Ercole Farnese
L'Ercole Farnese è una scultura ellenistica in marmo alta 317 cm di Glycon Ateniese databile al III secolo d.C. custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Ercole Farnese | |
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Autore | Glycon Ateniese |
Data | III secolo |
Materiale | marmo |
Altezza | 317 cm |
Ubicazione | Museo Archeologico Nazionale, Napoli |
Coordinate | 40°51′12.24″N 14°15′01.8″E{{#coordinates:}}: non è possibile avere più di un tag principale per pagina |
Essa risulta essere una copia dell'originale bronzea creata da Lisippo nel IV secolo a.C..[1]
Storia
La statua, assieme a tutta la collezione farnese presente oggi nel museo archeologico nazionale di Napoli, è stata rinvenuta alle terme di Caracalla a Roma intorno al 1546.
Successivamente è entrata a far parte della collezione del cardinale Alessandro Farnese, figlio di Papa Paolo III. Per generazioni l'Ercole è stato posto nella sala d'Ercole del palazzo Farnese di Roma, e con esso, nello stesso palazzo, vi erano collocate anche gran parte delle sculture antiche.
Nel 1787, grazie all'eredità ottenuta da Carlo III di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, l'intera collezione Farnese fu trasferita a Napoli e collocata prima nella reggia di Capodimonte, edificata proprio a tal scopo, e poi, successivamente, nel palazzo del real museo.
La statua fu trovata per la prima volta priva di alcuni pezzi, tra i quali i due polpacci. Così Guglielmo Della Porta, allievo di Michelangelo, eseguì il restauro della scultura inserendo le suddette parti mancanti. Successivamente, quando furono ritrovati i due frammenti di arti inferiori, si decise di lasciare i pezzi di recente aggiunta in quanto considerati di maggior fattura. Solo duarenti il periodo dei Borbone di Napoli, alla fine del Settecento, si decise di ripristinare gli antichi arti sostutuendoli a quelli di restauro. Oggi nel museo archeologico di Napoli è possibile vedere alle spalle dell'Ercole una parete sulla quale sono esposti i due polpacci scolpiti da Guglielmo Della Porta.[1]
Descrizione
L'eroe personificava il trionfo del coraggio dell'uomo sulla serie di prove poste dagli dèi gelosi. A lui, figlio di Zeus, era concesso di raggiungere l'immortalità definitiva. Nel periodo classico, il suo ruolo di salvatore dell'umanità era stato accentuato, ma possedeva anche difetti mortali come la lussuria e l'avidità.
L'interpretazione che ne diede Lisippo rispecchiava questi aspetti della sua natura mortale e fornì all'eroe un ritratto al quale si guardò per il resto dell'antichità. Questa statua rappresenta Ercole, stanco al termine delle fatiche, che si riposa appoggiandosi alla clava, tenendo con la mano destra, dietro la schiena, i pomi d'oro rubati alle Esperidi.
Altre versioni
Diverse sono le opere eseguite nei secoli successivi con il medesimo soggetto. Si ricordano la copia presente nel cortile di Palazzo Pitti a Firenze, fino al XVI secolo; un'altra bronzea in scala ridotta fu trovata a Foligno ed è oggi conservata nel Museo del Louvre; poi vi è una simile presente nel salone d'onore della Reggia di Caserta; ancora, un'opera in marmo è presente nel museo dell'Antica Agorà di Atene.
Infine, della statua dell'Ercole Farnese di Napoli, è stato fatto anche un calco in gesso esposto poi nella stazione "Museo" della Linea 1 della Metropolitana di Napoli.
Altre immagini
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L'Ercole Farnese, incisione di Hendrick Goltzius, 1591.
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Calco in gesso alla stazione "Museo"
Note
- ^ a b Museo Archeologico Nazionale di Napoli, su museoarcheologiconazionale.campaniabeniculturali.it. URL consultato il 1º settembre 2011.
Bibliografia
- La collezione Farnese, Editricie Electa (1995)
- Carlo Gasparri, Le Sculture Farnese - III - Le sculture delle Terme di Caracalla., Editrice Electa (2010)
- Carlo Gasparri, Le sculture Farnese. Storia e documenti, Editrice Electa (2007)
Voci correlate
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