Walter Bonatti

alpinista, esploratore, giornalista, scrittore e fotoreporter italiano (1930-2011)
Versione del 1 ott 2011 alle 20:25 di Rotpunkt (discussione | contributi) (Grandes Jorasses e Cervino: Migliorate date ripetizioni)

Walter Bonatti (Bergamo, 22 giugno 1930Roma, 13 settembre 2011) è stato un alpinista, esploratore e giornalista italiano.

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Walter Bonatti nel 1954

Era soprannominato "il re delle Alpi" [1]. Oltre che alpinista e guida alpina, è stato autore di molti libri e innumerevoli reportage nei quali ha narrato le sue esperienze d'esplorazione e avventura nelle regioni più impervie del mondo in qualità d'inviato del settimanale Epoca[2], pubblicato dalla Arnoldo Mondadori Editore.

È spirato nella notte tra il 13 e il 14 settembre 2011 all'età di 81 anni[3], stroncato da un tumore al pancreas fulminante.[4][5]

La vita e le imprese

Walter Bonatti inizia la sua attività sportiva facendo il ginnasta nella società monzese Forti e Liberi.

Compie le sue prime scalate sulle Prealpi lombarde nel 1948, ma già dall'anno successivo inizia un susseguirsi di imprese dalle difficoltà estreme, cercando soluzioni ai problemi alpinistici dell'epoca e spostando sempre più avanti i limiti dell'umanamente possibile. Per mantenersi in quegli anni svolge il duro lavoro di operaio siderurgico presso la Falck, andando sulle montagne lombarde solo la domenica dopo il turno di notte del sabato[6].

Nel 1949 Walter Bonatti ripete la via Ratti-Vitali sulla parete ovest della Aiguille Noire de Peuterey (seconda ripetizione), la via di Cassin sullo parete nord delle Grandes Jorasses (quinta ripetizione con l'amico Andrea Oggioni) e la via di Vitale Bramani e Ettore Castiglioni sulla parete nord-ovest del Pizzo Badile[7].

Nel 1950 tenta la sua prima grande impresa: la parete est del Grand Capucin [8], un obelisco di granito rosso mai scalato prima nel gruppo del Monte Bianco. Il 24 luglio parte alla volta di quella guglia di 400 m di granito, insieme con il monzese Camillo Barzaghi, ma una violenta tormenta li fa desistere dopo solo poche decine di metri e sono costretti a bivaccare vicino al Rifugio Torino, in quanto quest'ultimo è troppo costoso per le loro tasche. Dopo tre settimane riprova la scalata, questa volta con Luciano Ghigo[9], che ha casualmente incontrato nello stesso campeggio in fondovalle. Ma anche in questa occasione, dopo i primi tre giorni di bivacchi in parete, il tempo si guasta e una violenta tempesta di neve, complice un muro liscio e verticale di 40 m da superare, li costringe a una ritirata lunga e difficile per le condizioni in cui avviene. La conquista viene rimandata.

Nel 1951 ritenta [10] con Luciano Ghigo il Grand Capucin. È il 20 luglio. Questa volta due giorni bastano per coprire quanto scalato l'anno precedente in tre giorni e anche il muro verticale di 40 m viene superato. Ma ancora una volta il tempo volge al peggio e sono costretti a un ulteriore bivacco in parete, appesi alle corde, in mezzo alla tempesta. Il giorno seguente giungono in cima e riusciranno a raggiungere il Rifugio Torino solo la notte seguente, in mezzo alla tempesta. È la prima volta che una via porta il nome di Bonatti. I festeggiamenti che seguono la riuscita di quest'altra impresa però durano poco: la madre di Walter, infatti, muore per la gioia della vittoria del figlio.[11]

Nel 1952 è la volta dell'Aiguille Noire de Peuterey per la cresta sud, con Roberto Bignami.

Richiamato alle armi, è in prima istanza assegnato alla Scuola Motorizzazione della Cecchignola. In seguito alle sue proteste, viene riassegnato al 6º Reggimento alpini; qui frequenta numerosi corsi di alpinismo, che gli fruttano un ottimo allenamento.[12]

Nel 1953 compie la prima invernale alla parete nord della Cima Grande di Lavaredo e la prima invernale alla Cima Ovest. Poco prima della fine dell'inverno, con Bignami, in due giorni di scalata, raggiunge la vetta del Cervino aprendo una variante direttissima lungo gli strapiombi della cresta del Furggen. In estate, sempre con Bignami, compie delle "prime" sulle Alpi Centrali della Val Masino (Torrione Fiorelli per la parete nord, Picco Luigi Amedeo per lo spigolo sud-ovest, Torrione di Zocca per lo spigolo est), oltre alla scalata del Monte Bianco per il canalone nord del Colle del Peuterey e al Pizzo Palù per la parete nord lungo la via Feult-Dobiasch, percorsa in condizioni quasi invernali.

Nel 1954 consegue il brevetto di guida alpina.

Il K2

 
Walter Bonatti con Erich Abram al campo base dopo la salita al K2
«Quella notte sul K2, tra il 30 e il 31 luglio 1954, io dovevo morire. Il fatto che sia invece sopravvissuto è dipeso soltanto da me...»

Sempre nel 1954 partecipa alla spedizione italiana capitanata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2; con i suoi 23 anni è il più giovane della spedizione.

Il giorno prima che Lacedelli e Compagnoni raggiungano la vetta, Walter Bonatti scende dall'ottavo campo verso il settimo per recuperare le bombole d'ossigeno lasciate lì la sera prima da altri compagni. Con questo carico sulle spalle, insieme ad Amir Mahdi, risale fino all'ottavo campo e di lì, dopo una pausa ristoratrice, fino al luogo in cui Compagnoni e Lacedelli avrebbero dovuto allestire il nono campo.

I due però, soprattutto per scelta di Compagnoni[13], non allestiscono il campo dov'era stato previsto la sera prima di comune accordo con Bonatti, ma lo fissano circa 250 metri di dislivello più in alto. Bonatti e Mahdi riescono ad arrivare nei pressi del luogo concordato poco prima del tramonto, ma non vengono aiutati da Compagnoni e Lacedelli, che invece d'indicar loro la strada per la tenda si limitano a suggerire da lontano di lasciare l'ossigeno e tornare indietro;[14][15] cosa impossibile, visto il buio che incombe, l'enorme sforzo che già hanno sostenuto i due dalle prime ore del giorno, e vista soprattutto l'inesperienza di Mahdi a quelle quote e su quei terreni.[15] Il calare delle tenebre rende a Bonatti e Mahdi impossibile individuare la tenda dei due di testa[16]; si ritrovano così soli a dover affrontare una notte all'addiaccio nella "zona della morte" con temperature stimate intorno ai -50 °C, senza tenda, sacco a pelo o altro mezzo per potersi riparare.[17][18] Solo alle prime luci dell'alba del giorno successivo i due possono muoversi e ritornare verso il campo 8, dove giungono in mattinata; Mahdi riporta seri congelamenti alle mani ed ai piedi, ed in seguito subisce l'amputazione di alcune dita.[12]

Il caso K2

  Lo stesso argomento in dettaglio: Spedizione del 1954 al K2 e Caso K2.
«Quello che riportai dal K2 fu soprattutto un grosso fardello di esperienze personali negative, direi fin troppo crude per i miei giovani anni.»
 
