Lelio Sozzini
Lelio Francesco Maria Socini (Siena, 29 gennaio 1525 – Zurigo, 4 maggio 1562) è stato un teologo e riformatore italiano.

Il cognome viene trascritto anche in altri modi (per esempio Sozzini, Sozini, Sozino, Socini o Socinus). Fu lo stesso Lelio a trascrivere il proprio cognome come Sozini, latinizzandolo in Socinus.
Biografia
Già il nonno di Lelio Mariano Sozzini senior (1397—1467) è ricordato come il primo libero pensatore della famiglia. Lelio era il sesto figlio di Mariano junior (1482-1556) e di Camilla Solvetti. Egli fu educato come giurista sotto gli occhi attenti del padre. Egli più tardi avrebbe detto che la ricerca giuridica l’avrebbe poi motivato alla ricerca biblica e quindi al ripudio dell’idolatria romana.
Lelio Sozini acquisì alcune conoscenze di ebraico, arabo e greco, ma non fu mai uno studente impegnato e metodico. Il padre gli passava i mezzi per studiare ma appena raggiunse la maturità Sozini se ne andò a Venezia. Qui entrò in contatto con gli ambienti evangelici e iniziò allora una peregrinazione che lo portò per l’intera Europa a partire da Chiavenna – appartenente allora come tutta la Valtellina ai Grigioni, i quali divisi confessionalmente – tolleravano sia i cattolici che i riformati.
A Chiavenna nel 1547 egli entrò in contatto con Camillo Renato, le cui posizioni erano simili a quelle dei primi quaccheri. Egli proseguì in seguito per la Svizzera, la Francia l’Inghilterra e i Paesi Bassi. Alla fine del 1548 ritornò in Svizzera con una lettera di raccomandazioni alle chiese svizzere di Nicolas Meyer, qui lo troviamo nel biennio 1549-1550 a Ginevra, Basilea (con Sebastian Münster) e a Zurigo (dove alloggiò presso Konrad Pelikan).
Si reca poi a Wittenberg (luglio 1550 - giugno 1551), prima come ospite di Filippo Melantone poi di Johann Forster, con il quale perfeziona le proprie conoscenze della lingua ebraica. Dopo avere visitato Praga, Vienna e Cracovia ritornò alla fine del 1551 a Zurigo. Negli anni seguenti riuscì addirittura a recarsi in Italia nella natia Siena dove incontrò il nipote Fausto Sozzini - pure egli noto riformatore - e poi a Padova, mentre, nel 1554, lo ritroviamo in varie città svizzere Basilea (gennaio), Ginevra (aprile) e, infine, di nuovo Zurigo.
A Ginevra Sozini era stato ricevuto a braccia aperte da Calvino, a quest’ultimo erano evidenti le tendenze eccessivamente speculative del Sozini, ma pure la sua genuina religiosità. Anche se una lettera di Calvino del 1º gennaio 1552 è stata ritenuta dare prova di un’intervenuta rottura dei rapporti fra i due. Il migliore amico di Sozini fra i vari riformatori fu tuttavia Heinrich Bullinger. A sollevare le maggiori questioni erano le posizioni teologiche di Sozini sulla resurrezione della carne, la predestinazione, le ragioni della salvezza, di cui discusse con Calvino; la base dottrinaria originaria dei Vangeli, la natura del pentimento e dei sacramenti. La tragica fine di Michele Serveto attirò la sua attenzione sul tema della Trinità.
Siccome a Ginevra nell’aprile 1554 Sozini aveva fatto incaute osservazioni sulla dottrina comune che enfatizzò in una successiva lettera al pastore italiano Celso Massimiliano Martinengo, fu chiamato da Bullinger a rispondere a una serie di questioni e, a quel punto, Sozini sottoscrisse una confessione esplicitamente ortodossa – redatta per scritto il 15 luglio 1555 - con riserva tuttavia del suo diritto ad approfondire le questioni sollevate.
Un mese prima Sozini era stato inviato con Martino Muralto a Basilea ad assicurare Ochino come pastore della Chiesa italiana a Zurigo. Fra Ochino e Sozini vi fu molta sintonia nel trattare in modo molto radicale una serie di problemi teologici. Nel 1556, alla morte di suo padre Sozini si trovò in una difficile situazione finanziaria, in quanto il suo patrimonio era stato sequestrato dall'Inquisizione. Grazie all’aiuto di conoscenze influenti (fra le quali quella di Calvino), egli visitò le corti di Vienna e Cracovia per ottenere sostegno ad un appello al Duca di Toscana perché gli permettesse di vendere le proprietà sue e di famiglia.
