Cielo d'Alcamo

poeta e drammaturgo italiano

Cielo d'Alcamo, conosciuto anche come Ciullo d'Alcamo (Alcamo, ... – XIII secolo), è stato un poeta italiano. Nato nella prima metà del XIII secolo, è uno dei più significativi rappresentanti della poesia popolare giullaresca della scuola siciliana.

Busto marmoreo
di Ciullo d'Alcamo
Villa Giulia (Palermo)

Biografia

Attivo nella metà del XIII secolo. Si riconosce ormai che Ciullo (presunto diminutivo di Vincenzullo o richiamo volgare e grottesco tipico nei nomi giullareschi) è una deformazione accolta erroneamente dalla critica ottocentesca, e da essa passata a numerosi testi stranieri. Per altri il nome deriverebbe da Cheli (diminutivo di Michele, nome molto diffuso in Sicilia), da cui sarebbe poi derivato Celi e in seguito, in Toscana, Cielo. Incerto anche il secondo nome, d'Alcamo (da Alcamo cittadina siciliana), Dal Camo, Dalcamo. Dall'analisi del testo si può comunque dedurre che l'autore fosse siciliano e non affatto sprovvisto di cultura[1].

In ogni caso, il poeta fu molto probabilmente vicino alla Magna Curia di Federico II. La città di origine del poeta potrebbe essere Alcamo, (ma il cognome, derivato dal toponimo, è attestato anche a Palermo alla fine del Duecento). Dal tono burlesco e dai personaggi dell'opera, gli studiosi hanno ipotizzato che si tratti di un giullare. L'attribuzione del componimento Rosa fresca aulentissima, tradito esclusivamente dal Canzoniere Vaticano latino 3793, al poeta di nome Cielo dal Camo risale all'erudito cinquecentesco Angelo Colocci, che si basò tuttavia su fonti oggi ignote. Nel manoscritto, infatti, il componimento è adespoto. Tutto ciò che la critica ha ipotizzato sull'attività e sulla cronologia del rimatore si fonda quindi esclusivamente sulle notizie ricavabili dal contenuto dell'opera.

Rosa fresca aulentissima

Lingua e stile

Egli scrisse un contrasto, sua unica opera, in dialetto a base siciliana ma con vistose influenze continentali dal titolo Rosa fresca aulentissima, che è un vero esempio di mimo giullaresco, destinato alla rappresentazione scenica. Il linguaggio è in sostanza una versione parodica della lingua letteraria dei Siciliani, i poeti della Magna Curia di Federico II, di cui Cielo dimostra una conoscenza molto approfondita: la sua erudizione non comune, nascosta sotto l'aspetto solo apparentemente popolare, si prende volentieri gioco dei topoi e degli stilemi della poesia cortese.

Datazione

La data di composizione dell'opera deve certamente essere posta tra il 1231 e il 1250, nel periodo che va dalla promulgazione delle Costituzioni Melfitane e l'anno di morte di Federico II. Questa data si ricava dai riferimenti fatti nei versi 21-25 di Rosa fresca aulentissima:

"Se i tuoi parenti trova[n]mi,       e che mi pozzon fare?
Una difensa mèt[t]oci       di dumili' agostari;
non mi toc[c]ara pàdreto       per quanto avere ha 'n Bari.
Viva lo 'mperadore, graz[i'] a Deo!
intendi, bella, quel che ti dico eo?"

Il riferimento agli "agostari" permette una datazione congetturale; si parla infatti di una multa altissima. Gli agostari, o augustali, erano delle monete d'oro coniate, con il busto di Augusto, nel 1231 che valevano un fiorino e un quarto. I giustizieri che la donna minaccia di chiamare di fronte alle avance pressanti del giullare, sono anch'essi un'istituzione di Federico II. Non è la donna che minaccia di chiamare i "giustizieri", ma è l'uomo che minaccia di fare ricorso, se subirà l'aggressione dei parenti della donna, come lei gli ha appena minacciato, alla "difensa", o "defensa", alla multa istituita da Federico II a protezione dell'aggressore con le Costituzioni Melfitane del 1231, grazie alla quale, uno stupratore che avesse pagato sul momento una forte somma di denaro e avesse gridato "viva l'imperatore" non poteva essere né accusato di stupro né tanto meno aggredito, pena per gli eventuali aggressori l'impiccagione sul posto.

