Rubber Soul
Rubber Soul è un album dei Beatles pubblicato nel 1965, quando il gruppo di Liverpool era al culmine della popolarità. È il primo disco dei Beatles a non riportare il nome del gruppo sulla copertina.
File:The Beatles, Rubbel Soul (Logo).png album in studio | |
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Artista | The Beatles |
Pubblicazione | 3 dicembre 1965 |
Durata | 35 min : 50 s |
Dischi | 1 |
Tracce | 14 (12 nell'edizione USA) |
Genere | Pop rock[1] Folk rock[1] |
Etichetta | Parlophone (in Italia: Parlophon PMCQ 31509 versione mono; SPMCQ 31509 versione stereo) |
Produttore | George Martin |
Registrazione | 17 giugno, 12 ottobre, 11 novembre 1965 |
Copertina | Robert Freeman |
Note | Copertina a busta e senza testi interni |
The Beatles - cronologia | |
Il disco
L'album è stato registrato nell'autunno del 1965 in sole quattro settimane, per essere pubblicato in tempo per le festività natalizie insieme al singolo We Can Work It Out / Day Tripper, ottenendo così un eccellente e diffuso successo commerciale. Rubber Soul rappresenta indiscutibilmente un salto di qualità nella produzione beatlesiana[2].
Il fenomeno della beatlemania nel 1965 stava già iniziando a mostrare la corda e i Beatles, considerati all'epoca un gruppo giovanilistico[senza fonte], erano davanti al bivio se continuare con canzoni dai contenuti adolescenziali (ma con il rischio di essere surclassati entro poco tempo) o evolvere verso sonorità più mature, tralasciando i contenuti precedenti. Operazione più semplice a dirsi che a farsi, tentata da molti altri complessi dopo di loro, ma i Beatles con Rubber Soul grazie ad una serie di splendide canzoni, riuscirono egregiamente nell'intento. L'album, infatti, è spesso indicato dai critici musicali come l'opera nella quale le tipiche sonorità beat frizzanti dei primi Beatles cominciarono ad evolversi nel pop rock eclettico della loro maturità; sono inoltre evidenti influenze musicali folk rock dovute ad artisti contemporanei, quali Bob Dylan e i Byrds. Anche nei testi avviene una trasformazione; dalla monotematicità dei lavori beatlesiani precedenti, incentrati sul tema quasi esclusivo dell'amore romantico-adolescenziale, si passa a una varietà lirica in cui cominciano ad apparire temi meno stereotipati quali il sesso, le avventure extraconiugali, la gelosia ossessiva (con minaccia di morte), l'incertezza esistenziale, la nostalgia della giovinezza. Questo arricchimento tematico rappresentò uno stadio della maturazione artistica del gruppo e allo stesso tempo una necessità indotta dall'evoluzione del panorama musicale del rock, specialmente con le innovazioni liriche introdotte oltreoceano da Dylan in Like a Rolling Stone e in Subterranean Homesick Blues, ma elaborate anche da gruppi britannici come i Kinks e gli Animals[3].
Per Rubber Soul furono utilizzate tecniche di registrazione innovative, poi evolutesi nelle moderne forme di missaggio elettronico e digitale. La copertina, con una fotografia dei Beatles assai distorta (quasi a simulare l'effetto di un acid trip), offriva un primo assaggio dell'"anima di gomma" che si celava dietro il gruppo, per sottolineare ulteriormente l'inizio della transizione verso quelle sonorità rock psichedeliche che sarebbero state portate a compimento nei successivi album Revolver e Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band.
Sull'origine del titolo dell'LP ("anima di gomma"), esistono più versioni. I nastri documentano che "plastic soul" era un'espressione di Paul ripetuta in sala di registrazione durante le prove di I'm Down[4][5]; inoltre, secondo altre fonti la medesima frase era il commento di un cantante americano sui Rolling Stones riportato da Bob Freeman, l'artista che realizzò la fotografia stirata della copertina[6].