I componenti della spedizione al K2. Bonatti è il terzo in piedi da sinistra. Accanto a lui, Ardito Desio

Bonatti rimase talmente deluso dall'atteggiamento dei suoi compagni da prediligere da allora in poi imprese alpinistiche condotte prevalentemente in solitaria.[12] Altra delusione umana per Bonatti venne dall'atteggiamento del capo spedizione, Ardito Desio, che si rifiuterà sempre di andare in fondo all'accaduto dando solo la sua come unica verità circa la cronaca dell'impresa.[12][18] Il contratto firmato da Bonatti prima della partenza per il K2, tra l'altro, gli impedisce di rilasciare interviste e resoconti della spedizione per un periodo di due anni. La versione dei fatti secondo Bonatti viene divulgata solo nel 1961, con la pubblicazione del suo libro "Le mie montagne".[19]

Nel 1964 il giornalista Nino Giglio pubblica sulla Nuova Gazzetta del Popolo un articolo che ripercorre la vicenda lanciando diverse accuse a Bonatti. Secondo questa versione dei fatti, Bonatti avrebbe prima convinto Mahdi a seguirlo ventilandogli la possibilità di salire in vetta in maniera indipendente; poi, avrebbe forzato la permanenza a 8.000 metri nella speranza di sostituire, il giorno seguente, uno dei due alpinisti (Compagnoni e Lacedelli) designati alla salita nel tentativo alla vetta; ed infine, durante la notte avrebbe utilizzato l'ossigeno delle bombole per sostentarsi, intaccandone la scorta, e mettendo a repentaglio il tentativo di vetta stesso. Bonatti intenta una causa per diffamazione al giornalista, e la vince; nel 1967 viene pubblicato sul medesimo giornale un articolo di rettifica.[20][21] Da quel momento Bonatti inizia a battersi affinché venga pubblicata tutta la verità su quella notte, anche perché la spedizione era stata finanziata con soldi pubblici e pertanto, secondo Bonatti, agli italiani andava fornita la verità sull'impresa. Nella sua battaglia l'alpinista non ha mai peraltro inteso cercare una gloria personale o una maggior considerazione per ciò che aveva fatto nella spedizione al K2.[18]

Nel 1994 il dottore australiano Robert Marshall rintraccia la prima foto scattata in vetta al K2, che era stata pubblicata sull'annuario svizzero "Berge der Welt" del 1955. Tale foto mostra che le maschere dell'ossigeno erano state utilizzate fino in vetta, e l'ossigeno non era finito a quota 8.400 come sostenevano le versioni ufficiali.[22][23]

Sempre nel 1994 Lino Lacedelli, intervistato da Roberto Mantovani per La rivista della Montagna, dichiara, a proposito della posizione del nono campo: "Io volevo fermarmi prima, più in basso. Però Compagnoni non ne volle sapere" e aggiunge che quella di spostarsi più su della quota concordata con Bonatti "non fu una decisione saggia".[24] Lo stesso anno il CAI commissiona a Mantovani una revisione storica degli eventi relativi al K2, pubblicata poi sul Catalogo Ufficiale del Museo Nazionale della Montagna di Torino, e in seguito pubblica sulla propria rivista un articolo nel quale viene riconosciuto il contributo di Bonatti alla conquista del K2[25]. Bonatti tuttavia non si dichiara soddisfatto a causa di alcuni nodi irrisolti[26].

Si dovrà attendere il 2004 perché il Club Alpino Italiano, a seguito delle risultanze della propria Commissione d'Inchiesta, rettifichi ufficialmente la relazione di Desio accogliendo molte delle obiezioni di Bonatti.[27] In quell'anno il CAI richiede a "tre saggi" (lo scrittore Fosco Maraini e i docenti universitari Alberto Monticone e Luigi Zanzi) di effettuare un'analisi in chiave storico-critica della relazione realizzata nel 1954 da Ardito Desio. La relazione dei "tre saggi" viene pubblicata nel 2004, e nel 2007 viene inclusa nel libro K2. Una storia finita[28][29] a cura di Luigi Zanzi. Il libro contiene anche l'introduzione a cura del presidente generale del CAI, Annibale Salsa e i contribuiti di Zanzi, Camanni, Erich Abram e Roberto Mantovani[30][31] Il CAI dichiara che tale relazione è da considerarsi la versione definitiva ed ufficiale della spedizione del 1954; la relazione sposa in molti punti la versione di Bonatti.

Dopo il Club Alpino Italiano, anche la Società Geografica Italiana[32] pone termine alla vicenda risalente al 1954 e chiarisce il ruolo di Bonatti nel raggiungimento della vetta. La versione definitiva della vicenda viene stilata in un incontro organizzato nel dicembre 2008 a Villa Celimontana a Roma (sede storica della Società), con la presenza di Annibale Salsa (presidente del CAI), Franco Salvatori (presidente della Società Geografica Italiana), Claudio Smiraglia (presidente del Comitato Glaciologico Italiano, già allievo di Ardito Desio), Agostino Da Polenza (organizzatore della spedizione al K2 del cinquantenario) e Roberto Mantovani (storico della montagna).[33]

Informato in anticipo dalla Società Geografica Italiana della revisione che sarebbe stata effettuata, Walter Bonatti così risponde in una lettera:

«"A cinquantatré anni dalla conquista del K2, sono state finalmente ripudiate le falsità e le scorrettezze contenute nei punti cruciali della versione ufficiale del capospedizione prof. Ardito Desio. Si è così ristabilita, in tutta la sua totalità, la vera storia dell'accaduto in quell'impresa nei giorni della vittoria... Si è (...) dato completa verità e dovuta dignità al grande successo italiano, una affermazione che ha saputo risvegliare, dopo gli anni bui, il vanto e l'orgoglio di tutti noi."[34]»

Cavaliere di Gran Croce

Nel 2004 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferisce a Walter Bonatti il titolo di Cavaliere di Gran Croce. Recatosi alla cerimonia di premiazione il 21 dicembre 2004, Bonatti scopre in quell'occasione di essere stato premiato unitamente ad Achille Compagnoni. Offeso per il fatto di essere stato accomunato a Compagnoni, del quale aveva una pessima opinione a seguito delle polemiche sulle vicende del K2, Walter Bonatti, con lettera al Segretario Generale della Presidenza della Repubblica del 25 dicembre 2004, restituisce l'onorificenza.[35]

