Lingua ebraica

lingua ufficiale dello Stato di Israele
Versione del 4 set 2006 alle 15:10 di Piero Montesacro (discussione | contributi) (impiegati termini più adeguati per descrivere linguisticamente l'ebraico.)

Per lingua ebraica (Ebraico: עִבְרִית) si intendono sia l'ebraico biblico (o classico), sia l'ebraico moderno, lingua ufficiale dello stato di Israele, che conta circa 7 milioni di locutori. Generalmente quello biblico e quello moderno sono considerati come due livelli di una stessa lingua (per quanto vi siano a volte difformità notevoli tra lingua antica e contemporanea). L'ebraico è una lingua semitica, e perciò appartenente alla stessa famiglia cui afferisce anche la lingua araba.

Ebraico
עִבְרִית‘Ivrit
Parlato inIsraele
Parlanti
Totalecirca 6 milioni in Israele, striscia di Gaza e Cisgiordania
Altre informazioni
TipoSVO
Tassonomia
FilogenesiLingue afroasiatiche
 Semitiche
  Semitiche centrali
   Semitiche nord-occidentali
    Cananaico
     Ebraico
Statuto ufficiale
Ufficiale inIsraele
Regolato daAccademia della Lingua Ebraica
(האקדמיה ללשון העברית ha-Aqademiya la-Lashon ha-‘Ivrit)
Codici di classificazione
ISO 639-1he
ISO 639-2heb
ISO 639-3heb (EN)
Glottologhebr1246 (EN)
Linguasphere12-AAB-a
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
כל בני האדם נולדו בני חורין ושווים בערכם ובזכיותיהם. כולם חוננו בתבונה ובמצפון, לפיכך חובה עליהם לנהג איש ברעהו ברוח של אחוה

Storia

Originariamente, la lingua ebraica era la lingua utilizzata dagli Ebrei quando ancora vivevano in maggioranza in Medio Oriente. Si stima che circa 2300 anni fa l'ebraico cadde in disuso come lingua parlata, sostituita dall'aramaico.

Nei secoli seguenti, gli ebrei della diaspora continuarono ad adoperare questa lingua solo per le cerimonie religiose. Nella vita di tutti i giorni, gli ebrei si esprimevano invece in lingue locali o in altre lingue ebraiche come lo yiddish o il ladino, nate dall'incontro tra l'espressione ebraica e altre lingue, spesso scritte con l'alfabeto ebraico.

Dopo la nascita del Sionismo, si propose da più parti di riprendere l'ebraico come lingua quotidiana per gli ebrei che immigravano nella Palestina. Il linguista che mise in pratica la proposta fu Eliezer Ben Yehuda, un ebreo lituano che emigrò in Palestina nel 1881. Fu lui a creare nuove parole per i concetti legati alla vita moderna, che nell'Ebraico classico non esistevano.

Gli ebrei ortodossi non accettarono inizialmente l'idea di usare la "lingua santa" ebraica per la vita quotidiana, e tutt'oggi in Israele alcuni gruppi di ebrei ultra-ortodossi continuano ad usare lo Yiddish per la vita di ogni giorno.

Detto ciò, l'ebraico prese piede rapidamente tra gli immigrati ebrei nonostante alcune resistenze e nel 1948 diventò la lingua ufficiale di Israele, insieme all'arabo.

Al giorno d'oggi l'ebraico è una lingua che viene usata in tutti i campi della vita, inclusa la scienza, pur mantenendo un legame con l'ebraico classico. Oltre a questa radice sono confluite al suo interno influenze provenienti dallo yiddish, dall'arabo, dal russo e dall'inglese.

Le comunità ebraiche della diaspora continuano a parlare altre lingue, ma gli ebrei che si trasferiscono in Israele hanno sempre dovuto imparare questa lingua per potersi inserire.

Scrittura e fonetica

L'alfabeto ebraico, come quello arabo, non esprime le vocali, se non sotto forma di piccoli segni posti al di sopra o al di sotto delle parole, che comunque di solito non vengono utilizzati. Si veda la voce alfabeto ebraico per le corrispondenze fonetiche. Come si vedrà in seguito, la vocalizzazione ha comunque importanza per il significato.

Struttura

Le parole si riconoscono in una radice, solitamente di tre lettere, che viene modificata con prefissi, suffissi, inserimenti e variazioni vocaliche assumendo significati diversi. Ad esempio, dalla radice KShR, che esprime il concetto di collegamento, derivano i vocaboli KaShéR (adatto), KéSheR (contatto personale), tiKShoRet (comunicazione); dalla radice KTV deriva liKhToV (scrivere), miKhTaV (lettera), KToVet (indirizzo), l'haKhTiV (dettare).

Verbi

I verbi sono esprimibili in sette forme (binyanim, letteralmente costruzioni), che solitamente modificano il significato. I nomi dei binyanim derivano dalla radice פעל (pa'al = lavoro), salvo il binyan di base, che è definito כל (kal = facile).

Kal (Pa'al) (כל (פעל attivo
Nif'al נפעל passivo del Kal (Pa'al)
Pi'el פִּעֵל intensivo
Pu'al פֻּעַל passivo del Pi'el
Hif'il הִפְעִיל fattitivo
Huf'al הֻפְעַל passivo del Hif'il
Hitpa'el הִתְפַּעֵל riflessivo
I binyanim.

Ciascun binyan ha due modi verbali (indicativo e infinito); nell'indicativo esistono un tempo presente, di tipo participiale, un passato, un futuro e un imperativo. Non esistono tempi composti (come i trapassati italiani). Nel caso, abbastanza raro, di radici tetraletterali, il verbo viene sempre coniugato all'hitpa'el.

Vi è distinzione tra maschile e femminile nella forma participiale del presente, ed in alcune forme di passato e futuro.

Sostantivi

Come nelle lingue neolatine moderne, vi è una declinazione del nome solo per il numero ed il genere. Nel caso più comune, il nome maschile assume una ה finale al femminile singolare, e desinenza ים– (-im) al maschile plurale, ות– (-ot) al femminile plurale. Oltre a singolare e plurale, numerosi vocaboli ammettono una forma duale, sempre scritta ים– ma letta -aim. (ShNaim, due) (SFaTaim, labbra)