Nella discografia dei Beatles, Rubber Soul è considerato uno degli album più curati sul piano tecnico e uno dei più innovativi dal punto di vista musicale, e molti vi ravvisano il raggiungimento della maturità artistica del gruppo inglese[7]. La classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi stilata dalla rivista Rolling Stone lo colloca al quinto posto (fra i quattro primi posti ci sono altri due album dei Beatles, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band e Revolver).
I brani
Sebbene John Lennon e Paul McCartney siano formalmente accreditati come coautori di tutti i loro brani, come sempre è piuttosto facile capire a quale dei due compositori attribuire la paternità effettiva, o principale, di ciascuna canzone. A Lennon si devono Norwegian Wood (This Bird Has Flown), una classica ballata che, sullo sfondo dei languidi accordi sviluppati al sitar da George Harrison, parla di avventure extraconiugali; Nowhere Man (in cui l'autore cerca di raccontare i propri tormenti interiori; si tratta infatti della prima canzone dei Beatles ad affrontare un tema diverso dall'amore romantico), la struggente ballata Girl (con una struttura musicale che richiama la canzone napoletana) e la meno fortunata Run For Your Life, motivo articolato quasi su un ritmo country, che lo stesso Lennon ammise in seguito di trovare "odiosa"[8]. Fra i veri capolavori dell'album è senz'altro da citare In My Life, scritta sempre da Lennon durante un viaggio in autobus da casa sua verso il centro di Liverpool. In questa canzone si intravedono i primi segni di carattere nostalgico che in seguito caratterizzeranno la particolare geografia beatlesiana, ripercorribile fra la Penny Lane e i campi di fragole di Strawberry Fields Forever.
Di Paul McCartney, invece, sono l'accattivante rock di Drive My Car e la coppia You Won't See Me e I'm Looking Through You, che testimonia secondo molti il periodo di crisi affettiva del bassista dei Beatles con la fidanzata storica Jane Asher. A McCartney si deve anche quello che è probabilmente il brano più celebre dell'album, Michelle, in cui piacevoli e malinconici giri di accordi accompagnano un testo da love song arricchito dall'espediente romantico di versi in francese. La canzone The Word fu dichiaratamente scritta in coppia da McCartney e Lennon e si può leggere tra il tema dell'amore adolescenziale espresso nel periodo precedente e quello universale della maturità. What Goes On, presumibilmente composta da McCartney, è cantata da Ringo Starr; Think for Yourself e If I Needed Someone, invece, sono scritte e interpretate – quasi in veste di solista – da George Harrison.
Drive My Car
L’album si apre con un rock vigoroso e serrato che vede in avvio un breve e graffiante assolo di chitarra, seguito da una batteria energica che introduce la voce solista di McCartney e gli altri strumenti a supporto.
Paul aveva in mente la melodia della canzone ma non riusciva ad andare avanti con brandelli di un testo ovvio e sfruttato che ruotava attorno a una ragazza di facili costumi a cui offrire “Golden rings”, espressione che avrebbe portato a far rima con “anything”, con deprimenti prospettive[9]. John, investito del problema, ebbe il compito di raddrizzare la situazione, e suggerì al socio la sostituzione del melenso “Golden rings” con l’irriverente “Drive my car”, una perifrasi che nell’ambiente del blues alludeva al sesso, e così la composizione del testo, che vede sottintesi sessuali e inattesi mutamenti di prospettiva, procedette liscia e sicura senza peraltro deviare dalle intenzioni originarie di Paul, come egli stesso avrebbe detto[10].
George Harrison, avendo intravisto delle analogie con Respect di Otis Redding, contribuì alla elaborazione della parte musicale indicando alcune soluzioni delle linee della chitarra e del basso che divennero elementi distintivi del pezzo. La registrazione ebbe luogo il 13 ottobre, e dei quattro nastri il migliore fu ritenuto l’ultimo, sul quale furono effettuate delle sovraincisioni. Quella seduta apparentemente ordinaria costituì una novità nelle abitudini del gruppo e dello staff dello studio, dal momento che fu la prima che oltrepassò la mezzanotte – fatto che col tempo sarebbe divenuto la normalità.
