Battaglia del monte Ortigara

Battaglia sul fronte italiano durante la prima guerra mondiale

La battaglia dell'Ortigara, denominata in codice Azione K, fu una violentissima battaglia d'alta montagna combattuta dal 10 al 25 giugno 1917 tra l'esercito italiano e quello austriaco, che vide impiegati 400.000 soldati per il possesso del monte Ortigara, sull'altopiano di Asiago. Si tratta della più grande battaglia in quota mai combattuta dall'essere umano[1].

Battaglia del'Ortigara
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«...Una sera uno di noi gridò:

"Guardate l'Ortigara, ha cambiato colore!" E fumava, gialla e negra, dai suoi mughi inceneriti, dalle buse colme di gas...»


Il piano d'attacco

«Venti giorni sull'Ortigara
senza il cambio per dismontar»
«Ortigara, Ortigara! Ventimila siam partiti, ventimila siamo morti»

La battaglia si rese necessaria perché gli austriaci, a seguito della Strafexpedition, si erano ritirati su posizioni difensive più favorevoli, dalle quali potevano minacciare alle spalle le armate del Cadore, della Carnia e dell'Isonzo.

 
Cartello lungo la strada austriaca Kronprinz Otto Strasse sul monte Chiesa, Altopiano di Asiago

La linea austro-ungarica partiva dal torrente Assa (sponda destra, poi sponda sinistra all'altezza di Roana) all'estremità occidentale dell'Altopiano dei Sette Comuni, passando per i monti Rasta, Zebio, Colombara, Forno, Chiesa, Campigoletti e Ortigara.

Il piano italiano affidava al XX e al XXII Corpo d'armata il compito di sfondare il fronte austro-ungarico tra i monti Ortigara e Forno (il XX) e tra i monti Zebio e Mosciagh (il XXII). Il piano presentava però alcuni gravi svantaggi, come la mancanza di sorpresa (perché l'attacco era atteso dagli austro-ungarici), l'eccessivo concentramento di truppe italiane in pochi chilometri di fronte, la posizione dominante delle difese austro-ungariche e la loro disposizione ad arco che permetteva alla loro artiglieria di battere facilmente tutto il campo di battaglia.

Solo un breve cenno sull'andamento dell'attacco nel tratto a meridione dell'Ortigara. L'attacco, spesso dimostrativo, fu più vigoroso sui monti Mosciagh, Zebio e Forno, ed ottenne risultati solo iniziali sugli ultimi due. Sullo Zebio la brigata Sassari, pur pesantemente colpita dai tiri corti della nostra artiglieria, riuscì ad occupare alcune trincee austriache, che non poté mantenere; sul Forno la brigata Arno, pur ostacolato dall'andamento della linea, che costringeva ad utilizzare le truppe a scaglioni, dovendo le stesse transitare per il collo di bottiglia costituito dalla dolina di Grotta del Lago, riuscì ad arrivare con il battaglione di testa sulla selletta tra le due sommità del monte; il reparto, non rincalzato e minacciato di aggiramento, dovette ripiegare.

Da segnalare l'episodio della mina predisposta sotto la lunetta di monte Zebio (quota 1677 m), esplosa prematuramente per cause mai del tutto chiarite, seppellendo molti ufficiali della brigata Catania, che si trovavano in ricognizione al momento dello scoppio.

L'attacco (10 e 11 giugno)

«[...] Intanto l'ondata di nebbia che aveva ricoperta la valle sparisce. Ecco il sole ed ecco i camminamenti non più ricoperti da zaini, ma da cadaveri.»

L'inizio dell'attacco fu preceduto da un massiccio bombardamento delle posizioni austro-ungariche. Alle 15 del 10 giugno i soldati andarono all'attacco. Mentre il XXII Corpo d'armata, schierato sul lato sud, si trovò davanti una strenua resistenza che gli impedì di avanzare, sul lato nord la 52ª divisione (18 battaglioni alpini divisi in due colonne, la colonna Cornaro e la colonna Di Giorgio), ebbe un iniziale successo.

 
La desolata cima dell'Ortigara fotograta dal Caldiera in una giornata di metà agosto

La colonna Cornaro, attraverso la Valle dell'Agnella, tentò di scardinare la linea fortificata che prende il nome di "Opere Mecenseffy" (Comandante austro-ungarico del settore, poi morto a Campo Gallina) e di conquistare il Costone dei Ponari e il Monte Campigoletti. Al grido «Savoia!», i battaglioni del 1º Reggimento Alpini per primo il Mondovì si gettò sulle posizioni nemiche e conquistò il Corno della Segala riuscendo a mantenerlo con l'aiuto del Battaglione Ceva e del Battaglione Val Stura. Il Battaglione Vestone ed il Battaglione Bicocca, d'impeto e con numerose perdite, superarono la prima linea di reticolati del Costone dei Ponari, aiutati anche dalla nebbia, ma furono arrestati sulla seconda linea e presi d'infilata dal fuoco nemico.