Il Monte Bianco

 
Versante ovest del Dru

Nel 1955, a metà agosto, dopo due tentativi frustrati dal cattivo tempo, in sei giorni scala in solitaria il pilastro sud-ovest del Petit Dru, nel gruppo del Bianco, restando in parete per sei giorni: è considerata un'impresa che segna una tappa indimenticabile nella storia dell'alpinismo [36]. Dopo cinque giorni di arrampicata su verticalità assolute e con rinvii aleatori, Bonatti si trova di fronte a una parete insormontabile. Non c'è possibilità di traversare a destra o a sinistra in quanto la roccia è troppo liscia e non è possibile nemmeno ritirarsi in doppia, a causa della tipologia della parete appena superata. Bonatti collega tutti i cordini e il materiale da roccia che ancora gli resta a formare un grappino da lanciare alla fine di un lunghissimo pendolo. Lo tenta almeno una decina di volte e alla fine riesce a uscire dalla situazione di stallo e a raggiungere la vetta [37]. Nello stesso anno entra a far parte delle guide di Courmayeur.

Nel dicembre del 1956 con l'amico/cliente Silvano Gheser tentano l'ascensione invernale della Via della Poire sul versante della Brenva del Monte Bianco. Durante l'avvicinamento incontrano altri due alpinisti (Jean Vincendon e François Henry) che hanno in programma lo Sperone della Brenva, una via di discreta difficoltà solo di poco discosta dal loro itinerario. L'ascensione di entrambe le cordate inizia alle 4 del mattino di Natale, orario ideale per l'itinerario di Vincendon e Henry, ma già troppo tardi per quello che dovrebbero percorrere Bonatti e Gheser. Infatti, dopo qualche ora di sole le condizioni del ghiaccio peggiorano e la cordata di Bonatti è costretta a discendere sulla Brenva e a seguire la cordata di Vincendon. L'arrampicata prosegue senza problemi con le due cordate che si tengono in contatto vocale, su due vie diverse ma parallele. Alle h. 16, raggiunta la parte finale dell'ascesa, la cordata di Bonatti è più avanti di circa 100 m. Ma nel frattempo nessuno si è accorto dei segni premonitori di un cambiamento di tempo che sta giungendo dal versante opposto: col sopraggiungere del buio, un'ora più tardi, si scatena una tempesta di una violenza inaudita.[12]

Ne scaturisce un bivacco di 18 ore di durata a quota 4.100 m, durante il quale le due cordate non riusciranno più a tenersi in contatto. Bonatti, superata indenne la notte (invece Gheser incomincia a soffrire di congelamento a un piede), la mattina del 26 dicembre, in un momento di calma del vento, raggiunge in pochi minuti l'altra cordata poco più sotto e concorda di fare cordata comune per coprire insieme, perdurando le pessime condizioni atmosferiche, gli ultimi 200 m che mancano alla vetta e poi, giunti al Colle della Brenva, decidere che itinerario seguire verso la salvezza.[12]

Delle due alternative possibili (scendere direttamente verso Chamonix lungo i pendii del Grande e del Piccolo Plateau resi ormai pericolosamente instabili dalla neve appena caduta, oppure raggiungere la cima del Monte Bianco e poi, attraverso la via normale, cercare rifugio presso il locale invernale dell'Osservatorio Vallot) Bonatti sceglierà la seconda soluzione. La più sicura, ma anche la più dolorosa, in quanto richiede agli alpinisti, ormai stanchi e provati, di riprendere il cammino in salita per altri 500 m di quota in una terribile tormenta. La cordata di Vincendon inizialmente lo segue. Bonatti avanza con la sua cordata il più velocemente possibile, in quanto si rende necessario consentire a Gheser, ormai colpito da gravi congelamenti (avrà alcune dita di entrambi i piedi e di una mano amputate), di ricevere cure urgenti. Arrivano alla Vallot con il sopraggiungere della notte. La cordata di Vincendon ha nel frattempo rinunciato, per sfinimento: a 200 m dalla vetta del Monte Bianco è ritornata sui suoi passi, optando per l'altra alternativa (raggiungere direttamente Chamonix).[12][38]

Ma la notte li obbliga a bivaccare in un crepaccio a 4.600 m. Bonatti li chiamerà inutilmente nella tempesta senza ricevere risposta. Bonatti e Gheser vengono raggiunti e salvati il 30 dicembre al Rifugio Gonella dalle guide alpine Gigi Panei, Sergio Viotto, Cesare Gex e Albino Pennard. "Sulla cresta rocciosa appena sotto la capanna - scrive Bonatti nel libro 'Montagne di una vita' - riconosco l'amico Gigi Panei. Lo vedo balzare verso di me con un impeto in cui intuisco ansia, commozione e affetto. Seguono poi gli altri amici saliti con lui. Ricorderò sempre con quanta gratitudine li abbracciai". La storia verrà poi conosciuta come l'"affare Vincendon e Henry". Dopo cinque giorni di freddo e sfinimento, i componenti di quest'ultima cordata muoiono nell'attesa che le squadre di soccorso, bloccate però dal maltempo, li prelevino (ancora vivi li raggiungerà un elicottero che però cadrà sul ghiacciaio).[38][39]

Nel 1957 si stabilisce a Courmayeur. Dopo un lungo periodo di convalescenza resosi necessario per i postumi dell'ultima ascensione, Bonatti si rivolge all'ultima grande parete vergine del massiccio del Monte Bianco: la parete nord del Grand Pilier d'Angle. Vi aprirà ben tre vie che la percorrono interamente.

Il 9 marzo 1961 Bonatti realizza insieme a Gigi Panei la prima invernale della Via della Sentinella Rossa sul versante della Brenva del Monte Bianco, impiegando solo 11 ore dal bivacco de la Fourche.