Norwegian Wood
Norwegian Wood (This Bird Has Flown), pezzo insolitamente strutturato in tempo composto, fu abbozzato da John mentre si trovava in vacanza in Svizzera. Ma, a lavoro terminato, controversa risulta l’attribuzione di paternità del brano. Probabilmente, considerate le rispettive caratteristiche compositive, si può parlare di una composizione che vede il duo Lennon-McCartney lavorare di concerto. Sono di Lennon le due parti melodiche in maggiore che aprono e chiudono il brano, appartiene allo stile di Paul la parte mediana in minore[11]. Anche il testo, che tratteggia un fallito rapporto fisico con una donna – ma la relazione extraconiugale di John con una giornalista che ispirò la composizione si risolse nella realtà in maniera diversa[12] – e che parte dallo spunto lennoniano “I once had a girl/Or should I say, she once had me”, dopo le prime difficoltà a decollare vide i due autori avviarsi con scioltezza supportandosi vicendevolmente, con John che tracciava il canovaccio e Paul che integrava gli spunti del compagno. Fu – e non sarebbe stato l’ultimo – un testo che si scrisse da sé[13]. Certi frammenti del testo si ispirano, secondo alcuni, a episodi di vita vissuta di Lennon. Racconta Pete Shotton che quando all’inizio del 1960 John viveva con Stu Sutcliffe nella casa di Gambier Terrace, talvolta dormì nella vasca da bagno dell’appartamento (“[I] crawled off to sleep in the bath”) e bruciò alcuni mobili nel camino (“so I lit a fire”)[14].
Norwegian Wood fu la prima creazione dei Beatles in cui fece la comparsa il sitar. Durante la lavorazione del film Help!, i Beatles girarono una scena nella quale alcuni musicisti indiani suonavano i loro strumenti tipici. George Harrison era rimasto affascinato dalle particolari sonorità esotiche del sitar, aveva iniziato a strimpellarlo e ne aveva imparato le basi sotto la guida di Ayana Deva Angadi (fondatore dell’Asian Music Circle di Londra)[15], tanto da essere in grado di suonare una linea non troppo elaborata nella canzone.
Il brano fu messo su nastro nelle sedute del 12 e del 21 ottobre. Nella seconda data il pezzo subì il rifacimento, tuttavia già il primo take del 12 ottobre[16] evidenzia che ormai Norwegian Wood era prossima alla sua versione definitiva. In studio, la registrazione dello strumento indiano causò notevoli problemi di distorsione, a quel tempo difficilmente risolvibili in assenza di accorgimenti tecnici appropriati di là da venire.
You Won’t See Me
Paul affida a un motivetto godibile la risposta alla fidanzata Jane Asher che negli ultimi tempi lo aveva più volte rifiutato, anche per telefono. È questo il succo di una canzone incisa quasi a tempo scaduto – dati i termini perentori per la pubblicazione del nuovo 33 giri – in una seduta fiume iniziata alle 18 dell’11 novembre e che terminò alle 7 del mattino successivo. Il pezzo venne registrato su due nastri con profusione di cori di George e John che affiancano la linea vocale di Paul e che si sfumeranno nella dissolvenza del finale.
Nowhere Man
Il brano costituiva il primo tentativo del gruppo di cimentarsi con una canzone che non parlasse d’amore. Fu John a infrangere gli schemi, misurandosi con la propria condizione emotiva ed esistenziale. Nascosto dietro la terza persona, scrisse di getto – dopo ore di frustrante improduttività – un testo che dà conto del malessere e dello scoramento per la propria vita, per la perdita d’identità causata dall’uso delle droghe, per la condizione insoddisfacente dell’unione coniugale con la moglie Cynthia, e per il fatto che in taluni casi aveva difficoltà a comporre. McCartney, che era andato a trovare Lennon il giorno successivo alla stesura di Nowhere Man, racconta: «Quando arrivai il giorno dopo, [Lennon] sonnecchiava sul divano, molto annebbiato. Era davvero una canzone contro John, scritta da John. Me lo disse in seguito, non me lo disse allora, disse che l’aveva scritta su se stesso, sentendo che non stava andando da nessuna parte. […] La trattava come se fosse una canzone in terza persona, ma era abbastanza furbo da dire: “Non è un po’ come te e me?”. “Me” coma parola finale.» E conclude con un lusinghiero commento: «[Nowhere Man] è una delle migliori di John.»[17]
La registrazione fu effettuata il 21 e il 22 ottobre e vide l’incisioni di parti vocali e strumentali fra le quali un brillante assolo della nuova chitarra Fender Stratocaster di George Harrison.
