3, erogava una potenza massima di 12 CV contro i 9.5 CV della versione Iso, ed inoltre disponeva di un albero a gomiti con supporti rinforzati. Differente anche la frizione, stavolta del tipo monodisco a secco. Le prestazioni velocistiche rimasero comunque le stesse della Isetta italiana. [11]

Per quanto riguardava il telaio, la differenza più notevole stava nell'avantreno, non più con tamponi in gomma, ma con delle vere e proprie molle elicoidali in acciaio, mentre per quanto riguardava l'impianto frenante di servizio, vennero mantenuti i due tamburi anteriori così come quello posteriore, ma quest'ultimo venne spostato sulla ruota sinistra, mentre su quella destra agiva il freno a mano.[11]

Evoluzione

Durante la presentazione alla stampa, in quel 5 marzo 1955, furono messe a disposizione due esemplari della nuova BMW 250 per permettere ai giornalisti di poterne saggiare le doti su strada. Fu proprio ciò che avvenne, e gli addetti stampa furono impressionati molto positivamente dalle doti dinamiche della "Isetta tedesca". Contrariamente a quanto avvenne in Italia, però, la BMW 250 conobbe un buon successo di vendite presso il pubblico tedesco, a tal punto che la BMW, in occasione dell'esemplare venduto numero 50.000, scrisse una lettera di ringraziamenti ed elogi alla Iso per averle venduto il progetto. Fu infatti proprio l'Isetta a salvare la BMW da una situazione economica al limite del disastroso, dovuta in parte al riassetto politico-economico del dopoguerra ed in parte all'insuccesso dei modelli di fascia alta proposti dall'immediato dopoguerra fino a quel momento.[10] Il successo della BMW 250 fu ancora più eclatante se si considerava il gran numero di concorrenti presenti nella Germania degli anni '50. La 250 giunse sul mercato in un periodo in cui già erano presenti modelli come la Messerchmitt Kabinenroller ed i modelli Fuldamobil.

Nei primi mesi del 1956 la gamma venne ampliata con l'arrivo della BMW 300, che si affiancò semplicemente alla 250, proponendosi con un motore monocilindrico da 297 cm³, della potenza di 13 CV a 5200 giri/min. Nell'ottobre dello stesso anno, mentre in Italia la Iso Isetta venne tolta di produzione, la BMW Isetta usufruì di un significativo aggiornamento alla gamma: apparvero infatti le versioni Export, destinate ai mercati esteri, ma presenti anche nel listino tedesco. Tali versioni si distinguevano da quelle Standard innanzitutto per il nuovo tetto e la nuova vetratura, che nel complesso apparivano più simili a quelli di una normale automobile, pur conservando una notevole visibilità. I finestrini della Export divennero del tipo scorrevole, mentre quelli della versione Standard avevano la sola apertura nei due deflettori laterali. Altre differenze esterne stavano nella presenza di guide cromate per lo scorrimento dell'acqua piovana ed inoltre nella presenza di un paraurti che abbracciava l'intera zona frontale in tutta la sua larghezza. Meccanicamente le versioni Export erano caratterizzate da una significativa rivisitazione al comparto sospensioni: l'avantreno beneficiò dell'arrivo di una forcellone più lungo, di molle più grandi e di nuovi ammortizzatori telescopici in luogo di quelli a frizione. Il retrotreno divenne invece più morbido per favorire il confort interno. Le versioni Export potevano essere scelte con motore da 247 o da 297 cm3, così come la versioni Standard. In ogni caso, la velocità massima di ogni modello rimaneva invariata ad 85 km/h.[12]

Nel 1957, però, le versioni Standard vennero tolte di produzione, lasciando in listino solo la versione Export, comunque disponibile in entrambe le motorizzazioni. Il consenso presso il pubblico, però, continuò a rimanere alto, almeno per un altro anno ancora. Assieme alla Goggomobil, le Isetta tedesche continuarono ad imporsi come le microvetture di maggior successo nel mercato teutonico. Ma con l'avvento del boom economico e delle condizioni di maggior agiatezza generale, l'interesse del pubblico cominciò a spostarsi sempre più verso le automobili vere e proprie. Fu così che già entro la fine di quello stesso 1957, alle BMW 250 e 300 venne affiancata anche la BMW 600, vale a dire una sorta di Isetta con carrozzeria maggiorata in modo da ospitare quattro persone, ed infine, nel 1959, la BMW 700, una vera e propria piccola berlina, anch'essa destinata ad un grande successo commerciale. L'Isetta continuò a vedere le proprie vendite in declino (dai 40 mila esemplari venduti nel 1957 ai 22 mila dell'anno seguente), ma nel contempo aumentarono anche le richieste di BMW 250 e 300 in kit di montaggio per i mercati esteri. Insomma, sebbene le BMW 600 e 700 stessero cannibalizzando le vendite dell'Isetta, imponendosi come nuove fonti primarie di guadagno per la BMW, anche la piccola citycoupé (come veniva chiamata dai tedeschi) rappresentava ancora una significativa fonte di introiti per l'azienda tedesca.
Ma nel 1961 le BMW 250 e 300 si rivelarono ormai datate e non più appetibili dalla clientela: la produzione andò così avanti fino all'anno successivo, dopodiché venne fatta cessare in via definitiva.[12]

Le altre Isetta

 
Una Romi Isetta ritratta a Cuba

La Isetta come la si conosce abitualmente è una piccolissima monovolume con caratteristiche da auto trasformabile. È però esistita anche sotto altre forme e con altri marchi. La Isetta italiana, per esempio, fu prodotta anche sotto forma di piccolo furgoncino o come piccolo pick-up.[13] In queste versioni, la parte posteriore veniva tagliata e vi veniva saldato un cassone posteriore: il retrotreno, in questo caso, era di tipo convenzionale, con le due ruote distanziate tra loro come in un normale autoveicolo e non più assai ravvicinate tra loro come nell'Isetta standard.