In Italia, se si esclude Venezia dove ottenne addirittura l'aiuto del doge Girolamo Priuli, Sozini poteva però ormai fare e ottenere ben poco. L’inquisizione aveva, da tempo, messo gli occhi sulla sua famiglia, suo fratello Cornelio era imprigionato a Roma, i fratelli Celso, Camillo e suo nipote Fausto erano "reputati Luterani". Camillo aveva dovuto peraltro fuggire da Siena. Nell’agosto 1559 Sozini ritornò a Zurigo, dove meno di tre anni dopo, il 14 maggio 1562, morì nella casa del tessitore Hans Wyss.
La notizia della morte dello zio raggiunse Fausto a Lione tramite Antonio Maria Besozzo. Riparando a Zurigo Fausto ottenne le poche carte di suo zio, comprendenti pochi scritti organici ma molte buone annotazioni. Fausto spesso è stato trattato come plagiatore di Lelio mentre sarebbe stato meglio parlare di un duplice debito, talvolta sovrastimato dallo stesso Fausto:
- Prese dalla conversazione con Lelio (1552-1553) il germe della sua teoria della salvezza;
- Il commentario di Lelio (1561) del prologo del Vangelo di Giovanni diede a Fausto un suggerimento esegetico per la costruzione della sua Cristologia.
Oltre a questi suggerimenti, Fausto non deve nulla a Lelio, tranne una curiosamente molto inverosimile interpretazione di Giovanni VIII e lo stimolo del suo carattere puro e delle fulgide qualità. I due uomini erano di tipologie contrastanti. Lelio, impulsivo ed inquisitore, era alla ricerca del terreno spirituale delle verità religiose; la mente asciutta di Fausto cercò nell'autorità esterna una base per l'insegnamento etico del Cristianesimo.
Opere
Gli scritti esistenti di Lelio Sozzini sono:
- De sacramentis dissertatio (1560), in quattro parti, e De resurrectione (un frammento).[1]
- Confessione (1555)[2]
- Circa ventiquattro lettere, non raccolte, ma possono essere trovate disperse, e più o meno correttamente date in Iligen, in Friedrich Trechsel, nel Corpus reformatorum edizione dei lavori di Calvino, and in E. Burnat, L. Socin (1894); il manoscritto originale è oltremodo lentamente spostato.
- Christopher Sandius aggiunge una Rapsodia ne profeta Isaia, di cui nulla si conosce.
- Teodoro di Beza sospettò che Sozini avesse dato una mano nel De haereticis, una persecuzione di un santo (1533); e ad lui è anche stato attribuito il Contra libellum Calvini (1554); entrambi sono lavori di Sebastian Castellio, e lì non ci sono appigli per attribuire qualche parte di essi a Sozini.
- Commentario del prologo del Vangelo di San Giovanni (scritto Zurigo c.1559)[3]
Beza gli attribuì (nel 1567) un anonimo Commentario del prologo del Vangelo di San Giovanni (scritto Lione, c.1562) che era un lavoro di Fausto Sozzini[4]. Questo errore[5], adottato da Zanchi, è stata una delle principali fonti dell'idea che tratta Lelio come un eresiarca.[6] Ma in realtà, la sua interpretazione del Prologo del Vangelo secondo Giovanni è la base per quella di Fausto.
Pensiero
Socini, pur accettando molte delle idee della Riforma protestante, non credeva nel concetto della Trinità e riteneva Gesù Cristo un essere umano, identificando la sofferenza di Gesù con quella degli oppressi, causata dai ricchi e dai potenti. Negava qualsiasi principio assoluto e ogni elemento della sua visione religiosa era basato sulla ragione. Dal suo pensiero trasse ispirazione il nipote Fausto Sozzini.
Bibliografia
- ^ Questi furono dapprima stampati in F. e L. Socini, voce del trattato di E. Soneri (Amsterdam, 1654).
- ^ stampata in Hottinger, Hist. eccles. N.T. ix. i6, 5 (1667)
- ^ Sozzini, Lelio; Brevis explicatio in primum Iohannis caput in De falsa et vera unius Dei Patri, filii, et spiritus sancti 1568, Alba Iulia
- ^ Sozzini, Fausto; Brevis explicatio in primum Iohannis caput in Biblioteca Fratrum Polonorum, Amsterdam 1565?
- ^ Anche erroneamente attribuito al zio da Francesco David in Refutatio propositionum Melii Alba Iulia, 1568
- ^ Britannica 1911
- Delio Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento, Einaudi, Torino 1939, 1992 e 2002