Think for Yourself
L’8 novembre, in prossimità del termine ultimo per la conclusione dell’album, i Beatles si riunirono nello studio 2 e lì, fra le chiacchiere e i messaggi natalizi, ebbero modo di registrare quella che si chiamava ancora Won’t Be There with You, titolo provvisorio di un rimprovero stizzito a una donna colpevolmente bugiarda e che perciò merita di essere abbandonata a se stessa dal partner. Il contributo di George Harrison al disco era musicalmente condito dalle voci, dalle chitarre e da due linee di basso, quello normale e quello fuzz[18].
The Word
Prima canzone dei Beatles a rifarsi alla filosofia hippie (”The Word: Love” – “La Parola: Amore”), The Word è in questo senso l’antesignana della più matura All You Need Is Love che sarà registrata nell’estate del 1967. Ma la composizione ha anche riferimenti a esperienze psichedeliche. Il coautore Paul ricorda che lui e John, leggermente intontiti dall’erba, terminarono la stesura del pezzo e poi tracciarono dei disegni vivaci e fantasiosi con le matite colorate[19]. Lennon fu ancora più esplicito, dichiarando in un’intervista che il testo richiamava lo stato percettivo di chi fa uso di droghe, e affermando testualmente: «È il periodo della marijuana, con tutta quella storia della pace e dell’amore. La parola è amore, giusto?»[20].
Musicalmente si tratta di una struttura blueseggiante che vede fra gli altri aspetti melodici l'introduzione pianistica di Paul, la linea vocale principale di John e l’apporto dell’armonium di George Martin che nella parte finale viene sfumato con eccessiva fretta.
Michelle
A corto di materiale per l’album, John suggerì a Paul di rispolverare una melodia che McCartney aveva composto quando era ancora studente al Liverpool Institute e che l’autore canticchiava nel clima bohémien delle serate esistenzialiste organizzate a quel tempo dal professor Mitchell. Per richiamare quelle atmosfere, Paul chiese aiuto a Janet Vaughan, insegnante di francese e moglie del suo vecchio amico Ivan Vaughan, colui che lo aveva presentato a John nel luglio del 1957 e con cui Paul era rimasto in contatto. Janet fornì il nome, la rima e il celebre verso «Sont les mots qui vont très bien ensemble» (così come Paul le aveva richiesto di tradurre «These are words that go together well»). Anche Lennon contribuì al testo proponendo la frase «I love you, I love you, I love you» tratta da I Put a Spell on You di Nina Simone. Tutto il resto – le armonie, la tecnica finger-picking a imitazione di Chet Atkins, la voce modulata e sognante – è inconfondibilmente in stile McCartney.
La ballata venne incisa il 3 novembre e non fu più ritoccata. I nastri e le informazioni dell’archivio EMI non permettono di capire se i cori vennero eseguiti da John e George oppure se Michelle fu, in tutte le sue parti registrate, opera esclusiva del suo autore che ne esalta la semplicità e i tempi ridotti di registrazione[21].
What Goes On
Mancava al disco il contributo della linea vocale solista di Ringo, e per questo John rivangò un motivetto composto qualche anno prima e mai registrato. La canzone fu rimpolpata da una sezione centrale – opera congiunta di Paul e in misura minore di Ringo – e incisa il 4 novembre, con la voce di Starr e la linea di George Harrison alla chitarra che si snoda dall’introduzione alla chiusura del brano.