Patagonia, Ande, Karakorum e altre vette

 
Bonatti sulla vetta del Gasherbrum IV
 
I componenti della spedizione al Gasherbrum IV. Bonatti è al centro seduto sulla roccia

Nel gennaio del 1958 si reca in Patagonia (Argentina), per partecipare a una spedizione che venne organizzata dall'italo-argentino Folco Doro Altan nella regione della cordigliera glaciale Hielo Continental, con l'intenzione di raggiungere la vetta ancora inviolata del Cerro Torre (3.128 m). Come compagno di scalata vuole con sé il lecchese Carlo Mauri. In totale saranno quindi 6 andinisti e 2 alpinisti. Per evitare la competizione generata dall'inattesa e contemporanea presenza di una spedizione trentina, oltre che venendo meno i finanziamenti promessi da varie istituzioni a causa degli atteggiamenti polemici assunti dagli organizzatori italo-argentini di entrambe le parti, il gruppo di cui faceva parte Bonatti decide di spostarsi sullo Hielo Continental, per attaccare il Cerro Torre dal lato ovest. Ne segue un difficoltoso spostamento non solo per l'inclemenza del tempo, ma anche in quanto, per mancanza di soldi, solo in parte poterono usufruire di trasporto animale.[12]

Solo il 2 febbraio, con l'arrivo del bel tempo, tentano la scalata, partendo in quattro: Bonatti e Mauri compongono il team che tenterà la vetta, Folco Doro e René Eggmann che hanno il compito di aspettarli, installando un campo avanzato. Ma devono desistere quando ormai mancano solo alcune centinaia di metri dalla cima, data la mancanza dell'attrezzatura minima necessaria (hanno ormai esaurito corde e chiodi) che sono riusciti a portarsi appresso a causa dello spostamento di versante. Nel corso della stessa spedizione il 4 febbraio scalano il Cerro Mariano Moreno in due cordate (Bonatti con Doro, Mauri con Eggermann), vetta ancora inviolata che nelle mappe del tempo figurava come una zona bianca con scritto "inexplorado". Per giungere in vetta e ridiscendere al secondo campo sono costretti a una marcia ininterrotta di 30 ore e oltre 70 km tra ghiacciai e pareti, vincendo una gara contro il tempo, la cattiva sorte e l'esaurimento dei viveri. Il 7 febbraio, con Carlo Mauri, è poi la volta del Cerro Adela, battendo sul filo di lana i trentini Cesare Maestri e Luciano Eccher, che incontreranno durante la discesa. I due trentini infatti avevano rinunciato fin dall'inizio al Cerro Torre e stavano cercando di scalare per primi il Cerro Ñato e il Cerro Adela.[40] Sempre nella stessa giornata la cordata di Bonatti effettua il concatenamento di Cerro Doblado, Cerro Grande e Cerro Luca. Quest'ultimo era una vetta ancora inviolata, del gruppo del Cerro Grande, che i due battezzano in omaggio al figlio di Mauri, nato da poco.[12]

Sempre nel 1958 Bonatti partecipa alla spedizione nella regione himalayana del Karakorum diretta da Riccardo Cassin. Assieme con Mauri il 6 agosto raggiunge la vetta del Gasherbrum IV (7.980 m), in perfetto stile alpino (senza servirsi di bombole d'ossigeno), tracciando un itinerario di grande difficoltà. Nonostante il successo, si deteriora sempre più il rapporto di Bonatti col CAI, di cui Bonatti critica il funzionamento e la legittimità dell'organizzazione, che ritiene essere troppo burocratica e sterile.

Nel 1959 si susseguono numerose le sue scalate sia in Italia che in Francia. È di questo periodo la prima al Pilastro Rosso di Brouillard con l'amico Andrea Oggioni. Apre varie vie al Petit Mont Gruetta e sulla parete nord-ovest della Grivola. Ritorna sulla parete sud del Monte Maudit e in settembre realizza anche la prima solitaria della via Major al Monte Bianco.

Nel maggio del 1961 si sposta nelle Ande peruviane, sulla Cordigliera Huayhuash, dove completa la prima ascensione al Nevado Rondoy Norte con Oggioni.

La tragedia del Pilone Centrale

 
Walter Bonatti con l'amico Andrea Oggioni

Sempre nel 1961, con Oggioni e Gallieni effettua un tentativo di scalata del Pilone Centrale del Freney, una cima fino ad allora inviolata, facente parte del gruppo del Monte Bianco, sul versante sud [41]. Lungo il percorso, al Bivacco della Fourche, incontra la cordata francese guidata da Pierre Mazeaud (comprendente anche Pierre Kohlmann, Robert Guillaume e Antoine Vieille) e le due cordate decidono di unirsi ed effettuare insieme l'ambizioso tentativo. Ma una violenta tormenta di neve, che continuerà per più di un'intera settimana, blocca le due cordate a soli 100 m dalla cima del Pilone impossibilitati per tre giorni sia a salire che a scendere (Kohlmann fu anche colpito da un fulmine che si scarica sul suo apparecchio acustico - era parzialmente sordo - incidente al quale sopravviverà ma che lo farà sprofondare in un totale isolamento acustico). Infine decidono di tentare la discesa, ma solo tre di loro (Bonatti, Gallieni e Mazeaud) riusciranno a giungere vivi a valle. Gli altri quattro moriranno per lo sfinimento, mentre nella neve fresca si aprono la via verso la salvezza. Vieille morirà ai Rochers Gruber; Guillaume cadrà in un crepaccio del Ghiacciaio del Freney; al Canalino dell'Innominata sarà la volta di Oggioni, bloccato da un nodo delle corde ghiacciate sull'ultima parete di ghiaccio, a meno di un'ora dalla salvezza; Kohlmann, con metà volto da giorni ustionato dalla scarica di un fulmine, morirà nella notte a soli 10 minuti dalla Capanna Gamba (poche decine di metri sopra all'odierno Rifugio Monzino), dove dormivano le squadre di soccorso mal coordinate.

Grandes Jorasses e Cervino

Nel 1963, al 12º tentativo, in compagnia di Cosimo Zappelli scala l'impressionante parete nord delle Grandes Jorasses in invernale, percorrendo la Punta Whymper. Si tratta di un itinerario estremamente difficile (valutato da loro in ED) che verrà ripetuto solo dopo ben 12 anni da un'altra cordata (ripetizione di Béghin-Fargeas nell'inverno 1976, che rivedranno al rialzo la valutazione: ED superiore).

Nel 1965, dopo un primo tentativo in cordata con Gigi Panei e Alberto Tassotti fallito a causa del maltempo, chiude la propria carriera alpinistica con un'altra impresa considerata straordinaria, aprendo in cinque giorni una via nuova in solitaria invernale sulla mitica parete nord del Cervino, sommando così in un'unica scalata tre diversi exploit: la prima ascesa in solitaria della parete, la prima salita invernale della stessa e l'apertura di una nuova via.

Questa via sulla nord del Cervino di 1200 m di difficoltà ED+ non ha avuto molte ripetizioni, le più note sono:[42]

  • 12-13 agosto 1966: prima ripetizione dei polacchi R. Berbeka, J. Strycznski, R. Sfafirski e A. Zyzak
  • 02/1994: Catherine Destivelle in solitaria in quattro giorni
  • 14/03/06: Ueli Steck in 25 ore
  • 04/2011: salita degli italiani Marco Farina, Arnaud Clavel e Maurizio Rossetto (probabile unica ripetizione italiana)
  • 27/09/11: salita degli svizzeri Patrick Aufdenblatten e Michi Lerjen-Demjen nel tempo record di 7 ore e 15 minuti.