Oltre a ciò si aggiunga anche che l'Isetta fu prodotta anche su licenza in altri Paesi. Tralasciando il caso della BMW, già trattato, l'Isetta fu prodotta anche in Sudamerica con il marchio Romi[1] ed in Francia con il marchio VELAM.[14]

Nel primo caso, quello della Romi, l'Isetta era simile a quella originale, ma con il retrotreno a ruote non ravvicinate;[1] nel caso della VELAM, invece la vetturetta era simile alla Iso, ma la gamma comprendeva anche una vera e propria cabriolet, nonché addirittura delle vetturette fuoriserie con carrozzeria ultraprofilata, impiegate in campo agonistico.[14]

L'Isetta fu proposta anche per il mercato statunitense, dove non raccolse che pochi consensi presso il pubblico d'oltreoceano, abituato com'era alle vetture extra-large, sia nelle dimensioni che nei motori. In ogni caso, le Isetta riservate a tale mercato si distinguevano dalle altre per i fari anteriori e posteriori, di dimensioni sensibilmente maggiori. Vantavano inoltre un particolare trattamento alla scocca ed al telaio, trattamento atto a proteggere la struttura dagli agenti esterni tipici dei climi d'oltreoceano. L'Isetta in versione USA fu prodotta in 12.787 esemplari. Una di esse è stata utilizzata come auto di Steve Urkel, in una serie del telefilm Otto sotto un tetto.[10]

La Motorrad Isetta

Una nuova versione della BMW Motorrad Isetta è stata ipotizzata nel 2007. Nel dicembre del 2010, la Isetta è stata pensata come veicolo di riferimento per il progetto BMW chiamato BMW Mega City Vehicle.[15][16]

Galleria

Note

  1. ^ a b c (EN) Isetta history, su whirlingpool.com. URL consultato l'11 luglio 2011.
  2. ^ In questo caso i consumi estremamente bassi sono dovuti al fatto che l'auto possedesse solo un cilindro e che il peso fosse molto ridotto.
  3. ^ (DE) Manfred Seehusen, BMW Isetta: Ein Auto bewegt die Welt, a cura di Andy Schwietzer. URL consultato l'11 luglio 2011.
  4. ^ Flavio Campetti, Da Iso a Iso Rivolta - Il fascino di un marchio, Giorgio Nada Editore, 2004.
  5. ^ a b Spazio Iso Rivolta, su info2015expo.it. URL consultato il 9 agosto 2011.
  6. ^ Microcar-Isetta-Isomoto, su zarattini.com. URL consultato il 9 agosto 2011.
  7. ^ L'evoluzione della Microcar, su docs.google.com, Politecnico di Milano. URL consultato il 13 agosto 2011.
  8. ^ a b Isetta, su manudjpersempre.altervista.org. URL consultato il 13 agosto 2011.
  9. ^ (EN) BMW Isetta 300- 1957, su lanemotormuseum.org. URL consultato il 13 luglio 2011.
  10. ^ a b c 50 anni della BMW Isetta, su docs.google.com. URL consultato il 15 luglio 2011.
  11. ^ a b ISO in Italia ... Isetta in Germania!, su portalelanciano.it. URL consultato il 13 agosto 2011.
  12. ^ a b (EN) BMW Isetta 300, su cartype.com. URL consultato il 13 agosto 2011.
  13. ^ (EN) 1957 BMW Isetta Factory-built Pickup, su microcarmuseum.com. URL consultato il 9 agosto 2011.
  14. ^ a b (EN) VELAM Isetta, su whirlingpool.com. URL consultato il 9 agosto 2011.
  15. ^ (EN) Is this BMW's Megacity iSetta logo?, in autoexpress.com. URL consultato il 13 luglio 2011.
  16. ^ (EN) The concept for the BMW Mega City Vehicle is the iSetta?, in bmwblog.com. URL consultato il 13 luglio 2011.

Bibliografia

  • Flavio Campetti, Da Iso a Iso Rivolta - Il fascino di un marchio, Giorgio Nada Editore, 2004, ISBN 88-7911-319-4
  • Manfred Seehusen & Schwietzer, BMW Isetta: Ein Auto bewegt die Welt, Bodensteiner Verlag, 2004 . Pp. 1-191.
  • Eberhard Kittler, BMW - Alle Personenwagen seit 1928, Motorbuch Verlag, ISBN 978-3-613-02642-1
  • Lintelmann Reinhard, BMW Isetta und BMW 600/700, Komet, 2010. ISBN: 389836903X.
  • R. M. Clarke, Isetta 1953-64 Gold Portfolio, Brooklands Books, 1997. ISBN: 1855203812, 9781855203815.
  • Velocepress (BMW AG), BMW Isetta Factory Repair Manual, VALUEGUIDE INC, 2002, ISBN: 1588500365, 9781588500366.
  • Books LLC, Iso Vehicles: Isetta, General Books LLC, 2010. ISBN: 1156259398, 9781156259399.
  • Matt Stone & John Matras, 365 Cars You Must Drive, Foreword, 2006.ISBN: 9780760324141. P. 42.
  • Ruoteclassiche n°59, febbraio 1993, Editoriale Domus

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