In quella data il gruppo si cimentò anche nel primo pezzo interamente strumentale, un fluente blues piuttosto atipico per la produzione corrente dei Beatles dal titolo 12 Bar Original, in cui spiccava la chitarra solista di George supportata da quella di John. Ma si decise di lasciare la composizione inedita nonostante la penuria di materiale per il nuovo album, né essa fu più ripresa in seguito[22].
Girl
Risposta dolente di Lennon a Michelle di McCartney, è un pezzo carico di significati reconditi. Girl si riferisce tra l’altro al concetto della sofferenza che secondo John è insito nel cristianesimo, e il pezzo costituisce un’invocazione a una donna ideale, che per Lennon si concretizzerà più tardi nelle sembianze di Yoko Ono, come l’autore chiarirà in una conversazione successiva[23]. Nella canzone di Lennon è presente un intermezzo “alla Zorba” scritto da Paul, che nel 1963 era stato in vacanza assieme a Ringo e alle loro compagne in Grecia e ne aveva assorbito le sonorità musicali create dal bouzouki[24].
Il brano venne registrato nella seduta dell’11 novembre, a ridosso della scadenza ultima per la conclusione del disco, e vide, oltre alle parti strumentali, la voce sofferta di John. Sfuggirono all’attenzione della produzione i coretti tit-tit-tit (tette) allusivi e impertinenti e il risucchio prolungato di Lennon che riproduceva l’inspirazione di un fumatore di cannabis[25].
I’m Looking Through You
Secondo messaggio – dopo You Won’t See Me – inviato da Paul alla sua donna Jane Asher, l’ennesimo rimprovero di volubilità a testimonianza della crisi che la coppia stava attraversando, crisi causata dal reciproco allontanamento per motivi artistici – Jane, attrice di teatro in ascesa, si era temporaneamente trasferita a Bristol, suscitando l'irritazione di Paul[26].
La prima registrazione, il 24 ottobre, produsse un motivo leggiadro – con sonorità “caraibiche” ritmate da maracas e dal rotondo finger-picking di una chitarra acustica e intervallate da sezioni rock[27] – che sarà reso uniforme e più serrato nella versione definitiva. Rispetto a questa, inoltre, il nastro di quella seduta mancava delle sezioni "Why, tell me why" che vennero aggiunte in seguito. Il pezzo andò attraverso due successivi rifacimenti – il 6 e il 10 novembre – e l’11 novembre vide la sovraincisione delle voci che costituì, a parte una giornata di missaggi, l’ultimo intervento prima della pubblicazione dell’album.
In My Life
Canzone della memoria, precorre altri pezzi autobiografici di ben altra complessità musicale (Penny Lane uno per tutti) e, pur essendo il primo tentativo di scavare nel passato, possiede una notevole carica di intensità emozionale rafforzata dall’uso della prima persona. La voce principale è quella di Lennon, e questo farebbe pensare che, come ha più volte rivendicato, John sia l’autore del brano[28]. Ma esistono dichiarazioni che ridimensionano la totale paternità lennoniana della canzone. Ammette altrove lo stesso John: «Paul mi ha aiutato a scrivere la melodia delle otto battute d’intermezzo […] In In My Life il suo contributo dal punto di vista melodico era l’armonia e le middle-eight»[29]. Paul, dal canto suo, ricorda di essere andato in soccorso di John – insoddisfatto per avere circoscritto il campo dei ricordi a una specie di nostalgico tour panoramico attraverso i luoghi della propria infanzia – rielaborando a fondo il testo della canzone di Lennon e ritoccandone alcuni passaggi musicali[30]. Qualunque sia la versione che risponde al vero, In My Life resta una melodia romantica e struggente, tale da essere definita da Spitz «la canzone più preziosa non solo dell’album ma fra tutte le composizioni Lennon-McCartney»[30]. Anche George Harrison amava la composizione, tanto che la riarrangiò proponendola nel suo Dark Horse Tour del 1974[31].
