Finalissima
La finalissima era una precisa fase del campionato italiano di calcio.
Un campionato settentrionale
Sebbene alcune storiche società di calcio si siano formate lungo l'intera penisola italiana verso la fine dell'Ottocento (ad esempio l'Udinese nel 1896, l'Ascoli nel 1898 o il Palermo nel 1900), solo nel Triangolo Industriale si creò una concentrazione di squadre di football tale da permettere la nascita di un campionato.
I primi tornei tricolori erano strutturati su un sistema a eliminazione diretta, in cui i primi turni erano a carattere regionale per poi passare, in caso di qualificazione, a un livello nazionale. La manifestazione si concludeva con una finale a due per l'assegnazione del titolo. Col passare degli anni si cominciò a modificare la formula sostituendo alle gare secche una serie di gruppi eliminatori. In ogni caso ciascuna fase, indipendentemente dal fatto che si trattasse di un raggruppamento o di una sfida a due, prendeva il nome di girone: vi erano quindi ad esempio un Girone Eliminatorio, un Girone Semifinale e un Girone Finale. In questo periodo, visto l'esito delle amichevoli, solo tre regioni potevano schierare squadre in grado di confrontarsi nel campionato in maniera equilibrata: il Piemonte, la Liguria e la Lombardia. Le formazioni delle altre regioni non potevano accedere al torneo, dato che nei vari incontri informali incappavano in pesanti sconfitte da squadre del Nordovest anche non di primo piano.
Le compagini del Nord-Est
Nel 1909 la FIGC, da pochi anni ammessa alla FIFA, decise una drastica riforma del campionato. Sul modello della English League, il meccanismo del torneo venne semplificato iscrivendo tutte le nove partecipanti ad un Girone Unico che si sarebbe concluso con una classifica per determinar a fine stagione la squadra vincitrice del titolo.
La Federazione era però intenzionata ad allargare i confini del torneo, per dargli davvero una valenza nazionale. Il problema era, come si è detto, la netta differenza di valore fra le squadre provenienti dalle diverse parti del Paese. L'anno successivo, la FIGC decise di inglobare il campionato veneto, che già si disputava da alcune stagioni, facendolo diventare parte del torneo nazionale col nome di Girone Veneto, e includendovi anche il Bologna, che non aveva alcuna avversaria in Emilia. Nel 1911 il Vicenza e nel 1912 il Venezia sfidarono i campioni occidentali nella gara conclusiva (la Pro Vercelli in entrambi i casi) uscendone nettamente sconfitte, con cinque gol al passivo per i biancorossi e addirittura tredici per i neroverdi lagunari.
La Lega Sud
Per garantire la definitiva patente di nazionalità al titolo, la FIGC aveva però bisogno che il campionato coinvolgesse anche il Centro e il Sud. A quei tempi le formazioni meridionali disputavano vari tornei regionali inquadrati nella Terza Categoria, livello consono in rapporto alla forza delle squadre del Nord. Per raggiungere l'obiettivo prefissatosi la Federazione attuò una specie di "sfasatura" tra l'organizzazione calcistica delle due parti del Paese, elevando d'ufficio i tornei del Sud alla Prima Categoria, pur non essendo tali raggruppamenti paragonabili a quelli del Nord. Dati i differenti valori, il calcio del Nord e quello del Sud furono dunque divisi in due organizzazioni parallele, che si incontravano in occasione della gara per l'assegnazione del titolo nazionale. Dato che contemporaneamente al Nord si era tornati indietro sulla decisione del Girone Unico, ristabilendo i Gironi Eliminatori regionali propedeutici al Girone Finale, gli incontri conclusivi fra i campioni del Nord e quelli del Sud presero il nome di Girone Finalissimo, o semplicemente di finalissima.
La dicotomia lessicale fra la finale del Nord e la finalissima nazionale si perpetuò negli anni per il fatto che la vera finale del campionato, quella che assegnava de facto il titolo, era la sfida che concludeva il torneo settentrionale, essendo la finalissima un appuntamento dal risultato scontato, utile solo a dare completezza a un titolo già in pratica acquisito. Nel 1915, quando il campionato fu interrotto a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, la Federazione assegnò lo scudetto al Genoa, che era in testa al Girone Finale del Nord al momento della sospensione, senza preoccuparsi del torneo in corso al Sud, ciò a testimonianza di come la finalissima fosse considerata un appuntamento quasi protocollare.
Nei fatti, le finalissime non ebbero quasi mai un andamento di gioco che mettesse in dubbio l'esito favorevole ai campioni del Nord; nell'immediato Dopoguerra, tuttavia, la crescita del calcio toscano determinò nelle stagioni 1919-20 e 1920-21 la disputa di finalissime più combattute che i club settentrionali vinsero con difficoltà contro le finaliste meridionali. Nel 1919-20 il Livorno riuscì a perdere la Finalissima con l'Inter con solo un gol di scarto e giocando pure per 2/3 della partita in 10 contro 11 per inferiorità numerica (anche se il primo tempo finì 3-0 per l'Inter e i due gol toscani arrivarono solo nel finale). L'anno successivo fu invece il Pisa a dare filo da torcere alla blasonata Pro Vercelli, perdendo per 2-1 una partita molto contestata dai pisani che accusarono l'arbitro dell'incontro, Olivari di Genova, di aver favorito la vittoria della Pro, non espellendo il vercellese Rampini per fallo su Gnerucci (che fu costretto a uscire per infortunio lasciando la squadra in dieci), convalidando il gol della vittoria vercellese in netto fuorigioco e espellendo un giocatore pisano per aver protestato per la convalida del gol (il Pisa fu costretto così a giocare in 9 contro 11). Il Pisa addirittura espose reclamo alla Federazione chiedendo la ripetizione della gara condizionata a loro dire dall'arbitraggio avverso ma ciò non ebbe effetto.[1] Secondo la Stampa di Torino invece l'arbitraggio fu regolare e la vittoria della Pro Vercelli meritata date le numerose occasioni da gol create molte delle quali sventate dalle parate del portiere del Pisa Giani, la cui prestazione venne molto lodata. Proprio per il fatto di non aver sfigurato nella finalissima, le compagini toscane furono a quel punto accorpate al Nord.