Addio all'alpinismo: Bonatti reporter ed esploratore

Dopo l'impresa del Cervino, che gli vale la Medaglia d'oro della Presidenza della Repubblica, a soli 35 anni, Bonatti si ritira dall'alpinismo estremo.

Successivamente decide di trasferire il suo alpinismo estremo dalla verticalità delle pareti alle distese del mondo orizzontale, alla ricerca di una propria ragione d'essere, di un modo di vivere a misura d'uomo. Il confronto leale con la natura rimane perciò elemento imprescindibile dal quale ripartire per i viaggi d'esplorazione in tutte le terre del pianeta, portando a conoscenza di molti, durante la lunga collaborazione con il settimanale Epoca (durerà fino al 1979), ciò che pochissimi potevano vivere. La sua filosofia nell'affrontare un viaggio sarà sempre: storia, paesaggio naturale e avventura personale devono divenire un'unica cosa, devono fondersi così da vivere nella natura esperienze per ogni uomo uniche.

Nel 1966 Bonatti si trova in Africa e sale il Kilimangiaro in Tanzania e in Uganda il esplora il Ruwenzori ripercorrendo il percorso del Duca degli Abruzzi del 1966 e raggiungendone la cima. Inoltre attraversa un territorio selvaggio di 1200 km da solo per provare la convivenza pacifica con gli animali feroci.

Nel 1967 Bonatti giunge sull'Alto Orinoco ed entra in contatto con la popolazione indigena degli waikas Yanoami.

Con due spedizioni (1967 e 1978) andrà alla ricerca delle sorgenti del Rio delle Amazzoni.

Nell'ottobre 1968 si reca a Sebanga, nell'isola di Sumatra per studiare il comportamento della tigre al cospetto dell'uomo ed entra in contatto con i sakai, una popolazione di aborigeni provenienti originariamente dalle giungle malesi.

Nel 1969 visita le Marchesi, dove ripercorre nella giungla il viaggio-fuga di Melville (dai più ritenuto una semplice invenzione a fini novellistici), quando era scappato dall'imbarco della baleniera dove prestava servizio, ed era poi stato prigioniero dei cannibali. Ritrova i luoghi precisi narrati da Melville e comprova la veridicità di tale storia.

Nel 1970 è a Capo Horn, sempre in solitaria.

Nel 1971 è in Australia, dove esplora il "centro rosso" e le sponde orientali del Lago Eire, nel Deserto Simpson. Nello stesso anno esplora per 500 chilometri i fiordi della Patagonia. Parte dalla Penisola di Taitao per arrivare fino alla Laguna di San Rafael, alla testata del ghiacciaio. Sempre nel 1971, col suo compagno Folco Doro Altan con cui ha già scalato le vette patagoniche nel 1958, naviga lungo l'intero corso del fiume Santa Cruz dal Lago Viedma fino all'Atlantico, con l'intento di ricordare la prima esplorazione del geografo Francisco Moreno avvenuta nel 1877, seguita a quella nel 1834 del giovane Charles Darwin che aveva dovuto rinunciare all'impresa dopo ventun giorni per le difficoltà incontrate nel risalire con le scialuppe del Beagle l'impetuosa corrente.

Nel 1972 è in Zaire e in Congo, sul vulcano Nyiragongo e tra i pigmei. Nel 1973 Bonatti decide di ripercorrere un celebre itinerario fluviale nelle regioni dell'Amazzonia venezuelana, quello compiuto tra il 1799 e il 1804 dal barone Alexander von Humboldt, descritto nei trenta volumi del “Viaggio nelle regioni equinoziali del Nuovo Continente”. L'avventura durerà due mesi e si snoderà lungo i corsi d'acqua Adabapo, Casiquiare, Padamo ed il grande Orinoco, a bordo di diverse imbarcazioni in uso nella zona. Le impressioni che ne ricaverà Bonatti sono sorprendentemente simili a quelle che Humboldt scriveva 174 anni prima nel suo diario.

Nel 1974 è in Nuova Guinea tra i Dani. Nel 1975 è sulle Terre Alte della Guayana.

Nel 1976 è in Antartide, dove esplora le Valli Secche, con il prof Carlo Stocchino, oceanografo e meteorologo del CNR, leader della spedizione, il dott. Ivo Di Menno, tecnico elettronico, l'amm. Enrico Rossi, idrografo e ufficiale di Stato Maggiore della Marina Italiana e l'alpinista neozelandese Gary Ball.

Nel 1978 torna in Sudamerica, alla ricerca delle sorgenti del Rio delle Amazzoni. Trovandole dimostra l'errore di una precedente spedizione che ha cementato una targa commemorativa che segnala le sorgenti in un luogo sbagliato.

Nel 1985-1986, con due compagni, ritorna in Patagonia sullo Hielo Continental, con l'intento di compiere una spedizione in completa autosufficienza, procurandosi il cibo lungo il percorso e senza utilizzare mezzi di trasporto. Ma le difficoltà si fanno insuperabili risultando impossibile procurarsi il cibo senza contravvenire ai divieti di caccia imposti dalle autorità (non potendo vivere di pesca perché tutte le acque della Patagonia sono oligotrofiche, cioè prive di qualsiasi forma di vita). I tre componenti del gruppo sono costretti a rinunciare a proseguire con il loro proposito originario e la spedizione assumerà per forza di cose caratteristiche alpinistiche, impegnandosi nella salita ad una vetta inviolata, alla quale verrà conferito il nome di Punta Giorgio Casari, in ricordo di un amico scomparso.

Il ritorno al grande pubblico

È solamente dopo la revisione finale del CAI pubblicata nel 2008 a chiarimento della vicenda del K2 - con la convalida della versione di Bonatti - che Bonatti accetterà di partecipare a trasmissioni televisive (la prima, dopo cinquant'anni di esilio, è stata Che tempo che fa, su RAI3 il 17 gennaio 2009)[43]. In passato si era sempre limitato a conferenze relative alle sue imprese e viaggi, avendo sempre cura di evitare commenti sulle vicende del K2, a cui dedicava invece ampi spazi nei propri libri, considerandole troppo lunghe e complesse da poter essere esaurite nel breve spazio di un'intervista.

Al contempo venuto meno l'ostracismo nei confronti di Bonatti messo in atto dalle testate e dal mondo italiano della montagna, iniziano a giungere - riscoperto dal grande pubblico con decenni di ritardo - premi a riconoscimento della sua attività[44].