La prima registrazione ebbe luogo il 18 ottobre. Nell’incertezza su come completare la parte centrale, otto battute vennero lasciate vuote. Per riempirle, dopo quattro giorni fu tentato un primo esperimento da parte di George Martin all’organo Hammond, successivamente sostituito da una linea di pianoforte dalle atmosfere barocche suonato sempre Martin.
Wait
Nella corsa a raccogliere materiali per il disco, si procedette al ripescaggio di questo pezzo scritto dai Beatles alle Bahamas e originariamente concepito per il soundtrack del film Help! Il brano era stato poi registrato su quattro nastri il 17 giugno nello Studio Due di Abbey Road, ma per motivi sconosciuti fu stabilito di lasciarlo fuori dall’album della colonna sonora.
Il pezzo fu quindi recuperato e sottoposto alle sovraincisioni di tamburelli e maracas l’11 novembre, giusto prima di procedere alle rifiniture di I’m Looking Through You.
If I Needed Someone
È una canzone dedicata da George Harrison alla fidanzata Pattie Boyd. L’autore ammise il debito nei confronti di Roger McGuinn di The Bells of Rhymney e She Don't Care About Time.
La canzone venne registrata in due sedute. Il 16 ottobre fu incisa la base, e il brano venne completato due giorni dopo con la voce solista di George e i cori di John e Paul, più un tamburello di Ringo.
Successivamente, gli Hollies eseguirono una cover del pezzo, e questo innescò un dissidio con l'autore. Harrison infatti disapprovò duramente l’arrangiamento non di proprio gradimento, e a loro volta gli Hollies criticarono George per la sua stroncatura. Il risultato fu che la reinterpretazione ebbe minor fortuna degli altri singoli prodotti dagli Hollies[32].
Run for Your Life
Opera di John, che in seguito l’autore stesso disdegnò sostenendo che il brano venne composto per obbligo e sotto la spinta della fretta[33]. Tuttavia anche Girl era stata scritta da Lennon sotto la pressione delle scadenze, perciò questa non pare essere una motivazione convincente. John non negò di avere copiato i versi iniziali da Baby, Let’s Play House di Elvis Presley («I’d rather see you dead, little girl, / Than to be with another man» – «Piuttosto ti vorrei vedere morta, ragazzina, anziché tra le braccia di un altro»), concetti che entreranno in conflitto con le successive influenze del femminismo di Yoko Ono su Lennon. Paul, seppure con toni morbidi, evidenziò il sessismo del testo affermando che è «Un pochino una canzone da macho»[34], e questa contraddizione può aver indotto John a rinnegare la propria composizione[35].
Il 12 ottobre il pezzo venne registrato in cinque tentativi. L’ultimo nastro venne giudicato il migliore e fu oggetto delle sovraincisioni. Come avverrà per Revolver, anche in questo caso Run for Your Life fu la prima incisione destinata al nuovo disco e fu quella a essere inserita in chiusura dell’album.
Tracce
Il disco, come molti altri album del primo periodo dei Beatles, fu pubblicato in due diverse versioni in Europa e negli Stati Uniti.
Versione europea
Lato A
- Drive My Car (Lennon, McCartney) - 2:30
- Norwegian Wood (This Bird Has Flown) (Lennon, McCartney) - 2:05
- You Won't See Me (Lennon, McCartney) - 3:22
- Nowhere Man (Lennon, McCartney) - 2:44
- Think for Yourself (Harrison) - 2:19
- The Word (Lennon, McCartney) - 2:43
- Michelle (Lennon, McCartney) - 2:42
Lato B
- What Goes On (Lennon, McCartney, Starkey) - 2:50
- Girl (Lennon, McCartney) - 2:33
- I'm Looking Through You (Lennon, McCartney) - 2:27
- In My Life (Lennon, McCartney) - 2:27
- Wait (Lennon, McCartney) - 2:16
- If I Needed Someone (Harrison) - 2:23
- Run for Your Life (Lennon, McCartney) - 2:18
Versione americana
Lato A
- I've Just Seen a Face
- Norwegian Wood (This Bird Has Flown)
- You Won't See Me
- Think for Yourself
- The Word
- Michelle
Lato B
- It's Only Love
- Girl
- I'm Looking Through You
- In My Life
- Wait
- Run for Your Life
Formazione
- John Lennon - voce, chitarra ritmica; pianoforte elettrico in Think for Yourself
- Paul McCartney - voce, basso, pianoforte
- George Harrison - chitarra solista, cori; voce in Think for Yourself; sitar in Norwegian Wood
- Ringo Starr - batteria, percussioni; voce in What Goes On; organo Hammond in I'm Looking Through You
Altri musicisti
- Mal Evans - organo Hammond
- George Martin - pianoforte in In My Life, harmonium in The Word
Voci correlate
- Rubber Soul compare al quinto posto della lista dei 500 migliori album di tutti i tempi stilata da Rolling Stone
Cover e citazioni
- Del brano In My Life è stata proposta nel 2005 una versione hard rock firmata da Ozzy Osbourne.
