Inaros
Inaros o Inaro, noto anche come Ienheru (fl. ca. 460 a.C.), fu un capo ribelle egizio.
Intorno al 460 a.C. si ribellò alla dominazione persiana e, con l’aiuto di alleati ateniesi, sconfisse l’esercito persiano guidato dal satrapo Achemene. I Persiani si ritirarono a Menphi, ma gli Ateniesi vennero sconfitti nel 454 a.C. dall’esercito persiano guidato dal generale Megabizo dopo un assedio durato due anni. Inaros fu quindi catturato, condotto a Susa e messo a morte.
La rivolta
Inaros era figlio di Psametek (Psammetico), un principe libico correlato alla decaduta casata saitica e definito da Tucidide "re dei Libu", probabilmente in riferimento alle origini libiche della XXVI dinastia. Dal suo centro amministrativo di Marea, egli esercitava la propria autorità su varie zone del Delta occidentale.
Dopo l'assassinio del Gran Re Serse I avvenuto nel 465 a.C., le lotte per la successione al trono causarono un temporaneo indebolimento dell'influenza dell'impero achemenide sulle proprie satrapie.
Questa occasione non sfuggì ad Inaros, che assoldò mercenari e scacciò gli esattori persiani, dando così inizio alla rivolta dell’Egitto contro l'occupazione cui era sottoposto da sessant'anni.
All'epoca la città di Sais era governata dal principe Amonirdisu (Amirteo), discendente della famiglia reale saitica nonché antenato del futuro faraone omonimo. Questi si schierò al fianco di Inaros, annettendo alla causa ribelle il suo governatorato e le zone paludose del Nord.
Intanto Artaserse I, figlio di Serse, aveva avuto ragione degli altri pretendenti al trono. Informato della rivolta in Egitto, il nuovo Gran Re inviò prontamente un esercito di circa 400.000 soldati ed 80 navi guidato dallo zio, il satrapo Achemene.
Atene, in guerra da tempo con i Persiani, comprese l'importanza strategica dell'appoggiare la causa di Inaros ed inviò truppe di terra ed una flotta di oltre 200 navi al comando di Caritimide.
L'esercito persiano e quello della coalizione greco-egizia si scontrarono a Papremi, una località non identificata nel Delta occidentale.
Achemene venne sconfitto ed ucciso insieme a 100.000 persiani mentre il resto dell’esercito persiano si ritirò a Menphi. Al largo, i comandanti della flotta ateniese Caritimide e Cimone, con quaranta navi diedero battaglia a conquanta navi persiane, catturandone venti col loro equipaggio ed affondando le rimanenti. In seguito al successo della battaglia, i ribelli inviarono il cadavere di Achemene al Gran Re.
Dopo questa vittoria Inaros era virtualmente il padrone di tutto il Delta. Nonostante ciò, non si arrogò mai i titoli della sovranità.
La cattura e l'esecuzione
Nel 456 a.C. l'esercito della coalizione marciò quindi su Menphi e la cinse d'assedio, arrivando a conquistarne i due terzi. L'arrivo dei rinforzi persiani al comando del generale Megabizo respinse gli assedianti. Caritimide fu ucciso ed Inaros venne ferito e si ritirò a Byblus, l’unica roccaforte egizia che non si era sottomessa a Megabizo. Nel 454 a.C., dopo un anno e mezzo di duri combattimenti nelle paludi sulla costa, Inaros e molti alleati greci vennero catturati sull'isola di Prosopis e condotti a Susa.
Secondo Ctesia di Cnido, Megabizo promise ad Inaros ed ai ribelli greci che non sarebbero stati messi a morte una volta giunti a Susa. La regina madre Amestris però non poté perdonare loro la morte di Achemene (che Ctesia riporta non come cognato di lei, bensì come figlio) e pretese che pagassero con la vita. Artaserse mantenne la promessa fatta da Megabizo per cinque anni, ma poi dovette cedere alle richieste della regina madre.
Esistono versioni diverse della morte di Inaros: fu forse crocifisso o forse impalato, mentre cinquanta compagni greci furono, a quanto pare, decapitati.
Tucidide riporta una versione ancora diversa, dalla quale si dedurrebbe che Inaros venne catturato ed ucciso subito dopo o perlomeno entro lo stesso anno, nel 454 a.C.[1]
Dopo la cattura e l'esecuzione di Inaros la rivolta venne portata avanti da Amonirdisu di Sais, sfuggito alla cattura e rifugiatosi nelle zone paludose del Delta nord-occidentale che ancora erano fuori dal controllo persiano. Questi chiese aiuto ad Atene che inviò due flotte in tempi successivi: la prima dovette invertire la rotta a causa della morte del comandante Cimone, avvenuta mentre tentava di sottrarre Cipro ai Persiani, mentre la seconda venne intercettata e respinta dalle navi fenicie al servizio di Artaserse.
Questi furono gli ultimi interventi ateniesi nella ormai rappacificata satrapia d'Egitto: nel 448 a.C., infatti, venne firmata la pace tra la Grecia e l'impero achemenide.
Il nuovo satrapo d'Egitto, Arsame, cercò di assumere fin da subito una politica conciliante con la popolazione egizia: a tale scopo pose i figli di Inaros e Amonirdisu a capo dei distretti di cui erano originari.
L’eredità
La ribellione di Inaros non fu la prima né l'ultima a scoppiare durante la prima occupazione persiana, ma fu quella che lasciò l'impronta più profonda nella storia egiziana. Erodoto scrisse di lui che fece danno ai Persiani più di chiunque altro prima.[senza fonte]
Note
- ^ J.M. Bigwood, Ctesias' Account of the Revolt of Inarus, in Phoenix (Classical Association of Canada), vol. 30, n. 1, Spring 1976, pp. 1–25. URL consultato il 23 maggio 2008.
Bibliografia
- Cimmino, Franco - Dizionario delle dinastie faraoniche - Bompiani, Milano 2003 - ISBN 88-452-5531-X
- Diodoro Siculo - Bibliotheca historica.
- Gardiner, Alan - La civiltà egizia - Oxford University Press 1961 (Einaudi, Torino 1997) - ISBN 88-06-13913-4
- Tucidide - Guerra del Peloponneso, vol I.