La colonna Di Giorgio fu organizzata in una prima ondata composta dai battaglioni Bassano, Sette Comuni, Baldo e Verona, in una seconda ondata composta dai battaglioni Clapier, Arroscia, Ellero e Mercantour e in una riserva composta dai battaglioni Spluga, Tirano, Saccarello, val Dora e 9º reggimento bersaglieri.

La colonna Di Giorgio scese nel vallone dell'Agnellizza dove si divise in due tronconi: gli Alpini del Battaglione alpini Bassano risalirono, sotto il micidiale fuoco nemico, su per il passo dell'Agnella verso la quota 2.003 e la quota 2.101 mentre gli Alpini del Battaglione Sette Comuni, dopo aver cantato l'Inno di Mameli, puntarono direttamente sul settore più fortificato della quota 2.105, la vetta dell'Ortigara.

Il Battaglione Bassano insanguinò il vallone dell'Agnellizza (che verrà nominato vallone della Morte) e, decimato, espugnò la quota 2.003. Da qui sferrò l'attacco alla quota 2.101, chiamata dagli austriaci "Cima Le Pozze" e strenuamente difesa; l'assalto si arrestò, ma accorsero in aiuto Compagnie dei Battaglioni Val Ellero e Monte Clapier e la quota 2.101 venne conquistata. Dopo un infruttuoso tentativo di procedere verso la vetta (quota 2.105) i soldati si attestarono e fortificarono sulle posizioni. La 52ª Divisione perse 35 ufficiali e 280 militari; i feriti furono 1874, 309 dispersi.

Nella notte, fino all'alba i Battaglioni Tirano e Spluga si portarono di rincalzo: iniziarono la discesa del monte Campanaro e si accinsero ad attraversare il vallone della Morte, illuminato dalle esplosioni. In questo tratto caddero un gran numero di soldati. Queste truppe fresche giunsero a quota 2.101 (Cima Le Pozze) e da lì avrebbero dovuto sfondare verso cima Dieci e il Portule.

Alle ore 8.00 giunse l'ordine del generale Ettore Mambretti, comandante dell'Armata, di sospendere l'attacco e rinsaldarsi sulle posizioni. Il nemico intanto si era ulteriormente fortificato su cima Ortigara e il generale Como Dagna, per consolidare le posizione decise di sferrare un nuovo attacco contro le posizioni del giorno precedente.

Alle 16.00 ricominciò il Calvario degli Alpini. I Battaglioni Verona e Sette Comuni si sacrificarono nei reiterati attacchi contro Cima Ortigara, mentre i Battaglioni Val Arroscia e Monte Mercantour si dissanguarono contro le fortificate "Opere Mecenseffy". I Battaglioni Tirano e Monte Spluga riattaccarono il passo di val Caldiera e la cima Dieci ad ovest dell'Ortigara e raggiunsero, a prezzo di pesanti sacrifici, le posizioni nei pressi di passo di val Caldiera, ma furono costretti a ritirarsi per non essere accerchiati. Alle perdite del giorno precedente si aggiunsero 12 ufficiali morti, 12 feriti e 1 disperso, 54 militari morti, 420 feriti, 54 dispersi (prigionieri o annientati dalle bombe).

Dal 15 al 19 giugno

«E poi, via per il vallone dell'Agnelizza colmo di morti, gli scheletri delle battaglie dell'anno passato, i cadaveri gonfi della battaglia di quest'anno che dura da quindici giorni. Ed un teschio sghignazza, lucido, accanto alla maschera livida di un morto di ieri.»

Il generale Mambretti decise finalmente di sospendere l'azione per almeno tre giorni, ma il 15 giugno ci fu un tentativo da parte degli austro-ungarici di riprendere le posizioni perdute che, però s’infranse contro la resistenza degli Alpini. A questa azione parteciparono anche i Battaglioni Valtellina, Saccarello e Monte Stelvio. Il bilancio delle perdite fu elevatissimo: persero la vita 229 militari, di cui 12 ufficiali, i feriti furono 944 e 271 i dispersi.

Tra il 15 ed il 19 giugno 1917 ci fu una relativa calma, fatta eccezione per un attacco a cima Ortigara il 17 giugno.

 
Alpini in marcia in alta quota.