- Una cover del brano I'm Looking Through You ("ti guardo attraverso") fu utilizzato in una puntata del telefilm Ralph Supermaxieroe in cui il protagonista diventava invisibile.
- Il testo di The Word ("have you heard, the word is love") è stato ripreso in almeno due occasioni dal gruppo progressive Yes: vi si riferisce abbastanza esplicitamente il testo di Time and a Word e il titolo del cofanetto live The Word is Live.
Note
- ^ a b c allmusicguide, su allmusic.com. URL consultato il 3-5-2010.
- ^ Steve Winwood, esprimendo un giudizio all'epoca largamente condiviso, avrebbe affermato: «Rubber Soul ha spaccato tutto. Ha traghettato la musica in una dimensione completamente nuova», in Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 379.
- ^ Ian MacDonald, The Beatles. L'opera completa, Mondadori, Milano 1994, pagg. 162-3.
- ^ Mark Lewisohn, Beatles - Otto anni ad Abbey Road, Arcana Editrice, Milano 1990, pag. 136.
- ^ The Beatles Anthology 2, 1° CD, traccia 3 - Apple Records 1996.
- ^ Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 375
- ^ Mark Hertsgaard, A Day in the Life - La musica e l’arte dei Beatles, Baldini&Castoldi, Milano 1995, pag. 182.
- ^ John Lennon ricorda - Intervista integrale a ‘Rolling Stone’ del 1970, White Star, Vercelli 2009, pag. 112.
- ^ Paul propose i versi I can give you golden rings/I can give you anything, che John seccamente giudicò «una stronzata». In Steve Turner, La storia dietro ogni canzone dei Beatles, Tarab, Firenze 1997, pag. 90
- ^ «L’idea che la ragazza fosse una puttana rimase immutata ma il cambiamento migliorò di parecchio la frase chiave», in Steve Turner, La storia dietro ogni canzone dei Beatles, Tarab, Firenze 1997, pag. 90.
- ^ Ian MacDonald, The Beatles. L'opera completa, Mondadori, Milano 1994, pag. 164.
- ^ Steve Turner, La storia dietro ogni canzone dei Beatles, Tarab, Firenze 1997, pag. 91.
- ^ Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 370.
- ^ In A. Marziano, M. Worden, Penny Lane – Guida ai luoghi leggendari dei Beatles, Giunti, Firenze 2010, pag. 81.
- ^ P. Schreuders, M. Lewisohn e A. Smith, The Beatles’ London, Portico Books, London 1994, pag. 165.
- ^ The Beatles Anthology 2, 1° CD, traccia 14 - Apple Records 1996.
- ^ In Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 209.
- ^ Le fuzz boxes, ideate dai tecnici EMI, erano delle apparecchiature elettroniche in grado di produrre un suono sovraccarico, dal momento che permettevano di tenere la distorsione sotto controllo. Cfr. Mark Lewisohn, Beatles - Otto anni ad Abbey Road, Arcana Editrice, Milano 1990, pag. 130
- ^ Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 209-10.
- ^ In Steve Turner, La storia dietro ogni canzone dei Beatles, Tarab, Firenze 1997, pag. 93.