Vita familiare

Bonatti fu a lungo compagno dell'attrice Rossana Podestà. Nel 1980 l’attrice rilasciò un’intervista in cui diceva che avrebbe scelto un uomo come Walter Bonatti per fuggire su un’isola deserta. L’alpinista-esploratore, appena reduce da un divorzio, le scrisse. I due quindi s’incontrarono a Roma dandosi appuntamento all’Ara Coeli e si aspettarono per quasi due ore: lei all’Ara Coeli, lui, che aveva confuso i monumenti, davanti all’Altare della Patria. Quando lei lo trovò, lo apostrofò: «che razza di esploratore sei che non riesci a trovare una persona a Roma?»[45][5]

La coppia si trasferì successivamente a vivere a Dubino (Provincia di Sondrio) in una casa immersa nei boschi.

Quando nel corso dell'estate 2011 a Bonatti fu diagnosticato un cancro al pancreas, Rossana Podestà scelse di tenergli nascosta la notizia per timore che egli si suicidasse. Fu infine allontanata dal letto di morte di Bonatti dal personale medico, poiché la coppia non era unita in matrimonio.[5]

I funerali civili si sono svolti a Lecco, presso Villa Gomes, il 18 settembre 2011, dopodiché il corpo è stato cremato e le ceneri tumulate presso il piccolo cimitero di Porto Venere che si trova a picco sul mare.

Salite sulle Alpi

Nel seguente elenco sono riportate le salite più significative di Walter Bonatti sulle Alpi.[46][47][48]

  • Via Oppio-Colnaghi-Guidi - Croz dell'Altissimo - 27-29/06/49 - Prima ripetizione con Andrea Oggioni e Iosve Aiazzi
  • Via Bramani-Castiglioni - Pizzo Badile - 1949 - Salita della parete nord-ovest
  • Via Ratti-Vitali - Aiguille Noire de Peuterey - 13-14/08/49 - Terza ripetizione con Andrea Oggioni ed Emilio Villa
  • Via Cassin - Grandes Jorasses - 17-19/08/49 - Quinta ripetizione con Andrea Oggioni
  • Via Bonatti - Grand Capucin - 20-23/07/51 - Prima salita per la parete est e prima ascensione del Grand Capucin
  • Punta Young - Grandes Jorasses - 17/07/52 - Prima salita e prima ascensione della Punta Young con Enrico Peyronel
  • Parete Nord - Cima ovest di Lavaredo - 1953 - Prima invernale con Carlo Mauri
  • Via Bonatti - Aiguilles du Dru - 17-22/08/55 - Prima salita della parete sud-ovest in solitaria
  • Sperone della Brenva - Monte Bianco - 25-26/12/56 - Salita in invernale con l'amico/cliente Silvano Gheser (tentavano la Via della Poire ma ripiegano per le condizioni della neve). Si uniscono a Jean Vincendon e François Henry che moriranno nella discesa.
  • Parete Est - Grand Pilier d'Angle - 1-3/08/57 - Prima salita con Toni Gobbi
  • Parete Ovest - Petit Greuvetta - 19/06/59 - Prima salita con Bruno Ferrario e Andrea Oggioni
  • Via Bonatti-Oggioni - Pilastro Rosso del Brouillard - 5-6/07/59 - Prima salita con Andrea Oggioni
  • Contrafforte sud-est - Monte Maudit - 6-7/08/59 - Prima salita con Andrea Oggioni e Roberto Gallien
  • Via Major - Monte Bianco/Brenva - 13/09/59 - Prima solitaria
  • Via Frendo-Roch-Sarthou - Monte Bianco/Brenva - 19/09/59 - Prima ripetizione con Guargaglia
  • Via Giannina - Monte Maudit - 19-20/09/59 - Prima salita con Bruno Ferrario e Andrea Oggioni
  • Via della Sentinella Rossa - Monte Bianco/Brenva - 1959 - Salita con Andrea Oggioni e Roberto Gallieni
  • Canalone nord-est - Petit Mont Blanc - 26/06/60 - Prima salita con Giuseppe Catellino
  • Parete sud-est - Chandelle - 3-4/08/60 - Prima salita con Roberto Gallieni
  • Via della Sentinella Rossa - Monte Bianco/Brenva - 09/03/61 - Prima invernale con Gigi Panei
  • Parete sud-est - Colle della Brenva - 28/03/61 - Prima solitaria
  • Via Kagami - Monte Maudit - 07/1961 - Prima ripetizione
  • Via diretta Bonatti-Zappelli - Monte Bianco/Frêney - 20-22/09/61 - Prima salita con Cosimo Zappelli
  • Via Bonatti-Zappelli - Grand Pilier d'Angle - 22-23/06/62 - Prima salita con Cosimo Zappelli di una nuova via sulla parete nord
  • Via dell'amicizia - Petites Jorasses - 10-11/07/62 - Prima salita con Pierre Mazeaud
  • Via Cassin - Grandes Jorasses - 25-30/01/63 - Prima invernale con Cosimo Zappelli
  • Via Cassin - Grandes Jorasses - 5-9/02/63 - Seconda invernale con Cosimo Zappelli, Jacques Batkin e René Desmaison
  • Parete est - Punta Innominata - 25-26/08/63 - Prima salita con Cosimo Zappelli
  • Via diretta Bonatti - Trident du Tacul - 18/09/63 - Prima salita con Cosimo Zappelli di una nuova sulla parete sud-ovest
  • Via Bonatti-Zappelli - Grand Pilier d'Angle - 11-12/10/63 - Prima salita con Cosimo Zappelli di una nuova via sulla parete sud-est
  • Spigolo nord - Trident du Tacul - 30/07/64 - Prima salita con Livio Stuffer
  • Punta Whymper - Grandes Jorasses - 1964 - Prima ascensione della parete nord con Michel Vaucher
  • Via Bonatti - Cervino - 18-22/02/65 - Prima solitaria e prima invernale con apertura di una nuova via sulla parete nord