Il 19 giugno giunse l'ordine di ripetere l'attacco a cima Ortigara, passo di val Caldiera verso il Portule. La Colonna Cornaro attaccò da sud-est, mentre la Colonna Di Giorgio, che insieme ai Battaglioni Alpini schierò anche fanti del 4º Reggimento ed il 9º Reggimento Bersaglieri, attaccò da est e da nord-est. Alle ore 8 del 18 giugno cominciò il fuoco dell'artiglieria ed alle prime luci dell'alba del 19 giugno 1917 i Battaglioni erano ammassati nelle posizioni d'attacco. Alle ore 6.00 si scatenò l'assalto e dopo varie, sanguinose ondate, la cima Ortigara, che si credeva inespugnabile, venne vinta da più lati dagli stanchi e decimati Alpini. Il successo tattico non poté essere ampliato; la colonna che dalla sommità nord del monte puntava verso passo della Caldiera fu bloccata prima di quota 2060 (quota 2051 nella cartografia attuale) dal fuoco nemico; e le truppe che erano riuscite ad affermarsi sulla vetta principale non riuscirono a progredire, malgrado il positivo esito dei primi sbalzi, in direzione di monte Campigoletti. Il frammischiamento dei reparti (non è mai stato possibile neppure acclarare quale di essi arrivò per primo in cima, anche a ragione del fatto che questa consiste di un largo pianoro, su cui gli attaccanti sboccarono da più punti), il tiro d'interdizione austriaco, la mancanza di audacia dei comandi tattici, impedirono di sfruttare la grave crisi creatasi nella linea austriaca, malgrado i comandanti di questa temessero a lungo anche per le retrostanti cima Dieci e cima Undici. Questa sofferta gioia non durò che pochi giorni: le posizioni conquistate (quote 2101 e 2105, oggi quote 2086 e 2106) non avevano profondità, ed erano aperte da più lati al tiro nemico.

L'ultimo giorno

«I soldati s'allineano lungo la strada, contro la roccia. Non guardo che facce abbiano: ma sento al di là la tranquilla rassegnazione all'inevitabile. Da quindici giorni si assiste allo stesso spettacolo: escono battaglioni, rientrano barelle e morti, e dopo qualche giorno o qualche ora, i pochi superstiti...»
 
Cippo nei pressi del piazzale Lozze

Il 25 giugno 1917 alle ore 2.30 si scatenò l'inferno dei tiri d'artiglieria austro-ungarica. Alle ore 2.40 si accese l'assalto, reso ancora più tremendo dall'uso di lanciafiamme. Alle ore 3.10 un razzo bianco annunciò ai Comandi austro-ungarici che l'Ortigara era di nuovo nelle loro mani. Incredibile l'ordine del comando italiano: «occorre riprendere ad ogni costo» le posizioni. Alle ore 20 i provati e sfiduciati battaglioni di alpini, fanti e bersaglieri si rigettarono nel carnaio del micidiale fuoco nemico per concludere l'ultimo atto del massacro. Il Battaglione Cuneo, nuovo sul terreno dell'Ortigara, rioccupò la quota 2.003 che mantenne fino al 29 giugno 1917 quando fu catturato insieme al Battaglione Marmolada Complessivamente la 52ª Divisione perse nella Battaglia dell'Ortigara 12.633 uomini, dei quali ben 5.969 soltanto l'ultimo giorno, il 25 giugno. Pochi giorni dopo, il generale Ettore Mambretti, considerato responsabile del disastro, fu rimosso dal comando e la stessa Sesta armata fu sciolta il 20 luglio, facendo confluire le sue truppe (il V, il X e il XXIX Corpo d'armata) nella Prima armata e, in parte (il XVIII Corpo d'armata, schierato in Valsugana), nella Quarta armata di stanza in Cadore. La battaglia dell'Ortigara era perduta.

L'Ortigara oggi

«So a memoria il cielo notturno. Ebrietà primaverile di vento dopo la nevicata. Nuvole spazzine nettano, bianche, il cielo. Le cime sono nuove e pulite. Ora i morti dell'Ortigara hanno finalmente il loro sepolcro candido.»

La zona dell'Ortigara è oggi compresa nell'ecomuseo della Grande guerra: un progetto di riqualificazione storica che ha interessato tutte le Prealpi vicentine[2]. L'Ortigara, nel panorama internazionale, costituisce il museo all'aperto della più grande battaglia in quota del primo conflitto mondiale[3]. La zona dell'Ortigara è sicuramente il più conosciuto teatro di battaglia dell'Altopiano e dell'intero fronte italiano, meta ogni anno di migliaia di visitatori.

Voci correlate

Bibliografia

  • Tortato Alessandro, Ortigara: la verità negata, Rossato 1999, Codice EAN: 9788881300693
  • Pieropan Gianni, Ortigara 1917. Il sacrificio della 6ª Armata Mursia ed., 2007

Note

  1. ^ L'Altopiano di Asiago nella Grande Guerra, su storiain.net. URL consultato il 16-11-2011.
  2. ^ Ecomuseo Grande guerra, su ecomuseograndeguerra.it. URL consultato il 17-09-2010.
  3. ^ CAI Bassano, L'Ortigara: il museo all’aperto della più grande battaglia in quota del primo conflitto mondiale., su caibassanograppa.com. URL consultato il 17-09-2010.