- ^ «Minimo sforzo, minima spesa, minimo tutto. È bella ed è eseguita nel modo migliore in assoluto», in Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 212.
- ^ Il brano fu pubblicato su CD dopo vent’anni, e costituisce la traccia 16 di The Beatles Anthology 2, 1° CD - Apple Records 1996.
- ^ «In Girl parlavo di “dolore che porterà al piacere” e che questo era il concetto cattolico cristiano […] Sono quasi citazioni filosofiche. […] Non era solo una canzone. Era su quella ragazza che poi alla fine si rivelò essere Yoko», in John Lennon ricorda - Intervista integrale a ‘Rolling Stone’ del 1970, White Star, Vercelli, 2009, pagg. 97 e 112.
- ^ Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 97.
- ^ Mark Hertsgaard, A Day in the Life - La musica e l’arte dei Beatles, Baldini&Castoldi, Milano 1995, pag. 186.
- ^ Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001, pag. 375.
- ^ The Beatles Anthology 2, 1° CD, traccia 15 - Apple Records 1996.
- ^ «Questa è una di quelle canzoni in cui ho scritto prima il testo e poi l’ho cantata», in John Lennon ricorda - Intervista integrale a ‘Rolling Stone’ del 1970, White Star, Vercelli, 2009, pag. 96.
- ^ Intervista a Playboy, citata in Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 214.
- ^ a b Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 371.
- ^ Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001, pag. 379.
- ^ Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001, pag. 371.
- ^ «[Run for Your Life] fu una di quelle scritte in fretta e furia perché dovevo scriverne una.» In John Lennon ricorda - Intervista integrale a ‘Rolling Stone’ del 1970, White Star, Vercelli, 2009, pag. 112.
- ^ Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 215.
- ^ «Le opere [di Lennon] non erano state mai molto a favore delle donne. Le cose sarebbero cambiate dopo l’incontro con Yoko Ono.» David Quantick, Revolution – Storia del White Album dei Beatles, il Saggiatore, Milano 2006, pag. 128.
Bibliografia
- Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001 (The Beatles Encyclopedia, Blandford, London 1997)
- Mark Hertsgaard, A Day in the Life - La musica e l’arte dei Beatles, Baldini&Castoldi, Milano 1995 (A Day in the Life – The Music and Artistry of the Beatles, Macmillan, New York 1995)
- Mark Lewisohn, Beatles - Otto anni ad Abbey Road, Arcana Editrice, Milano 1990 (The Complete Beatles Recording Sessions, EMI Records Ltd, London 1998)
- Ian MacDonald, The Beatles. L’opera completa, Mondadori, Milano 1994 (Revolution in the Head, Fourth Estate, London 1994)
- Alfredo Marziano e Mark Worden, Penny Lane - Guida ai luoghi leggendari dei Beatles, Giunti, Firenze 2010
- Barry Miles, Paul McCartney - Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997 (Many Years From Now, Kidney Punch Inc. 1997)
- David Quantick, Revolution - Storia del White Album dei Beatles, il Saggiatore, Milano 2006 (Revolution. The Making of the Beatles’ White Album, Unanimous Ltd, London 2002)
- Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006 (The Beatles - The Biography, New York 2005)
- Steve Turner, La storia dietro ogni canzone dei Beatles, Tarab, Firenze 1997 (A Hard Day’s Write - The Stories Behind Every Beatles Song, Carlton Books Ltd, 1994)
- Jann S. Wenner, John Lennon ricorda - L’intervista integrale del 1970 per Rolling Stone, White Star, Vercelli 2009 (Lennon Remembers, Fawcett, New York 1971)
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni da Rubber Soul
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rubber Soul
Collegamenti esterni
- (EN) Alan W. Pollack, Notes on "Run For Your Life", "Drive My Car", "If I Needed Someone", "What Goes On", "I'm Looking Through You", "Think For Yourself", "The Word", "You Won't See Me", "Nowhere Man", in Notes on ... Series, Rijksuniversiteit Groningen.
- Recensione del disco a cura di Alberto Contri, nella sesta puntata dello speciale de ilsussidiario.net: Ritorno ad Abbey Road