Spedizioni extra-europee

Bibliografia

Libri di Walter Bonatti

  • 1961 - Le mie montagne. 179 pp, Rizzoli Editore (ristampato nel 1983)
  • 1972 - I giorni grandi. Arnoldo Mondadori Editore (ristampato da Zanichelli nel 1978)
  • 1980 - Ho vissuto tra gli animali selvaggi. 224 pp, Zanichelli
  • 1983 - Le mie montagne. 181 pp, Rizzoli Editore
  • 1984 - Avventura. 253 pp, Rizzoli Editore, Milano, ISBN 88-17-24039-7
  • 1984 - Magia del Monte Bianco. Massimo Baldini Editore
  • 1985 - Processo al K2. 123 pp, Massimo Baldini Editore
  • 1986 - La mia Patagonia. 227 pp, Massimo Baldini Editore
  • 1989 - L'ultima Amazzonia. 207 pp, Massimo Baldini Editore
  • 1989 - Un modo di essere. Dall'Oglio Editore
  • 1995 - K2 storia di un caso (ristampato nel 2003)
  • 1995 - Montagne di una vita. Baldini Castoldi Dalai editore
  • 1997 - In terre lontane. 440 pp, Baldini Castoldi Dalai editore
  • 1998 - Fermare le emozioni. L'universo fotografico di Walter Bonatti. 171pp, Edizioni Museo Nazionale della Montagna
  • 1999 - Solitudini australi. 129 pp, Edizioni Museo Nazionale della Montagna
  • 2001 - Una vita così. 510 pp. Baldini Castoldi Dalai editore, ISBN 8884900514, ISBN 9788884900517
  • 2006 - K2 La verità - storia di un caso. 282 pp, Baldini Castoldi Dalai editore
  • 2008 - I miei Ricordi. 416 pp, Baldini Castoldi Dalai editore
  • 2009 - Un mondo perduto. 463 pp. Baldini Castoldi Dalai editore, ISBN 8860736064, ISBN 9788860736062

Reportage di Walter Bonatti

Qui sotto il lungo elenco di reportage di Walter Bonatti:

Libri su Walter Bonatti

  • 1996 - Marco A. Ferrari, Freney 1961, un viaggio senza fine. pp. 245, Edizioni CDA & Vivalda, Collana: I licheni EAN13 9788878081284 (Vincitore del premio Gambrinus "Giuseppe Mazzotti" - Sezione Montagna - XIV Edizione 1996) (ristampato nel 1998)

Citazioni

«Il y a de la spiritualité chez cet être-là. Pour moi, Walter est sans doute un héros de légende mais c'est avant tout un homme de vérité qui a tout simplement du cœur.»
«Personnage au caractère bien trempé, persévérant et d'une èlégance remarquable dont Gaston Rébuffat précise les termes: une èlégance particulièrement visible dans les conditions difficiles. Un homme doté d'un idéal mais ègalement doté des précieuses qualités humaines qui permettent de réellement mettre un idéal en pratique.»
«Bonatti entra come in una dimensione mistica e visionaria, in cui l'impossibile non esiste e in cui tutto può riuscire. Ed eccolo infatti lottare per sette giorni da solo su quelle placche immani. È un uomo che vive su un altro pianeta, che penetra una dimensione sconosciuta...»

Onorificenze

Bonatti, successivamente, restituì l'onorificenza.

«Un gigante dell'avventura dalla notorietà internazionale, un uomo coraggioso e generoso che non ha esitato a prendere tutti i rischi per soccorrere i compagni.»
— Parigi, giugno 2002 (Jacques Chirac).[50]
«Appassionato di montagna ottiene una serie di risultati di rilievo percorrendo delle nuove strade e riprovandone altre tutte di difficoltà del sesto grado e del sesto superiore. Nel ’49 Dolomiti di Brenta, Croz dell’Altisse, Pizzo Badile parete nord-ovest), Aiguille Npoire de Peuterey (parete ovest), Grandes Jorasses (parete nord). Dolomiti del Brenta cima Campiglio orientale (parete sud-ovest). Nel ’50: Cengalo (spigolo nord), Punta Sant’Anna (spigolo sud). Nel ’51: Gran Capoucin (parete est). nel ’53: cima ovest di Lavaredo (parete nord). Prima invernale cima grande di Lavaredo (parete nord). Cervino cresta di Furgen, Torrione Fiorelli, Cima di Zoc, Picco Amedeo, Colle del Peuterey, Piz Palu (parete nord), scalata del Drus in solitaria. Nel ’54 partecipa alla spedizione Desio che conquista con Lacedelli e Compagnoni il K2. Nel ’57 cerca di conquistare il Cerro Torres nelle Ande, si ferma a metà, ma ci riesce l’anno dopo quando con Cassin partecipa anche ad una spedizione himalaiana. Nel ’63 scala la parete nord Grand Jorasses in invernale, nel ’65 la prima diretta assoluta e solitaria del Cervino. Ha pubblicato inoltre diversi libri.»
— Roma, 1965[51]

Riconoscimenti

I suoi reportage foto-giornalistici gli hanno valso i premi: Die Goldene Blende' nel 1971 e 1973 (per iniziativa della rivista Bild der Zeit di Stuttgart) e il riconoscimento degli americani con il trofeo Il gigante dell'avventura - 1971 (per iniziativa della rivista Argosy di New York).

Riceve il 26 aprile 2009 il premio Piolets d'or alla carriera organizzato dalle Editions Nivéales, dal Groupe de haute montagne, con la collaborazione della regione Rhône-Alpes (Chamonix) e la Valle d'Aosta (Courmayeur)[44].

A lui è intitolato il Rifugio Walter Bonatti,[52] posto a 2.025 m nel Vallone del Malatraz in Val Ferret (comune di Courmayeur).

Il 21 Marzo 2005 Walter Bonatti è stato insignito della laurea honoris causa in Scienze Ambientali presso l'Università degli Studi dell'Insubria[53].

«L’alpinismo è un’attività molto particolare; è considerata da molti uno sport, dove, però, non esistono punteggi, tempi, cronometraggi, dove in genere non vi possono essere spettatori. Alpinismo non è, però, solo questo. È sicuramente esplorazione, ma prima di tutto è scienza e conoscenza; in tutte le sue imprese, il grande alpinista cerca di studiare e comprendere la natura e l’ambiente intorno a sé, sempre confrontandosi in maniera leale, senza utilizzo di mezzi artificiali estremi che lo possano porre in posizione di eccessiva superiorità. Ma alpinismo significa anche comunicazione; l’alpinista esplora luoghi che forse solo lui è in grado di raggiungere, e deve così essere in grado, con i suoi scritti e i suoi reportages, di farli conoscere, apprezzare e studiare a tutti noi. E per finire, alpinismo è anche solidarietà e scuola di vita, quando abbiamo una corda in vita che si arrotola e si dipana, che trasmette, come fosse un cordone ombelicale, sensazioni e paure, amicizia, fiducia e felicità. Walter Bonatti rappresenta tutto ciò: è un uomo forte e coraggioso, sempre incline allo studio ed alla conoscenza di popoli ed ambienti, tenace nel difendere i suoi ideali e i suoi principi, libero e indipendente in tutti i suoi scritti.»

Nella cultura popolare

  • Nell'album di Figurine Panini Campioni dello sport 1967/68 la sua foto a colori è la n. 5.
  • Nel 1992 vengono pubblicati "Solitario sullo Yukon", "Nel cuore dell'Africa" e "Sull'isola dei mostri". Si tratta di tre albi a fumetti, tratti dai reportage di Bonatti pubblicati anni prima dal settimanale Epoca, disegnati da Enea Riboldi e Pasquale Del Vecchio e pubblicati dall'editore Massimo Baldini a partire dal maggio 1992. Dopo i primi tre albi la pubblicazione viene sospesa[54].
  • Un brano musicale dal titolo Quota 8100, presente nell'album Piano Car (2010) del compositore Stefano Ianne, è dedicato a Walter Bonatti.