Rapporti col mondo cortese

Il contrasto nell'insieme riprende il genere cortese della pastorella (dialogo tra un signore innamorato e una pastorella). Si coglie l'eco più o meno diretta di molti altri testi cortesi dell'epoca, incluso probabilmente il Roman de la Rose, vera e propria bibbia dell'amor cortese. Rosa fresca aulentissima è dunque l'opera di uno scrittore tutt'altro che incolto e dotato di notevoli qualità artistiche.

Metro

Il metro consiste in trentadue strofe di cinque versi: tre settenari doppi (alessandrini) a rima baciata e due endecasillabi, anch'essi a rima baciata, secondo lo schema: a a a b b.

Critica

Pur essendosi ingannato sull'origine popolare, il De Sanctis fu uno dei primi a rinvenire in questo componimento una freschezza e originalità fuori del comune, sia nell'uso del dialetto che nell'erotismo astratto da qualsiasi convenzione feudale. Il tutto si unisce a un raro talento comico che avvicina Cielo alla tradizione giullaresca e alla poesia satirica toscana degli anni immediatamente successivi, ma lo rende anche più vicino alla poesia moderna.

Secondo una legge contenuta nelle Costituzioni Melfitane, emanate da Federico II nel 1231 si poteva fermare l'aggressore pronunciando il nome dell'imperatore e indicando la multa che l'aggressore avrebbe dovuto pagare se avesse fatto uso della violenza. Questo accenno è molto importante ai fini della datazione del contrasto.

Il contenuto del componimento è quello tipico nella rimeria giullaresca: si tratta di un dialogo tra una ragazza del popolo e un giullare sfacciato che le offre con enfasi il suo amore, a tratti con parole svenevoli, a tratti con parole da trivio. La ragazza dapprima rifiuta motteggiando e infine finisce con il capitolare.

Si tratta evidentemente di un mimo giullaresco, secondo alcuni destinato ad essere recitato e accompagnato dalla musica, dove la rappresentazione dei caratteri è arguta e pur essendo comica non è caricaturale. Essa si pone in controcorrente con la poesia siciliana della Magna Curia, che aveva bandito proprio i giullari da tutto il regno, staccando da quel momento poesia alta italiana dall'accompagnamento musicale.

Toponomastica

A Cielo D'Alcamo è dedicato il Liceo Classico di Alcamo (TP), la piazza principale nella stessa città e il teatro comunale, precedentemente noto come Teatro Euro. Alla fine degli anni '40 era stato dato il nome di "Arena Ciullo" ad una sala cinematografica stagionale (estiva), ubicata nella Piazza della Repubblica di Alcamo.

Note

  1. ^ Carlo Salinari, Carlo Ricci, Storia della letteratura italiana, Laterza, Roma-Bari, 1991, pagg. 197-198

Bibliografia

  • Contini, Gianfranco, Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano-Napoli, 1960, Vol. I, pagg. 177-185
  • Fo, Dario, "Mistero buffo", edizione integrale del 2005 a cura di Franca Rame, Collana Einaudi Teatro, 2005
  • Kronig, Wolfgang Alcamo. Eine Stadt in Sizilien und ihr Historiograph Zeitschrift für Kunstgeschichte, 42 Bd., H. 2/3 (1979), pagg. 219-232, doi:10.2307/1481978, Deutscher Kunstverlag GmbH, Monaco-Berlino
  • Migliorini, Bruno, Storia della lingua italiana, Firenze, Sansoni, 1987
  • Rossetti, Dante Gabriel, The Early Italian Poets, from Ciullo d'Alcamo to Dante Alighieri (1100-1200-1300), London: Smith, Elder and Co, 1861
  • Ruta, Carlo Poeti alla corte di Federico II, La scuola siciliana, Edi. bi. si., Messina, 2002
  • Francesco A. Ugolini, Problemi della "Scuola poetica siciliana". Nuove ricerche sul "Contrasto di Cielo d'Alcamo", in Giornale storico della Letteratura Italiana, vol. CXV (1940), fasc. 3, pp. 1-28.
  • De Sanctis, Francesco, Storia della letteratura italiana, Firenze, 1871-1879
  • Cesare Segre; Carlo Ossola; Antologia della poesia italiana: Duecento, Torino, Einaudi, 1999

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