Massimo d'Azeglio
Massimo Taparelli d'Azeglio (Torino, 24 ottobre 1798 – Torino, 15 gennaio 1866) è stato un politico, patriota, pittore e scrittore italiano.

Biografia
Massimo Taparelli d'Azeglio nacque dalla nobile famiglia Taparelli di Lagnasco (della provincia di Cuneo e imparentati coi Balbo, Cesare Balbo era suo cugino primo), già discendenti dei più antichi marchesi di Ponzone, feudatari del vercellese e viveronese. Figlio del marchese Cesare Taparelli, noto esponente della Restaurazione sabauda e del cattolicesimo subalpino, e di Cristina Morozzo di Bianzè, i genitori vissero dapprima nel Castello di Azeglio (da cui il nome) vicino al Lago di Viverone, ma i loro figli nacquero a Torino.
Dei suoi fratelli più noti alla storia si ricordano suo fratello Prospero Luigi Taparelli D'Azeglio, che diventerà consacrato gesuita e cofondatore de La Civiltà Cattolica, e Roberto D'Azeglio, che diventerà politico liberale come Massimo, promotore della campagna di emancipazione delle minoranze religiose del Piemonte (Ebrei e Valdesi).
Per via dell'occupazione napoleonica, Massimo bambino (con la famiglia) fu costretto a vivere per qualche anno a Firenze. Qui ricevette un'educazione severa, studiando presso le Scuole Pie di Via Larga.
Dopo la caduta di Napoleone, i Taparelli tornarono a Torino, dove Massimo frequentò l'Università di filosofia, da giovanissimo. Entrò quindi come allievo ufficiale militare sottotenente di Cavalleria ("Reale Piemonte"), sulle orme del padre. Tuttavia, dopo qualche mese, abbandonò la carriera militare per dissensi nei confronti della classe aristocratica, ed entrò nella semplice fanteria (Guardia provinciale) con mansioni di segretariato, presso l'ambasciata sarda di Roma.
Qui decise di intraprendere la carriera artistica di poeta e di pittore, alternandosi tra i salotti intellettuali di Roma, Firenze e Milano (dove conobbe Giulia, la figlia di Alessandro Manzoni). Tornò dunque a Torino, dove cominciò a interessarsi di politica attraverso il Re Carlo Alberto, con approccio liberale moderato.
Sincero patriota italiano, cosciente delle grandi differenze tra i vari regni d'Italia, deciso a rispettare i sovrani legittimi, fu contrario ad un'unificazione a sola guida piemontese e auspicava la creazione di una confederazione di stati sul modello dell'Unità tedesca. Fu duramente attaccato per questo dai mazziniani (e successivamente anche da Gramsci) e definito da Cavour suo "empio rivale" (in seguito, quest'ultimo lo costrinse a dimettersi).
Divenne primo ministro del Regno di Sardegna dal 1849 al 1852, in uno dei momenti più drammatici della storia del paese (in seguito alla sconfitta subita dall'Austria) al termine della Prima guerra d'Indipendenza. Sarà senatore del Regno di Sardegna dal 1853.
L'11 luglio 1859 ebbe l'incarico di costituire un governo provvisorio a Bologna, dopo la cacciata delle truppe pontificie. Il 25 gennaio 1860 venne nominato Governatore della Provincia di Milano, carica che tenne fino al 17 marzo 1861, allorquando fu nominato prefetto Giulio Pasolini.
Durante la sua vita politica continuò comunque a dedicarsi alle sue passioni, la pittura e la letteratura, quest'ultima sia in veste di scrittore politico che di romanziere. Da gaudente, il nobile Massimo si guadagnò, fra le dame di corte, il nomignolo di "sporcaciun", mentre Francesco De Sanctis descrisse la sua attitudine come «un certo amabile folleggiare... pieno di buon umore».
Queste connotazioni posero in secondo piano le sue doti di politico con la capacità di intravedere sia i limiti della riunificazione ("Abbiamo fatto l'Italia ora dobbiamo fare gli italiani"), sia della dirigenza sabauda (lasciò la scuola di cavalleria per i contrasti con l'aristocrazia) e che propose una sua soluzione personale sia dal punto di vista costituzionale (stato federale), sia da quello economico (liberale)[2].
Sposò poi la fidanzata Giulia, figlia di Alessandro Manzoni, ma l'unione non fu del tutto felice. Durante gli ultimi anni di vita, trascorsi sul Lago Maggiore, si dedicò alla stesura delle sue memorie, pubblicate postume con il titolo I miei ricordi nel 1867.
Massimo D'Azeglio morì a Torino nel 1866, e le sue spoglie sono conservate nella parte storica (porticato) del Cimitero monumentale di Torino.
Opere
Tra le sue opere più famose si possono citare Ettore Fieramosca, o la disfida di Barletta (1833), che ottenne un grandissimo successo, e Niccolò de' Lapi, ovvero i Palleschi e i Piagnoni (1841, edizione del centenario, Torino, Società Subalpina Editrice, 1941).
A lui si deve anche lo scritto politico, ispirato ai moti di Rimini del 1845, Degli ultimi casi di Romagna (1846), nel quale ha anche modo di elogiare i "temperati modi" del legato pontificio di Forlì, Tommaso Pasquale Gizzi, da cui Rimini dipendeva; nel testo espone le riforme necessarie alla formazione del nuovo stato italiano; nel 1847 scrisse una Proposta di un programma per l'opinione nazionale italiana, e nel 1848 I lutti di Lombardia.
Molti dei suoi quadri, soprattutto paesaggi d'ispirazione romantica, sono conservati nella Galleria d'arte moderna di Torino. I cimeli di D'Azeglio della scuola media a lui intitolata a Roma sono traslati nel Museo nazionale della Campagna Risorgimentale del 1867 a Mentana (Roma) quando l'Istituto nel 2000 prese il nome di "Giuseppe Sinopoli" grazie all'accettazione della richiesta da parte del Direttore scientifico del Museo, il prof. Francesco Guidotti.
Adattamenti cinematografici
Dal suo romanzo Ettore Fieramosca, o la disfida di Barletta sono stati tratti i seguenti film:
Onorificenze
Onorificenze sabaude
Onorificenze straniere
Note
- ^ Massimo Taparelli d'Azeglio, Origine e scopo dell'opera (PDF), in I miei ricordi, Firenze, Barbera, 1891. URL consultato il 22 settembre 2011.
- ^ http://www.laterza.it/leggi_brano.asp?id=1160
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
Bibliografia
Lucio Villari, Bella e perduta. L'Italia del Risorgimento, Laterza, Collana "I Robinson / Letture", 2010. ISBN 978-88-420-9102-8
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Ulteriori informazioni nella scheda sul database dell'Archivio Storico del Senato, I Senatori d'Italia