Note

  1. ^ Fonte: Encarta
  2. ^ Fonte: La Repubblica, 18.11.2004, pag. 13, sezione: MILANO, "Bonatti, l' alpinista che ha fatto Epoca"
  3. ^ E’ morto Walter Bonatti, mito dell’alpinismo mondiale, lecconotizie.com. URL consultato il 14 settembre 2011.
  4. ^ L' attrice e lo scalatore: trent' anni con Walter dopo un incontro al buio, corriere.it. URL consultato il 20 settembre 2011.
  5. ^ a b c "Non ero la moglie di Bonatti mi hanno cacciata dall'ospedale", La Stampa, 21 sett 2011 Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "lastampa.it" è stato definito più volte con contenuti diversi
  6. ^ Giorgio Terruzzi, Edoardo Erba, "Lavoravo alla Falck e scalavo di notte"-Bonatti e la sua vita sulle montagne, quotidiano Corriere della sera del 14/09/2011 [1]
  7. ^ Bonatti e il 1949
  8. ^ I tentativi al Gran Capucin
  9. ^ Fonte: La Repubblica, 18.11.2008, "È morto Gigo, scalò con Bonatti"
  10. ^ La prima al Gran Capucin
  11. ^ Corriere della sera - intervista a Walter Bonatti, agosto 2004
  12. ^ a b c d e f g h i Walter Bonatti, Montagne di una vita, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2006, ISBN 978-88-6073-063-3
  13. ^ “K2: dove fu fissato in effetti il nono campo”, Roberto Mantovani in Rivista della Montagna 1994 e Roberto Copello in La Voce 1994
  14. ^ Lino Lacedelli - Giovanni Cenacchi, K2 - il prezzo della conquista, Mondadori, 2006, ISBN 9788804558477; pagg. 57-64
  15. ^ a b Walter Bonatti, K2 - la verità - 1954-2004, Baldini Castoldi Dalai, 2007, ISBN 9788860731708; pagg. 29-46
  16. ^ http://www.corriere.it/cronache/09_novembre_20/lacedelli-k2-brevini_0f84f9ee-d5b9-11de-a0b4-00144f02aabc.shtml?fr=correlati
  17. ^ K2: l'abbandono di Compagnoni e Lacedelli
  18. ^ a b c W. Bonatti, K2 - la verità, passim
  19. ^ Charlie Buffet, La collera di Walter Bonatti, orig. in Le Monde e La Stampa, 29 agosto 2001; riportato in W. Bonatti, K2 - la verità, pagg. 219-226
  20. ^ Le false accuse a Bonatti
  21. ^ W. Bonatti, K2 - la verità, pagg. 58-65
  22. ^ Le foto in vetta al K2: la prova della maschera
  23. ^ Robert Marshall, Commento a "Processo al K2"... solo parole e fandonie, in W. Bonatti, K2 - la verità, pagg. 121-152, trad. di Mirella Tenderini
  24. ^ “K2: dove fu fissato in effetti il nono campo”, Roberto Mantovani in Rivista della Montagna 1994 e Roberto Copello in La Voce 1994
  25. ^ Silvia Metzelin e Alessandro Giorgetta, Walter Bonatti, un protagonista al suo posto, in La Rivista del Club Alpino Italiano, maggio 1994.
  26. ^ Pietro Crivellaro, Sul K2 no al colpo di spugna, in Rivista della Montagna, agosto 1995.
  27. ^ K2: esito della Commissione d'Inchiesta del CAI (2004)
  28. ^ F. Maraini, A. Monticone, L. Zanzi: K2. Una storia finita. 140 pp, Priuli&Verlucca Ed., Scarmagno (TO), 2008. ISBN 978-88-8068-391-9
  29. ^ Scheda del libro K2. Una storia finita
  30. ^ Fonte: La Repubblica, 28.03.2008, K2: caso chiuso. La verità definitiva sull'arrivo in vetta: i "saggi" riabilitano Bonatti
  31. ^ Fonte: Il Secolo XIX, 28.03.2008, K2, dopo 54 anni riconosciuto il ruolo chiave svolto da Bonatti
  32. ^ Lo stesso capospedizione Ardito Desio fu socio tra i più autorevoli della Società Geografica Italiana per quasi ottant'anni, e fu insignito della medaglia d'oro dalla società medesima proprio per la spedizione al K2.
  33. ^ Fonte: La repubblica, 16.12.2008, "Impresa K2: Bonatti aveva ragione"
  34. ^ Lettera settembre 2008 di Walter Bonatti alla Società Geografica Italiana
  35. ^ Walter Bonatti, K2 - La verità, pagg. 279-283
  36. ^ La sei giorni in solitaria al Petit Dru
  37. ^ Il pilastro "Bonatti"
  38. ^ a b Claude Deck, Chi salverà Henry e Vincendon?, trad. Pietro Crivellaro, in Rivista della montagna: Momenti di alpinismo, n.7, luglio-agosto 1985, pagg. 68-87
  39. ^ L' "affare Vincendon e Henry"
  40. ^ Le spedizioni di Maestri e Bonatti nel 1958-59
  41. ^ Pilier central du Frêney
  42. ^ PlanetMountain, Cervino, via Bonatti in 7 ore 14 minuti per Aufdenblatten e Lerjen-Demjen
  43. ^ Bonatti a Che tempo che fa, su RAI3 del 17 gennaio 2009
  44. ^ a b Fonte: La Repubblica, 26.04.2009, "Gli Oscar dell'Alpinismo? A chi ha stile come Bonatti"
  45. ^ Aldo Cazzullo in Corriere della Sera, 4 agosto 2004: "Incontro con Walter Bonatti"
  46. ^ www.angeloelli.it, Walter Bonatti
  47. ^ INTOtheROCKS, Walter Bonatti: Piolet d'or alla carriera
  48. ^ youtube.com, Riccardo Cassin compie 100 anni 4/7 sulla nord-ovest Badile
  49. ^ Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana Sig. Walter Bonatti
  50. ^ Fonte: Encarta "Realizzazioni e onorificenze
  51. ^ Associazione Medaglie d'Oro al valore atletico - Walter Bonatti
  52. ^ Sito del Rifugio Walter Bonatti
  53. ^ Università degli Studi dell'Insubria, Inaugurazione dell'Anno Accademico 2004/2005
  54. ^ Fonte: La Repubblica, 16.09.2011, "Bonatti a fumetti"

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