La finalissima tornò da quel momento ad essere una formalità, fatta eccezione per quella del 1923-24 quando il Savoia di Torre Annunziata perse con sole due reti di scarto contro il Genoa e fu l'unica a riuscire a pareggiare un incontro di finalissima (1-1 il ritorno); il gol genoano a Torre Annunziata fu contestato e l'arbitro Rangone dichiarò che se avesse ritenuto il Savoia in grado di disputare la partita non l'avrebbe convalidato; senza quel gol il Savoia avrebbe vinto per 1-0, pareggiando la serie e costringendo il Genoa a una gara di spareggio in campo neutro.[2]
Nel 1925-26 si disputò l'ultima finalissima tra Alba e Juventus; nonostante le parate del portiere dell'Alba, la Juventus vinse 7-1 all'andata e 5-0 al ritorno.
I Campioni del Sud
In tutto si disputarono dieci edizioni del campionato dell'Italia Meridionale. Questo l'albo d'oro della manifestazione, i cui vincitori accedevano alla finalissima nazionale.
Stagione | Vincitore | Secondo Posto | Finalissima |
1912-13 | Lazio |
Naples | 0 - 6 vs. Pro Vercelli |
1913-14 | Lazio |
Internazionale Napoli | 1 - 9 vs. Casale |
1914-15 | Lazio (Centro) Internazionale Napoli (Sud) |
--- | Interrotto per cause belliche. Finale e finalissima non disputate.[3] |
1919-20 | Livorno |
Fortitudo Roma | 2 - 3 vs. Inter |
1920-21 | Pisa |
Livorno | 1 - 2 vs. Pro Vercelli |
1921-22 | Fortitudo Roma |
Puteolana | 2 - 8 vs. Pro Vercelli |
1922-23 | Lazio |
Savoia | 1 - 6 vs. Genoa |
1923-24 | Savoia |
Alba Roma | 2 - 4 vs. Genoa |
1924-25 | Alba Roma |
Anconitana | 0 - 6 vs. Bologna |
1925-26 | Alba Roma |
Internaples | 1 - 12 vs. Juventus |
- Classifica titoli
Lazio | (+½ Italia Centrale) |
1913, 1914, 1915, 1923 |
Alba Roma | 1925, 1926 | |
Livorno | 1920 | |
Pisa | 1921 | |
Fortitudo Roma | 1922 | |
Savoia | 1924 | |
Internazionale Napoli | (Italia Meridionale) |
1915 |
La Divisione Nazionale
Nel 1926, con la Carta di Viareggio, il governo fascista riorganizzò il campionato abolendo la divisione fra Nord e Sud, inaccettabile dal punto di vista degli ideali nazionalistici del regime. La Lega Sud fu di conseguenza smantellata: tre formazioni, l'Alba Audace, la Fortitudo Roma e il Napoli furono iscritte alla nuova Divisione Nazionale - in cui ottennero scarsi risultati - dieci società costituirono il Gruppo Sud della Divisione Cadetta, mentre tutte le altre furono inserite nel Terzo livello da cui la Federazione aveva preso i sodalizi meridionali nel 1912.
La frattura calcistica fra le due parti del Paese tarderà comunque a ricomporsi. La prima squadra con origini nell'ex Lega Sud a vincere la Serie A sarà nel 1942 la Roma, erede di Alba, Fortitudo e Roman. In seguito i giallorossi conquisteranno altri due scudetti, nel 1983 e 2001, così come la Lazio nel 1974 e 2000, e il Napoli nel 1987 e 1990. L'unico altro tricolore a finire al di sotto di Firenze sarà quello del Cagliari nel 1970, per un totale, ad oggi, di otto campionati vinti da squadre dell'Italia centromeridionale ed insulare (Roma 3, Lazio 2, Napoli 2, Cagliari 1). Anche dopo l'unificazione del campionato, in Italia il termine finalissima rimase in voga ad indicare una finale di particolare importanza. Va però ricordato come il termine ebbe un'origine specifica, legata alla fase pioneristica dello sport del pallone italiano.
Note
- ^ Il "quasi" scudetto
- ^ Il grande Savoia
- ^ La FIGC interruppe il torneo quando giunse la notizia della mobilitazione contro l'Austria. Le classifiche furono dichiarate definitive nonostante mancasse l'ultima giornata delle semifinali, mentre la finale, in cui la Lazio era favorita, non si giocò mai; di conseguenza non si giocò nuppure la finalissima nazionale contro il Genoa.